12 aprile 1928
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W J. M. F.

Tury-Assù, 12 aprile 1928

Carissimo fratello, sorella e nipoti,

Pax et bonum!

Non potete immaginare quanto mi consolò la vostra lettera e le vostre buone informazioni che a vostro riguardo mi inviò il mio ottimo commilitone P. Riccardo nell’occasione del suo ritorno al Brasile. Molto bene. Bravi!... Continuate ad essere sempre buoni e ferventi cristiani e un giorno ne ricevere il premio dal Signore.

Dimorando adesso nella Città Eterna, avete più mezzi per infervorarvi e ravvivare sempre più la vostra fede. Sì, l’abitare vicino al Pontefice, alle catacombe dove il suolo tante volte fu inzuppato del sangue di milioni di martiri, a tanti monumenti sacri che ci ricordano tante cose sublimi della nostra santa religione, è certamente anche questa una grazia speciale del Signore. Approfittatevene poi, per l’anima vostra.

Era mio desiderio quest’anno rivedere la nostra Patria amata, visitare e riabbracciare tutti i miei cari parenti, amici, e conoscenti, come già stavano disposte le cose. Ma l’uomo propone e Dio dispone.

La morte inaspettata del nostro amatissimo e santo Vescovo D. Roberto Colombo scombussolò tutto, tanto che rese impossibile anche il mio ritorno in Italia. Che fare? Adoriamo riverenti i divini secreti d’Iddio, sperando di ottenere un’altra licenza dal nuovo Pastore che, breve, nel nome del Signore, verrà a governare la nostra amatissima Prelazia.

Per adesso pazienza; e per evitare il pericolo di dire delle bugie, non voglio più determinare il tempo della mia venuta tra voi, però appena che avrò combinato, coi buoni Superiori maggiori, il tempo preciso, ve lo significherò.

Da un anno che mi trovo in Tury-Assù come Superiore e Parroco di codesta cittadella situata sulla riva del mare, lontano dalla capitale del Maragnone tre giorni di viaggio sul piroscafo.

Il grande rammarico che sentì il mio cuore, nel dover abbandonare l’Alto Sertão maragnense, zona percorsa da me con tanta soddisfazione per ben 16 anni continui, dove ho sparso tanti sudori, dove ero tanto amato da popoli che seppero così bene corrispondere alle mie fatiche Apostoliche, per intraprendere una vita ben differente e totalmente opposta alle mie ispirazioni e desideri, voi tutti ve lo potete ben immaginare.

Ma l’obbedienza volle così e così sia fatta, non la mia ma la volontà del Signore.

Qui il clima è adorabile, moltissima frutta, pesce in abbondanza e carne a iosa. Nonostante tutte queste regalie, pure invidio sempre le mie antiche e sempre carissime disobrighe, o missioni ambulanti.

E ciò per più ragioni. Anzitutto perché è molto meno la responsabilità davanti al Signore; in secondo luogo nelle disobrighe, benché il Missionario sia obbligato a passare la più parte dell’anno sulla groppa di un mulo, sotto tutte le intemperie, soggetto ad un clima non tanto salubre, ad un cibo grossolano e spesse volte alla fame ed alla sete, tuttavia sono tante le consolazioni spirituali che si incontrano, sono tanti i meriti che si guadagna per il Cielo, che tornano dolci e soavi i maggiori sacrifici.

Sì, lo ripeto ancora una volta, la vita più bella per noi Missionari, vita veramente Apostolica, è quella delle disobrighe.

Se la piccola città di Tury-Assù è bella e simpatica per le sue ricchezze naturali, altrettanto è deforme per le grandi piaghe che coprono i suoi abitanti, voglio dire il massimo indifferentismo religioso, la superstizione, e il più gretto e pubblico concubinato.

Per estirpare questi vizi abominevoli di questo disgraziato popolo, devo lavorare molto e spero, colla Grazia di Dio che tutto può e colle orazioni dei buoni, la sua completa conversione quanto prima. Preghiamo adunque, e preghiamo molto per questo fine.

Ciò che mi consola molto però, è la frequenza assidua alla spiegazione del catechismo di un discreto numero, 150, di fanciulli e fanciulle in tutti i giovedì ed in tutte le domeniche dell’anno. Così pure debbo dire del collegio interno e esterno frequentatissimo, diretto dalle nostre buone Suore Cappuccine terziarie. Se poco o nulla posso sperare dalla vecchia generazione, spero molto però dalla nuova.

Il mio braccio destro è l’ottimo Frate P. Anastasio che, animato di un vero spirito di sacrificio, lavora indefessamente nell’interiore della mia Parrocchia, riportando sempre copiose vittorie nel campo vastissimo dell’Apostolato. Con gli ordini del nuovo Pastore tanto sospirato, speriamo di far del bene anche ai poveri selvaggi che, anche qui nell’interiore delle vergini selve, purtroppo ve ne esistono ad iosa.

Come va di salute la buona sorella Adele? Migliorò dell’artrite? Poveretta, quanti dolori, nevvero? Oh! Se mi fosse dato darle un poco della mia salute quanto lo farei volentieri! Ma, già che il Signore le inviò questa croce, faccia in modo di portarla con tutta la pazienza e rassegnazione, e così guadagnerà molti meriti per il cielo.

La mia salute sarebbe ottima se trovassi una medicina che facesse diminuire in me la pinguedine che purtroppo sta aumentando sempre più impedendomi di viaggiare sulla groppa del mulo come per l’addietro.

Ho ricevuto nello scorso Dicembre letterine affettuose dal fratello e nipote da Besana Brianza e dal fratello Pietro e nipote da Milano. Tutti bene grazie a Dio. Domani scriverò a tutti un letterone. Addio carissimi, abbracci cordiali, specialmente alla sorella Adele e Nipoti.

Colla speranza di rivedervi presto, ricevete una benedizione specialissima dal vostro aff.mo fratello e zio

P. Natale M. - M. C.

 

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