Ma per quali
sentieri biografici è arrivato Richard Pousette-Dart a costruire
questa sua originale poetica?
Dopo aver abbandonato il
college, lavora in uno studio fotografico specializzato nelle
tecniche di ritocco, un'esperienza che, come egli stesso ammetterà,
influenzerà i suoi dipinti 'puntinisti' dagli anni '60 agli anni
'90. Nel 1937-1938 Richard Pousette-Dart inizia a creare delle
sculture in ottone (brass), di piccole dimensioni e dalle
forme simboliche ispirate all'arte totemica dei nativi americani.
Negli stessi anni comincia a tenere dei diari che col passare del
tempo finiscono per occupare centinaia di volumi e che sono
attualmente proprietà di Evelyn Pousette-Dart. Tramite essi è
possibile ricostruire gli interessi molteplici dell'artista rivolti
alla filosofia sia orientale (Lao-Tsu, Zen) sia occidentale (Bergson,
Kant, Schopenhauer, Kierkegaard, Nietzsche), alla psicologia del
profondo (con particolare riguardo per Freud e per Jung), alla
poesia (Shakespeare, Pound, Eliot). In quegli anni i primi dipinti
attingono ad un repertorio immaginifico tratto dall'arte africana e
da quella dei nativi d'America, dai mosaici bizantini e dall'arte
medioevale europea, ma anche dal cubismo (come
in "Head of Persephone" del 1935).
Foto. "Head of Persephone"
1935
Grazie ai contatti con John
Graham, artista di origine russa che sulla scorta di Kandinskij
affermava che <<l'artista deve ristabilire il contatto perduto con
l'inconscio [...] con il passato primordiale della propria natura
[...] al fine di riportare in superficie gli impulsi del
subconscio>>, Pousette-Dart si interessa al Surrealismo ed alla
differenza tra processi consci ed inconsci nella creazione
artistica. Però mentre nei surrealisti l'idea che forze
inconsce procedessero dalla profondità della psiche, così come le
immagini archetipiche dal passato individuale e culturale
dell'artista, era ben accettata, per Pousette-Dart invece era centrale la ricerca di
un'unione consapevole con le forze creative del Trascendente. Così
scrive nei suoi taccuini a cavallo tra gli anni '30 e '40:
<<L'arte è il risultato
evidente della reazione della coscienza a uno spirito che la
sottende, la cristallizzazione generata dal loro incontro,
l'esperienza dell'ignoto che reagisce all'esperienza del noto dando
vita a un corpo mistico soprannaturale>>.
Se è difficile datare con
precisione il periodo della vita in cui Pousette-Dart comincia ad
interessarsi di religione, di meditazione, di responsabilità morale
dell'artista, grazie ai suoi diari possiamo tentare di ricostruire
degli ipotetici percorsi. In una nota del 1939 egli scrive:
<<Music is the movement of
space in time/
I spiritualise nature/
or extend infinitely its
time value/
I destroy my objects
temporary meaning/
I cosmisize nature/
art is a cosmic prayer.>>
Anche il contatto con Gaudier
Brzeska, le cui sculture e la cui filosofia del vortice
Pousette-Dart ammirava, può far luce su questa figura così presente
diffusamente nella sua pittura. <<A vortex is the nearest
approach to an absolute as humanly possible... An intuitive fusion
of emotion and the intellect>>. Ma è nel giugno 1940 che
senz'altro la poetica mistica di Richard Pousette-Dart assume dei
toni così magniloquenti che fanno pensare ad una sorta di
illuminazione.
Il 22 giugno 1940 egli scrive:
<<I feel the sun rays upon
my body,
I melt diffused in the warm
light,
I am spread all around
the earth, in truth to
myself I transmit,
I penetrate,
I communicate, I commune.
My mother is the earth, my
father is heaven
[...]
Great is a man in wholeness
the reality of art is the
salvation of the world
[...]
The great artist paints and
writes
and plays and sings and
dances, constantly
praying to God with the
whole
integrated harmony of his
body, mind,
sense and spirit, O, nature,
O, man, O, God
all things are one>>
Sempre nello stesso diario del
1940 troviamo:
<<Truth is love and love is
the only truth>>
e più oltre nella stessa nota
<<Man is God>>
e ancora:
<<When we come into
ourselves,
then we cannot become lost
for the
world is our room
and God is our home
and we have become ourselves
goodness and foreverness>>.
Più tardi negli anni '50 i
riferimenti ai simboli spirituali dell'antichità classica e
dell'arte bizantina sembrano tradurre in diagrammi di luce questo
senso di illuminazione mistica.
In "Illumination Gothic" del
1958 ed in "Illumination Vertical" dello stesso anno si vedono le
guglie, i pinnacoli di cattedrali inondate di luce, di minareti
dalle lune diafane che proiettano sul cielo striature in forma di
fiumi di latte e miele. In certi punti queste striature lasciano il
posto a delle spire in cui si raggruma il sangue e la terra, il
sangue degli uomini che hanno innalzato edifici sacri con la terra
smossa dai sepolcri dei loro avi. Questi vortici sono assenti in "Pillars
of Odysseus" (1949) ed in "Fountains of Penelope" (1960-1962). In
essi è l'antichità classica la fonte di ispirazione, - in quest'ultimo
- fonte di acque che fluiscono dalle profondità della terra e
zampillano in alto, nell'aria rendendola scintillante di iridescenze
lustrali. In "Colonne di Ulisse" manca l'elemento acqueo,
umorale (associabile al "femminile"), la luce si riflette sui
pinnacoli, ma non c'è il suo vibrare tutt'intorno nell'aria, c'è
solo lo stagliarsi della materia luminosa contro il buio dello
sfondo, pilastri di 'nomos' che sono infissi sulla terra per marcare
un terreno sottratto alla natura, finalmente civilizzato.
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