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Attraverso i vetri rotti delle finestre, la luce componeva una figura sul pavimento che poco alla volta cambiava forma. Dapprima la forma sembrava quella di una giovane coppia di sposi e poi via via quella di un pescatore che gettava le reti e, infine, quella di un'aquila reale, proprio come la chiave che aveva in mano Mozzato. La figura disegnata dalla luce sul pavimento cambiò nuovamente forma e, sorpresa delle sorprese, si trasformò nel luccio d'oro. Il luccio gli disse: "Dal momento che ascoltasti la mia preghiera e ti sei fatto guidare dal tuo intuito, ti racconto un altro pezzo della storia. Il fulmine che colpì questa locanda anni or sono, spaccando in due la guglia sotto la quale si stavano celebrando le nozze della figlia del re, colpì anche il promesso sposo, mandandolo all'altro mondo. Anche un'altra cosa fu colpita: la mano della sposa che aveva appena ricevuto l'anello. L'anello non è stato più trovato". Mozzato corse allora verso la guglia, chiusa da una porta, la chiave l'aprì e in terra, sotto uno strato di polvere, cosa trova? L'anello della sposa sfortunata. Solo l'anello non era stato bruciato dal fulmine. Mozzato lo portò al re, che stava ancora piangendo la tragedia non dimenticata e che fece salti di gioia. Dal momento che aveva un'altra figlia giovane e bella, decise di dargliela per moglie. Mozzato non andò più a pescare di notte, risistemò la locanda ribattezzandola "Al luccio d'oro" e tutti, ma proprio tutti, vissero felici e contenti.

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Il luccio d'oro e la locanda - pagina 2
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