Un
intervista a Michel Foucault (1976)
Q. Se vuoi, puoi iniziare a discutere il tuo interesse a
pubblicare il 'dossier' su Pierre Riviere ed in particolare il tuo
interesse per il fatto che, almeno in parte, esso è stato trasposto in
un film.
MF. A mio parere il libro era una trappola. Sai
quanta gente parla ora di delinquenti, della loro psicologia, delle
loro pulsioni e desideri, ecc.Il discorso degli psichiatri, degli
psicologi e dei criminologi è inesauribile riguardo al fenomeno
della delinquenza. Eppure è un discorso che risale a circa 150
anni, agli anni 30 dello '800. Bene, ecco qui un magnifico caso: nel
1836 un triplice omicidio, ed allora non solo tutti gli aspetti del
processo ma anche un testimone assolutamente unico, lo stesso
criminale, che ha lasciato un memoriale di più di cento pagine.
Perciò, per me pubblicare un libro era un modo di dire agli
strizzacervelli in generale (psichiatri, psicoanalisti, psicologi):
bene, siete stati in giro per 150 anni, ed ecco un caso
contemporaneo con la vostra nascita. Cosa avete da dire su di esso?
Siete meglio preparati a discuterne dei vostri colleghi del 19.o
secolo?
In un certo senso posso dire di aver vinto; ho vinto
oppure ho perso, non lo so, poiché il mio segreto desiderio
durante il corso1 era quello di sentir discutere i
criminologi, gli psicologi e gli psichiatri del caso di Rivière nel
loro solito insipido linguaggio. Ebbene, essi erano letteralmente
ridotti al silenzio: nemmeno uno di loro parlò e disse: "Ecco
cosa Rivière era in realtà. Ed io posso dirti ciò che non si era
in grado di dire nel 19.° secolo". Ad eccezione di uno folle,
uno psicoanalista, che pretendeva che Rivière fosse
un'illustrazione della paranoia come definita da Lacan. Con questa
eccezione nessun altro ebbe da dire nulla. ma mi devo congratulare
con loro per la prudenza e la lucidità con cui hanno rinunciato
alla discussione su Rivière. Così è stata una scommessa vinta o
persa, come preferisci...
Q. Ma più in generale, è difficile discutere
questo stesso evento, tanto il suo aspetto centrale che è
l'omicidio quanto il personaggio che lo incita.
MF. Sì, perché credo che il discorso di Rivière
sul suo atto a tal punto domina, o in ogni caso a tal punto
sfugge da ogni possibile chiave (di lettura, ndT), che non c'è nulla da dire
circa questo aspetto centrale, questo crimine o atto, che non è un
passo indietro in relazione ad esso. Vediamo lì nondimeno un
fenomeno senza equivalenti sia nella storia del crimine sia nel
discorso: e cioè, un crimine accompagnato da un discorso così
forte e così strano che il crimine si conclude non esistendo più;
esso fugge via attraverso il vero e proprio fatto di questo
discorso tenuto su di esso da colui che lo ha commesso.
Q. Bene, come ti poni rispetto all'impossibilità
di questo discorso.
M.F. Non ho detto nulla sul crimine di Riviere e,
ancora una volta, non credo alcuno possa dire qualcosa su di
esso. No, penso che si deve confrontare Rivière con Lacenaire, che
era suo esatto contemporaneo e che commise un gran numero di reati
minori e banali, per lo più falliti, a stento degni di
celebrità, ma
che riuscì attraverso il suo discorso molto intelligente a far
esistere questi crimini come reali opere d'arte, ed a rendere il
criminale, cioè lo stesso Lacenaire, l'autentico artista della
criminalità. Si tratta di un altro 'tour de force' se vuoi: egli
fece in modo da conferire un'intensa realtà, per decine di anni,
per più di un secolo, ad atti che erano in fin dei conti banali ed ignobili. Come criminale egli era un tipo piuttosto
insignificante, ma l'acutezza e l'intelligenza dei suoi scritti
diedero consistenza ad essi. Rivière era qualcosa del tutto
differente: un crimine veramente straordinario che venne fatto
ritornare in vita grazie ad un discorso persino più straordinario a
cui il crimine pose fine cessando di esistere, e credo che ciò sia quanto
sia accaduto nella mente dei giudici.
Q. Allora, sei d'accordo col progetto del film di
René Allio che è centrato sull'idea di un contadino che si
impadronisce dell'opportunità della parola? Oppure avevi avuto già
modo di pensare a ciò?
Foto: Foucault e René Allio
(regista di "Moi Pierre Rivière...")
MF. No, è merito di Allio l'aver pensato a ciò, ma
io sottoscrivo completamente questa idea. Poiché con il
ricostruire il crimine dall'esterno, con attori, come se fosse un
evento e nient'altro che un evento criminale, l'essenziale sarebbe
stato perso. Era necessario che qualcuno fosse situato, da una
parte, dentro il discorso di Rivière, che il film fosse un film di
memoria e non il film di un crimine, e dall'altra parte, che questo
discorso di un piccolo contadino normanno del 1835 fosse preso per
quello che poteva essere il discorso
di un contadino in quel periodo storico. Eppure, cosa è più
prossimo a quella forma di discorso, se non quella stessa che si
parla oggi, con la stessa voce, da parte dei contadini che oggi
vivono nello stesso luogo. Ed infine, lungo l'arco di 150 anni, sono
le stesse voci, gli stessi accenti, la stessa parola maldestra e dal
suono rauco che raccontano la stessa cosa con quasi nessuna
trasposizione. Infatti Allio scelse di commemorare questo atto
(criminale) nello stesso luogo e quasi con gli
stessi personaggi di quelli di 150 anni prima; questi sono gli
stessi contadini che nello stesso luogo ripetono la stessa scena.
Era difficile ridurre l'intero apparato cinematografico, l'intero
apparato filmico, ad una tale scarnezza, e ciò è davvero
straordinario, piuttosto unico credo nella storia del cinema.
Ciò che è anche più importante nel film di Allio
è il fatto che egli dà ai contadini la loro tragedia.
Fondamentalmente, la tragedia del contadino fino alla fine del 18°
secolo era ancora la fame. Ma, con l'inizio del 19° secolo e forse
ancora oggi, è stato, come ogni grande tragedia, la tragedia della
legge, della legge e della terra. La tragedia greca che narra la
nascita della legge e degli effetti mortali della legge sugli
uomini. L'affare Rivière accadde nel 1836, cioé 20 anni dopo che
il Codice Civile era entrato in vigore: una nuova legge era imposta
sulla vita quotidiana del contadino ed egli lottava in questo
universo giuridico. L'intero dramma di Rivière è un dramma
riguardante la legge, il codice, la legalità, il matrimonio, la
proprietà, e via discorrendo. Eppure, è sempre entro questa
tragedia che il mondo contadino si muove. E ciò che è quindi
importante è mostrare i contadini oggi in questo vecchio dramma che
è allo stesso tempo quello delle loro vite: proprio come i
cittadini greci vedevano la rappresentazione della propria città
sulla scena.
Q. Quale ruolo questo fatto può giocare, il fatto
che i contadini normanni di oggi possono serbare, grazie al film, il
senso di quell'evento, di quel periodo storico?
Foto tratta dal film di R.Allio "Moi Pierre
Rivière..."
MF. Sai bene che c'è un sacco di letteratura
riguardante i contadini, ma molta poca letteratura scritta da
contadini o espressione da parte di contadini. Eppure, qui abbiamo
un testo scritto nel 1835 da un contadino, nel suo linguaggio, e
cioè in una persona che è appena alfabetizzata. Ed ecco la
possibilità per questi contadini oggi di recitare se stessi, con i
loro significati, in un dramma che è fondamentalmente proprio della
loro generazione. E guardando il modo con cui Allio ha fatto lavorare
i suoi attori si potrebbe facilmente vedere che in un certo senso
egli è stato molto vicino a loro, che ha dato loro tante
spiegazioni, ma che, dall'altra parte, ha concesso
loro una grande libertà nel modo di usare il loro linguaggio, la
pronuncia, la gestualità. E, se vuoi, credo che sia politicamente
importante dare ai contadini la possibilità di agire questi testi
scritti da uno di loro. Da ciò l'importanza anche degli attori nel
rappresentare il mondo della legge, i giurati, gli avvocati, ecc.
tutta gente che viene dalla città e che fondamentalmente è
estranea a quella comunicazione molto diretta tra il contadino del
19° secolo e quello del 20° che Allio ha saputo rendere visibile,
rendendo visibili, ad un certo punto, questi attori contadini.
Q. Ma non c'è un pericolo nel fatto che essi
cominciano a parlare solo attraverso una storia così mostruosa?
MF. E' qualcosa che si dovrebbe temere. Ed Allio,
quando ha cominciato a parlare loro della possibilità di fare un
film, non ha osato dir loro cosa realmente ciò comportava. E
quando ha detto loro che era molto sorpreso di vedere che essi
avessero accettato ciò molto agevolmente, l'atto crminoso non è
stato un problema per loro. Al contrario, invece di essere un
ostacolo, esso era una specie di spazio dove essi potevano
incontrarsi, parlare e fare un sacco di cose che erano presenti
nelle loro vite quotidiane. Infatti, anziché bloccarli, il crimine
li ha liberati. E se qualcuno avesse chiesto loro di recitare
qualcosa di più vicino alla loro quotidianità ed alle loro
occupazioni abituali, essi forse si sarebbero sentiti più teatrali
ed artificiosi che non recitando questo genere di crimine, un pò
lontano e mitico, sotto il riparo del fatto che essi potevano fare
di tutto con la loro realtà.
Q. Stavo pensando piuttosto ad una simmetria
alquanto spiacevole: d'accordo è molto affascinante fare film sulle
turpitudini e le mostruosità della borghesia. Perciò in questo
film non c'era un rischio di cadere nella trappola della indiscreta
violenza del mondo contadino?
MF. E di nuovo fai un collegamento con questa
tradizione di una rappresentazione atroce del mondo contadino, come
in Balzac ed in Zola.... Non credo sia così. Forse proprio perchè
questa violenza non è mai presente lì in un modo plastico o
teatrale. Ciò che esiste sono intensità, avvisaglie, cose
smorzate, nebulosità, ripetizioni, cose difficilmente dette, ma non
violenza...Non c'è nulla di quel lirismo della violenza e della
dannazione del contadino che tu sembri temere. Inoltre, non solo è
così nel film di Allio, ma è anche così nei documenti, nella
storia. Naturalmente ci sono delle scene frenetiche, degli scontri
tra bambini su cui discutono i genitori, ma dopo tutto, queste scene
non sono molto frequenti, e soprattutto, scorrendole c'è sempre una
grande finezza ed acutezza di sensibilità, una sottigliezza persino
nella malvagità, spesso una delicatezza. Per questo nessuno dei
personaggi ha quel tocco di ferocia incontrollata delle bestie che
si trova ad un certo livello nella letteratura sul mondo contadino.
Ognuno è terribilmente intelligente in questo film, terribilmente
delicato e, ad un certo punto, terribilmente riservato.
NOTE:
1 Michel Foucault si riferisce al corso
da lui tenuto al College de France in cui ha discusso il caso di
Pierre Riviere.
Traduzione in italiano di Lucia
Giannone e Giuseppe
Leo
From Sylvère Lotringer (ed) (1996) Foucault Live: Collected
Interviews, 1961-1984. USA: SEMIOTEXT[E]. (pp. 203-206).
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