"Mnemosyne": psicoanalisti e memoria dei traumi collettivi
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"PSICOLOGIA DELL'ANTISEMITISMO. Un mezzo di difesa degli
ebrei: l'identificazione col nemico"
di Imre
Hermann
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NOTA EDITORIALE La "Psicologia
dell'antisemitismo" di Imre Hermann, pubblicata originariamente nel
1945 (Edizioni Bibliotheca, Budapest), è stata edita in francese da le "Editions de l'éclat" nel 1986.
E' imperdonabile che in Italia non ci siano a tutt'oggi traduzioni di
questa opera dello psicoanalista di origine ungherese. La traduzione
in italiano, curata da Giuseppe Leo, è stata fatta a partire dalla citata edizione
francese.Riportiamo qui il testo dell'ultimo capitolo del libro,
augurandoci di poter proporre gli altri capitoli in traduzione
italiana in successive occasioni. |
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Il comportamento degli ebrei
perseguitati, la loro reazione all'antisemitismo meriterebbe uno
studio a parte. Senza poterlo intraprendere qui, ci limiteremo a
sottolinearne un aspetto psicologico rimarchevole e pieno di
conseguenze.
Si è spesso notata la premura con
cui l' Ebreo, il cui destino lo porta a vivere tra popoli stranieri,
serve i signori stranieri. Bisognerebbe spesso vietare loro di adorare
dei stranieri e si incontrano questi strani paria nell''entourage' di
aristocratici e di principi stranieri. Nei campi di lavoro istituiti
per loro dai nazisti ungheresi, si è potuto osservare il fatto che
essi rifiutassero do obbedire agli ordini di un altro Ebreo, ma
eseguissero con zelo ossequioso ogni ordine proveniente da uno
straniero. La paura non è certamente la sola spiegazione di questo
comportamento: il <<jupo>>, il sorvegliante ebreo si comportava spesso
come il suo collega nazista di cui imitava il sadismo, colpendo i suoi
correligionari con una crudeltà inumana. Riferendo l'opinione del
generale Jadwin sulla persecuzione degli Ebrei polacchi, Ford nota il
servilismo di certi ebrei nei confronti dei vincitori. Se l'ipotesi
freudiana sull'origine egiziana (e di conseguenza non ebrea) di Mosé -
ipotesi già avanzata da altri come Renan o Chamberlain - non può
essere storicamente esatta (ma si può parlare qui di esattezza storica
?) dal punto di vista psicologico, essa sembra inattaccabile, poiché
solo dei non ebrei possono comandare agli ebrei. Altri popoli - ad
esempio gli ungheresi - presentano ugualmente, in una certa misura,
questo tratto caratteristico, ma è particolarmente evidente negli
ebrei, precisamente a motivo delle persecuzioni di cui sono oggetto.
In ultima analisi, il monoteismo ebraico consiste ugualmente
nell'adorazione di un dio straniero (egiziano, caldeo o persiano).
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Questa
premura degli ebrei a servire lo straniero determina un aspetto
particolare dell'antisemitismo degli ebrei: questi si identificano
col loro nemico. Come una situazione così strana è possibile?
Nei tempi antichi, il costume
nei popoli dell'Asia Minore (compresi gli ebrei) voleva che il
padrone di casa offrisse la sua donna all'ospite straniero. Abramo
voleva cedere sua moglie e Lot le sue figlie. Questo costume fu
abolito più tardi e fu fatto divieto agli ebrei di sposarsi con
uno straniero. Se l'ebrea non è più lasciata allo straniero,
l'ebreo in compenso dedica un'adorazione tutta femminile agli dei
stranieri e si mette a disposizione dello straniero che gli dà
degli ordini. In un saggio voluminoso, Petò mostra le radici
omosessuali di questa premura: la religione ebraica ignora le dee
e, perciò, gli ebrei stabiliscono con il loro dio un rapporto
particolare.
Aggiungiamo che, secondo l'analisi di Anna Freud,
l'identificazione col nemico, con l'aggressore è la difesa
dell'inconscio contro i mali che possono infliggergli i potenti.
Meccanismo di difesa inconscio, l'identificazione con l'aggressore
non conduce necessariamente a dei risultati benefici; essa può
avere delle conseguenze nefaste, se non fatali. |
La questione del comportamento da osservare per gli ebrei è un
tema frequentemente evocato a proposito della lotta contro
l'antisemitismo. E' incontestabile che l'estirpazione
dell'antisemitismo non dipende unicamente dalla trasformazione dei
non ebrei; gli ebrei stessi devono modificare il loro
comportamento in una certa misura. Ora, ciò che conviene
raccomandare loro, non è di essere più modesti (sebbene, in certe
circostanze, una maggiore modestia sarebbe apprezzata), né di
organizzarsi per formare una nazione indipendente, né di
assimilarsi a qualsiasi prezzo. La loro trasformazione dovrebbe
loro permettere di non sottomettersi ai loro nemici con una tale
facilità, di non adottare le loro opinioni, di non sottoscrivere
le loro accuse, di non sottomettersi alla loro volontà. Bisogna
far loro vincere la loro tendenza ancestrale ad identificarsi coi
loro nemici. Che siano degli esseri liberi ed autonomi, dei membri
affrancati - anche sul piano psicologico- della società.
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Eccoci arrivati alla fine delle nostre ricerche psicologiche nel
campo dell'antisemitismo. Come la psicoanalisi non è che un
capitolo della psico-biologia dell'uomo e come la biologia non
costituisce che una parte delle scienze umane, così i problemi
dell'antisemitismo hanno i loro aspetti economici, politici e
sociali e la loro soluzione dipende dagli sforzi compiuti in
ciascuna di queste discipline. Inoltre, una trasformazione
generale, interessante tutto il nostro pianeta, è necessaria
perché Ebrei e non Ebrei possano, in una società trasformata,
spegnere il fuoco che cova sotto la cenere e distruggere questi
focolai d'epidemia. |
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