Una raccolta di articoli
piuttosto che un libro coerente, diviso in quattro parti, la raccolta
tenta di fornire una base neuro-anatomica-funzionale per ciò che in
precedenza è stata la premessa non verificabile della psicoanalisi:
l'inconscio. Senza una premessa verificabile e quindi falsificabile,
non c'è stata scienza per la psicoanalisi, nonostante ciò che Mark
Solms ed altri hanno proposto.
In questo formato, il
libro cerca di esaminare i presunti fondamenti neurologici delle
emozioni, della memoria, dell'inconscio, della percezione,
dell'attenzione, della veglia, del sonno, dei sogni, dell'empatia,
degli effetti della condivisione, dell'intenzionalità, della
simulazione incorporata e di aspetti dello sviluppo mentale infantile
per quanto questi costrutti risuonino nelle teorie generate dagli
psicoanalisti nel corso del tempo.
Mantenendosi in tema, gli
autori sono stati scelti con una tendenza eurocentrica e la maggior
parte provengono dall'Italia o da paesi vicini.
A partire
dall'introduzione di Mancia, è chiaro che il libro è un tentativo di
creare un ponte tra le neuroscienze e le filosofie e le teorie della
psicoanalisi, con quest'ultima che spera chiaramente che qualche
debolezza nella chiarezza delle sue teorie possa essere illuminata
dalle prime: dopo tutto, sono passati quasi 100 anni da quando Freud
ammonì che un giorno tutte le nostre teorie della mente avrebbero
trovato una base organica. In questo solco, Mancia ritiene che le
neuroscienze siano basate sulla logica della spiegazione, mentre la
psicoanalisi è caratterizzata da una logica di comprensione, ed in
questo egli riconosce la differenza tra i due campi di ricerca.
Foto: Mauro
Mancia
La prima parte,
riguardante i ricordi e le emozioni, inizia con Gilbert Pugh che
tratta della cooperazione, non dell'incorporazione, tra le due
discipline, e che parla dei sospetti attorno alla apparente mancanza
di scientificità dietro le opinioni di Freud, affermando che nessuna
delle due discipline potrà assorbire l'altra producendo la sua morte.
Egli comincia il suo discorso con l'interpretazione dei sogni e con la
frustrazione di Freud a mezza strada tra medicina e filosofia. La
memoria comporta un'altra discussione, dibattuta all'interno del
contesto della memoria procedurale, implicita , emotiva, da una parte,
e dall'altra dei punti di vista di Freud sull'elaborazione implicita.
Ciò viene completato coi riferimenti alle memorie soppresse di Eric
Kandel ed agli 'oggetti' della memoria, insieme a due vignette
cliniche, la prima delle quali connette un trauma cerebrale con
esperienze precoci di allattamento al seno:
<<Comunque, ciò che non
gli dissi a quel tempo ... era che egli stava anche lottando per
districare la differenza tra la sua esperienza che ha di me ora, come
rappresentante della sua "madre interna" autobiografica, e la
riemergenza di "pezzi" attuali di memoria emozionale proveniente dal
passato, probabilmente dovuta a circuiti in cui è coinvolta
l'amigdala, come risultato di questo trauma cranico>> (a pagina 55 con
una nota a piè di pagina circa la sua rigida dieta paragonabile a
quella di un lattante).
Foto: Eric Kandel
Leuzinger-Bohleber e
Pfeifer espongono la loro opinione secondo cui i progressi delle
neuroscienze stanno contribuendo ad una fondazione scientifica della
psicoanalisi, con l'aggiunta anche qui di una vignetta clinica
del primo autore che cerca di mostrare che l'idea che il "working
through" con i ricordi precoci conduca a cambiamenti strutturali sia
oggi supportata da una serie interdisciplinare di scoperte, e quindi
fornisce una struttura per cambiare il comportamento: in che modo
questo venga curato però
non è spiegato.
Mancia torna a mostrare in
che modo la memoria implicita e la coscienza non rimossa vengano a
galla nel transfert della relazione terapeutica e nei sogni. Ciò viene
suffragato con frasi del tipo:
<<La voce... è
un'esperienza di sé mentre si sta parlando, ma allo stesso tempo è
un'espressione del sé in relazione con l'altro. Essa dà l'avvio al
transfert richiamando una dimensione sensoriale legata alla voce
materna>> (109).
Molte di queste
discussioni procedono come sopra, con il linguaggio della
neuropsicologia inserito in discorsi psicoanalitici, spesso con
asserzioni abbastanza belle come nella parte iniziale della citazione
sopra menzionata, ma spesso anche con un cambiamento nella direzione
della psicoanalisi che ha infuriato le femministe. La vignetta
obbligatoria anche qui è piena di riferimenti all'insight che promuove
il cambiamento comportamentale, qualcosa che farebbe infuriare i
ricercatori dell'Intervista Motivazionale. Le grida del paziente sul
divano <<Devi essere fuori dalla tua mente>> vengono assunte come
autoreferenziali, ma io non sono sicuro di ciò. Il sogno sensuale
della paziente che sogna lo psicoterapeuta ai piedi del letto ed i
collegamenti con gli orari del sonno di sua madre mi sembrano un
materiale che ha davvero poco a che fare coi neuroni, nonostante gli
argomenti che fanno riferimento a Dan Shacter, a Larry Squire, ad
Antonio Damasio e ad altri.
Foto: Antonio Damasio
Sergerie e Armony assumono
una prospettiva neurobiologica nella relazione tra emozione e
cognizione, con qualche riferimento alla bibbia e ad Aristotele, ma
anche spostandosi velocemente su Hume, su Simon, su Minsky, su
Nietzsche, su Dostoevsky e quindi su Kluver e Bucy. Ciò che segue è la
discussione sulla sola amigdala, e poi sulla modulazione
dell'attenzione da parte dell'emozione, sulle interazioni tra memoria
ed emozione, continuando la precedente discussione per cui l'amigdala
è di fatto così multiconnessa che non si può discutere molto in
termini di un qualche isolamento funzionale ed arrivando all'ipotesi
della modulazione della memoria emozionale ed alla sua localizzazione.
La conclusione, secondo le attese, è che i ricordi emozionali sono una
forma speciale di memoria.
Una particolare attenzione
di questo libro è quella prestata all'emisfero destro, un emisfero di
"eccellenza" per gli psicoanalisti come lo chiama l'introduzione.
Guido Gainotti difende questa tesi particolare: incomprensibile alla
luce della lateralizzazione della conversione e dell'anosognosia
nell'emiplegia. Ancora, viene discussa la natura delle interazioni tra
sistemi emozionali e cognitivi, con particolare riferimento
all'emisfero destro in quanto emisfero inconscio. Piuttosto, il lato
destro è visto come coinvolto in maniera cruciale nei ricordi
emozionali inconsci che sono il campo fertile per la pratica della
psicoanalisi.
Cappelli presenta un
capitolo sull'ansia "in prospettiva" prendendo in esame la base dei
dati già presentata nel libro, come anche il piacere-dispiacere e l'io
primitivo, identificato anatomicamente come qualcosa
rappresentato dagli organi della sostanza grigia periacqueduttale,
come un semplice "Ego-like-life-form" che traduce nell'acronimo del
SELF. A questo modo, Cappelli crede che il processo di svelamento di
questi ricordi nell'hic et nunc nel contesto dell'attacco di panico sia
qualcosa di terapeutico, ma io non sono così sicuro che ci sia una
qualche letteratura a supporto dell'idea che lo sfogo catartico aiuti
veramente.
Pally parla a proposito
del ripetersi del passato nel presente, e del perché le previsioni
siano così pesantemente condizionate dal passato. Per Pally c'è una
qualche evidenza che i ricordi precoci sono messi da parte non
perché rimossi, ma perché il cervello a quel tempo era immaturo.
Quindi, non ci sono solo forze psicologiche ma anche neuronali in
gioco. Questo descriverebbe il perché il cambiamento durevole sia così
difficile. Pally poi aiuta i suoi pazienti a rendersi conto che il togliere
le catene a quella parte delle loro difficoltà non sia una loro
responsabilità e che essi hanno in realtà dei cervelli che non
riescono a liberarsi da queste catene. Per quanto queste affermazioni
siano ingenue, Pally è la prima a integrare realmente le scoperte di
coloro che si occupano di abuso e di maltrattamento infantile con
l'idea che le nostre patologie attuali riflettano i conflitti del
passato. Gli studi sulle scimmie di Steven Suomi e le opinioni di Mark
Solm sono ugualmente ben integrati nelle discussioni della Pally.
Lehman e Koukkou discutono
la plasticità cerebrale dipendente dall'esperienza, il richiamo
stato-dipendente e la creazione di una soggettività nelle funzioni
mentali. E' questo il titolo del capitolo. Sebbene essi menzionino
l'attività dei primi 100 millisecondi dopo che il cervello è stato
esposto ad uno stimolo, essi non riferiscono che noi possiamo agire dopo
quella appercezione inconscia rispondendo in modo tale da confermare
ciò che il cervello ha già deciso in quanto noi aggiorniamo
continuamente la memoria di lavoro: questo sicuramente sarebbe un
punto ricco di discussione nel collegare la psicoanalisi con le
neuroscienze. Ma Lehman e Koukkou si concentrano sulle ricerche
proprie e dei loro colleghi, e producono una tesi men che
soddisfacente.
La seconda parte del libro
è dedicata alle emozioni condivise: Avenanti e Aglioti parlano del
versante sensomotorio dell'empatia per il dolore, della teoria della
mente e del substrato dei neuroni specchio.
L'idea che essi perseguono
consiste nel fatto che l'empatia per la sofferenza di un'altra persona
può basarsi non solo sulle rappresentazioni affettive motivazionali,
ma anche su rappresentazioni somatiche 'a grana fine', in modo tale
che essa si basi su differenti tipi di meccanismi di simulazione
sensoriali, motori ed emozionali. Un' interessante conseguenza sarebbe
stata quella di spiegare in che modo le dimensioni sociali della
sofferenza si estendono ai fondamentali livelli sensomotori
dell'elaborazione neuronale, ad esempio nei guardiani dei campi di
concentramento oppure nella malvagità umana.
Osaka presenta uno studio
condotto con l'ausilio della risonanza magnetica funzionale (fMRI)
guidato dalle parole mimiche, e non sono sicuro di come questo lavoro
possa dare qui un qualche contributo. Il capitolo di Gallese sulla
sintonizzazione intenzionale, sulla simulazione incorporata e sul suo
ruolo nella cognizione sociale prende ancora spunto dall'iniziale tesi
dei neuroni specchio e della comprensione delle intenzioni, e
dall'ipotesi della sintonizzazione intenzionale: <<La condivisibilità
del contenuto fenomenico delle relazioni intenzionali degli altri,
attraverso i sottostanti circuiti neuronali condivisi, produce
la sintonizzazione intenzionale. A sua volta questa, attraverso il
collassamento delle intenzioni dell'altro in quelle dell'osservatore,
produce la peculiare qualità di familiarità che noi abbiamo con gli
altri individui>> (289). Questo viene poi correlato con la
schizofrenia, descritta come mancanza di sintonizzazione nella
creazione di un quadro coerente del mondo sociale: questo è
interessante, e se sviluppato in seguito, potrebbe predire un problema
di sincronizzazione gamma a 40Hz, ma, così come per la trattazione
dell'autismo che segue, il ponte con le neuroscienze non è stato
costruito.
La terza parte tratta del
mondo dei sogni, con il ritorno di Mancia sulla discussione del sogno
come via regale per un possibile dialogo tra neuroscienze e
psicoanalisi. La panoramica storica sui sogni a partire da Freud è
interessante, ma le più recenti intuizioni sull'interazione tra aree
prefrontali e limbiche in termini di istruzioni che passano al fine di
elaborare e forse scaricare l'informazione durante il sonno sono state
esposte troppo tardi in questo capitolo piuttosto debole nonostante le
sue 78 voci bibliografiche. Anderson fornisce un approccio basato
sulle scienze cognitive alla rimozione, cosa che egli fa riferendosi
sia alle proprie formulazioni neuroscientifiche, sia applicando queste
alla rimozione freudiana (pagina 339), distinguendo utilmente tra
repressione e rimozione. Bassetti, Bischof e Valko guardano alle
posizioni neurologiche sul sogno con un'ampia e superflua storia che
continua per pagine, ma con un'interessante panoramica generale che
però non ha alcun apparente ancoraggio alla psicoanalisi.
Piontelli conclude con un
singolo capitolo sulla "origine del comportamento umano fetale" ed
opera delle applicazioni su condizioni come la claustrofobia, le
condizioni di riposo, le risposte di "startle", il singhiozzo.
Il libro termina in modo
improvviso; senza capitoli conclusivi né alcun indice.
Complessivamente
assomiglia ad un pasto non soddisfacente. Ci si ricorda di ristoranti per turisti in cui
il servizio ed il menu sono incompleti e i modi bruschi, talora fuori
posto, di rado messi a fuoco, e quindi che non incoraggiano a
ritornarci.
E' assolutamente
essenziale creare dei ponti tra psicoanalisi e neuroscienze, allo
stesso modo è essenziale spostarsi da entità nosologiche verso 'markers'
biologici meglio valutabili riguardo ai fenomeni mentali o sociali,
allo stesso modo in cui la conoscenza generale fornisce dei buoni
segnali ('markers') per il benessere complessivo, oppure rallentando
la comparsa di un segnale di depressione o di demenza. Tentare di fare
ciò che Mancia si propone di fare è nobile, ma gli autori falliscono
nel complesso nel fare la propria parte: ed il fallimento è molto
deludente. Mai questa raccolta riesce ad aiutare la psicoanalisi, in
modo coerente, a misurarsi con la sofferenza umana e parimenti con il
livello neuronale, oppure ad aggiungere qualcosa di significativo alla
pratica del neuropsichiatra o del neuropsicologo. Gli psicoanalisti
devono parlare di ciò che non possono visualizzare, i neuroscienziati
trattano solo di ciò che possono vedere. Perché la psicoanalisi possa
veramente diventare una neuroscienza comportamentale, essa deve
imbarcarsi in un viaggio molto più dialettico, con più coerenza di
quanta questo libro ne offra.