5 febbraio 1916
Precedente Home page Superiore Successiva

W J. M. j F.

Barra do Corda, 5 febbraio 1916

 

Carissimi fratelli e sorelle,

che il Signore vi faccia tutti santi. Questo è il primo augurio che vi fa il vostro sempre amato fratello. Non potete immaginare quanto mi furono gradite le vostre notizie e di ciò ve ne ringrazio infinitamente. Questa mia è veramente un poco in ritardo, ma ciò dovete attribuirlo non già alla mia cattiva volontà, bensì alla mancanza di mezzi e di tempo.

Dopo l’ultima lettera che vi ho mandato fino a quest’ora, ho potuto stare in convento tre mesi soltanto e furono Gennaio, Febbraio e Marzo. Tutto il restante dell’anno p. passato compreso anche il Gennaio del corr. anno, l’ho passato disobrigando e missionando insieme a un mio ottimo confratello missionario P. Marcellino[1].

Tra le mie disobrighe e le missioni date col P. Marcellino ho potuto percorrere 570 legnas. (una legna corrisponde a 6 km). Percorrere 3420 chilometri, non già in carrozza né in automobile né in ferrovia (tutte cose che non esistono qui) ma sempre a cavallo sotto i cocenti raggi del sole tropicale del Brasile, non vi pare già un bel sacrificio?...

In tutto questo tempo caddi una volta soltanto ammalato di febbre palustre, ma dovuto alla buona provvista di medicine che avevo fatto al partire da Barra do Corda, in pochissimo tempo mi ristabilii in salute e questa, grazie al Cielo, al presente è ottima.

Sarebbe perdere il tempo se io volessi ancora narrarvi ciò che avviene e che si fa nelle disobrighe (missioni ambulanti), già ripetute altre volte nelle mie lettere, perciò ora mi limito soltanto a mostrarvi le mie impressioni avute nelle Sante Missioni date nelle piccole città di Grajahú, Imperatriz, Riachao, S. Antonio di Balzas, Barra do Corda e Pedreiras.

Carissimi, è più facile immaginare anziché descrivere il gran bene che si è potuto fare colla grazia del Signore in queste Sante Missioni. Ad eccezione di Barra do Corda e di Pedreiras, in tutte le altre parti, quasi tutti era la prima volta che si confessavano e, dovuto alla loro grande ignoranza, ci costavano care queste confessioni. Sicuro! Tutti si meravigliavano al sapere dell’obbligo grave di confessarsi per ottenere il perdono dei peccati!!... Ed in ciò trovarono un osso un poco duro. Ma colla pazienza, e colla esortazione avveniva che tutti si confessavano.

In tutte le Missioni sempre fu grandissima la concorrenza dei popoli e per accudire alle loro necessità, non si risparmiava né sudori, né fatiche, ma tutto si faceva per accontentarli. Ciascuna Missione durava 10 giorni continui e da una missione all’altra non avevamo neppure un giorno di libertà e questo era dovuto ai molteplici impegni di P. Marcellino il quale non poteva star fuori molto tempo di Fortaleza[2], luogo di sua residenza. Ma la nostra buona volontà di missionare tutto l’Alto sertão do Maranhão[3] era grande e perciò il nostro riposo lo facevamo consistere nel viaggiare a cavallo facendo 10 o 12 legnas tutti i giorni quando eravamo costretti a portarsi da un città all’altra.

P. Marcellino è il vero tipo del missionario. Bastava la sola sua presenza per attirare l’attenzione di tutti e dovunque egli passava, vi lasciava sempre frutti straordinari di conversioni. In molti luoghi lo spiritismo (commercio col demonio) faceva grande strage nel popolo, ma la parola pronta, chiara, ardente ed infuocata di P. Marcellino tutto atterrava, e gli stessi capi di questa setta diabolica si riconciliavano con Dio.

Nel tempo della giovinezza assistii più volte alle missioni che davano i buoni Missionari di Rho, ma neppure una volta ho avuto la fortuna di vedere tutto il popolo in massa a percuotere il petto e piangere pubblicamente i propri peccati. Ebbene, ciò che non mi fu dato di vedere in Italia, ho avuto la consolazione di vederlo qua in mezzo a questi popoli, che vivono all’ombra di morte, durante le prediche di frate P. Marcellino. Ah se mi fosse dato di imitarlo anch’io, quanto bene di più potrei fare fra questi infelici!... Ma “non omnes prophetas”, non tutti sono Profeti, e perciò m’accontento nel corrispondere al piccolo talento che il buon Dio, per sua bontà ed infinita misericordia, ha voluto concedermi.

Qua in Barra do Corda la passo benone, sempre contento e felice. Tanto in convento come fuori, in qualunque parte, tutti mi vogliono un gran bene. I pochi giorni che passo in convento per me sono preziosissimi perché è il solo tempo in che posso pensare ai miei conti con Dio e preparare il materiale per fare un poco di frutto in mezzo ai popoli affidati alla mia povera persona dalla Provvidenza Divina. Quindi vi prego a non lamentarsi se non vi scrivo di frequente e a ciascuno in particolare, perché, come vedete, mi manca proprio il tempo.

Ringrazio poi delle affettuose letterine che mi mandarono nel mese di maggio p.p.: la buona sorella Adele e l’ottima nipote Maria. In un batter d’occhio le ho divorate e le rilessi più volte, tanto mi furono care. Dio benedica e ricolmi i vostri bei cuori di celesti benedizioni.

é solo il fratello Giuseppe che non mi ha voluto onorarmi di alcuno suo scritto, ma spero che anche egli si farà vivo quanto prima.

E la guerra continua ancora!... Ma chi fu che ha voluto la guerra in Italia?... Forse il Sommo Pontefice... e il Cattolicesimo in generale?... No, no, bensì l’anticlericalismo. Ebbene la pagano una buona volta!!! Era mio desiderio il trovarmi anch’io in mezzo a sì duro cimento per consolare, benedire, salvare i nostri fratelli, ma, già che non mi è dato, prego sempre il Signore che protegga e benedica sempre il nostro dolce paese natio e soprattutto i nostri fratelli e parenti e i miei confratelli religiosi che con santo entusiasmo stanno compiendo il loro dovere.

Ma quali dei nostri fratelli si trovano sotto le armi?.. Lo voglio sapere quanto prima, notificandomi specialmente lo stato loro. Voglia il cielo che essi sotto questa dura prova la passano illesi. Ma se accadere il contrario sia sempre fatta la volontà di Dio. Coraggio adunque...

Saluti speciali alle nostre buone cognate, ai miei cari nipoti, a tutti i miei amici e conoscenti, nonché alla famiglia Mambretti che tanto si interessa della mia povera persona. Addio carissimi, amiamo sempre il Signore e facciamoci santi. Pregate, pregate sempre il Signore, affinché le fatiche di noi missionari diano sempre frutti copiosi pel Paradiso. Pregate, pregate sempre pel vostro fratello che vi ama tanto. Nel mentre che vi benedico tutti con tutta l’effusione del mio cuore mi dico nel Signore vostro.

Aff.mo Frate Natale - Missionario Cappuccino

N.B. I più sinceri e sentiti miei doveri e rispetti al vostro distinto Prevosto specialmente a Don Leonardo, Don Giovanni, Don Giuseppe Mambretti ecc. ecc. nonché alle Signore Miotti e Crespi.


[1] A Padre Marcellino da Cusano Milanino, morto di lebbra nel Brasile, è stato dedicato un altare nella chiesa dei Padri Cappuccini di Via Piave a Milano

[2] Città costiera, a circa 700 chilometri da Sao Luís; è la capitale dello stato di Cearà.

[3] Il sertão è la pianura asciutta che si alterna alle foreste nell’interno del Brasile

 

 

Precedente Home page Superiore Successiva