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FRENIS  zero 

Scienze della Mente, Filosofia, Psicoterapia e Creatività

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   "I AM I THAT I AM BY GOD" Inconscio e spiritualità in Richard Pousette-Dart
Note di Giuseppe Leo alla mostra in corso alla Fond. Guggenheim di Venezia.
  Foto: un ritratto di Richard Pousette-Dart
                                                                     <<I do not speak of that which means today not

                                                                                     tomorrow but only that which means always

                                                                                      everything means change eternity & ceaseless

                                                                                      infinite change

                                                                                            everything means everything else>>

                                                                                      (Dai 'Diari' di Richard Pousette-Dart)

 

Come coniugare la creazione della bellezza con ciò che, nel fondo inconscio della mente, sentiamo sovrastarci nella sua indivisa e infinita essenza? Può l'arte farci accostare a Dio anche se i simboli che creiamo ed usiamo noi umani  ci rimandano di continuo a noi stessi?

Richard Pousette-Dart (1916-1992), a cui la Fondazione Guggenheim di Venezia ha dedicato la prima retrospettiva in Italia (dal 17 febbraio al 20 maggio 2007), sembra partire da questi interrogativi fondamentali in un incessante dialogo tra opera artistica e riflessione spirituale, ricostruibile grazie ai suoi diari inediti.

Questo dialogo sembra condannato, sin dall'inizio della sua carriera, ad una condizione esistenziale di appartato silenzio, in cui lo stupore e l'estasi di fronte alla profondità verticale (e vertiginosa) del mistero della creazione e dell'essere risultano inconciliabili con l'orizzontalità della vita sociale. Lui, nato in una famiglia di artisti ed intellettuali, lascia New York nei primi anni '50 per ritirarsi a vivere in campagna, sancendo in questo modo la sua volontà di fare affidamento sulle risorse della solitudine.

<<I walk among ten thousand people everyday

but not one has ventured to speak to me

as an impersonal friend

no one has shown intent to discuss with me

the meaning of my symbol, my very self

my symbol is my identity. I am a cosmic being

no one seems to care about this, who or what I am

no one seems concerned about the Brother

hood of man

I am lonely and no one will speak to me

except there be profit

I go up to a man and speak to him in sincere

friendship (accord)

but we have not been properly introduced

he thinks me deranged

what is a world of men

where so little true friendship is evident.>>

(Nota del diario datata 8.07.1940)

Richard Pousette-Dart, dopo essersi diplomato nel 1935 alla Scarborough School di New York, si iscrive al Bard College, ma prima della fine dell'anno accademico decide di abbandonare gli studi, deciso a dedicarsi interamente alla pittura ed alla scultura, già da allora confidando nella propria ricerca individuale più che in una qualsiasi adesione ad una scuola.

<< l'artista deve diffidare di qualsivoglia scuola, credo o groviglio che lo snaturerebbe. Deve essere solo, libero e aperto in ogni direzione, verso le entrate come le uscite, ma nella sua libertà deve rimanere solido e concreto nella sostanza della sua stessa forma>> (da una nota del diario degli anni '70)

Questo rigore etico perseguito da Pousette-Dart lungo tutta la propria carriera ha fatto sì che egli sia a torto ascrivibile al movimento artistico nord-americano noto come Espressionismo astratto.

Foto: "Opaque Harmony" (1941-43)

In realtà, se per espressionismo intendiamo la ricerca da parte dell'artista di rendere nell'arte propri stati mentali individuali, ciò non sembra ben adattarsi all'opera di Pousette-Dart in cui è ciò che trascende l'individuo ad assumere un ruolo di primo piano. Anche la gestualità del segno pittorico di Pollock non trova eco nella ricerca di un'ordine in cui simboli religiosi, tracce lasciate da particelle dello spazio cosmico ed allusioni alle forme più basilari di energia (come quella di un'esplosione atomica in "Crucifixion. Comprehension of the Atom" del 1944) si trovano a interconnettersi in una complessa rete di idee e forme.   In "Ondulation" del 1941-1942 l'onda crea un "campo" che riempie lo spazio: Richard Pousette-Dart sembra qui trarre ispirazione dal contemporaneo dibattito tra i fisici sostenitori della teoria corpuscolare della luce e quelli della sua natura ondulatoria. La particella-onda, colta nella sua duplicità, sembra 'risuonare' dello spazio che attraversa al pari dell'onda sonora che risente della natura del mezzo di propagazione, delle proprietà dello spazio attraverso cui si diffonde. Nel già citato "Crucifixion. Comprehension of Atom" del 1944 traiettorie lineari ed ondulatorie pervadono lo spazio descrivendo forme di anse, di occhi, di croce: un grande Angelo sembra aleggiare su quest'ultima, oppure si tratta di un Grande Padre benedicente, oppure ancora di un "Cristo Pantocrator" tipico delle basiliche bizantine? E' questa la comprensione dell'atomo a cui allude il titolo? La comprensione, cioè, di ciò che è indivisibile (l'atomo), come il Padre dal Figlio, l'onda dalla particella?

In "The Center" (1943) sembra che lo spazio sia creato da tanti centri, da tanti soli, che generano campi di attrazione della materia e che si sostengono reciprocamente come in una galassia piena di sistemi solari.

 Un'immaginario-ragnatela è quello che si contendono tutti questi multiformi segni: in "The Web" (1950) è troppo semplice immaginare un'anticipazione di internet, ma forse l'artista è stato attratto dalla possibilità di raffigurare le tracce che le particelle subatomiche lasciano su un materiale sensibile, fotografie di traiettorie da cui è possibile ricostruire la struttura più fine e fondamentale della materia. Lo spazio è fatto di campi, di vuoti e di particelle che ora di addensano ora si rarefanno (come in "Cosmo Bianco" del 1950-1951) dove le forze si organizzano in onde che lasciano buchi vuoti, lacune cieche e silenti (come in "Suono bianco" del 1950-1952). Ma indagando sempre più in profondità la struttura della materia ( in una ricerca artistica che procedeva quasi in parallelo a quella dei contemporanei fisici nucleari), Pousette-Dart sembrava approdare a delle opere in cui nel "campo" non c'erano più né particelle né onde, ed in cui ciò che ad una scala più grande è atomo, diventa pura "presenza" di energia che talora si irradia da un centro (come in "Eye of the Small Suns" del 1961-1964) o in "Blue Center Presence" del 1960-1961), talaltra non ha una fonte, ma si presenta come pura presenza vibrante (come in "Summer Presence" del 1965 o in "Red Presence" del 1961). La luce diventa quindi la forma pittorica dell'energia, ed in questi ultimi due quadri essa è indivisa (non come nello spettro), si irradia non da un centro, ma semplicemente è.

E nella sala successiva della mostra l'energia fluisce a partire da soli freddi come in "Presenza circolare aerea" del 1963, abbaglianti come in "Centro Dorato" del 1964 o remoti sideralmente come in "Spazio stellato" del 1961 ed in "Presenza dorata" del 1975. In "Paesaggio notturno" del 1969-1971 i soli diventano luce riflessa sulla superficie di una vetrata di cattedrale.

 

Ma per quali sentieri biografici è arrivato Richard Pousette-Dart a costruire questa sua originale poetica?

Dopo aver abbandonato il college, lavora in uno studio fotografico specializzato nelle tecniche di ritocco, un'esperienza che, come egli stesso ammetterà, influenzerà i suoi dipinti 'puntinisti' dagli anni '60 agli anni '90. Nel 1937-1938 Richard Pousette-Dart inizia a creare delle sculture in ottone (brass), di piccole dimensioni e dalle forme simboliche ispirate all'arte totemica dei nativi americani. Negli stessi anni comincia a tenere dei diari che col passare del tempo finiscono per occupare centinaia di volumi e che sono attualmente proprietà di Evelyn Pousette-Dart. Tramite essi è possibile ricostruire gli interessi molteplici dell'artista rivolti alla filosofia sia orientale (Lao-Tsu, Zen) sia occidentale (Bergson, Kant, Schopenhauer, Kierkegaard, Nietzsche), alla psicologia del profondo (con particolare riguardo per Freud e per Jung), alla poesia (Shakespeare, Pound, Eliot). In quegli anni i primi dipinti attingono ad un repertorio immaginifico tratto dall'arte africana e da quella dei nativi d'America, dai mosaici bizantini e dall'arte medioevale europea, ma anche  dal cubismo (come in "Head of Persephone" del 1935).

  Foto. "Head of Persephone" 1935

Grazie ai contatti con John Graham, artista di origine russa che sulla scorta di Kandinskij affermava che <<l'artista deve ristabilire il contatto perduto con l'inconscio [...] con il passato primordiale della propria natura [...] al fine di riportare in superficie gli impulsi del subconscio>>, Pousette-Dart si interessa al Surrealismo ed alla differenza tra processi consci ed inconsci nella creazione artistica. Però mentre  nei surrealisti l'idea che forze inconsce procedessero dalla profondità della psiche, così come le immagini archetipiche dal passato individuale e culturale dell'artista, era ben accettata, per Pousette-Dart invece era centrale la ricerca di un'unione consapevole con le forze creative del Trascendente. Così scrive nei suoi taccuini a cavallo tra gli anni '30 e '40:

<<L'arte è il risultato evidente della reazione della coscienza a uno spirito che la sottende, la cristallizzazione generata dal loro incontro, l'esperienza dell'ignoto che reagisce all'esperienza del noto dando vita a un corpo mistico soprannaturale>>.

Se è difficile datare con precisione il periodo della vita in cui Pousette-Dart comincia ad interessarsi di religione, di meditazione, di responsabilità morale dell'artista, grazie ai suoi diari possiamo tentare di ricostruire degli ipotetici percorsi. In una nota del 1939 egli scrive:

<<Music is the movement of space in time/

I spiritualise nature/

or extend infinitely its time value/

I destroy my objects temporary meaning/

I cosmisize nature/

art is a cosmic prayer.>>

Anche il contatto con Gaudier Brzeska, le cui sculture e la cui filosofia del vortice Pousette-Dart ammirava, può far luce su questa figura così presente diffusamente nella sua pittura. <<A vortex is the nearest approach to an absolute as humanly possible... An intuitive fusion of emotion and the intellect>>. Ma è nel giugno 1940 che senz'altro la poetica mistica di Richard Pousette-Dart assume dei toni così magniloquenti che fanno pensare ad una sorta di illuminazione.

Il 22 giugno 1940 egli scrive:

<<I feel the sun rays upon my body,

I melt diffused in the warm light,

I am spread all around

the earth, in truth to myself I transmit,

I penetrate,

I communicate, I commune.

My mother is the earth, my father is heaven

[...]

Great is a man in wholeness

the reality of art is the salvation of the world

[...]

The great artist paints and writes

and plays and sings and dances, constantly

praying to God with the whole

integrated harmony of his body, mind,

sense and spirit, O, nature, O, man, O, God

all things are one>>

Sempre nello stesso diario del 1940 troviamo:

<<Truth is love and love is the only truth>>

e più oltre nella stessa nota

<<Man is God>>

e ancora:

<<When we come into ourselves,

then we cannot become lost for the

world is our room

and God is our home

and we have become ourselves

goodness and foreverness>>.

Più tardi negli anni '50 i riferimenti ai simboli spirituali dell'antichità classica e dell'arte bizantina sembrano tradurre in diagrammi di luce questo senso di illuminazione mistica.

In "Illumination Gothic" del 1958 ed in "Illumination Vertical" dello stesso anno si vedono le guglie, i pinnacoli di cattedrali inondate di luce, di minareti dalle lune diafane che proiettano sul cielo striature in forma di fiumi di latte e miele. In certi punti queste striature lasciano il posto a delle spire in cui si raggruma il sangue e la terra, il sangue degli uomini che hanno innalzato edifici sacri con la terra smossa dai sepolcri dei loro avi. Questi vortici sono assenti in "Pillars of Odysseus" (1949) ed in "Fountains of Penelope" (1960-1962). In essi è l'antichità classica la fonte di ispirazione, - in quest'ultimo -  fonte di acque che fluiscono dalle profondità della terra e zampillano in alto, nell'aria rendendola scintillante di iridescenze lustrali. In "Colonne di Ulisse" manca  l'elemento acqueo, umorale (associabile al "femminile"),  la luce si riflette sui pinnacoli, ma non c'è il suo vibrare tutt'intorno nell'aria, c'è solo lo stagliarsi della materia luminosa contro il buio dello sfondo, pilastri di 'nomos' che sono infissi sulla terra per marcare un terreno sottratto alla natura, finalmente civilizzato.

 

  Foto: "Now a Turning Orb" (1987-90)
clicca qui per visualizzare il videoclip dell'ultima sala della mostra.
Nell'ultima sala della mostra le opere di Pousette-Dart sembrano ricostruire lo spazio sacro di una cattedrale. All'ingresso ci accoglie "Now a Turning Orb" (1987-90), una sorta di disco solare che sembra l'immagine formata dalla luce che filtra attraverso un rosone all'interno dello spazio sacro. Lungo le pareti lunghe della sala troviamo "Ramificate Shapes of Blue Water" (1986-1987) e "Spirals by the Sea. Sequence Spiral" (1978) che sembrano rimandare ai giochi compositivi dei mosaici pavimentali romanici, mentre "Byzantine cathedral I,II and III" sembra tradurre negli stessi toni cromatici di "Cyprus Blue" una ricerca che coniuga l'arte musiva bizantina coi simboli più archetipici dell'arte americana precolombiana. Nel videoclip visualizzabile in questa pagina ho percorso, come pellegrino alla ricerca dell'arte di Pousette-Dart, la 'navata' di questa immaginaria cattedrale, approdando al dono estatico della visione di "Lost in the Beginnings of Infinity" (1991):  la luce, diafana ed accecante,  sembra piovere dall'alto ad allagare un immaginario presbiterio . E, persomi alle soglie dell'Infinito, tiro un sospiro di sollievo al pensiero di non poter essere inghiottito per davvero da un turbinio di luce così celestiale.

 

Responsabile Editoriale : Giuseppe Leo

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