Gli
attacchi di panico costituiscono un 'puzzle' clinico enormemente
intrigante che ha delle estese ramificazioni in medicina ed in neurologia.
Ad esempio, quasi la metà dei pazienti con attacchi di panico sono
visitati all'inizio in pronto soccorso, con lamentele di dolore toracico e
di difficoltà respiratorie che assomigliano ad un attacco cardiaco acuto.
Un altro diffuso disturbo somatico, l'emicrania, è spesso in comorbidità
con l'attacco di panico. Inoltre, l'asma, l'enfisema ed il fumo
predispongono al disturbo d'attacchi da panico.
Per dar
conto di tali osservazioni, compresa la fame d'aria che non è una
caratteristica comune della paura scatenata da un pericolo, siamo arrivati
ad ipotizzare che una disfunzione nell'attività degli oppioidi endogeni -
che modula un sistema filogeneticamente arcaico il quale regola il respiro
e la percezione del dolore, come anche il comportamento di appartenenza
sociale e l'ansia di separazione - potrebbe spiegare questi stati clinici
che altrimenti sarebbero difficilmente correlabili.
La teoria
originaria del soffocamento come falso allarme nell'attacco di panico
ipotizza una disfunzione in un meccanismo di emergenza specificamente
adattativo che si è sviluppato per individuare e gestire un imminente
soffocamento (Klein, 1993). L'attacco di panico spontaneo è considerato
come un falso allarme proveniente da un sensore episodicamente
ipersensibile, il quale reagisce esageratamente alla fluttuazioni
fisiologiche (ad es., ad un aumento della CO2)
o a percezioni (ad es., stare fermo sospeso in aria in completo
isolamento). La teoria estesa del soffocamento come falso allarme è un
tentativo di includere i suoi diversi aspetti - la fenomenologia
dell'attacco di panico clinico, i suoi interessanti antecedenti in episodi
di perdita traumatica e di ansia da separazione, e la disregolazione
respiratoria - sotto un'unica disfunzione, e cioé i sistemi di regolazione
degli oppioidi.
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