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"Glacial Times: A Journey through the World of Madness"

di Salomon Resnik

 

    Recensione di Robert Hinshelwood

 

La traduzione dall'inglese è di Giuseppe Leo.

Glacial Times: A Journey through the World of Madness 

By  Salomon Resnik 2005.  New Library of Psychoanalysis.  London: Routledge.

 


                             

 C'è molto all'interno di questo libro  destinato al futuro biografo di quest'uomo insigne, Salomon Resnik. A casa sua in svariate culture - Buenos Aires, Londra, Parigi, Venezia - egli ha impostato il lavoro di una vita nel divenire a casa propria nel mondo che abitano gli psicotici. I cinque saggi del libro delineano insieme un riassunto di esperienza di molti decenni di lavoro psicoanalitico con pazienti schizofrenici. Il libro di Resnik presenta varie dimensioni-chiave di questo 'mondo di follia' attraverso cui il lettore è guidato in un viaggio riccamente intuitivo. Questi tre principali aspetti sono: la Comunicazione, il corpo, e la glacialità.

La Comunicazione, con una persona psicotica, è meglio descritta come 'trasmissione'. Per esempio (si legga) la rimarchevole descrizione -

L'esperienza psicotica corrisponde al meccanismo ed al sentimento ontologico che comprende il proiettare se stesso, saltando il 'gap' alla ricerca di un luogo di libertà: un posto in cui si può fuggire ed iniziare di nuovo a vivere, in un altro nido (pag. 24).

C'è una concreta intrusione del corpo nei fatti psichici e nelle più sottili rappresentazioni. 'Il corpo fisico ha sempre qualche coinvolgimento col pensiero' (pag. 46). Uno dei tanti pazienti che incontriamo viene indicato come 'un corpo di ferro', un altro come 'un corpo pietrificato', ed un altro come 'un corpo ghiacciato'.

C'è il fenomeno curioso della glacialità tesa nell'atmosfera creata da tali pazienti, specialmente nei gruppi terapeutici. Resnik riconosce alla drammaturgia di Samuel Beckett l'accurata descrizione di questo stato nell'importante significato di 'un momento nel tempo, una pausa, il significato del silenzio e del vuoto' (pag. 71). Davvero questo fenomeno è così prevalente che il titolo del libro stesso rappresenta questo aspetto centrale della psicosi.

 

    Foto: Samuel Beckett

 

Incontriamo molti dei pazienti, tutti emergono vividamente in brevi vignette cliniche.  E'  impressionante il modo in cui l'autore si è impegnato con loro tanto che essi in realtà ingaggiano una lotta con lui in questo viaggio. Come i suoi pazienti, l'autore comunica in un modo affascinante. La sua intuizione è lo strumento del suo lavoro nel connettersi con questo mondo, e le perle articolate delle descrizioni, con cui egli comunica l'esperienza psicotica, hanno un potente e spesso inaspettato impatto sul lettore. Ad esempio, nel descrivere il ben noto fenomeno dell'uso concreto dei simboli nella psicosi, Resnik ne dà conto in maniera gradevole senza necessariamente dire alcunché oltre quello che altri hanno già detto più prosaicamente:

Si è spesso detto che gli psicotici usano i simboli per esprimere  se stessi - le loro parole, comunque, sono perlopiù glaciali e tutto lo 'spazio' tra la cosa percepita (l'oggetto primario) e la sua rappresentazione (l'oggetto secondario) è appiattito. I 'loci' del significato e del significante sono sovrapposti l'uno all'altro, cosicché ogni cosa diviene indistinguibile e concreta. Il pensiero,  in tali casi, diviene un comportamento gestuale che solo imita il pensare - una forma psicopatologica di pensiero piuttosto che un processo cognitivo astratto e simbolico (pag. 45).

A volte si desidera un resoconto più sistematico, un'investigazione  più accurata delle idee che vengono così liberamente, e che a volte sembrano essere in una posizione così sorprendentemente tangenziale rispetto a ciò che ci si aspetterebbe di essere discusso. Nonostante il rispetto di Resnik per Melanie Klein ed i successivi kleiniani, il lavoro non si compie con quella precisione del dettaglio e con quella ricerca di conferme nel processo clinico, che caratterizzavano il modo di lavorare proprio della Klein sin dagli inizi, e che continua per il percorso attuale del lavoro  di Betty Joseph e dei suoi colleghi. Piuttosto esso deve più alla intelligenza esistenziale di Laing, o di Sullivan e della Fromm-Reichman a Chestnut Lodge.

L'attenzione inesorabile del libro all'esperienza delle persone psicotiche ed all'esperienza dell'essere con loro, crea una febbre emotiva, nonostante il suo titolo raggelante. Questo libro non è una giustificazione per la psicoanalisi del paziente psicotico. Non bisogna leggerlo per imparare il metodo di Resnik e per migliorare il proprio stile. Al contrario, come dice il titolo, è un viaggio che il lettore intraprenderà per esperire le visioni stupefacenti e più spesso terrificanti di un nuovo mondo che per la maggior parte di noi resta chiuso, a meno di diventare psicotici o di avere le capacità di un Salomon Resnik.

Bob Hinshelwood

 

 

   

 

 

 

 

 

Responsabile Editoriale : Giuseppe Leo

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