Morte
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a.p.c.l. P. n. 233/336/ [1]

Morte di Padre Natale  

La Divina Provvidenza ispirò ai superiori perché mi mandassero a Tury-Assù e fossi l’umile strumento per l’amministrazione degli ultimi Sacramenti a P. Natale. Dal fatto, possiamo comprendere l’amore che la bontà Divina ha con i suoi servi.

Giorni dopo il mio arrivo a Tury-Assù esplose la rivoluzione e se avesse ritardato alcuni giorni mi era impossibile andare alla mia nuova residenza, perché furono rotte tutte le comunicazioni.

Sempre ho sentito parlare del Padre Natale che mangiava forte, non solamente, ma anche duro di sonno. Nei pochi mesi che ho passato in sua compagnia, ho osservato che le sue refezioni erano parchissime, non solamente, ma anche dormiva poco.

Fosse questo un indizio della sua prossima morte, Dio solo lo sa.

Il giorno 5 febbraio[2], per un impegno di disobriga accettato, il mio superiore P. Natale mi aveva avvisato che mi preparassi per andare fino a Maracaçumè, lontano da Tury-Assù 25 legnas. Avendo io in quei giorni una infezione intestinale, P. Natale mi ha obbligato che rimanessi in casa, e che lui sarebbe andato in mio luogo.

Il giorno 5 febbraio il mio superiore P. Natale partì di Tury-Assù alla volta di Maracaçumè. In questo viaggio si fermò due giorni a Colonia Amelia a festeggiare la patrona[3] della chiesa del luogo. Lì predicò, confessò quasi tutto il giorno e parte della notte, amministrò i battesimi, non mi ricordo del numero dei battezzati e matrimoni.

Già stanco per il lavoro montò nuovamente a cavallo per arrivare al luogo determinato. Là si fermò parecchi giorni, richiedendone la necessità spirituale di quel nucleo di persone.

Giorni prima che il mio superiore arrivasse a quella località, come egli mi disse, passarono gli indi Urubus, composta di un migliaio di persona, ma non ha avuto la consolazione di vederli.

Nel ritorno disobrigò vari luoghi e il giorno 13 arrivò a Tury-Assù stanco, quasi morto.

Lui medesimo mi disse che se non gli avessero dato un cavallo ottimo, non sarebbe arrivato al luogo determinato.

Al 20 di febbraio fece la festa di S. Sebastiano[4] con la processione, solo soletto, essendo io andato in altro luogo a festeggiare S. Sebastiano.

Al 24 febbraio, mentre registrava i battezzati, la febbre cominciò a perseguirlo, obbligandolo a lasciare tutto e coricarsi. Prese una purga e del chinino e passò regolarmente, tanto che celebrò in domenica e fece la dottrina contro mia volontà.

Alle cinque di mattina di lunedì, mi chiamò avvisandomi che non vi celebrava avendo passato la notte incomodato e nel medesimo tempo aveva rotto il digiuno. Di ritorno in casa incontrai P. Natale in veranda (N.d.R. interpretazione) passeggiando; in quanto prendeva un poco di caffè, conversavamo. Ma reparai che stava delirando pel modo della sua conversa. Presi il termometro e lo consegnai al mio superiore affinché misurasse la febbre. Passati cinque minuti domandai il termometro, guardai, non segnava nessuna linea di febbre. Ammirato per la irregolarità, domandai come l’aveva messo il termometro. L’aveva posto tra il sudario e l’abito.

Feci di tutto perché mi lasciasse mettere il termometro nuovamente ma si mostrò sempre renitente.

È doloroso trovarsi in un luogo dove non ci sono medici e farmacie, non incontrare un farmaco che potesse scongiurare la febbre!... So’ chi lo sperimenta può farsi un’idea di quello che soffre moralmente la persona che assiste a un suo confratello non poter amministrargli alcun conforto fisico! Vedere il proprio confratello che muore per gli eccessi della febbre e non poter soccorrerlo! So’ Dio sa quanto ho sofferto!

Tuttavia mi diedi attorno, domandando ad alcune persone un rimedio proprio per scongiurare la febbre ma nessuno mi indicò un farmaco efficace. Gli amministrai un purgante e chinino. Verso la sera la febbre del medesimo giorno, la febbre era diminuita. Parlando, mi diceva queste precise parole: “Questa mattina parlavo ma non sapevo quello che dicevo”. Verso le ore otto di sera ci ritirammo nelle nostre celle, vicine all’uno all’altro, divisi solamente da una mezza parete.

Dalla mia cella sentiva tutti i movimenti del P. Natale, le giaculatorie che recitava e che per ultimo si coricò.

Qui faccio notare che in quel tempo, una volta preso il sonno, era difficile mi svegliare. Poi, in quella medesima notte di lunedì, alle 11 e un terzo sento scuotere la mia rete e una voce che mi chiamava; mi svegliai di soprassalto, tesi l’orecchio e reparai movimento nella cella del mio superiore. Saltai dalla rete, accesi una candela e incontrai il mio superiore alla porta della cella. Fu una vera felicità nel trovare la porta della cella aperta.

Domandai quello che si sentiva e che voleva; mi disse che voleva un bicchiere d’acqua.

Ho passato un’ora lottando con lui, coricandolo nella rete, ma subito si alzava. Dopo un’ora si calmò e mi sedette alla scrivania aspettando la mattina e che abbassasse la febbre.

In quando stava immaginando e pensando quello che doveva fare, reparai che l’ammalato mio superiore aveva una respirazione insolita, pesante. Mi approssimai al capezzale con il chiaro e reparai negli occhi il segnale della morte. In quel momento mi sentiva gelare il sangue nelle vene. Subito gli ho amministrato gli ultimi sacramenti e, mentre ungevogli il naso, aprì gli occhi, mi guardò fissamente e grosse lacrime gli caddero dagli occhi e subito li chiuse.

Dopo un dieci minuti dall’amministrazione dell’Estrema Unzione moriva.

Quanto ho sofferto quella notte! Solo, soletto. Erano la una e mezzo di notte quando moriva.[5]

Qui faccio notare quello che dissi sopra: che sentii scuotere la mia rete e una voce che mi chiamava, non fu mia illusione, lo considero un fatto reale, o d’alcuna alma del purgatorio o dell’angelo custode, mandato da Dio perché il suo fedele servo ricevesse gli ultimi sacramenti.

I funerali furono solenni, concorse tutto il popolo; il commercio chiuse le sue porte, e le autorità stesse facevano a gara a levare gli ultimi resti mortali alla sepoltura.

Tutta questa manifestazione di cordoglio era dovuta alla stima che P. Natale godeva presso il popolo.


[1] Archivio Provinciale del Cappuccini Lombardi, con sede a Milano, in Viale Piave 2

[2] Si tratta, evidentemente di un errore, nell’indicazione del mese (febbraio anziché gennaio), errore ripetuto più volte nel corso del testo.

[3] S. Amelia, 5 gennaio

[4] S. Sebastiano, 20 gennaio

[5] Questo periodo è, nell’originale, inserito in un nota al termine del testo

 

 

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