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Milano da bere, atto
secondo
Arrestato a Milano, il 2 marzo 2001, un consigliere provinciale
di Forza Italia, Claudio Fanchin. Non è che lultimo
episodio della Tangentopoli che non finisce mai. Più
di mille indagati per vicende di corruzione. Massimo De Carolis
sotto processo. Roberto Formigoni sotto inchiesta. La Regione
Lombardia con un assessore arrestato, un altro rinviat a giudizio,
un pugno di funzionari indagati e lo stesso presidente raggiunto
da due avvisi di garanzia. Unondata di scandali senza
fine.
di Gianni Barbacetto
Tangentopoli è finita? Il sistema della corruzione
politica appartiene ormai al passato? Basta considerare la
cronaca delle massime istituzioni politiche con sede a Milano
- il Comune, ma soprattutto la Regione Lombardia - per essere
costretti a rispondere decisamente di no. Nella patria di
Mani Pulite, a quasi dieci anni dallinizio delle inchieste
giudiziarie che avrebbero potuto cambiare in maniera duratura
lo stile dei rapporti tra politica e affari in Italia, la
corruzione continua come prima. Anzi, con in più una
spudoratezza prima sconosciuta: invece di dimettersi, gli
accusati oggi si dichiarano prigionieri politici.
In questo momento sono più di mille (!) gli indagati
per vicende di corruzione dalla procura della Repubblica di
Milano: ma questo non fa più notizia. Eppure ciò
avviene in un contesto in cui è già scoccato
il cortocircuito politica-appalti-inefficienza: basti pensare
allincredibile blocco dellaeroporto internazionale
della Malpensa, retto da un manager come Giorgio Fossa,
che sotto gli occhi di tutta Europa è andato in tilt
a Natale per una piccola nevicata.
La nuova Tangentopoli silenziosa e invisibile, dunque,
ha un migliaio di imputati a Milano e hinterland, decine di
municipi perquisiti, quintali di documenti sequestrati, oltre
30 miliardi di tangenti già recuperate. Le inchieste
più clamorose, quelle che sono riuscite a "bucare"
la soglia dellindifferenza di direttori e capiredattori,
spesso inutilmente assillati da cronisti sensibili e precisi,
sono quelle che riguardano lex presidente del Consiglio
comunale di Milano, Massimo De Carolis, di Forza Italia,
accusato di aver offerto a unimpresa informazioni riservate
sulla gara dappalto per il depuratore Milano Sud, in
cambio della promessa di un compenso di 200 milioni; e quella
che nellottobre 1998 ha portato allarresto di
Giovanni Terzi, architetto e consigliere comunale di
Forza Italia, presidente della Commissione urbanistica del
Comune di Milano, per tangenti pagate per un affare immobiliare
a Bresso, cittadina alle porte di Milano. La sera dellarresto
di Terzi, due autorevoli esponenti di Forza Italia, Ombretta
Colli e Tiziana Maiolo, si sono precipitate al
carcere di Opera, a portare solidarietà allarrestato.
"E la solita criminalizzazione di un partito politico",
dichiarò Maiolo alluscita, "il fattore scatenante
per larresto di Terzi è stata la sua appartenza
a Forza Italia".
Le altre decine di indagini e processi oggi in corso per
corruzione riguardano invece una schiera di funzionari del
Comune di Milano, centinaia di amministratori dellhinterland
(di questi, quasi 400 erano impegnati nei Comuni a sud-est
della metropoli, quasi tutti governati da giunte "rosse");
e poi politici e funzionari della Regione Lombardia. Proprio
in questultima istituzione si sono concentrati, negli
ultimi mesi, i fatti più clamorosi: unindagine
giudiziaria aperta nei confronti del presidente Roberto
Formigoni, con limputazione di abuso dufficio,
per la gestione della fondazione Bussolera-Branca, che controlla
un capitale di 168 miliardi; larresto di un assessore
(Milena Bertani), di alcuni alti funzionari e del presidente
della più importante commissione regionale (Gianluca
Massimo Guarischi); il rinvio a giudizio di un altro assessore
(Giancarlo Abelli). Lo stesso presidente della Regione,
Roberto Formigoni, era già stato raggiunto in
precedenza da un altro avviso di garanzia, per la gestione
di una discarica. Per infinitamente meno, fino a qualche tempo
fa, si facevano le valige e si toglieva il disturbo (così
fu costretto a fare, per esempio, Ciriaco De Mita e
lo stesso Bettino Craxi uscì dalla scena politica
ben prima di ottenere un condanna).
Altri tempi, altra epoca geologica, anche se erano solo
pochi anni fa. Nel resto dEuropa (la Germania di Kohl,
la Francia dellex ministro Strauss-Kahn) le dimissioni
(politiche, non giudiziarie) sarebbero normali. Non da noi,
dove, con tutto quello che sta accadendo dentro il governo
della Regione più ricca dItalia, la corruzione
non fa notizia e nemmeno lopposizione si arrischia a
chiederle fino in fondo, con forza. Ormai pulizia e trasparenza
sono evidentemente un optional e la soglia dellindignazione
si è alzata più di quella del comune senso del
pudore.
Il Sistema Guarischi
Roberto Formigoni - luomo che aspira a diventare
il successore di Silvio Berlusconi, per portare a compimento
la democristianizzazione di Forza Italia - è stato
rieletto presidente della Regione Lombardia alle scorse regionali
del 16 aprile 2000 con il 62,4 per cento dei voti. Un trionfo.
Ha funzionato bene la grande macchina acchiappavoti di Comunione
e liberazione-Compagnia delle opere e ha dato buoni risultati
il patto stretto tra Berlusconi e Umberto Bossi. I
leghisti, che fino a qualche mese prima delle elezioni erano
i più duri oppositori del potere formigoniano e non
perdevano occasione per convocare conferenze stampa per denunciarne
i presunti "abusi", hanno dimenticato in un attimo i loro
attacchi e si sono stretti attorno allex avversario.
In cambio, hanno ottenuto un Formigoni "governatore" regionale,
fautore dellautonomia lombarda, che si fa fotografare
in mezzo agli altri due "governatori" del Nord, il veneto
Giancarlo Galan e il piemontese Enzo Ghigo, con
i quali (pur con significative resistenze di Ghigo) ha avviato
la riscossa delle regioni nordiste (e poliste) contro lo Stato
centralista, romano (e ulivista). Dopo la rielezione, in un
giorno dalle reminiscenze patriottiche, il 24 maggio - ironia
della sorte - Formigoni ha chiesto alla sua squadra di pronunciare
un "solenne giuramento", rivolto "alla Lombardia e al suo
popolo". Questa volta il Piave non ha mormorato, in compenso
hanno gioito i leghisti, appena conquistati alla maggioranza.
Quel giuramento è un atto simbolico quasi secessionista,
ha protestato qualcuno. Ma il "governatore" è andato
avanti, senza curarsi troppo del galateo istituzionale.
Non erano passati neppure quattro mesi dallinedito
giuramento, e sulla nuova giunta del "governatore" si è
abbattuto il primo scandalo: il 22 settembre 2000 viene arrestato
Gianluca Massimo Guarischi, coordinatore provinciale di
Forza Italia e presidente della commissione Bilancio della
Regione. Finisce in carcere insieme ad altre otto persone,
alti funzionari (come Mario Catania, vicecommissario
per lEmergenza) o imprenditori. Tre mesi dopo, il 13
dicembre 2000, è arrestata anche Milena Bertani,
del Ccd, assessore prima ai Lavori pubblici e poi al Bilancio,
privata della libertà insieme a Mario Giovanni Sfondrini,
direttore generale del settore Opere pubbliche della Regione
Lombardia. Bertani - diploma da geometra, ex segretaria della
andreottiana Ombretta Fumagalli Carulli e poi esponente
di rilievo del Ccd di Pierferdinando Casini - era stata
scelta per il delicatissimo ruolo di assessore ai Lavori pubblici
direttamente da Formigoni. Quanto a Guarischi, Formigoni da
anni lo andava sostenendo, anche a dispetto della sua fama.
Per esempio, lo aveva imposto come commissario straordinario
dellIpab (un ricco ente assistenziale milanese) anche
quando Guarischi era stato vistosamente messo da parte dal
sindaco di Milano, Gabriele Albertini, ed escluso dalla
gestione degli enti pubblici.
Aveva dovuto sopportare non poche ironie, il povero Guarischi,
raccontato dai giornali come un ragazzetto con la faccia da
soap-opera, messo in politica dal padre (un costruttore a
suo tempo arrestato per corruzione) per garantire continuità,
dopo Mani pulite, alle aziende di famiglia. Il bel Massimo
era noto al pubblico più che altro per aver condotto
un programma in una tv di Berlusconi e per essere stato fidanzato
della modella Celeste. Ma alla fine ha dimostrato di
avere la stoffa del politico di razza e del manager di successo:
ha infatti saputo costruire e mantenere, dopo i guai tangentizi
paterni, un nuovo comitato daffari, un sistema di corruzione
complesso e articolato.
Secondo la ricostruzione dellaccusa (coordinata
dai sostituti procuratori Fabio Napoleone e Claudio
Gittardi, i più attivi e silenziosi dei magistrati
alle prese con la nuova Tangentopoli lombarda), Guarischi,
con la complicità di Bertani, faceva i miliardi sui
disastri (degli altri): frane, alluvioni, smottamenti. Il
suo sistema di relazioni e di procedure imponeva che a vincere
gli appalti regionali per la ricostruzione fossero le aziende
di famiglia: Guarischi politico affidava i lavori a Guarischi
imprenditore. Poi truffava sui materiali: piazzava tiranti
più corti del dovuto, impiantava nel terreno meno pali
e di diametro più piccolo ("Sui pali abbiamo fregato
un trenta per cento", dice uno dei complici, intercettato
dai magistrati ). Tutta la compagnia - politici, funzionari,
amministratori, imprenditori - è accusata "di aver
ridotto la Regione a una specie di mercatino", sintetizzano
a Palazzo di giustizia.
Le imputazioni ufficiali sono corruzione, frode allo Stato,
associazione a delinquere: il gruppo, secondo laccusa,
aveva messo in piedi un sistema per truccare tutte le gare
e controllare tutti gli appalti pubblici dei lavori regionali,
dalla costruzione degli argini del torrente Seveso al ripristino
delle sponde del Naviglio, dalla sistemazione delle frane
in Valbondione al ristrutturazione dei torrenti in Val Tidone,
fino al consolidamento dellAdda. Guarischi nega tutto.
Dichiara che tra gli imprenditori cera soltanto un "gentlemen
agreement".
In realtà, lintervento illecito di pubblici funzionari
per ottenere vantaggi era diventato per Guarischi un metodo
consolidato, una consuetudine assodata. Tanto che la sua famiglia
vi ricorreva, scrive il giudice per le indagini preliminari
Alessandro Rossato, "anche per le più banali
necessità". Come liscrizione della moglie di
Guarischi, Stefania Luraschi, allAlbo degli architetti:
"Si può affermare", scrive Rossato, "che il segretario
della Bertani, Paolini, sia intervenuto per favorire
la moglie del Guarischi, affinché questa superasse
lesame discrizione allalbo. lepisodio
delinea la personalità di Guarischi, sempre teso a
cercare ogni tipo di favore, in questo caso per la moglie,
che recentemente, anche grazie al titolo professionale conseguito
in modo illecito, è stata assunta presso la Regione
Lombardia".
Formigoni non si era accorto di niente? Perché
proteggeva Guarischi, perfino contro il sindaco Albertini?
Appena scoppiato lo scandalo, si è dichiarato "addolorato".
E non per la corruzione che covava nei suoi uffici, ma "per
un arresto che va assolutamente al di là di quanto
la legge prescrive". Quando poi è arrivata lalluvione
che in ottobre ha battuto la Lombardia, il "governatore" perde
unoccasione per stare zitto: "Avete visto? Le opere
sotto inchiesta hanno resistito, dunque sono fatte a regola
darte". Il giorno dopo, una delle opere incautamente
evocate da Formigoni (largine di Crotta dAdda)
crolla.
Alla seconda tornata dello scandalo, nel dicembre
2000, quando sono tratti in arresto Milena Bertani e Giovanni
Sfondrini, Formigoni reagisce rincarando le dosi contro i
magistrati: "E un atto dintimidazione. Sproporzionato,
anzi del tutto ingiustificato in base alla legge vigente".
Formigoni porta dunque tutta intera la responsabilità
politica di aver scelto e sostenuto Bertani e Guarischi. Quanto
a dirette responsabilità penali, il suo nome, a quanto
è dato sapere finora, è entrato nelle carte
dellinchiesta soltanto per una citazione che Guarischi
ha fatto al telefono (intercettato), parlando con il superfunzionario
Sfondrini: è necessario spartire la torta di un appalto
con un terzo commensale, lex deputato dc Antonio
Cancian, perché "è amico di Formigoni",
ordina Guarischi. "Dagli una roba da poco: accontendando il
professore, io e te con Formigoni siamo a posto"
Le Opere della Compagnia
Qualche giornale ha tirato in ballo,
a proposito degli appalti sulle sciagure, anche un ex assessore
regionale, Donato Giordano, socialista poi passato
a Forza Italia, dipinto come uno che di affari se ne intende.
Giordano, un tempo potente e ora emarginato, ha reagito immediatamente,
spiegando così la situazione attuale in Regione: "Dietro
a Guarischi cè la Compagnia delle Opere, cè
lassessore comunale Sergio Scalpelli, ex Pci,
che si muove come una quinta colonna dentro Forza Italia.
E cè Formigoni... Io sono stato messo da parte
proprio perché mi contrapponevo al loro gruppo...".
La lobby di Comunione e liberazione, attiva attraverso
il braccio secolare della Compagnia delle Opere e forte di
una corrente che, partito nel partito, ha conquistato gran
parte del potere dentro Forza Italia in Lombardia: è
questa la mente del nuovo sistema che regola gran parte dei
rapporti tra politica e affari in Regione. Una lobby trasversale,
che ha cooptato al proprio interno anche gli eredi dei "miglioristi",
i nipotini dei comunisti filo-craxiani egemoni a Milano fino
ai primi anni Novanta: Sergio Scalpelli, appunto, oggi
assessore al Comune, ma in uscita dalla squadra di Albertini;
Massimo Ferlini, ex assessore di Tangentopoli passato
dal Pci alla presidenza della Compagnia delle Opere di Milano;
Lodovico Festa, ex direttore del Moderno (giornale del
Pci "migliorista" finanziato da Salvatore Ligresti,
da Silvio Berlusconi e dal costruttore della Torno
Angelo Simmontacchi), oggi braccio destro di Giuliano
Ferrara al Foglio.
La Regione Lombardia è una grande dispensatrice di
miliardi. La sola spesa sanitaria è lievitata,
sotto la gestione Formigoni, di 4 mila miliardi di lire, fino
a raggiungere nel 1999 la quota record di 19 mila miliardi
(più di un terzo entrata nelle casse delle cliniche
e dei laboratori privati). Sulle forniture sanitarie è
aperta unaltra inchiesta per appalti pilotati. Poi vi
sono i servizi dassistenza (unaltra bella fetta
del budget regionale), in cui è attiva una miriade
di cooperative legate a Comunione e liberazione. Formigoni,
assistito dal suo braccio destro Nicola Sanese, diventato
ormai (benché privo di alcun mandato elettivo) una
sorta di "vicegovernatore" regionale, ha dilatato di molto
anche lapparato di comunicazione della Regione, che
in cinque anni è passato a costare da 5 a 17 miliardi.
Ha ingaggiato come consulenti personaggi interni a Cl (come
Robi Ronza, una delle menti del Meeting di Rimini)
o esterni (dallex ambasciatore Boris Biancheri
allex rettore delluniversità di Bologna
Fabio Roversi Monaco, massone). Le spese regionali sono
così cresciute fino a generare un disavanzo di 1.400
miliardi, altro record di Formigoni.
Privatizzare, imperativo categorico del "governatore",
si traduce spesso nellapportare discreti introiti alle
casse degli amici di Cl e della Compagnia delle Opere, molto
bravi a farsi trovare proprio al posto giusto al momento giusto:
imprenditori della sanità o dellassistenza privata,
ma anche del turismo, del settore fieristico, della comunicazione.
Vi è a Milano una specie di monumento visibile alla
comunicazione di marca ciellina: i caselli di Porta Venezia,
in ristrutturazione; i grandi pannelli pubblicitari che li
ricoprono (ottimo investimento) sono gestiti da Chiara e Associati,
agenzia del gruppo Santa Chiara, il club ciellino animato
da Marco Palmisano.
I grandi affari urbanistici sono unaltra partita
in cui si agitano interessi pesanti. Su questi, i Comuni conservano
competenze determinanti (a Milano, sulla poltrona di assessore
allUrbanistica siede comunque un amico di Formigoni,
Maurizio Lupi, anchegli di Cl). Ma la Regione non
rinuncia neanche in questo campo alle proprie prerogative:
ultimo esempio, la miracolosa trasformazione in aree edificabili
di un pezzo di Parco Sud, cinque milioni di metri quadri alle
porte di Milano, destinati a passare dal verde al cemento
grazie a una decisione della giunta Formigoni presa alla chetichella,
il 4 agosto 2000, approfittando della generale distrazione
estiva.
Milena Bertani, Massimo Guarischi,
Roberto Formigoni, Giancarlo Abelli
Storie nere
e rifiuti doro
Cè un caso in cui Formigoni è stato chiamato
direttamente in causa per accertare eventuali responsabilità
penali, anche prima della vicenda che riguarda la fondazione
Bussolera-Branca. Il 14 luglio 2000, mentre loperosa
Lombardia si preparava alla chiusura per ferie, un avviso
di garanzia è piovuto direttamente sulla testa del
"governatore". La reazione di Formigoni, reduce dalla vittoria
elettorale del maggio precedente, è stata durissima:
"lattacco contro di me è tutto e solo politico.
è il vergognoso colpo di coda di un sistema politico-giudiziario
agonizzante, un tentativo estremo del giustizialismo comunista
e centralista". Sembra di sentire Berlusconi e Bossi
insieme. I reati contestati riguardano la più sporca,
la più interminabile, la più intricata delle
faccende politico-affaristiche degli ultimi anni in Lombardia:
la gestione della discarica di Cerro Maggiore.
Questa è una maxi-pattumiera che ha raccolto per
anni i rifiuti di Milano, città europea ancor oggi
senza un sistema moderno di smaltimento dei rifiuti e ancora
senza un depuratore delle acque. La vicenda offrirebbe a uno
sceneggiatore tutti gli elementi per costruire un grande film
noir: miasmi e spazzatura a cielo aperto, intrighi affaristici,
mistero sui reali proprietari dellimpianto, valzer di
prestanome, politici compiacenti, un fiume di soldi, bilanci
falsificati, conti in Svizzera, un misterioso suicidio. Luigi
Ciapparelli, manager comasco, morì nel suo ufficio
allinterno della discarica il 13 febbraio 1997, per
un colpo di pistola alla nuca sparato da alcuni centimetri
di distanza. Si portò nella tomba i segreti dellaffare
di cui era socio.
La super-pattumiera di Cerro ha attraversato le stagioni,
anche quelle di Mani pulite: fu al centro di una delle prime
inchieste del pool milanese, conclusa con la condanna definitiva
di Paolo Berlusconi per una tangente di 150 milioni
versati nel 1992 al tesoriere della Dc Gianstefano Frigerio
(oggi Forza Italia). Poi Berlusconi finse di uscire dalla
Simec, la società che gestiva la discarica, vendendone
alcune quote al ragionier Ciapparelli, ma in realtà
restò, almeno fino al 1996, il vero controllore dellimpresa
e il reale interlocutore della Regione.
Nel 1995 scoppiò in Lombardia la cosiddetta "emergenza
rifiuti": non si sapeva dove mettere tutta la spazzatura
prodotta da Milano e provincia. Formigoni la indirizzò
a Cerro, che invece avrebbe dovuto chiudere, e si impegnò
a pagare a Berlusconi 300 milioni al giorno per altri due
anni: come un titolo di Borsa, infatti, il pattume da gettare
in discarica aveva più che triplicato le sue quotazioni
grazie alla sbandierata "emergenza rifiuti", schizzando da
30 a 108 lire al chilo. Nel 1996, dope lennesima protesta
degli abitanti di Cerro, la discarica fu comunque chiusa.
Ma solo nel 1999 ci fu un accordo per bonificarla. Il compito
spettava ai proprietari, Berlusconi e soci, che in cinque
anni dattività avevano realizzato, secondo un
rapporto della Guardia di finanza, "ricavi effettivi per almeno
240 miliardi": più che una discarica, una miniera doro.
Invece Formigoni permise alla proprietà di usare per
la bonifica i miliardi della fideiussione versata alla Regione.
Forse lavviso di garanzia è stato spedito a Formigoni
proprio per questo uso improprio delle fideiussioni.
Ma nel corso delle indagini, secondo quanto ha scritto
il quotidiano Repubblica, è emerso anche un appunto
scritto a mano, il verbale di una riunione tenutasi a Milano
2 alla presenza di Paolo Berlusconi e degli altri soci
della Simec. Se è stato decifrato bene dai magistrati
che indagano, il foglietto parla della costituzione, attraverso
false fatture, di fondi neri allestero per oltre 10
miliardi, preparati per pagare in nero nuove discariche e
tangenti ai politici. Sul foglietto sono indicate anche alcune
cifre ("500 milioni", "200 milioni"...) con accanto nomi o
abbreviazioni ("Form", "Pozzi"...). Chi sono "Form" e "Pozzi"?
Hanno davvero ricevuto quei soldi? Giovanni Butti,
limprenditore comasco che ha scritto quel foglietto,
tace. Luigi Ciapparelli, il ragioniere che ha gestito una
parte di quei soldi, ha finito la sua carriera con un colpo
di pistola alla testa.
Un Pozzi, di nome Giorgio, esponente di Forza
Italia ed ex assessore regionale ai Trasporti, è indagato
per tuttaltra faccenda: la trasformazione di terreni
agricoli nei pressi di Lacchiarella, a sud di Milano, in preziose
aree dove impiantare lInterporto, la stazione dincontro
e scambio dei trasporti merce su camion e su rotaia. Erano
terreni agricoli, marcite, risaie, campi sorvolati dai corvi
(valore: 8 mila lire al metro quadrato) nei pressi di Lacchiarella,
a sud di Milano, diventati preziose aree (valore: 20 mila
lire al metro quadrato) su cui la Regione ha deciso di impiantare
- non si sa perché e non si sa perché proprio
lì - il più grande Interporto del Nord Italia.
Chi ci ha guadagnato - facendo nel momento giusto incetta
di aree agricole - sono i soliti noti, gli immobiliaristi
Salvatore Ligresti, Antonio DAdamo.
I magistrati vorrebbero sapere anche come è arrivato
un finanziamento regionale di 2 miliardi e mezzo alla Ims,
il consorzio pubblico-privato che dovrebbe realizzare lInterporto
e in cui sono rappresentati le Ferrovie, gli imprenditori
privati, la Lega delle cooperative rosse.
Il dottore che faceva i regali
Cè unaltra storiaccia che coinvolge Formigoni
e i suoi uomini. è la vicenda che ha avuto per protagonista
il dottor Giuseppe Poggi Longostrevi, il medico milanese
che nel settembre 2000 si è tolto la vita. Era imputato
per aver convinto centinaia e centinaia di medici, nelleuropea
Milano, a mandare i pazienti nelle sue cliniche e nei suoi
laboratori, con conseguente aumento del fatturato, a spese
della Regione: perché lItalia è uno strano
Paese che ha privatizzato la sanità - ma solo nel senso
che a guadagnare sono i privati, mentre a pagare è
la Regione, con soldi pubblici.
Il dottor Poggi Longostrevi, che nel suo genere era un genio,
aveva però escogitato un sistema più sofisticato:
non si limitava a far mandare i pazienti presso le sue strutture
sanitarie, ma aveva convinto i medici di base a inviarglieli
con ricette che prescrivevano esami inutili, o non rimborsabili,
o più complicati e costosi del necessario, o comunque
non eseguiti. Così un fiume di soldi, uscito dalle
casse delle Regione, affluiva nelle sue tasche. Nessuno si
lamentava: i pazienti erano contenti di fare esami a raffica;
i medici erano felici di ricevere 70 mila lire a ricetta,
più qualche regalino (dalla cravatta al servizio di
porcellana di Capodimonte); le aziende di Longostrevi erano
entusiaste di lavorare a pieno ritmo, sottraendo al sistema
sanitario nazionale 700 milioni al mese, per molti anni. lunica
a pagare, alla fine, era la Regione. Cioè tutti. Cioè
nessuno.
Ma possibile che in Regione non ci fosse neppure un politico,
neppure un funzionario che si fosse accorto della truffa?
Uno, a dir la verità, se nera accorto: Giuseppe
Santagati, manager della Ussl 39 di Milano, che fece scoppiare
il caso. Controllando i conti, si era accorto che qualcosa
non quadrava. Fece uninchiesta interna, si accertò
delle irregolarità, infine le denunciò alla
procura della Repubblica. Risultato: fu licenziato. Premiato
con una poltrona da assessore, invece, fu un buon amico di
Poggi Longostrevi, Giancarlo Abelli, politico pavese
e manager della sanità lombarda. Un uomo con una lunga
storia alle spalle. Ancor prima di Mani pulite, quando era
democristiano, Abelli fu arrestato e processato. Assolto,
tornò alla politica. Esperto di sanità, con
un grande know-how in materia, fu chiamato da Formigoni come
consigliere, proprio per la sanità.
Ma Abelli era anche amico e consulente di Poggi Longostrevi,
che lo ebbe gradito ospite sul suo elicottero. Non sapeva
niente, Abelli, della grande truffa che il suo amico medico
stava attuando? In che cosa consisteva la sua "consulenza"?
E a che titolo aveva ricevuto dei soldi (almeno 70 milioni
non dichiarati) dallimprenditore delle ricette doro?
In un altro Paese europeo lo avrebbero comunque cacciato:
Abelli o era complice o, peggio, non si era accorto di ciò
che accadeva sotto il suo naso, dunque era stupido e incapace.
Ma in Italia no: Formigoni se lo è tenuto vicino come
superconsulente della sanità e, nel maggio 2000, lo
ha chiamato a fare lassessore alle Politiche sociali
(la Sanità era già saldamente nelle mani di
Carlo Borsani, An, un altro che da anni sta in quel posto
e non si accorge di niente).
Abelli (passato intanto a Forza Italia), insieme a
tutti gli altri assessori della nuova giunta formigoniana,
il 24 maggio 2000 presta il suo "giuramento alla Lombardia
e al suo popolo". Un grande ritorno alla politica. Peccato
che uno scherzo del destino gli rovini la festa: proprio quel
giorno, gli viene recapitato un rinvio a giudizio. Per aver
ricevuto quei 70 milioni da Poggi Longostrevi, che, prima
di morire, li aveva spiegati così: "Dovevo tenermi
buono un personaggio politico che nel settore contava molto".
E poi aveva aggiunto: "Alcuni sono stati costretti alle dimissioni
solo per un sospetto, altri sono stati premiati con la nomina
ad assessore".
Regione corrotta, nazione infetta
Dunque, una folla di politici, funzionari, imprenditori è
indagata a Milano e in Lombardia per vicende di corruzione.
Centinaia di amministratori pubblici sono sotto processo per
corruzione in campo urbanistico. Una quarantina di persone
è stata arrestata per mazzette versate da imprese di
pulizia e da aziende fornitrici di mense scolastiche. è
sotto indagine la joint-venture per gestire 33 aeroporti argentini
siglata dalla Sea (la società che gestisce gli aeroporti
milanesi, quella che, sotto la guida di Fossa, a Natale
non ha saputo resistere a dieci centimetri di neve). In questa
vicenda, fra laltro, è coinvolto anche Massimo
De Carolis, che secondo laccusa si è dato
da fare per oliare laffare, compenso promesso: mezzo
miliardo).
E poi cè la Sanitopoli lombarda: quella vecchia,
in cui il braccio destro di Formigoni per la sanità,
Giancarlo Abelli, aveva rapporti piuttosto intensi con
Giuseppe Poggi Longostrevi, ma anche quella nuova,
con sotto accusa (per ora) un terzetto di manager della sanità
di nomina politica (Vito Corrao del Fatebenefratelli,
Pietro Caltagirone di Niguarda, Antonio Mobilia
della Asl Milano) che erano in combutta con un fornitore,
limprenditore Franco Maggiorelli, ricco di ottime
entrature politiche (aveva buoni rapporti con lassessore
comunale ai Trasporti Norberto Achille di Forza Italia,
con lassessore regionale alla Sanità Carlo
Borsani di An, con il capogruppo regionale di Forza Italia
Fabio Minoli). Abelli ricompare anche qui: i magistrati
lo accusano di aver anticipato a Maggiorelli le nomine dei
manager e di avergli offerto i contatti giusti. Ma che importa:
tutto ciò non impedisce a De Carolis di aspettare da
Berlusconi una candidatura (sembra per il Senato) alle prossime
elezioni; ad Abelli di aspirare a cumulare lassessorato
allAssistenza con quello alla Sanità, realizzando
una concentrazione di potere nel campo sanitario-assistenziale
mai vista prima; e a Formigoni, responsabile politico delle
azioni di Abelli come di quelle di Guarischi (di De Carolis
no: appartiene a una cordata concorrente) di restare lacclamato
"governatore" della Regione, aspirante successore del lider
maximo Berlusconi.
Chissà se è vero, come va dicendo qualcuno
del suo ambiente, che tutte queste brutte vicende lo hanno
fatto un po disamorare della politica lombarda, da cui
fugge appena può con frequenti viaggi allestero,
in Iraq, in Brasile, in Cile... Certo è che ha comunque
conservato il piglio decisionista: i suoi stessi assessori
devono sottostare al suo controllo, o a quello del suo "vicegovernatore"
Sanese; e il Consiglio regionale deve accettare di essere
trasformato in unassemblea senza poteri e con ben scarse
possibilità di controllo su ciò che viene deciso
dal presidente e dai suoi fedelissimi (in cambio, ai consiglieri
hanno offerto più soldi: 63 milioni allanno per
un nuovo portaborse e 2 milioni in più di stipendio,
che già si aggira sui 15 milioni al mese).
Intanto la secessione Formigoni lha già fatta.
Non quella con le bandiere e gli squilli di tromba, ma quella
reale, sostanziale, che realizza in Lombardia sistemi di governo
in contrasto con quelli nazionali: nella sanità, nellurbanistica,
nella scuola. Il sistema sanitario lombardo, che ha trasformato
le Asl in aziende che pagano le prestazioni e i servizi di
ospedali pubblici e (in maniera crescente) di cliniche e laboratori
privati, è diverso e in contrasto con il sistema sanitario
nazionale. I criteri di calcolo degli standard urbanistici
(le aree che devono restare a verde e servizi) decisi da Formigoni
sono troppo flessibili e in contrasto con le leggi nazionali,
tanto che per due volte la legge urbanistica regionale è
stata bocciata dal governo. Sulla scuola, poi, Formigoni ha
realizzato il suo capolavoro: ha fatto passare in Consiglio
una legge formalmente accettabile (buoni-scuola per tutti
gli studenti, per tutte le spese, in proporzione al reddito
famigliare), ma poi lha ingessata con un regolamento
attuativo che di fatto realizza un finanziamento esclusivo
alle scuole private, e anche per famiglie con redditi alti.
Il Pirellone sede della Regione Lombardia, quel grattacielo
disegnato da Gio Ponti che resta oggi uno dei pochissimi
elementi che contrassegnano lo skyline di Milano, è
dunque oggi battuto da nuovi venti: quelli della strana rivolta
di Formigoni contro Roma; quelli della politica, a suo modo
"centralista", del "governatore" (la Regione decide tutto,
anche contro i Comuni). E soprattutto quelli di una serie
di infortuni giudiziari come mai prima, nemmeno negli anni
doro di Tangentopoli.
(gianni barbacetto, da micromega, gennaio 2001)
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