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"Cortocircuito d'occhi e anima"
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Foto: Irena Juzova, opera esposta al Padiglione Ceco della Biennale
Arte 2007 di Venezia |
Le neuroscienze possono
dare un contributo fondamentale alla comprensione dell'esperienza
estetica e dell'arte |
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di Vittorio Gallese |
Questo testo di Vittorio Gallese,
neurofisiologo che con Giacomo Rizzolatti e Leonardo Fagassi
dell'Università di Parma, ha scoperto i neuroni specchio, verrà
presentato sabato 1° settembre alle 17.30 al "Festival della Mente" (www.festivaldellamente.it
) di Sarzana. Lo stesso testo è stato pubblicato dal Domenicale
de "Il Sole 24 Ore" il 26 agosto 2007. |
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Perché siamo attratti dall'arte? Cosa
ci spinge a trascorrere ore in fila per potere ammirare la Cappella
Sistina, il David di Michelangelo o un dipinto di Bacon? L'arte continua
ad attrarci ed emozionarci perché ci rivela, in un modo del tutto unico e
peculiare, qualcosa di noi stessi e del nostro mondo, creando un
cortocircuito tra <<l'occhio e lo spirito>>, parafrasando il titolo di un
affascinante testo dedicato da Merleau-Ponty nel 1964 all'estetica.
Foto: Merleau-Ponty |
Da quando l'uomo ha
iniziato a esprimersi in modo artistico, ha anche iniziato a
interrogarsi su cosa siano l'arte e il bello. Si può senz'altro
affermare che a oltre trentamila anni dalle prime convincenti
testimonianze artistiche tramandateci dal genere umano, si continua
ancora a discutere su cosa si debba intendere per arte.
nella seconda metà dell'Ottocento il
termine <<empatia>> ( einfühlung
) fa la sua prima comparsa in Germania proprio all'interno del
dibattito estetico. Autori come Vischer e Lipps, e in seguito Wölfflin,
Worringer, Volkelt, Warburg e molti altri, sottolineano come una
componente essenziale della fruizione estetica della pittura, scultura
e delle forme architettoniche consista in una relazione empatica da
parte dello spettatore, che vive il contenuto e la forma
dell'espressione artistica attraverso una trasposizione corporea
motoria, sensoriale ed emozionale. Ciò permette di esperire il
contenuto dell'oggetto della contemplazione estetica <<come
dall'interno>>, come scrive Vischer. Questa impostazione viene
rilanciata dalla fenomenologia. Husserl sottolinea come il Leib,
cioè il corpo vissuto e agito, rappresenti il fondamento costitutivo
di ogni percezione. Dopo di lui, Maurice Merleau-Ponty scriverà pagine
illuminanti sul ruolo del corpo vivo nella fruizione estetica
dell'opera d'arte.
Durante il secolo appena
trascorso, tuttavia, la "rivoluzione cognitiva" investe anche il
dominio dell'estetica, e il ruolo dell'empatia e del corpo vengono del
tutto cancellati. La storia dell'arte e l'estetica nel corso degli
ultimi cinquanta anni hanno privilegiato gli aspetti
cognitivo-linguistici della fruizione delle opere d'arte, confinando
il ruolo delle emozioni e del coinvolgimento corporeo dello spettatore
a meri epifenomeni di sofisticati processi cognitivi, se non
addirittura considerando come del tutto irrilevanti.
L'affascinante tema di cosa è
l'arte, così importante per comprendere la natura umana, ha
recentemente attratto l'attenzione delle neuroscienze cognitive. Si fa
oggi un gran parlare di "neuroestetica", un termine introdotto negli
anni Novanta dal neurofisiologo Semir Zeki, per connotare
l'applicazione delle neuroscienze allo studio dell'arte e
dell'estetica. Secondo Zeki non si può parlare di teorie dell'arte o
di estetica se non fondandole sullo studio del funzionamento del
sistema visivo del nostro cervello. Gli stessi artisti (pittori e
scultori) vengono definiti da Zeki come inconsapevoli neuroscienziati
che, pur nulla o poco sapendo circa il funzionamento del cervello,
ricreano attraverso l'espressione artistica quelle caratteristiche di
invarianza e permanenza di forma grazie alle quali il nostro sistema
visivo ci fa percepire una realtà fatta di oggetti stabili, nonostante
la variabilità con cui si presentano ai nostri occhi. Altri
neuroscenziati che si riconoscono nel programma della neuroestetica,
come Villaynur Ramachandran, sostengono che l'arte non possa essere
compresa se non in conformità a una serie di leggi percettive dettate
dal funzionamento del sistema visivo.
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Foto:
V. Ramachandran |
Personalmente credo che questi
approcci pecchino di una certa ingenuità, non tenendo in debita
considerazione gli aspetti storico-culturali e sociologici della
creazione e fruizione artistica, che non possono essere
semplicisticamente ridotti al funzionamento di alcune aree del nostro
cervello. Un ulteriore limite nell'approccio della cosiddetta
neuroestetica consiste nel risolvere l'esperienza estetica a un mero
aspetto visuo-percettivo.
La nostra scoperta dei neuroni
specchio, e più in generale, del ruolo del sistema motorio nella
percezione degli oggetti inanimati, delle azioni, e delle emozioni
altrui, dimostrano come la percezione delle immagini, e quindi anche
di quelle a contenuto artistico, sia qualcosa di molto diverso da una
semplice registrazione visiva di ciò che osserviamo. L'osservazione di
un oggetto determina l'attivazione del programma motorio che si
impiegherebbe se si volesse interagire con esso. Guardare un oggetto
significa simulare un'azione potenziale. L'oggetto acquista così una
piena valenza significativa solo in virtù della propria relazione
dinamica con il soggetto attivo fruitore di questa relazione. La
stessa logica vale per l'osservazione di azioni o dell'espressione di
emozioni. Grazie ai neuroni specchio, l'osservazione di un'azione o
dell'espressione di un'emozione determina nell'osservatore
l'attivazione dello stesso circuito nervoso che ne controlla
l'esecuzione. Osservare un'azione, un'emozione, o una sensazione
induce quindi nell'osservatore l'automatica simulazione incarnata (
embodied simulation ) di quella stessa azione emozione o
sensazione. Questo meccanismo, che si attiva non solo durante
l'osservazione di immagini in movimento, ma anche di immagini
statiche, consente una forma implicita ed esperenziale di
comprensione, molto simile a quanto viene definito come "empatia".
In un articolo recentemente
pubblicato assieme allo storio dell'arte David Freedberg (D. Freedberg
e V. Gallese, <<Motion, emotion and empathy in esthetic experience>>,
Trends in Cognitive Sciences, 11:197-203, 2007 ) abbiamo sostenuto
l'ipotesi che un aspetto fondamentale della qualità e del contenuto
dell'esperienza estetica delle arti visive consista nell'attivazione
di meccanismi di simulazione incarnata. Il potere delle immagini, e a
maggior ragione delle immagini artistiche, consisterebbe proprio nel
coinvolgimento empatico del fruitore indotto dalla simulazione delle
azioni, emozioni e sensazioni in esse raffigurate. Inoltre, aspetti
peculiari dell'opera d'arte quali il segno grafico dell'artista,
pensiamo alle pennellate di Van Gogh, ai tagli nella tela di Fontana,
oppure alla tecnica dell'action painting di artisti come
Pollock o De kooning, deriverebbero la propria connotazione estetica
in chi le contempla ancora una volta grazie all'attivazione della
simulazione delle azioni richieste per produrli.
Discuterò a Sarzana questa
ipotesi e i dati empirici che la sostengono, cercando di sottolineare
come il contributo delle neuroscienze alla nostra comprensione
dell'esperienza estetica possa oggi rivitalizzare una prospettiva
filosofica sull'uomo fondata sull'esperienza del corpo vissuto e
dell'esserci nel mondo, forse troppo frettolosamente accantonata
dall'imperante cognitivismo e dall'eccessiva enfasi da esso posta
sugli aspetti teoretico-linguistici dell'esperienza umana. |
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