19 marzo 1926
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W J. M. J. F.

Grajahú, 19 marzo 1926

Carissimo Giuseppino, Pietro, Adele e Nipoti,

la pace del Signore sia sempre con noi.

L’ultimo dei vostri fratelli e zio lontano, sente il bisogno, di quando in quando, mettersi in comunicazione coi suoi cari congiunti per esternare loro i suoi affetti di riconoscenza e di amore.

E l’avrei fatto molto tempo prima se la censura, causa la rivoluzione generale in tutto il Maragnone, non me lo avesse impedito. Oggi finalmente, stando le cose nel suo stato normale, ecco che mi rivolgo a voi tutti con sommo piacere.

Che vi debbo dire poi, nel mio relatorio dell’anno 1925? Né più, né meno di quello che ho potuto fare in Domino.

Terminata la predicazione del mese di Maggio, non partii subito nelle mie escursioni Apostoliche, come il solito degli altri anni, ma, di combinazione col mio buon Superiore, volli sperare l’arrivo dell’angelo della città che in quei giorni doveva prendere possesso della sede Vescovile dell’amata nostra Prelatura di S. Josè de Grajahú.

Conforme l’annuncio telegrafico, più o meno si sapeva il giorno in cui l’amatissimo nostro Pastore sarebbe arrivato tra noi. Quindici giorni prima del suo arrivo, furono giorni di lavoro indefesso perché volevamo proprio che il popolo di Grajahú si facesse onore davanti al suo primo Vescovo. Per ottenere più facilmente il fine, creammo due commissioni: una incaricata per i fuochi artificiali, l’altra per gli addobbi delle contrade.

Ebbene, chi lo crederebbe?... In un batter d’occhio la piccola cittadella trasformossi tutta, tanto da dare un aspetto veramente paradisiaco. Non si deve però immaginare che gli addobbi, non solo nelle vie, ma anche nella Chiesetta, fossero di seta, o di oro, o di argento; no, ma tutti di semplice carta di variati e bizzarri colori, e, ciò nullastante, facevano la sua bella figura, mostrando l’esultanza dei figli coll’amato Pastore.

Al suono delle piccole campane, tutto il Grajahú si riunì al porto del fiume per dare il benvenuto e per baciare l’anello del neo consacrato. Erano le due pomeridiane del giorno 2 di Giugno quando avvistammo il tanto sospirato Piroscafo onde stava Sua Eccellenza col suo degno Segretario P. Bernardino; e un evviva il nuovo Vescovo, ruppe spontaneo di tutta la folla del popolo.

Qui non incontro parole per descrivervi l’entusiasmo che suscitò in tutto il popolo, specialmente in noi Missionari, quando apparve la simpatica e veneranda figura di Frate Roberto che, questa volta, metteva piede in Grajahú, non più come semplice Superiore Regolare, ma rivestito della pienezza del Sacerdote.

Fatti i convenevoli, sua Eccellenza Monsignore Roberto Colombo fu accompagnato, in processione, da tutte le autorità civili, confraternite, e dalla immensa folla del popolo a suon di musica e sotto una infinita tempesta di razzi e mortaletti.

Non vi descriverò, poi, il solenne e primo Pontificale di S. Eccellenza, l’ammirazione unanime del popolo, i discorsi congratulatori dei principali cittadini, insomma, tutto l’assieme di cose di cui si vide onorato il nostro Vescovo. In detta occasione si avverava, riguardo al Presule, e per il popolo di questa città, il detto dell’Apostolo: “Nichil habentes et omnes possidentes” poveri, ma ebbero a dovizie per degnamente ricevere il novello Pastore.

Ed ora mi tengo certo che Grajahú, conoscendo la grazia singolarissima, il sommo onore, che il Signore gli ha fatto, dandogli un Principe della Chiesa così buono, così zeloso e pieno di carità, come è insignito Monsignore Frate Roberto, andrà avanti a passi di gigante nella via del bene. Sì, voglio sperare che Grajahú saprà corrispondere al grandioso programma del suo amato Pastore, che è di salvare le anime, ed io faccio voti ardenti al Signore che ce lo conservi sempre. Ad multos annos.

Terminate le feste, dopo una decina di giorni dovetti abbandonare la dolce compagnia dei miei cari confratelli per dar principio alle mie solite disobrighe che durarono circa 7 mesi. Sarebbe davvero un perdere tempo se io volessi descrivervi ancora tutto quello che accade nelle disobrighe, poi, ve ne ho già parlato le tante volte. Soltanto vi dirò che, dopo 5 mesi dal mio arrivo nel Brasile fino adesso, l’ufficio impostomi dalla santa obbedienza fu sempre quello delle disobrighe “Missioni ambulanti” e quanto più vado avanti nell’età, tanto più le gusto perché sono innumerevoli le soddisfazioni spirituali che ivi sempre s’incontrano.

E’ vero che costano un po’ di sacrificio, ma il bene delle anime che ne deriva è tanto grande, che anche il corpo, volere o no, è obbligato a starsene sempre soddisfatto. Le disobrighe però fatte da me per 9 anni consecutivi, in Barra do Corda, Pedreiras, S. Luiz G. erano molto più pesanti e difficili di quelle di adesso, perché allora non si trattava di una sola Parrocchia, ma bensì di due o tre e più che mi obbligavano a passare fino a 6 o 7 mesi senza potermi incontrare con qualche confratello Sacerdote.

Ma dopo la creazione della nuova Prelatura, le cose mutarono di aspetto, grazie al cielo. Sì, innumerevoli sono i vantaggi che essa ci ha recato, non solo per il popolo che si vide meglio e più frequentemente atteso nei suoi bisogni spirituali; ma anco e molto più per gli stessi Missionari. Eccone la prova. Prima il frate delle disobrighe veniva incaricato quasi sempre di due o tre e più Parrocchie, che si avrebbero dovuto percorrere in un determinato numero di mesi materialmente insufficiente causa la stagione delle piogge che ostacolano l’andata del Sacerdote.

Rimaneva, perciò, sempre una parte di territorio escluso, e i di cui abitanti, sia per povertà, sia per malattia o per mancanza di mezzi di trasporto, anche volendolo, non potevano superare la distanza di 20-30 e più chilometri per avvicinare il Missionario, rimanendo per questo privi dei soccorsi spirituali e abbandonati.

Oggi no; ciascuna Parrocchia, entro i suoi limiti, ha il suo cooperatore, il quale tutti gli anni percorre tutta l’estensione e per tutti presta l’opera sua col vantaggio grande di poter facilmente incontrare il frate della Parrocchia limitrofa e così pensare anche ai casi suoi, confessarsi ecc. ecc.

L’anno scorso, per esempio, con tutta la facilità m’incontrai coi miei due buoni e virtuosi commilitoni P. Emiliano primieramente, e, due mesi dopo, con il P. Gaudenzio. Chi può immaginare la gioia, la soddisfazione che passò tra noi in quella singolare circostanza?... Soltanto lo sa Iddio. Si parlò di tutto e specialmente sul da farsi per rendere più vantaggioso il nostro lavoro a questi poveri popoli privi del Sacerdote. Fu veramente uno sprone per ciascuno di noi per andare avanti con più slancio nella salvezza delle anime a noi affidate.

Ecco uno specchietto del bene spirituale che ho fatto dal principio di Giugno alla fine di Dicembre 1925:

Battesimi  tra fedeli 925; tra infedeli 22
Matrimoni tra fedeli 116; tra infedeli 2
Cresime 4575
Comunioni 6702
Estreme Unzioni 17
Prediche 430

Dal Gennaio sino alla fine di Maggio resterò qui nella residenza di Grajahú in compagnia dell’amatissimo nostro Vescovo, del carissimo Superiore locale Padre Teobaldo da Monticello (Brianza) e P. Bernardino, coadiuvandoli nel sacro ministero. Avrà forse una vita più felice, più beata della mia in questo misero mondo?! Non lo credo. Oh! quam bonum et quam jucundum habitare frates in unum!...

Che vi debbo dire circa il mio ritorno in Italia? Ancora un po’ di pazienza e poi ci rivedremo e riabbracceremo. Quest’anno già furono tre vecchi Missionari, a più di 20 anni, che non vedevano la bella Italia. L’anno ventura andranno altri, più antichi nel Brasile di me. Nel 1928, volendolo il Cielo, credo che i nostri santi desideri verranno pienamente soddisfatti.

Dopo le feste Pasquali, anche il nostro buon Vescovo, frate Roberto, partirà per l’Italia a trattare coi Superiori Maggiori, delle cose concernenti la nostra amata Missione. Sarebbe cosa ottima che alcuno di voi, cogliendo la bella occasione, fosse al Convento dei frati Cappuccini di Monforte per conversare con lo stesso Vescovo, e così sapere ancora più dettagliate notizie a mio riguardo.

La sua venuta a Milano, sarà, più o meno, sulla fine del prossimo mese di Maggio, al principio di Giugno. L’altro mese, ho ricevuto notizie del fratello Luigi, della sorella Carolina, delle cognate e nipotini di Besana Brianza; spero di ricevere ansioso anche le vostre, quanto prima.

Addio, carissimi, amiamo il Signore, e facciamo del bene a tutti. Pregate, e continuate a pregare il Buon Dio e la nostra cara Mamma, Maria Santissima, per me, affinché io possa corrispondere generosamente e sempre più alla mia vocazione. Statevene certi, poi, che anch’io farò il medesimo per voi, specialmente nel Santo Sacrificio della Messa.

Nel mentre vi benedico di cuore. Mi dico vostro aff.mo fratello e zio

f. P. Natale Maria - Missionario Cappuccino

 

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