FOCUS
I fatti, i personaggi,
le inchieste

PREVISIONI DEL TEMPO
Commenti, interventi,
polemiche

IDENTIKIT
Ecco che cos’è
società civile

MEMORIA
Archivi e documenti

CENTOFIORI
Il meglio nella rete
e nel mondo

FORUM
Spazio libero alle idee

 
 
 

Storia del Signor Savoia
Biografia non autorizzata di un erede al trono d'Italia,
piduista e manager di affari oscuri,
che mentre tutti ritornano, vorrebbe tornare anche lui

1. Playboy fuoristrada
2. Traffici internazionali d'armi
3. Craxi, Berlusconi, la politica

1. Playboy fuoristrada

È stato erede bambino di una casata senza regno, poi playboy non brillantissimo e amante di fuoriserie (con attitudine a uscire di strada), poi ancora imputato d'omicidio con ai polsi le manette della Gendarmerie. Ora è pretendente, se non proprio al trono, almeno a un passaporto italiano. Con coro di consensi, a destra e a sinistra.


Vittorio Emanuele bambino nella tenuta di San Rossore e poco prima dell’esilio

Si chiama Vittorio Emanuele Savoia, ma lui preferisce di Savoia. Il suo rientro in Italia è un tormentone, un problema che periodicamente ritorna d'attualità - come se il Paese non avesse altri problemi. Ogni volta si torna a parlare (anche se sempre più flebilmente) degli impedimenti a questo ritorno: della norma transitoria della Costituzione; o della non brillante storia di una dinastia che ha consegnato l'Italia al fascismo, che ha accettato le infami leggi razziali, che dopo l'8 settembre ha tagliato la corda lasciando il Paese al suo destino...

I pochi oppositori rimasti continuano a ricordare il passato remoto di una brutta storia. A questo, vorremmo aggiungere il sempre meno ricordato passato prossimo, molto prossimo, del signor Vittorio Emanuele Savoia, uomo d'affari. In questa veste - che poi è l'unica che ha davvero rivestito - Vittorio Emanuele in Italia è già rientrato. Anzi, non ne è mai uscito. Fa parte a pieno titolo della storia recente del Paese: non quella alta, quella dei suoi avi, ma quella invisibile e sotterranea che ha a che fare con lobby riservate, logge segrete, aristocrazie occulte impegnate in affari internazionali sul crinale dell'illegalità.

«Questa grande dinastia, che per secoli ha regnato su Chambery e dintorni...», ironizzava Carlo Emilio Gadda, ha trovato seppur tardivamente un uomo capace di compiere grandi imprese (finanziarie), di andare oltre i confini, di aggirarli anzi, con l'aiuto di qualche società off-shore. Da giovane, ebbe una carriera scolastica un po' difficile. Ma si preparò con scrupolo a divenire cultore dello champagne e dei vini pregiati. Allora gli amici lo chiamavano «Toto la Manivelle» (potremmo tradurlo «Vittorino il Volantino») per via della sua eccezionale capacità a perdere il controllo del volante e a uscire di strada, con gran danno per le carrozzerie delle sue belle auto.

Divenne presto cittadino del mondo. Prese dunque a collezionare conchiglie. Ma, poiché le fuoriserie non gli bastavano, prese anche il brevetto di pilota e acquistò un biplano con una testa di tigre disegnata sulla fusoliera. Infine divenne uomo d'affari: «per ricostruire il patrimonio di famiglia». Il suo lavoro può essere definito in molti modi aulici. Ma per capirsi meglio basterà la definizione di mediatore d'affari, piazzista di lusso, ponte nobile tra grandi imprese occidentali e satrapie orientali, sempre all'ombra di qualche strana consorteria politico-affaristica. I quarti di nobiltà di Vittorio Emanuele costituiscono il valore aggiunto, sono la griffe che garantisce, se non una particolare abilità manageriale, almeno l'accesso ai personaggi utili, alle lobby giuste.

Così negli anni Settanta il signor Savoia fu preso sotto l'ala dal conte Corrado Agusta, l'ex marito di Francesca Vacca, allora padrone di una fabbrica d'elicotteri e mercante internazionale d'armi. Agusta, in verità, era conte per modo di dire: non per lignaggio, ma per decreto di Mussolini. Gli era utile avere attorno un nobile vero, un principe di casa reale, amico o parente o comunque ben introdotto nelle dinastie grandi acquirenti dei suoi prodotti. Lo Scià di Persia, per esempio: Vittorio Emanuele era suo amico di famiglia, e in più all'epoca lo Scià Reza Pahlevi corteggiava Gabriella di Savoia. Insomma, il signor Savoia riuscì a piazzare allo Scià una quantità di elicotteri e armi, guadagnandosi, come ogni piazzista, le sue brave provvigioni.

Non tutto però è alla luce del sole, quando si tratta di armi. Il giudice di Venezia Carlo Mastelloni, per esempio, in una sua indagine sui traffici internazionali di armi raccolse documenti da cui risultava che Vittorio Emanuele, insieme al conte Corrado, non si occupava soltanto di merce regolare da piazzare alla Persia, ma anche di triangolazioni proibite dall'embargo: centinaia di elicotteri Agusta 205 e Agusta 206, sistemi d'arma e pezzi di ricambio partivano dall'Italia ufficialmente destinati all'Iran dello Scià, ma finivano in Giordania o all'Olp; indirizzati alla Malesia e a Singapore, arrivavano invece a Taiwan o nella Sudafrica dell'apartaid. Il tutto non senza il beneplacito dei servizi segreti dei Paesi coinvolti. L'inchiesta del giudice Mastelloni aveva messo sotto osservazione generali, politici, agenti segreti. Poi approdò alla Procura di Roma e lì, come consuetudine in quegli anni, si insabbiò.

(1. continua)

 
 
 

Cerca nel sito o nel web


Sito Web

powered by FreeFind

 
 

 

Rinasce «Società civile»
Questa volta nel web,
ecco di nuovo i ragazzacci di Società civile.
Riprende vita, via internet, uno storico mensile milanese

Regione corrotta,
nazione infetta

Un assessore arrestato.
Un altro rinviato a giudizio.
Il comitato d'affari della Lombardia sotto inchiesta.
La storia dei due Formigoni che fanno politica a Milano

Piccole bombe crescono
Una galassia nera dietro l'attentato al Manifesto.
E ora, anche nell'ultradestra è cominciata la campagna elettorale.
Mentre Lega, An e Forza Italia...

 
posta