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Nietzsche

Divergenza come inattualità 

  

Una pedagogia dell'inattualità non può che essere, per Nietzsche, una pedagogia del tragico, come quella di Schopenhauer, "un'esplosione nell'edificio della convenzione", una pedagogia "della liberazione".

Il valore pedagogico dell'inattualità sta proprio nell'insegnare a combattere l'inclinazione umana alla pigrizia, che spinge l'individuo ad assumere i pensieri e i comportamenti del branco, per amore di pace, e, ancor più, per la paura di "diventare ciò che è": "I tuoi veri educatori e plasmatori ti rivelano qual è il vero senso originario e la materia fondamentale del tuo essere, qualche cosa di assolutamente ineducabile e implasmabile, ma in ogni caso difficilmente accessibile, impacciato, paralizzato: i tuoi educatori non possono essere niente altro che i tuoi liberatori." (III Inattuale) 

Quanto al valore filosofico, teoretico, conoscitivo dell'inattualità, basti dire che fu proprio questo tipo di distacco critico dalla mentalità del tempo e dai suoi miti, che permise al "libero pensatore" Nietzsche di  annunciare la crisi della cultura europea, ponendo, per primo, il problema della scienza (forma di conoscenza generata dalla filosofia stessa - dalla mentalità e dal metodo filosofici, e dunque impregnata di razionalismo socratico). 

Nonostante tutta la sua provata efficacia, quanto a capacità di dominare il mondo, la scienza poteva e doveva essere vista come un fatto problematico e discutibile.

"La scienza stessa, tutta la nostra scienza - che cosa significa in sostanza, considerata quale sintomo della nostra vita? Che scopo ha, e, peggio, donde viene tutta la scienza? Come? L'impulso alla scienza non è forse nient'altro che paura e scampo di fronte al pessimismo? Una sottile difesa contro -la verità? E, in termini di morale, qualche cosa i simile alla vigliaccheria e alla falsità? E invece, parlando in termini immorali, una furberia?" (Saggio di una critica di se stesso, premesso alla riedizione della Nascita della tragedia)

 

 

...In che senso? 

 

In molti sensi, in realtà. 

A grandi linee: 

nel senso che la civiltà costruita sui principi della scienza "non vuole più sapere nulla, non avere più nulla a che vedere con la naturale crudeltà delle cose";

nel senso che c'è invece ancora molto da domandarsi, dal momento che "non è il desiderio di ridurre l'ignoto al noto, ciò che è inquietante, inusitato, problematico a ciò che è abituale e familiare la causa profonda del nostro bisogno di conoscere? (...) Non potrebbe essere l'istinto della paura a comandarci di conoscere?"; 

nel senso che è un patto sociale fra gli uomini che fissa ciò che in seguito dovrà essere "la verità" ("in altre parole viene scoperta una designazione delle cose uniformemente valida e vincolante");

nel senso che le verità sono "illusioni di cui si è dimenticata la natura illusoria, sono metafore che si sono logorate (...), sono monete la cui immagine si è consumata e che vengono prese in considerazione soltanto come metallo, non più come monete".

 

...Ma allora  i "fatti"?

 

No, proprio i fatti non ci sono, bensì solo interpretazioni. Noi non possiamo constatare nessun fatto "in sé" (...). "Tutto è soggettivo", dite voi; ma già questa è un'interpretazione, il "soggetto" non è niente di dato, è solo qualcosa di aggiunto con l'immaginazione, qualcosa di appiccicato dopo. _ E' necessario infine mettere ancora l'interprete dietro l'interpretazione? Già questo è invenzione, ipotesi. (La gaia scienza)

 

E così via all'infinito...

 

Dietro ogni caverna, un caverna ancor più profonda - un mondo più vasto, più strano, più ricco al di sopra d'una superficie, un abisso sotto ogni fondo, sotto ogni "fondazione" (...) Ogni opinione è anche un nascondiglio, ogni parola anche una maschera. (Al di là del bene e del male)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Friedrich Nietzsche, Considerazioni inattuali, Einaudi, Milano, 1981.

 

 

 

 

Tra le altre opere fondamentali di Nietzsche ricordiamo:

 

La nascita della tragedia dallo spirito della musica

(1872),

 

Umano, troppo umano. Un libro per spiriti liberi

(1878-1880),

 

La gaia scienza

(1882),

 

Al di là del bene e del male. Preludio di una filosofia dell'avvenire

(1886),

 

Genealogia della Morale. uno scritto polemico

(1887),

 

Così parlò Zarathustra. Un libro per tutti e per nessuno

(1883-1892).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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