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§ 2: LETE

 

Lo scienziato era smarrito e curioso, quindi chiese: "Dietro di noi c’è il buio; e davanti come uno stormir di fronde. Mi stai mostrando l’inferno come a Dante?".

Caronte si fermò e rispose: "Se vuoi capire i miei pensieri, devi abbandonare il tuo modo di ragionare e seguire il mio: quindi esprimi un concetto alla volta." Si lasciò raggiungere, poi continuò: "Dietro di noi c’è l’oblio; se non te la senti di affrontare il tuo giudizio, ti ci puoi buttare. Ma dovrai ricominciare una vita tutta daccapo, con scarse capacità e nessuna intuizione." Riprese il cammino, seguito dall’ora più frettoloso scienziato, che adesso si guardava bene dal girarsi indietro.

Caronte riprese: "Dante… spegno, vorrai dire. Lui e quell’altro: Marone. Non sono mai stati qui da coscienti; erano solo dei prezzolati da chi vorrebbe usarmi per i suoi comodi. Non ho fretta; quella gente prima o poi deve morire, ed allora so io cosa si merita!" E nelle sue parole vi era il tono di chi ha il dominio totale e molte cose di cui vendicarsi.

Dopo un bel pezzo di cammino, Caronte riprese: "Eccoci giunti allo ‘stormir di fronde ’. Questo è il primo dei fiumi infernali: i Lete."

Girarono l’angolo, e lo scienziato esclamò: "Ma è un fiume di merda!"

"E’ come lo vedi tu", rispose calmo Caronte. Poi riprese: "In questo fiume ti purificherai di tutto ciò che hai tramato e ordito contro gli altri esseri umani; ciò che emergerà di te sarà la parte buona dei tuoi pensieri, ma resteranno le tue azioni, il tuo corpo e le tue sofferenze.

E’ sempre così, per purificarsi ci vuole un fiume; l’ultima volta era il Giordano… Ma torniamo a te. Lo vedi di merda perché tale è il tuo giusto giudizio sui tuoi pensieri; e sarà tanto impetuoso quanto tu li hai voluti; e tanto profondo quanto tu li hai coltivati!"

Si fermarono sulla riva. Lo scienziato storceva il naso, ma sapeva che era vero che si era comportato così con gli altri. E poi, mentire a se stessi era inutile.

Caronte lo guardò e disse: "La temperatura dipende invece dalla sensazione che ti hanno lasciato quando li hai portati a compimento: tanto gelida quanto eri pieno di te, quanto bollente quando ti rassegnavi a quelli degli altri. Ogni volta che si passa questo o un altro dei fiumi infernali, queste sono le mie regole: cerca di ricordarlo!"

Lo scienziato cercò di prendere tempo per trovare il coraggio; non c’erano ponti, né barche, il che voleva dire una cosa sola: immergersi! Quindi chiese: "E gli altri come li vedono?". Caronte sogghignò, poi disse: "Chi come un fiume di lava, chi di detersivi, chi ci vede galleggiare cadaveri o coccodrilli; dipende: a ciascuno il suo!". Poi, più pacatamente: "Il mio è sempre un torrente impetuoso di acqua fredda, ma limpida."

E pose rapidamente fine alla discussione con un rapido spintone ed un perentorio: "DENTRO!".

Lo scienziato affondò fino al collo in una calma e calda fogna, mentre Caronte passò un torrente che gli arrivava a metà coscia. Arrivati all’altra riva, dopo aver vomitato ciò che aveva bevuto, lo scienziato domandò: "Non sei molto più alto di me; com’è che io affondavo e tu no?".

Caronte lo guardò seccato: "Ti ho detto che ci si affonda a seconda di quanto ciò che hai fatto lo hai o avresti ripetuto: è più chiaro adesso? Non mi piace ripetere le cose, e da ora non lo farò più." E fatti pochi passi, aggiunse: "Solo il mio amico li ha passati tutti camminandoci sopra; per questo lui può andare e venire come e quando gli pare."

Più avanti lo scienziato si fermò, guardando l’orizzonte, e chiese: "che c’è laggiù? Qui c’è un sole che spacca le pietre, e forse da quelle donne potrei trovare dell’acqua per bere e per lavarmi: puzzo che faccio schifo!". "Troverai l’acqua solo al prossimo fiume; forse!", rispose secco Caronte. E dopo essersi incamminato verso il luogo indicato dallo scienziato, disse: "Il fatto che tu veda molta luce è un buon segno: più vedi chiaro e più sei cosciente, e quindi puoi ricordare. ". "E il caldo dipende dal fatto che mi sono sempre lasciato guidare dagli altri nei miei pensieri. ", aggiunse lo scienziato. Annuendo, Caronte disse: "Come un burattino o un imbecille; per questo il mio amico ti ha perdonato: non eri del tutto responsabile. ". E dal suo sguardo si capiva che se fosse stato per lui…, gli uomini pratici giudicano solo in base ai risultati.

"Ma che ci fanno qui i miei insegnanti?", sbotto lo scienziato, appena giunto al luogo dove aveva visto le tre donne.

Notando la sincerità del suo stupore, Caronte rispose: "Sono loro che hanno guidato i tuoi pensieri. Rappresentano le tre parche.

La prima fila, cioè da spessore e consistenza, ma il colore, l’emozione del pensiero, lo decidi tu.

La seconda tesse, cioè li indirizza, ma la resistenza della stoffa, cioè la loro validità, la decidi tu.

La terza taglia, cioè vi pone fine, ma quanto a lungo ricordarli, lo decidi tu.

Loro non vedono l’arazzo che ne esce, non spetta a loro giudicarlo, ma a te.

Come ti appare?"

"Tu non lo vedi?", chiese lo scienziato, cercando di non far trapelare emozioni.

Ma Caronte non se ne stava curando; e rispose: "Lo vedo benissimo; ma sta a te, l’artista, dare un giudizio su questo come sugli altri aspetti della propria vita. Io, al massimo, posso mostrarti ciò che, pur vedendo, non capisci."

Lo scienziato volle mettere alla prova Caronte, e disse: "E’ un bell’insieme di tutti i colori possibili, ciascuno puro nella sua luminosità. ". "Posso essere anche d’accordo con te sulla bellezza, e per questo non mi pento di accompagnarti dal mio amico attraverso te stesso. Ma non puoi non vedere i buchi dove manca un colore, ed è quello che lo rende incompleto. ", rispose secco Caronte.

Era vero, i buchi c’erano. Ma i colori, lo scienziato li vedeva tutti! Rosso, arancio, giallo, verde, blu, indaco e violetto; tutti insieme nel bianco, tutti insieme nel nero, più chiari o più scuri a seconda se erano misti ad uno di questi due; cioè se uno dei sette era dominante rispetto agli altri. Ma non riusciva proprio a vedere quale mancava. Si girò, gli venne l’idea, e disse: "Caronte. E’ il secondo verde, quello degli iniziati egizi, che manca?".

L’interpellato distolse lo sguardo dal quadro, lo fissò su chi lo aveva chiamato, e rispose: "Sì, è quello. Ma non è verde; è l’insieme di tutti i colori, fermi, e tutti di pari intensità. ". E visto che lo scienziato proprio non riusciva a capire se allora doveva essere il bianco o il nero, riprese bruscamente il cammino, dicendo: "E’ il MARRONE! Il colore della terra, della materia morta. ". Poi subito aggiunse: "Andiamo! Il prossimo fiume ci aspetta. ".