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Scienze della Mente, Filosofia, Psicoterapia e Creatività

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   "TEMPO E PSICOANALISI"
Un ricordo di Ruggiero De Ritis
 
Dopo aver dedicato l'ultimo numero semestrale (gennaio 2007) di "Frenis Zero" a "Chronos. Tempo, Mito, Storia", vogliamo ritornare sul tema del tempo in psicoanalisi, ricordando la figura di Ruggiero De Ritis, straordinaria figura di fisico teorico che si è occupato anche di psicoanalisi ed in particolare dei rapporti tra il tempo della fisica e quello vissuto delle teorie psicoanaltiche. Dopo una brillante carriera presso l'Università Federico II di Napoli (dove ha occupato la cattedra di Fisica Teorica), Ruggiero De Ritis è deceduto prematuramente, all'età di 56 anni, il giorno 8 settembre del 2000. Per commemorarne l'ampiezza degli orizzonti culturali, abbiamo deciso di proporre un suo testo pubblicato nel 1991 nel libro "Il tempo in Freud" (ed. Bibliopolis), corrispondente al capitolo VII del libro. Di seguito riportiamo la presentazione in inglese della sua figura che compare nel sito web dedicato alle "Ruggiero De Ritis Lectures".

<< On the 8 of September 2000, Ruggiero de Ritis, professor of Physics at the University Federico II of Naples, founder and leader of the local group of gravitational physics,  passed away at the age of 56, prematurely leaving friends, colleagues and students.

Ruggiero’s had very broad cultural and scientific interests. During his thesis work (on the foundations of Quantum Mechanics) he developed a deep interest for the philosophical foundations and implications of modern physics; an interest which has marked all his subsequent work, even the most technical part of it. Immedialy after graduation, at a time when the topic was still rather neglected from the scientific community, he started to work in the field of general relativity  and, attracted by his strong scientific personality, many young researchers begun to collaborate with him, establishing the first nucleus of the future group of Gravitational Physics. 
Over the years, the group grew involved in the fields of gravitational theory with torsion, inflationary cosmology, scalar-tensor theory, gravitational lensing, the nature of cosmological constants, the problem of the cosmic distance scale and, last but not least, Einstein’s epistemology. 

In 1994, Ruggiero and his group begun to collaborate with the Capodimonte Observatory and started the SLOTT-AGAPE international project bringing to the Observatory a set of competencies and of international partnerships of which the Institute is still greatly benefiting.

To commemorate his activity, the Observatory decided to name after him a yearly series of lectures, The Ruggiero De Ritis Lectures, to be held every year by a leading authority in the fields of theoretical and observational cosmology, general relativity and epistemology. >>

 

In questo capitolo faremo riferimento alle ricerche che, muovendosi nel solco freudiano, hanno portato avanti il discorso dello scienziato austriaco sul tema tempo. L'unica eccezione sarà fatta per l'opera di M. Sturt1, che pur essendo lontana dal discorso freudiano è sicuramente un testo di rilevante importanza ed influenza. A questa  autrice abbiamo fatto riferimento parlando della causalità, in effetti quel discorso aveva come proprio baricentro il passato:

<<I due punti di vista sulla natura del passato possono in qualche modo essere simbolizzati così A, B, C, D siano eventi passati. Chiamiamo E il momento presente. Se il tempo è costruito come una linea, allora questi cinque eventi si presentano così:

A --> B --> C --> D --> E

Ma non vi è alcuna necessità a che tale sistemazione relativa sia lineare. Tali eventi possono essere organizzati infatti:

                               

  A|        B|        C|       D| --> E
 

i primi quattro possiedono tutti ugualmente la qualità di essere passato rispetto ad E, ma non sono sistemati in differenti gradi di passato l'uno rispetto all'altro...

In verità, nella vita astratta, ..., l'ordinamento temporale incontra grosse difficoltà, ed una larga parte del nostro proprio passato non è suscettibile di una sistemazione lungo la linea temporale in senso stretto>> (pag. 23).

La Sturt, inoltre, chiarisce molto bene un aspetto su cui abbiamo non poco insistito:

<<La nostra esperienza è fatta di una successione di stati mentali, e questi stati devono essere compresi includere l'intero complesso della nostra consapevolezza in ogni momento; i nostri pensieri, le nostre sensazioni corporee, l'apparenza del mondo esterno. Come vissuto, un momento temporale, è uno di questi stati. (...)

Il secondo elemento fondamentale dell'esperienza temporale è che tali stati della coscienza non vengono a noi disconnessi, ma come riempienti densamente un "luogo" dello schema temporale. Ciascuna delle nostre proprie esperienze è colta come un che che aggiunge un ulteriore elemento al nostro passato>> (pag. 141-142)

Anche se lontani dall'atmosfera freudiana, qui ritroviamo quanto abbiamo ritenuto doversi ancorare a quella teoria, cioè ogni momento temporale è il frutto dell'intero mondo psichico e si salda con esso in modo inestricabile, il che dà luogo a quella non reversibilità psichica di cui si è detto.

Inserito nella tradizione freudiana, avente un peso notevolissimo nei lavori successivi sull'argomento, è il libro di Marie Bonaparte intitolato Eros, Thanatos, Chronos2. Due ci sembrano i punti rilevanti: vengono sottolineate e classificate le fughe dinanzi al tempo. Esse sono: la fuga fuori dal tempo, nel sogno, nella fantasticheria, nell'ebbrezza tossica, nell'ebbrezza mistica. Oltre a ciò si dice che l'uomo adulto - unico fra gli animali - vive il tempo inscrivendosi in un intervallo temporale i cui estremi sono la sua nascita e la sua morte.

Due anni dopo la pubblicazione del lavoro della Bonaparte, nel 1941, Lucille Dooley pubblicò un articolo intitolato "Tempo e difesa dell'integrità dell'Io" che credo essere realmente un contributo centrale sulla questione. Molto schematicamente l'opera della Dooley si riassume in questo:

<<in qual modo tener conto del tempo serva all'io nella sua lotta contro la paura della distruzione e per preservarne l'integrità contro le minacce di essere inghiottito, schiacciato o di perdere la propria identità, è mostrato dall'osservazione di vario materiale clinico analitico>>3

 [...]

Il tempo quindi "serve" all'Io per mantenere la sua identità: il presente è poi "un qualcosa che si può riconoscere", mentre il futuro è ancorato al "perseguimento di un obiettivo"; infine il presente è legato al bisogno "dell'Io di essere consapevole di se stesso nelle sue funzioni di entità esperiente ed agente" (ib., pag. 74).

Si vede cioè che la tripartizione in passato, futuro e presente ha come baricentro il riconoscersi dell'Io con l'Io medesimo.

Di notevole importanza è poi il lavoro di S. Arieti sull'"Attesa e anticipazione" (1947).

<<Ci sono però anche altri simbolici, di gran lunga meno conosciuti e meno studiati, che determinano il nostro comportamento presente in virtù delle esperienze future. Si tratta dei processi collegati alle funzioni dell'attesa e dell'anticipazione. Queste due funzioni sono correlate, nel senso che la seconda si sviluppa dalla prima...>> (pag. 130)4

Dopo aver sviluppato l'anticipazione e l'attesa in rapporto a fenomeni come l'angoscia e alla crescita dell'individuo, Arieti tocca poi un punto che per noi è di estremo interesse: riporterò qui l'intero brano, anche perché l'Arieti mette in campo due autori la cui presenza in tali considerazioni è senz'altro notevole:

<<I picentara dell'Australia centrale non accumulano cibo benché vivano in una terra in cui le carestie sono frequenti, non si curano del controllo sfinterico dei bambini e non mostrano alcuna angoscia, ma bensì un "fatale ottimismo" (*).

Via via che si avvicina un tempo storico, era possibile l'anticipazione di un futuro sempre più distante per gli esseri umani. Bertrand Russell descrive bene questa caratteristica differenziale fra ciò che chiama l'uomo selvaggio, interessato solo ai problemi presenti, e ciò che chiama l'uomo civile, che è capace di prevedere il futuro:

"L'uomo civile si distingue dal selvaggio principalmente per la prudenza o, per usare un termine un poco più ampio, per la previdenza. Egli preferisce prolungare le pene presenti pur di assicurarsi dei piaceri futuri, anche se questi piaceri futuri sono alquanto distanti"(**).

Russell descrive così il passaggio da ciò che è conosciuto in psicoanalisi come il principio di realtà. Sebbene sia stato scritto molto sul principio di realtà, è stata finora trascurata l'importanza del processo di anticipazione per il funzionamento di tale principio>> (pag. 135-136).

Il tessuto  teorico su cui viene costruito il concetto di "uomo civile", in contrapposizione a quello che dà luogo all'"uomo selvaggio", come si vede, sembra imbevuto di tempo. Questa questione è di estremo peso, ma credo che Freud, specificamente su questo terreno, abbia sicuramente aderito all'idea secondo la quale, in rapporto all'organizzazione della collettività umana, il futuro pervade il presente, ma ha anche reso molto più problematica la distinzione tra "civile" e "selvaggio".

Del lungo e complesso articolo di A. M. Meerloo, "Il Tempo Padre" (prima e seconda parte, rispettivamente 1948, 1950), le affermazioni che più mi hanno colpito sono le seguenti:

<<Vi è un desiderio costante di esperienze atemporali, per l'estasi in cui ci si sente unificati con qualcosa di grande, senza alcun senso del tempo mortale e della durata limitata. Ciò, noi sospettiamo, deve essere stato parte della "concezione" organica generale ed inconscia del tempo. Vedremo che molte altre concezioni del tempo soggettivo sono tentativi di liberare l'uomo dal tempo e dalla sua ombra intrisa di morte>>5

Molto più interessante è la distinzione fra il tempo del mondo fisico e il tempo interno:

<<Nel mondo materiale vi sono separate alternative, vi sono sequenze di eventi fisici in cui i momenti successivi escludono quelli precedenti. Nel mondo mentale il nuovo tempo contiene quello più antico; nelle sequenze degli eventi mentali, i momenti successivi includono quelli precedenti. Il tempo fisico significa successione; il tempo mentale, continuità.

E' piuttosto tardi nello sviluppo che l'uomo diviene consapevole del tempo come qualcosa diretto verso un futuro, come una successione temporale irreversibile, come un processo continuo>>.

Anche nell'articolo di H. W. Loewald "Il super-Io e l'Ideale dell'Io. Super-Io e tempo", del 1962, ci troviamo di fronte ad un discorso di estremo rilievo. Dato che le relazioni fra l'Io e il Super-Io, come pure tra i differenti elementi dell'Io, non sono pensabili come spaziali, l'autore si chiede se esista un principio che possa ricostruire le necessarie relazioni fra le differenti strutture psichiche:

<<Suggerisco che tale principio sia il tempo, che le strutture psichiche siano temporali in natura.

Le strutture psichiche esistono nel tempo ed in esso si sviluppano. Ma io qui non parlo di tempo come un continuo lineare di durata o di successione di eventi nel tempo-spazio fisico come osservato nella realtà oggettiva esterna. Il concetto di tempo che qui si chiama in causa, il tempo psichico, implica una relazione attiva fra i modi temporali quali passato, presente e futuro >>6 (pag. 244)

Che significa quell'"attivo" che qui compare?

<<... il presente psichico ha anche un impatto sul passato psichico, esso attiva il passato psichico. La memoria, per esempio come ricordo, manifesta il tempo psichico come attività, essa rende il passato presente. Quando noi parliamo di rappresentazione - d'oggetto, presentazione - d'oggetto ... è implicato un concetto temporale in cui 'presente' è compreso come il processo attivo di presentare qualcosa. Rappresentare o presentare significa rendere o tener presente, presentare mantenere o ricreare presenza... E' utile pensare alla funzione dell'Io di presentazione e rappresentazione, di creare e di ricreare presenza, come aspetti temporali della sua funzione sintetica o organizzante>> (pag. 264) 

In rapporto alla relazione fra la coscienza e il super-Io si dice poi molto chiaramente che:

<<la coscienza ci parla dal punto di vista di un interno futuro, quando ci dice cosa dovremmo fare, oppure come dovremmo comportarci nel futuro, oppure quando giudica fatti, pensieri e sentimenti passati e presenti>>.

Infine, riferendosi a Freud, Loewald afferma che lo scienziato austriaco ha utilizzato più o meno in sequenza, e alcune volte in maniera intercambiabile, tre differenti termini quali: Io ideale, ideale dell'Io, super-Io. L'autore, "a rischio di fare violenza alla fluidità di questi termini come usati da lui" (Freud) (pag. 264) interpreta tali differenti termini come indicanti successivi stadi nello sviluppo che porta alla formazione del super-Io. "Brevemente, l'io ideale rappresenta la riconquista della originale narcisistica primaria onnipotente perfezione del bambino mediante una primitiva identificazione con le onnipotenti figure parentali>> (pag. 265).

Tale primitivo momento "diviene un ideale per l'Io, in una forma molto più differenziata ed elaborata che in precedenza, attraverso le figure parentali" (ib., pag. 266). Infine: "noi parliamo di super-Io, di un futuro interno, non semplicemente per, ma dell'Io" (ib.), essenzialmente dopo la fase edipica; allora il super-Io diviene "il rappresentativo dell'avvenire dell'Io" (ib., pag. 267). Quindi: "La relazione fra io e super-io in termini di tempo psichico, sarebbe una relazione tra un presente psichico ed un futuro psichico" (ib., pag. 268).

Peter Hartcollis ha scritto tre saggi sulla questione tempo in psicoanalisi ("Origini del tempo", 1972, "Il tempo come dimensione degli affetti", 1972, "Tempo ed affetto in psicologia", 1975), di cui solo gli ultimi due tradotti in italiano.

Questi articoli hanno tutti in comune una estesa analisi di molta letteratura sull'argomento. Nel primo di questi articoli si ripete che, dal punto di vista psicologico, passato e memoria debbono essere ben distinti.

<<Nel considerare lo sviluppo della prospettiva temporale, è ovvia l'importanza della memoria per come essa rappresenta una esperienza passata. Ma la memoria, concepita come condizionante, come immagazzinamento di antiche informazioni, oppure come rappresentazioni mentali e relazioni con oggetti interni, non necessariamente accompagnata dal senso del passato>>7

Hartcollis, in questo brano, è quindi essenzialmente coerente all'impianto freudiano.

Nell'altro articolo, del 1972, ci troviamo di fronte ad una serie di considerazioni di maggiore interesse:

<<Abrahm (1911) scrisse che "tra angoscia e depressione c'è un rapporto analogo a quello tra paura e lutto. Noi temiamo un male imminente; proviamo lutto per un male che è accaduto" (pag.241). Ciò che, nella formulazione di Abrahm, mette in rapporto questi affetti è uno schema di riferimento temporale. L'angoscia, come la paura, si riferisce ad un "male imminente", la depressione, come il lutto, ad un male "che è accaduto". In questo articolo cercherò di dimostrare che il tempo psicologico o dell'esperienza è una determinante qualitativa degli affetti>>8 (pag. 240)

Seguendo tale impostazione Hartcollis, rifacendosi a Freud ed a Bibring, dà la sua propria definizione - credo si possa utilizzare tale espressione - del tempo psicologico:

<< Secondo la mia tesi, ciò che determina la posizione del tempo vissuto lungo il continuum futuro - presente - passato, non è la cognizione che ha l'individuo della realtà esterna, ma piuttosto il modo in cui percepisce il proprio stato di adeguatezza (quella che Freud e Bibring chiamarono esperienza di impotenza dell'Io) nei confronti di una realtà avversa o antagonistica, interna o esterna, sulla quale finisce per investire in modo ossessivo la sua attenzione>> (ib., pp. 241-242).

Proseguendo nella sua analisi sul rapporto affetti-tempo, Hartcollis esamina la noia e il senso di colpa:

<<Quello che prova l'Io nella noia è una sconfitta nel senso di inadeguatezza che ha tutti gli attributi di un fallimento completo, ma che non è proiettato temporalmente né nel futuro. ...L'Io non è capace di usare la sua energia in alcun modo, di perseguire alcun obiettivo, essendo trattenuto da forze pericolose . ....Siccome la sua inadeguatezza - la breccia nei suoi confini - non può essere in una prospettiva temporale, futura o passata, l'Io non prova né angoscia, né depressione, ma un senso di impazienza nei confronti del presente>> (Ib., pag. 245)

Rifacendosi parzialmente a Fenichel ed a Van der Waals, a proposito del senso di colpa, si dice che

<<se il senso temporale è davvero in grado di qualificare l'esperienza dell'Io quando questa viene confrontata da un evento traumatico, riferirsi all'affetto che risulta dal confronto dell'Io con il super-Io a proposito di una qualche prestazione passata come senso di colpa, e dell'affetto che risulta dall'avvertimento del super-Io a proposito di una qualche prestazione futura dell'Io anche come senso di colpa, presenta un problema. Suggerirei di riservare il termine senso di colpa all'esperienza che si riferisce al futuro ed assomiglia all'angoscia, assegnando invece all'esperienza che si riferisce al passato e che assomiglia alla depressione il termine rimorso>> (ib., pag. 249).

Del terzo articolo di Hartcollis, il punto più interessante mi sembra quello in cui viene messa in rilievo la sensazione di immobilità temporale:

<<Quando invece il tempo non è più vissuto in quanto tale, il sé è vissuto come un tutt'uno con il mondo, il mondo come un'unità piena di profondi significati ma fuori del tempo, e il tempo come un qualcosa di sospeso, come una beata eternità>>9 (pag. 151).

J. A. Arlow nel suo scritto "Disturbi del senso temporale" (1978), nello svolgere le sue considerazioni sul disturbo della temporalità, sottolinea due punti; da un lato l'atemporalità è connessa ad <<una sensazione religiosa, mistica... La fusione con l'oggetto è tipica dell'esperienza di atemporalità e di sentimenti mistici ed oceanici>>10 (pag. 161).

L'altro punto è l'atemporalità come fuga dinanzi alla morte:

<<Nega il tempo e si protegge dal pericolo della morte ritirandosi nella fantasia di una madre protettiva in un'età dell'oro. L'idea d'incorporazione nel suo corpo è esplicito, ma incorporazione nella madre è anche parte del suo sogno rassicurante sul futuro. La morte nel futuro è inconsciamente ridefinita in termini di una felice unione con la madre, come nel passato>> (ib., pag. 170-171).

L'ambivalenza ineluttabile dello psichico è evidente; per le nostre considerazioni è di particolare interesse che poi Arlow si riferisca al lavoro di Freud sul tema dei tre scrigni dato il ruolo che ha avuto questo scritto nel nostro lavoro.

Anche G. Masler, nel suo articolo "La percezione soggettiva di due aspetti del tempo. Durata ed atemporalità" (1973), sviluppa essenzialmente due punti: a livello antropologico è un risultato che gli indigeni delle Trobriand non sono per nulla consapevoli dell'identità delle piante attraverso le differenti fasi della loro maturazione. Rifacendosi a Meyerhoff, si riporta che, all'opposto:

<<Durata significa semplicemente che viviamo il tempo come un flusso continuo. L'esperienza del tempo è caratterizzata non soltanto da momenti successivi e da molteplici cambiamenti, ma anche da qualcosa che all'interno della successione e del cambiamento, rimane costante>> (Meyerhoff,1967, riportato in Masler11 , pag. 211).

A mio avviso giustamente, l'autore poi sviluppa una serie di considerazioni sull'integrazione del tempo e l'adattabilità dell'Io:

<<L'integrazione del tempo è un meccanismo adattivo dell'Io. In condizioni ideali questo meccanismo può garantire la distanza più adeguata con gli eventi del passato. Con questo intendo dire che gli eventi del passato non sono percepiti con la stessa intensità di quelli presenti, e tuttavia c'è abbastanza rapporto con il passato da dare al paziente un senso di integrità e di continuità con il suo passato... L'integrazione temporale ha una somiglianza impressionante con la "continuità dell'essere" di Winnicott***. Winnicott sostiene che la forza dell'Io del bambino è intensificata se egli consegue una "continuità dell'essere", e che ogi interruzione di questa continuità porta ad un senso di annientamento totale. Scrive: <<Un particolare degno di nota, specialmente nei confronti dell'angoscia che viene "contenuta", è che un'integrazione nel tempo viene ad aggiungersi all'integrazione più statica degli stadi precedenti. Il tempo è mantenuto in moto dalla madre, e questo è un aspetto della funzione di io ausiliario svolto dalla madre stessa; ma l'infante giunge ad avere un proprio senso del tempo, un senso che dapprima dura solo per poco. Esso è tutt'uno con la capacità del bambino di conservare viva l'immagine della madre in quel mondo interiore che contiene anche gli elementi frammentari benigni e persecutori provenienti dalle esperienze istintuali. Il periodo di tempo durante il quale un bambino può tener viva l'immagine nella realtà psichica interna dipende in parte dai processi maturativi e in parte dallo stato dell'organizzazione delle difese interne>> (ib., pag. 214-215).

 

 

  Foto: D. W. Winnicott

 

Nell'articolo di E. A. Levenson "Cambiamenti nel concetto di tempo in psicoanalisi", troviamo una considerazione rilevante a proposito del rapporto tra tempo psichico e tempo della fisica. Essenzialmente, viene detto, la "giovane scienza della psicoanalisi" si trova concettualmente ad avere un piede nelle concezioni del tempo dell'800, l'altro in quelle del '900. I due riferimenti qui creati schematicamente sono quello newtoniano e quello gibbsoniano-boltzmanniano: e la loro differenziazione ha luogo in rapporto alla reversibilità. Nel sistema teorico newtoniano il tempo è perfettamente reversibile. Con Gibbs - Boltzmann si introduce un punto di vista statistico all'interno del quale la reversibilità newtoniana diviene una questione discutibile (è chiaro che qui la termodinamica sopravanza la dinamica come schema teorico in cui si svolgono le argomentazioni). Il parere dell'autore è che Freud abbia di fatto utilizzato lo schema newtoniano, connettendosi  per di più alla posizione kantiana, chiarendo che in questo non vi è conflitto perché Kant non ha fatto altro che esporre filosoficamente la concezione newtoniana del tempo.

<<Usando questo concetto di tempo kantiano-newtoniano, Freud enunciò che il paziente può individualmente invertire il tempo, via la memoria ...>>12 (pag. 64).

Nelle considerazioni successive si trova, più articolato, il parere secondo cui il "via vai" che esiste nella personalità a proposito degli elementi psichici individuali attesta reversibilità, il che implica l'accettazione dello schema newtoniano. Perché allora la "giovane scienza della psicoanalisi" ha anche un piede che poggia sul differente terreno del XX secolo ? Ciò è connesso allo sviluppo che la psicoanalisi ha avuto - su tale questione - dopo Freud.

Dell'articolo di Ira Mintz, "La reazione di fronte agli anniversari: una risposta al senso inconscio del tempo" (1971), ci interessa un solo punto:

<<Chiaramente, il tempo rappresenta sia la morte che la vita... Non è sorprendente che la reazione all'anniversario, una specifica variante temporale della coazione a ripetere, abbia a che fare con la morte...>>13  (pag. 720)

Nell'articolo di F.S. Cohn, "Il tempo e l'Io"14 quel che ci interessa sottolineare è l'interconnessione tra eternità, sentimento oceanico e narcisismo.

In quello di G. H. Pollock, "Sul tempo, la morte e l'immortalità", l'elemento di maggiore originalità ai fini delle nostre considerazioni sta nella connessione che viene fatta tra il tempo misurato e il tempo privato:

<<Il tempo psicologico è privato, personale, soggettivo ed esperenziale ... Il tempo misurato è usato per sincronizzare le nostre personali esperienze con una base che può essere validamente sostanziata da altri>> 15 (pag. 435).

L'ultimo autore che vorremmo brevemente riportare è E. Fachinelli, per gli spunti offerti ne "La freccia ferma" e "Claustrofilia".

Ci troviamo di fronte a due lavori molto complessi, il cui materiale va ben al di là della sola psicoanalisi; come si è fatto fin qui, ci soffermeremo solo sui punti che possono essere di rilievo nel contesto da noi costruito.

<<L'"annullamento" consiste in questo: rifare in senso inverso tutte le azioni che ha compiuto dal momento in cui ha estratto i documenti da sotto il settimanale. Uscito dallo studio dell'avvocato, scenderà le scale voltato all'insù, farà retromarcia con la macchina fino a casa sua ... Finalmente arriverà allo scaffale da dove ha preso i documenti e ve li riporterà, esattamente nella posizione in cui si trovavano prima e con un gesto inverso a quello con cui li ha presi. A quel punto l'azione peccaminosa sarà stata "annullata".>>16 (pag. 10)

Dopo aver chiarito che con questo atteggiamento non si ottiene altro che la <<segmentazione del tempo concreto, del tempo come flusso e forma individuale dell'azione, in una serie di tempuscoli tendenzialmente sempre più piccoli>> (ib., pag.13), Fachinelli conclude che

<<le operazioni volte alla più perfetta esecuzione dell'agire comportano in realtà la sua tendenziale esclusione, la riaffermazione di uno stato di immutabilità e immobilità nel presente. Non c'è né futuro né passato, c'è una condizione "stazionaria" nella permanente irrequietezza>> (ib., pag. 15).

Ancor più:

<<L'insieme di queste operazioni tende a stabilire un tempo seriale, senza storia, collezione infinita di "ora"; ad esso si oppone in continuazione la forza del male, che a questo tempo segmentato oppone debolmente, ma senza interruzione, un tempo unitario, in cui il presente dell'"ora" è collegato al futuro del "dopo". ...Il primo tipo di tempo è reversibile, meccanico, preciso; il secondo irreversibile, tendenzialmente dilagante e angosciante>> (ib., pag. 18).

Infine due punti: Fachinelli, sulla base dell'interpretazione di tale ossessione, reinterpretando i fenomeni freudiani dell'"annullamento" e della coazione a ripetere, dichiara: "attraverso un rito di sparizione - riapparizione, il bambino si è reso padrone del tempo" (ib., pag. 38). La coazione a ripetere viene così intrecciata al tempo; in secondo luogo si sottolinea l'esistenza di due tempi:

<<L'alternanza di "ora", "non ora" implica un tempo non cumulativo, in cui un presente precipita nel nulla e si rigenera, istantaneamente oppure no, ma senza che intervengano il carico del passato e la tensione del futuro. Un tempo dunque qualitativo, occupato unicamente da "specie di azioni" con una forma di tempo peculiare; un tempo ciclico, non lineare; una ruota del tempo, insomma, anziché una freccia>> (ib., pag. 40).

Nel suo libro più recente, Claustrofilia, Fachinelli sviluppa delle considerazioni il cui baricentro non è più il tempo anche se però, seppure perifericamente, tale ingrediente si ritrova nell'opera. La domanda, il problema che viene posto è la classica questione sulla terminabilità dell'analisi. Molto giustamente, credo, Fachinelli si chiede se l'estrema dilatazione della cura non trovi la sua origine all'interno della cura stessa. Sembra con ciò che nella relazione analitica si introduca un doppio tempo: <<Il tempo della seduta analitica freudiana è senza dubbio un tempo definito... Ad esso si congiunge il tempo indefinito della durata del trattamento...>>17 (pag. 43).

Di questo lato "temporale" dell'opera, quanto più ci interessa si trova alla fine del testo:

<<Tra l'analista e l'analizzato, tra queste due persone in stato di attesa inquieta, il tempo passa. Certo il tempo cronologico, il tempo misurato in ore ed anni. Ma quale è la faccia interna di questo tempo? Di che tempo si tratta? Non saremo sorpresi di apprendere che, al di là della situazione apparente, nulla è atteso dal futuro, come succede di solito. Il futuro è una minaccia, perché implica separazione e sviluppo. L'attesa è invece rivolta al passato: è il passato che deve risorgere nel presente, immagine di identità duale e anche, lontanamente, di fusione reciproca.  ...

Oltre l'attesa inerte, si scopre dunque un presente immobile. Ma non inerte. Questo presente è in tensione verso il passato. Si ricrea così nella situazione analitica qualcosa che si avvicina alla temporalità pura dell'inconscio, qualcosa che ne afferma il privilegio contro ogni temporalità successiva... E' nota l'affermazione freudiana: l'inconscio non conosce il tempo... Questa è dunque per Freud sia mancata iscrizione del tempo nell'inconscio, in senso generale; sia indifferenza al tempo da parte dei desideri inconsci o dei loro derivati di compromesso, i sintomi >> (ib., pag. 189).

Nella letteratura psicoanalitica sul tempo a me nota, tutto quello che si è riportato sin qui è quanto mi è sembrato meglio intrecciarsi con ciò che è stato fatto nei capitoli precedenti. Infatti schematicamente, ci sembra di poter raggruppare quanto citato come segue.

Una delle questioni più importanti del discorso freudiano è la complessificazione della tradizionale tripartizione della dimensione tempo: il futuro (l'Avvenire cioè) si trova ad aver un ruolo molto più rilevante. Questo è quello che si è cercato di estrarre e porre in rilievo nella concezione freudiana. Ebbene questo aspetto lo troviamo indubbiamente in alcuni degli autori citati.

In Arieti ed in Loewald l'azione del futuro sul presente la si trova espressa esplicitamente: in Arieti è connessa all'esame dell'attesa e dell'anticipazione, ed in termini antropologici essa consta nel "fatale ottimismo" inerente l'organizzazione sociale di alcune società primitive. In Loewald tale aspetto è posto all'interno delle relazioni stesse fra i differenti luoghi in cui si struttura  la personalità freudiana: in particolare fra l'Io e Super-Io la relazione esistente è parallela a quella in cui il futuro influenza il presente. A me sembra che anche ne "La Freccia ferma" di Fachinelli sia possibile rintracciare un che di simile: se il tempo, nella sua rappresentazione, è una ruota anziché una freccia, un tale rapporto tra futuro e presente sembra inevitabile. Anche nella "Claustrofilia", ci si trova di fronte a qualcosa di analogo: nel momento in cui il futuro diviene minaccia perché implicante una separazione, esso diviene un elemento che determina ciò che è presente.

Nell'articolo di Hartcollis ci troviamo di fronte allo stesso rovesciamento. E' notevole inoltre quanto viene detto a proposito della noia e del senso di colpa. Nella prima ci troviamo di fronte ad un Io che rifugge da qualsiasi obiettivo, da qualsiasi prospettiva, precipitando così in un senso di impazienza nei confronti del presente, ma senza angoscia né depressione. Infine nella distinzione suggerita fra senso di colpa e rimorso è molto chiara l'influenza determinante del futuro sul presente.

Un secondo aspetto che deriva da quanto riportato (Meerloo, Levenson) riguarda la distinzione fra un tempo newtoniano ed uno freudiano. In effetti Meerloo mi sembra molto vicino alla Sturt, cioè a quanto già detto nel capitolo precedente discutendo delle distinzioni che è necessario fare fra quei due modi diversi di concepire il tempo. La posizione di Levenson mette a fuoco la distinzione fra un tempo newtoniano (reversibile) ed uno gibbsoniano (irreversibile). Anche questo, credo, lo si è discusso in dettaglio, chiarendo come il tempo freudiano non può che essere irreversibile; credo che sia la Sturt che Meerloo possano essere utilizzati per rafforzare tale tesi.

Il terzo blocco di considerazioni riguarda essenzialmente l'articolo della Dooley. Qui troviamo espresso a chiare lettere come il tempo sia strettamente legato alla preservazione dell'integrità dell'Io. In tal senso ad esso si connettono le difese dell'Io stesso. Anche Masler parla del tempo come fonte del senso di integrità e di continuità della coscienza. Ovviamente queste sottolineature, specialmente quella della Dooley, ritengo siano perfettamente coerenti a tutto ciò che si è fatto.

Pollock affronta una questione di cui non si è praticamente discusso, ma che comunque rimane sullo sfondo come problema aperto: che rapporto esiste fra il tempo dell'individuo e quello della collettività degli individui? La sua risposta, come riportato, è che il ponte fra questi due mondi è il tempo misurato che svolge la funzione di sincronizzazione. Non credo che questa risposta sia sufficientemente articolata, per cui il problema rimane aperto anche se distante dall'asse portante del nostro discorso.

Quanto detto da Masler sulla continuità dell'Io, ed in particolare il suo riferimento a Winnicott, è senz'altro coerente con ciò che si è cercato di costruire, anche se il nostro discorso è stato svolto in un contesto dinamico-pulsionale più vicino all'impianto teorico freudiano.

Nelle ricerche citate emerge infine un ultimo elemento, assente nelle nostre considerazioni: lo si può chiamare rapporto fra tempo e sentimento oceanico. Si è trovato cioè ripetutamente espresso il desiderio di uscire dal tempo, il desiderio dell'atemporale, dell'unione con la sfera dove regna la "chiara quiete" (Sturt), con il mondo inteso come una unità piena di profondità (Hartcollis), oppure dove diviene possibile il fondersi con l'oggetto (Arlow) o con qualcosa di grande (Meerloo).

E' nel suo "Il disagio della civiltà" che Freud ha discusso dell'intreccio fra l'Io e quello che, seguendo R. Rolland, egli chiamò sentimento oceanico.

<<In tal modo, dunque, l'Io si distacca dal mondo esterno, anzi per essere più esatti, in origine l'Io include tutto, e in seguito separa da sé un mondo esterno. Il nostro presente senso dell'Io è perciò soltanto un avvizzito residuo di un sentimento onnicomprensivo che corrispondeva ad una comunione quanto mai intima dell'Io con l'ambiente. Se possiamo ammettere che - in misura più o meno notevole - tale senso primario dell'Io si sia conservato nella vita psichica di molte persone, esso si collocherebbe, come una sorta di controparte, accanto al più angusto e più nettamente delimitato senso dell'Io della maturità, e i contenuti rappresentativi ad esso conformi sarebbero precisamente quelli dell'illimitatezza e della comunione con il tutto, ossia quelli con cui il mio amico spiega il sentimento "oceanico">> 18 (10, pag. 561).

Per Freud il sentimento oceanico è quella situazione psicologica in cui l'Io (qui Freud evidentemente usa il termine che riguarda la fase più matura della personalità), si connette all'ambiente (per noi), all'esteriorità (per noi), al tutto attraverso una intima comunione in cui si scolorano i limiti dell'Io stesso; in questo stato fusivo quello che sarà l'Io della maturità si tuffa in un mondo in cui viene messa da parte la sua riproduzione, ed è per questo che a tale stato psichico riteniamo si connetta l'atemporalità segnalata. Insomma non mi sembra estranea alla nostra analisi l'interconnessione fra il senso di atemporalità e quello di sentimento oceanico. Anzi nelle pagine freudiane de "Il disagio della civiltà" troviamo l'affermazione che l'Io inizialmente vive nell'atemporale stato inclusivo, nel tutto; per cui il sentimento oceanico e il senso di atemporalità ad esso relato è un qualcosa che "viaggia accanto", che è sempre presente compagno di strada del più angusto Io della maturità: l'atemporalità dell'Io che è in comunione con il tutto è primaria rispetto alla fatica dell'Io che si riproduce e che produce il tempo.

Nella letteratura riportata non mi sembra però che emerga uno degli aspetti centrali della intera "faccenda": il tempo della personalità psichica è un costrutto, metapsicologico, di quella individualità.

In questi scritti il continuum temporale è già stato dato. Ritengo che ciò comporti un netto allontanamento dalla complessità che deriva dalla rinunzia a porre come dato tale continuum. Il che non è semplicemente questione di metodo: abbandonare la garanzia di un tempo bello e dato ci costringe a dover affrontare la questione da una diversa angolatura: essa, a mio avviso, ruota tutta attorno al problema delle condizioni attraverso cui l'Io si riproduce avendo compagna e nemica la realtà in cui interviene, modificandola e ricreandola per i suoi fini, nel suo "guardare davanti".

Per di più, credo che proprio in questo agire producente le condizioni atte alla sua stessa riproduzione, si possa intravedere il modo in cui il momento storico e sociale si inscrive nello psichico; da questo punto di vista gli elementi storici e culturali messi in campo sono di più che fenomeni, manifestazioni del modo in cui i singoli maneggiano i problemi inerenti la loro internità: essi rappresentano l'opera di Sisifo dell'Io.

 

 

Note bibliografiche:

1) M. Sturt, "The psychology of time", Harcourt, Brace Company, London, 1925.

2) M. Bonaparte, "Eros, Thanatos, Chronos", Guaraldi, Rimini, 1973.

3) L. Dooley, "Il concetto di tempo come difesa dell'integrità dell'Io", in Il tempo in psicoanalisi, a cura di A. Sabadini, Feltrinelli, Milano, 1979.

4) S. Arieti, "Attesa e anticipazione" in Il Tempo in Psicoanalisi, a cura di A. Sabadini, Feltrinelli, Milano, 1979.

(*) Citato da G. Roheim, "The riddle of Sphins", Hogarth Press, Londra, 1934.

(**) Cit. B. Russell, "Storia della filosofia occidentale", Longanesi, 1974.

5) A.M. Meerloo , "Father Time I", in <<Psychiatric Quarterly>> 22 (1948), pp. 587-608.

6) H. W. Loewald, "The Superego and the Ego-Ideal, II. Superego and Time", in <<The Int. Journ. of Psychoanalysis>>, 63 (1962), pp. 264-268.

7) P. Hartcollis, "Origins of Time. A reconstruction of the ontogenetic development of the sense of time based on object-relation theory", in <<Psychoanal. Quarter.>> 43 (1974), pp. 243-261.

8) P. Hartcollis, "Il tempo come dimensione degli affetti", in <<Journ. of the Am. Psychoanalytic Ass.>>, 20 (1972), pp. 92-108; in "Il tempo in psicoanalisi", a cura di A. Sabadini, Feltrinelli, Milano, 1979.

9) P. Hartcollis, "Tempo ed affetto in psicopatologia", in <<Journ. of the Am. Psychoanal. Ass.>>23 (1975), pag. 383-395; in "Il tempo in psicoanalisi", a cura di A. Sabadini, Feltrinelli, Milano, 1979.

10) J. A. Arlow, "Disturbi del senso temporale", in "Il tempo in psicoanalisi", a cura di A. Sabadini, Feltrinelli, Milano, 1979.

11) G. Masler, "La percezione soggettiva di due aspetti del tempo: durata ed atemporalità", in <<Intern. Journ. of Psychoanal.>> 54 (1973), pag. 425-429 ; in "Il tempo in psicoanalisi", a cura di A. Sabadini, Feltrinelli, Milano, 1979.

*** D. W. Winnicott, <<Lo sviluppo della capacità di preoccuparsi>>, in Sviluppo affettivo e ambiente, Armando, 1963.

12) E. A. Levenson, "Changing time concepts in Psychoanalysis", in American Journ. of Psychotherapy, 12 (1953), pagg. 64-77.

13) I. Mintz, "The anniversary reaction: a respnse to the unconscious sense of time", in <<Am. Psychoanalytic Ass. Journal>>, 19 (1971), pagg. 720-735.

14) F.S. Cohn, "Time and the Ego", in <<The Psychoanal. Quart.>> 25 (1975), pagg. 165-189.

15) G. H. Pollock, "On Time, Death and Immortality", in <<The Psychoanal. Quart.>>, 40 (1971), pagg. 435-446.

16) E. Fachinelli, "La freccia ferma", L'Erba Voglio, Milano, 1979.

17) E. Fachinelli, "Claustrofilia", Adelphi, Milano, 1983.

18) S. Freud, "Il disagio della civiltà", (1929), Borinhieri, Torino, vol. 10.

 

 

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