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§ 3: STIGE

 

Visto che il cammino era lungo, lo scienziato chiese: "Ma nessuno è mai venuto qui e tornato indenne?". Caronte, continuando a camminare, rispose: "Molti. Ma solo Orfeo, di cui voi avete una versione inesatta, e colui che chiamate Eracle, li hanno attraversati tutti senza danni; i loro spiriti erano puri. Orfeo era così sincero che non si è lasciato spaventare da nulla; Eracle così ingenuo da non vedere nulla.

Alcune anime vedono pure le parche degli altri, ma non le loro: quelle le porto io in spalla, come i bambini.

Chiunque cerca perdono può passare i Lete tornare dimenticando il dolore del male ricevuto; come le donne che devono diventare madri. Coloro che invece vogliono anche essere perdonati del male fatto, possono anche passare lo Stige, il prossimo fiume che incontreremo: come gli uomini che scelgono di diventare padri. Chi invece sceglie di perdonare gli altri, può passare anche l’Acheronte: e parlare con le anime di chi non è più e contemporaneamente non ancora. Ma è molto pericoloso provarci; anche se si è sinceri.

Si rischia di tornare dal Lete senza memoria, dallo Stige senza intelletto, e dall’Acheronte senza capacità motorie: paralizzati. ".

"E il quarto fiume?", chiese lo scienziato, molto incuriosito.

"Quello lo si passa solo abbandonando la vita. ", rispose secco Caronte! E concluse: "Il Lete lo passano i riflessivi o gli psichiatri; lo Stige gli apatici o i santoni; l’Acheronte i medium, con molte precauzioni, o gli artistici. L’ultimo, il Flegetonte, solo i veri mistici; ed essi tornano solo per intercessione del mio amico. Ma passarlo non è ancora entrare nell’ADE!"

"E come si fa ad entrarci?", chiese ancora lo scienziato. Caronte si fermò e rispose: "Bisogna non solo essere disposti, ma anche entrare completamente in comunione di pensieri col mio amico.

Ma prima bisogna sottoporsi al giudizio di colui che è uno e trino. ". Poi aggiunse con un ghigno: "Ma non so se ti piacerà!". "E’ Lui il padrone dell’ADE?", domandò ancora lo scienziato. Un colpo di vento sollevò i capelli di Caronte, mostrandone in pieno il viso; lo scienziato avrebbe preferito non averlo visto.

"No; sono io. Lui decide chi entra e chi esce; e il mio amico chi resta e a chi chiedere di andare. Ma tra noi non fa differenza; ci siamo solo divisi i compiti. E’ la comunione totale, che dovete capire e scegliere, non accettare, se volete rendere la Valle di Lacrime in cui vivete l’Eden che era una volta. ". Poi, con un lungo sospiro, aggiunse: "Solo così non ci sarà più bisogno dell’ADE; ed io potrò finalmente riposare!".

Si interruppe bruscamente, fece un balzo in avanti, e disse: "E questo è lo Stige! Forza, dentro!"; e questa volta ci si immerse senza spingerlo, affondando fino alle ascelle. Lo scienziato ci si immerse da solo protestando: "Ma proprio un fiume d’alcol, doveva capitarmi! E che puzza di fumo, per giunta! Tu lo vedi sempre d’acqua limpida, eh?"

"No, è calmo, tiepido ed è di sangue:", rispose Caronte a voce alta; "Anche se sono stato io a creare tutto questo per primo, ho avuto anch’io i miei dispiaceri e le mie colpe. Scelte e volute, per giunta!". Poi, aumentando il passo, concluse: "Avanti! Che qui ti purifichi dalle tue azioni malvagie!". Ammettendo a se stesso che spesso era stato un po’ troppo indulgente più con sé che con gli altri, specie per quanto riguardava la sostanza e l’odore del fiume, lo scienziato arrivò velocemente dall’altra parte, con un odore migliore dell’altra volta, un po’ di dolori interni, e più leggero.

"Ma qui è buio fitto!", protestò lo scienziato: "E per giunta fa freddo!". "Colpa tua; ti avevo avvertito. ", rispose calmo Caronte. "Allora guidami tu!", disse lo scienziato, come un bambino che punta i piedi dal dentista. "Per me qui è sempre una nuvolosa e fresca giornata autunnale. Spetta a te dirmi cosa vedi, se vuoi continuare. Altrimenti ti aspetta l’oblio!", rispose Caronte. E questa volta era un tono definitivo.

Lo scienziato fece uno sforzo, come chi ha bisogno degli occhiali e non li trova; e notò qualcosa. "Lì c’è come un tavolo: e con un foglio sopra!", disse, quasi con la soddisfazione di uno scampato pericolo. "Bene,", sentenziò Caronte. "Quello è tutto ciò che di buono sei riuscito a fare nella tua vita. ". Lo scienziato prese il foglio; era come quelli degli esami scritti, a quattro facciate, scritto fittamente e pieno di calcoli e formule. "Tutto qui?", chiese visibilmente deluso. "Prova a togliere tutte le citazioni ed il lavoro fatto da altri,", fu la risposta di Caronte, "e poi dimmi che altro hai saputo fare!". Sapendo che aveva ragione, lo scienziato prese il foglio e cominciò a leggerlo.

La prima pagina descriveva il normale punto di partenza, le teorie di Newton e quelle di Maxwell; la seconda gli approfondimenti di Faraday, Einstein, Planck e tutti gli altri; la terza erano tutte le sue considerazioni e dimostrazioni.

Era proprio vicino alla soluzione! Chiuse il foglio, e pieno di speranza, girò la quarta pagina. C’era scritto: Quindi… e nient’altro! "Qualunque altro buon fisico matematico avrebbe saputo fare altrettanto. ", fu il commento del deluso scienziato. "Ma sei stato tu a farlo. ", fu la sorridente risposta di Caronte. "Ed ora non lo hai gettato,", continuò, "per questo il mio amico ha scelto te. Molti qui ci vedono una statua, un bonsai, od un’opera d’arte qualsiasi. Poi, delusi, la distruggono. Costoro li getto con la falce nell’Acheronte, il prossimo fiume, e lì si devono arrangiare: io non mi curo di chi butta via una vita intera; particolarmente se è la propria!". S’incamminò, seguito di corsa dallo scienziato, e concluse: "Andiamo! Il mio regno ti aspetta… Se avrai il coraggio di entrarci!".