28 gennaio 1925
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Grajahú, 28 gennaio 1925

Carissimo fratello, cognate e nipoti,

la pace del Signore sia sempre con noi.

La vostra lettera del 29 ottobre dell’anno testé passato, mi è riuscita cara sotto tutti gli aspetti: cara perché vedo l’unione che esiste fra voi, e per me questo è grande cosa; cara perché vedo che, se grande fu la sventura di aver perso il padre in tenera età, tuttavia i miei cari nipoti hanno incontrato un altro buon padre, voglio dire nello zio Luigi, che è tutto amore per essi; cara perché vedo proprio che pensate sempre al vostro fratello e zio missionario, ricordandolo sempre nelle vostre fervorose preghiere; cara in modo speciale, perché vedo fra riga e riga che amate di vero cuore il Signore e perciò Egli vi benedice e vi protegge. Un bravo a tutti di cuore!

Ed ora due parole intorno alle mie disobrighe dell’anno scorso. Queste durarono 7 mesi, cioè dal primo di Giugno all’ultimo di Dicembre.

Durante questo tempo, sotto l’aspetto materiale non fui molto felice perché le continue piogge torrenziali dell’anno p.p. arrecarono danni incalcolabili a questi poveri agricoltori, tanto che, la più parte di essi, si trovavano nella più squallida miseria. Ora, se questi poverini se la passavano malissimo, quanto più il missionario, trovandosi in casa altrui. Quante volte, benché col denaro alla mano, pure, per l’assoluta mancanza di viveri, ero costretto alla sera coricarmi col mio pancione bastante vuoto.

Ma se sotto l’aspetto materiale le cose non mi riuscirono prospere, sotto il lato spirituale però, non potevo sperare di più. Anzitutto perché moltissime persone che facevano buona cera al protestantesimo per l’addietro, ora la trovai completamente avverse, come il diavolo con l’acqua santa; non solo, ma due protestantoni, capi di famiglia, che tanto male facevano tra i buoni colle loro teorie e menzogne, si presentarono questa volta non più per disputare con me, facendo poco della nostra religione come lo fecero nell’anno 1922, ma, umiliati e pentiti, chiesero con mia grande sorpresa, i Sacramenti della Confessione, Comunione e Matrimonio ed il Battesimo per i loro figli.

Voi, forse, vi ricorderete ancora degli infiniti abusi e superstizioni che vi manifestai in una lettera del 1922: abusi che incontrai quando, per la prima volta, misi piede in questo vastissimo territorio di Grajahú. Ebbene, grazie a Dio, oggi non esiste più quell’attrazione che aveva una volta, cioè di procurare in quasi tutte le malattie os feiticeiros, uomini addetti alla stregoneria, per ottenere più facilmente la desiderata salute.

L’unione civile, chiamata dall’immortale Pontefice Leone XIII concubinato, fra questi popoli, stava nel suo apogeo; ma, a furia battere e ribattere, mostrando loro quanto questa fosse nociva all’anima, oggi ho toccato con mano che la più parte del popolo dà la sua preferenza al Sacramento del Matrimonio e non già alla sola unione civile.

Nelle prime disobrighe fatte da me in questo territorio, dovuto ai casi frequenti che accadevano, non era più un’ammirazione per me il dover amministrare ad un solo individuo tre o quattro Sacramenti in una sola volta (cioè Battesimo, Confessione, Comunione e Matrimonio) e a persone appartenenti a famiglie cattoliche; oggi invece si vede proprio la buona volontà, lo sforzo ed i grandi sacrifici che fanno le madri per presentare al Missionario i propri bimbi affinché fossero battezzati al più presto possibile.

Anche la Confessione, presentemente, è molto più frequentata di prima. Quante volte io facevo le mille meraviglie al vedere persone veramente buone, ma, quando si trattava dell’obbligo grave della Confessione annuale, facevano la faccia brusca ed alle mie insistenze rispondevano: “No, Padre, faccia di noi quello che vuole, ma alla Confessione non ci assoggettiamo”. Ebbene, parecchi di essi, questa volta ricevettero da me la Assoluzione delle loro colpe, promettendomi che d’ora innanzi sempre saranno i primi nel chiedere questo grande Sacramento.

E questi non sono forse grandi conforti al cuore di un povero Missionario?... Oh! Sì, amatissimi, ve lo ripeto ancora: sono tante le consolazioni spirituali che si incontrano in queste missioni ambulanti, che tutte le fatiche, i disagi, le privazioni inerenti a questo Apostolico Ministero, scompariscono totalmente.

L’anno scorso sulla fine di Gennaio, ho mandato a voi e ai nostri di Milano e alle nostre nipote Suore, un letterone con incluso in ciascuno il mio ritratto, e, fino a quest’ora non ricevetti ancora da nessuno uno scritto di ricevuta. Segno, è questo evidente, che il tutto se ne andò al fondo al mare. Ebbene, se così avvenne, pazienza... Ma ve ne mando un altro, non tanto bello, però servirà sempre per appagare in parte i vostri buoni desideri che dimostrate di rivedere e di riabbracciare il vostro fratello e zio, dopo 12 anni e più di allontanamento.

A proposito del mio ritorno in Italia, al presente è difficile. Quando penso a questi popoli abbandonati dal Pastore e al numero limitatissimo degli Operai evangelici che a vantaggio loro lavorano, il mio grande desiderio di ritornare tra voi svanisce alquanto ed allora offro a Dio anche questo piccolo sacrificio, e pensando, perciò, al merito che acquisto presso al Signore, me ne sto allegro e soddisfattissimo. Fate lo stesso anche voi, ed un dì, ne riceverete la eterna ricompensa.

Giacché state lontani col corpo, procuriamo almeno di stare sempre vicini collo spirito; voi pregate sempre il buon Dio per me, e per la conversione di questi popoli infelici affidati alle mie cure; ed io pregherò sempre per voi, pei nostri parenti ed amici, tutti i giorni, specialmente nel SS Sacrificio della S. Messa, come ho sempre fatto per il passato, affinché il Signore vi faccia sempre più buoni e felici.

Con grandissimo piacere ho ricevuta la notizia che voi tutti parenti ed amici avete corrisposto al mio appello, fatto l’anno scorso, sopra gli Annali Francescani, quando cioè domandavo soccorso per i miei poveri ed amati Indigeni. Sappiate però che i primi a fare la carità sono i ricchi, e voi non dovete per questo privarvi del necessario per soddisfare ai miei pii desideri. Ma, siccome la carità cristiana non ha limiti e per tutti c’è un posto, basta volerlo, perciò mando di cuore un grazie vivissimo a voi, alla Emilia Giovenzana, alla Gesuina Cazzaniga e a tutti quelli che aderirono ai miei buoni desideri. Bravi! Di questa carità fiorita, certamente il Signore saprà ricompensarvi il cento per uno.

L’altro giorno ho risposto ad un bel letterone che mi mandarono i nostri di Milano, i quali, come pure anch’io, tutti bene.

Molte condoglianze alla buona vecchia Emilia, alla cognata, ai miei ottimi nipoti, per la morte del marito, del padre e del nonno. Come era mio dovere, io lo raccomandai nel Santo Sacrificio della Messa, e speriamo che la sua bell’anima se ne stia già a godere tra gli amplessi eterni.

Colla speranza che darete, quanto prima, mie nuove all’amatissima sorella Carolina e a tutti gli amici nostri, vi saluto a tutti di cuore. Degnatevi poi di ricevere la benedizione, benché lontano, del vostro aff.mo

Padre Natale Maria - Missionario Cappuccino

 

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