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Parlando di Sabaudia, dal punto di vista
architettonico, tutti ripetono continuamente delle suggestioni metafisiche, alla De
Chirico, che i suoi porticati, i suoi parallelepipedi bianchi e le sue taglienti
ombre rievocano. Anche i riferimenti alle ambientazioni sceniche di Carrà
sono scontati. Ma leggiamo alcuni giudizi su Sabaudia dati da illustri
personaggi:
Luigi Piccinato
(uno dei progettisti) |
«Non
più la città murata contrapposta alla campagna, la città che impone
enormi spese e non produce, la città fine a se stessa e che in sé si
conclude, ma nuove forme urbane aperte e decentrate, ragionevoli ed
equilibrate con la loro funzione...Una città indissolubilmente legata al
suo territorio....»
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Filippo T.
Marinetti |
«Lo
slancio virile della linea retta che crea a destra e a sinistra quadrati
di energia realizzatrice e va a pugnalare il lontano languore cascante di
terre erbe mare cielo»
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Alberto Moravia |
«Queste
città in stile razionale non parlano alla ragione, bensì
all'immaginazione, con il loro fascino melanconico ed echeggiante... che
si fonde meravigliosamente con il paesaggio di bonifica, così piatto,
così disteso, cos' interminato, tra i lontani monti azzurri e le acque
addormentate della laguna»
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Paolo Portoghesi |
«Sabaudia
è rimasta il sogno degli architetti che l'hanno disegnata, lo scenario
metafisico di una funzione urbana....un piano senza sviluppo, una profezia
interrotta...I singoli edifici...cantano in coro producendo un effetto
concentrante che si accompagna benissimo allo sfondo naturale ritagliato
tra le quinte con un artificio quasi teatrale»
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Le Corbusier |
«Sabaudia
è... un dolce poema, forse un pò romantico, pieno di gusto, segno
evidente d'amore»
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Pier Paolo
Pasolini |
«Eccoci
di fronte alla struttura, la forma, il profilo di una città immersa in
una specie di grigia luce lagunare benchè intorno ci sia una stupenda
macchia mediterranea. Quanto abbiamo riso, noi intellettuali,
dell'architettura del regime, sulle città come Sabaudia. Eppure adesso
queste città le troviamo assolutamente inaspettate...si sente che sono
fatte, come si dice un po' retoricamente, a misura d'uomo»
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Giudizi differenti ma dove alcune
considerazioni sembrano essere condivise: Sabaudia come "segno
d'amore", città a "misura d'uomo", legata e ben integrata con
il suo territorio.
Sabaudia non possiede, dal punto di vista
storico-architettonico, singoli monumenti emergenti. Essa è monumentale nel suo
insieme, dove la monumentalità consiste, per dirla con le parole del grande architetto
Aldo Rossi, nella costruzione di un ambiente unico, in cui uno stile
architettonico ha saputo interpretare lo spirito, il genius loci, di quella
terra.
Gli edifici di Sabaudia,
caratterizzati da evidente razionalismo, non si
mimetizzano nel territorio, ma da questo si distaccano con energia, con
fierezza, in un alternarsi di solidi puri fortemente segnati dal gioco
chiaro-scuro della luce. Sabaudia non si maschera, non evita il confronto
con la selvaggia natura e con la lontana storia. I suoi progettisti non
hanno temuto la critica dei posteri, non si sono trincerati dietro l'alibi
dell'impatto ambientale, non hanno minimizzato gli interventi.
Costruire una città a misura d'uomo non è costruirla ad altezza d'uomo.
Ogni edificio fu dimensionato, nella forma e nel contenuto, rispetto alla
funzione civica che doveva svolgere. Il campanile del comune è alto (#), perché
lo si voleva visibile da molto lontano; la chiesa era immensa,
rispetto alla popolazione iniziale, per poter accogliere nelle grandi
ricorrenze tutte le genti accorse dalle campagne limitrofe. Oggi, abituato
ai "sottopassini" e ai "trenini" di cui si sta dotando
la mia città, ammiro sempre più la capacità progettuale ed il
coraggio di quei quatto giovani neo-laureati che (oggi sarebbe impensabile) vinsero il concorso di idee per la costruzione di una intera città. |
(#)
A proposito del campanile, vi è un simpatico aneddoto. Il campanile era
stato progettato con una altezza di 46 m. Alcuni zelanti funzionari di
stato ritennero che tale altezza, di ben 14 m. superiore a quella del
campanile di Littoria (l'attuale Latina), costituiva un'affronto
intollerabile per il Duce e diedero l'ordine di abbassare la torre di più
di 10 metri. Gli architetti, preoccupati chiesero udienza a Mussolini per
difendere le ragioni per le quali era necessario che tale bianca cuspide
svettasse sulle chiome della foresta. Fu così che l'ordine di abbassare
il campanile fu ritirato.
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Sabaudia che si
distacca dalla natura quindi, con le sue linee rette, con i suoi travertini
bianchi, con le sue forme pure; ma, nello stesso tempo, Sabaudia che si integra mirabilmente
con l'ambiente che la circonda. Le sue quinte urbane "aperte e
decentrate", come dice Piccinato, permetto infatti di relazionarsi
continuamente con l'incomparabile natura che la circonda. Attraverso un delicato e asimmetrico intarsio di "solidi
minerali", l'architettura lascia ampio spazio alla natura, al vegetale e, attraverso
grandi squarci aperti nella scenografia urbana, ovunque si intravedono le grandi
opere. i "monumenti", della natura (lago, mare, foresta, monte) che
si contrappongono e, nello stesso tempo, si legano con quelli costruiti dall'uomo.
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Il piano regolatore...... |
Parlare oggi di architettura a Sabaudia, come nel
resto in gran parte dell'Italia, è estremamente difficile. Poche le opere di
rilievo, pochi i progetti e, ancor meno, le idee.
Purtroppo è vero: "Sabaudia
è rimasta il sogno degli architetti che l'hanno disegnata.... una profezia
interrotta...". Sarebbe bastato poco! Sarebbe bastato percorrere la via
maestra tracciata la piano regolatore originale. Sarebbe bastato definire un
piano "particolareggiato" dove definire e regolamentare le tipologie
edilizie, i materiali e, persino, i colori da utilizzare nella costruzione di
nuovi edifici.
Ed invece la piccola "architettura spontanea", come
si soleva chiamare l'abusivismo edilizio negli anni settanta, e la
grande speculazione di costruttori e società immobiliari hanno portato agli
attuali risultati: una periferia della città fortemente degradata. Non un
degrado sociale ma un degrado architettonico, di natura culturale! Questo
purtroppo il
risultato di una pressione urbanistica non controllata, delle "seconde case" al
mare e delle
"villette con giardino", tanto ambite dai frustrati abitanti delle
grandi metropoli. La spinta al turismo di massa, l'abusivismo edilizio, gli interessi speculativi e il
distratto ed incolto potere politico, hanno finito per favorire la mera volontà di espansione
"commerciale". Paninoteche, birrerie, "cornetti caldi", sono
nati un pò ovunque, con lo scopo di servire le masse vocianti che,
all'imbrunire, si riversavano in Sabaudia, attratte anche da avvilenti
manifestazioni: "la sagra dell'anguria", quella del pesce, la
"festa della birra", ed altre ancora.
E così è iniziato
quel processo di "desertificazione" del territorio, a stento contenuto
dai vincoli naturalistici e dalla morfologia del territorio. Il deserto
delle casette "fotocopia" (nel senso che i progettisti, o presunti
tali, le fotocopiano
dagli inserti casa di Annabella o di Amica), delle mura color pastello, dei tettucci a spiovente (anche se non nevica mai!),
dei giardini di metri 4*4. Per fortuna l'abusivismo globale è stato
evitato, anche se le varie contesse di turno hanno ovviamente continuato a
scavare di nascosto i loro "introvabili" tunnel sotto le dune e a recintare le
spiagge pubbliche. Nulla, ovviamente, in confronto
allo sfacelo avvenuto su alcune coste italiane e del Lazio
Osservando dalla cima del monte Circeo il rosso tappeto di tegole che si
distende da San Felice a Terracina, si potrebbe essere tentati di dire che
Sabaudia si è salvata.
Purtroppo non è così e quello
stile, quel genius loci, di cui ho precedentemente parlato sono stati fortemente
danneggiati e vituperati.
Pochi i tentativi di costruire secondo le direttrici e le tendenze della forma
urbana iniziale. Pochi e spesso, inevitabilmente, forzati e manierati. Voci
isolate, di progettisti o committenti, che comunque hanno dimostrato una
sensibilità al problema ed una volontà ammirevole di fermare il deserto, di
ricucire lo strappo con la città.
Ad essi va la mia ammirazione ed il mio ringraziamento e, nella apposita pagina
"Nuove forme architettoniche", tenterò di descrivere con parole e
sopratutto con immagini il mio giudizio su tali "oggetti" edilizi.
Per fortuna il "centro storico" si è in gran parte salvato.
Qualche scempio è stato compiuto (vedesi piazza "delle palle" o di
Santa Barbara) ma l'impianto urbanistico-architettonico è ancora in
gran parte quello originale.
Ora che di Sabaudia si può parlare, ora che più nessuno si arrampica sui muri
per cancellare le iscrizioni in bassorilievo, ora che si aprono mostre su questa
cittadina in giro per il mondo, dovrebbe avere inizio un serio recupero urbano
delle opere architettoniche che il passato, anche se recente, ha lasciato. Un
patrimonio che se rivalutato, restaurato ed opportunamente pubblicizzato,
potrebbe diventare una delle principali attrattive turistiche per gli appassionati
e gli studiosi di storia dell'architettura moderna.
Molto è stato fatto, in tal
senso, dalle ultime amministrazioni comunali e molto è ancora da farsi. Un
orgoglioso cartello posto all'ingresso della città sembra indicare un
cambio di tendenza, un fermo proposito di rilancio.
Auguriamoci che nei prossimi
anni si
intervenga su opere importanti quali l'ufficio Postale, prima che
l'incuria degli uomini e i danni del tempo spingano a sconsiderate decisioni di
demolizione o di rifacimento, come già avvenuto per il vecchio mercato coperto.
Per tale motivo gli abitanti di
Sabaudia, e tutti coloro che la amano, devono mobilitarsi e divenire, a pieno
titolo, i veri ed unici "Ambasciatori di
Sabaudia", strappando tale titolo a quei divi dello
spettacolo che ogni anno lo ricevono immeritatamente poiché, spesso, di Sabaudia conoscono solo
la sabbia dorata e l'acqua calda delle proprie "spiagge
private". |
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