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§ 5: FLEGETONTE

 

Lo scienziato si sentì rapidamente sprofondare: e si ritrovò seduto sul pavimento della sua stanza, davanti a dove prima vi era il suo tavolo. La porta era ora spalancata, ed Ajax era accucciato subito fuori, che guardava verso l’esterno, in perfetto silenzio. Notò che tutto ciò che era rimasto del suo studio era un foglio di carta per terra, vicino a lui. Si alzò, raccolse il foglio, e si mise a studiarlo. Era proprio l’ultimo che aveva scritto: quello che lo aveva condotto all’invocazione…

"Proprio in tempo. ". Lo scienziato si girò, e prima di poter scegliere quale delle molte domande gli si affacciavano alla mente, Caronte continuò: "La velocità con cui sei sprofondato è inversamente proporzionale alla consistenza dei tuoi pensieri: del resto avevi notato che la tela del tuo arazzo era sottile, anche se non l’ hai detto. Il tempo dopo la morte passa tanto lentamente quanto la gente che resta pensa a te; ed a parte il tuo funerale,l’unico è stato Ajax. ".

Riconoscendo a se stesso che non aveva alcun vero amico, e che non aveva dedicato molto tempo a nessuno dei suoi seppur numerosi parenti negli ultimi anni, lo scienziato mostrò il foglio a chi gli era riapparso all’improvviso; aveva notato che ora sembrava aver fretta.

"Ecco, è qui che mi blocco sempre. ", disse picchiettando con l’indice sinistro sull’unica formula incompleta: l’ultima. "E’ il calcolo dell’equivalenza massa-energia dei dileptoni annichilati, che non mi torna mai preciso. ". "Per forza, sbagli algebra. ", fu la risposta secca di Caronte. Gli avrebbe fatto meno male affrontare lo sguardo del suo tristo compagno; ma prima che trovasse il coraggio di farlo, sentì come dei colpi lontani, lenti e molto attutiti. Preferendo prima spiegare il motivo della nuova preoccupazione che colpiva lo scienziato, Caronte disse, più tranquillamente: "Stanno venendo a finire le pulizie per il trasloco del prossimo inquilino; lascia quel foglio e andiamo, tanto non ti serve più. ". E si ritrovarono sulla terra soffice di prima, ma ormai vicini all’ultimo fiume, di cui ora si sentiva scorrere l’acqua.

Lo scienziato non sentì che in quel momento Ajax emesse l’ultimo guaito, e Caronte non se ne preoccupò: era il cane che amava l’uomo, non molto il viceversa. E riprendendo il discorso, per mantener fede alla sua promessa, domandò: "Quanto fa 3-2?". "1, che domanda!", rispose seccato lo scienziato, come se avesse trovato tutto il coraggio che gli mancava per affrontarlo. "SBAGLIATO!", rispose Caronte, col tono di colui che non sopporta affatto nemmeno la più piccola offesa. E prima che lo scienziato trovasse la forza per reagire, continuò calmo, ma con uno sguardo fisso e raggelante: "Il risultato è ç 2ç +1. E’ proprio questo, che non volete capire. Di ogni cosa fatta resta memoria, non importa se la si ricorda o no! E’ questa la continuità della realtà nel tempo: il motivo per cui ci si risveglia senza che il mondo sia cambiato, se altri che sono rimasti svegli non lo hanno fatto! Il sonno equivale a venire qui con la mente del corpo, che è quella che dà consistenza ai sogni; mentre il ricordo del sogno è la quantità di coscienza che era presente. Per questo il sonno è considerato mio fratello. ". "E l’ipnosi, allora?"; lo scienziato lo interruppe prima di ricevere la spiegazione completa.

Ma Caronte aveva già capito molto tempo prima che chi pensa già di sapere, chiede sempre specificazioni su un altro argomento, anche se simile, ed è per questo che si deve specializzare in un campo: per non avere la visione completa del suo sapere e non poterlo così sviluppare per aiutare tutti gli altri esseri umani, ma solo quelli che si interessano del suo stesso campo. Girò quindi lo sguardo, ora triste, verso il Flegetonte, e, incamminandosi lentamente, concluse: "E’ come per i medici che studiano come la gente muore, uccidendola in modi sempre più specializzati. O credevi che vivisezionassero e sperimentassero veleni solo sugli animali; magari cani affettuosi abbandonati da chi aveva promesso loro affetto e sicurezza! Certa gente lo fa anche con esseri umani che dedicano la loro vita a lavorare per loro, che parlano la loro stessa lingua; figuriamoci per un essere differente che neppure si sforzano di capire1 NON CAPISCONO ED IMPEDISCONO DI CAPIRE A CHI NE AVREBBE LE CAPACITA’!". E si fermò di fronte al fiume.

Lo scienziato, che aveva intuito di non avere tutti i dati per capire, pensò di rimandare la riflessione a dopo il giudizio di colui che è uno e trino: dopo allora, forse avrebbe capito tutto molto più rapidamente. Quello era dunque l’ultimo dei quattro fiumi infernali, e la sua morte, il suo accompagnatore ormai, gli aveva detto che doveva immergercisi volontariamente. Raccolse quindi tutto ciò che restava di se stesso e, osservandolo bene, disse: "E’ un fiume di lava densa come le sabbie mobili, e calda come l’acciaio fondente. Ma sull’altra riva vi è chiaro come in una notte di luna piena. "; e dopo una pausa di riflessione, domandò: "Cosa devo abbandonare, qui?". Caronte si voltò a guardarlo molto lentamente, e disse: "Solo ora ti accorgi che potevi sapere prima cosa vi era dall’altra parte guardando, cioè riflettendo!? Sappi che la distanza dall’altra riva dipende da quanta volontà hai di arrivarci, e la visibilità da quanti ostacoli ti frappongono intenzionalmente gli altri. E questo vale per tutti e quattro i fiumi; visto che hai ancora una forte coscienza, giudica te stesso le tue azioni e quelle di coloro che hai conosciuto. ". Poi, rispondendogli, aggiunse: "Tutto ciò per cui hai sofferto, e in quello eri sincero. Per questo il mio amico vuole vederti: è molto profondo, per te. Se ti può essere di conforto, qui sentirai solo il dolore reale, ma senza la preoccupazione di doverti poi servire di un corpo mutilato: lo hai abbandonato all’altro fiume. Anche il foglio di carta che hai sollevato prima alla tua vecchia casa, era solo una tua immagine mentale: una specie di sogno al contrario. E’ proprio questo che induce chi ha passato solo fino all’Acheronte, a tornare alla vita senza accorgersene, se non è abbastanza cosciente!". Voleva lasciare il vecchio spiegandogli tutto ciò che poteva fargli capire di lui; cos’, cominciando ad immergersi, concluse: "Per me è sempre un fiume di lastre sottili di ghiaccio, taglienti come il vetro. Ma mi rallegra sapere che di là vi è sempre una tiepida alba!".