Incontriamo
molti dei pazienti, tutti emergono vividamente in brevi vignette
cliniche. E' impressionante il modo in cui l'autore si è
impegnato con loro tanto che essi in realtà ingaggiano una lotta con
lui in questo viaggio. Come i suoi pazienti, l'autore comunica in un
modo affascinante. La sua intuizione è lo strumento del suo lavoro nel
connettersi con questo mondo, e le perle articolate delle descrizioni,
con cui egli comunica l'esperienza psicotica, hanno un potente e
spesso inaspettato impatto sul lettore. Ad esempio, nel descrivere il
ben noto fenomeno dell'uso concreto dei simboli nella psicosi, Resnik
ne dà conto in maniera gradevole senza necessariamente dire alcunché
oltre quello che altri hanno già detto più prosaicamente:
Si è
spesso detto che gli psicotici usano i simboli per esprimere
se stessi - le loro parole, comunque, sono perlopiù glaciali e tutto
lo 'spazio' tra la cosa percepita (l'oggetto primario) e la sua
rappresentazione (l'oggetto secondario) è appiattito. I 'loci' del
significato e del significante sono sovrapposti l'uno all'altro,
cosicché ogni cosa diviene indistinguibile e concreta. Il pensiero,
in tali casi, diviene un comportamento gestuale che solo imita il
pensare - una forma psicopatologica di pensiero piuttosto che un
processo cognitivo astratto e simbolico (pag. 45).
A volte
si desidera un resoconto più sistematico, un'investigazione più
accurata delle idee che vengono così liberamente, e che a volte
sembrano essere in una posizione così sorprendentemente tangenziale
rispetto a ciò che ci si aspetterebbe di essere discusso. Nonostante
il rispetto di Resnik per Melanie Klein ed i successivi kleiniani, il
lavoro non si compie con quella precisione del dettaglio e con quella
ricerca di conferme nel processo clinico, che caratterizzavano il modo
di lavorare proprio della Klein sin dagli inizi, e che continua per il
percorso attuale del lavoro di Betty Joseph e dei suoi colleghi.
Piuttosto esso deve più alla intelligenza esistenziale di Laing, o di
Sullivan e della Fromm-Reichman a Chestnut Lodge.
L'attenzione inesorabile del libro all'esperienza delle persone
psicotiche ed all'esperienza dell'essere con loro, crea una febbre
emotiva, nonostante il suo titolo raggelante. Questo libro non è una
giustificazione per la psicoanalisi del paziente psicotico. Non
bisogna leggerlo per imparare il metodo di Resnik e per migliorare il
proprio stile. Al contrario, come dice il titolo, è un viaggio che il
lettore intraprenderà per esperire le visioni stupefacenti e più
spesso terrificanti di un nuovo mondo che per la maggior parte di noi
resta chiuso, a meno di diventare psicotici o di avere le capacità di
un Salomon Resnik.
Bob
Hinshelwood
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