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Heidegger

Filosofia come divergenza

 

La filosofia come educazione al pensiero (al pensiero divergente) cosa può darci? 

Prima di tutto, la consapevolezza. 

L'occhio per ciò che deve essere indagato.

 

Con Heidegger potremmo dire: la consapevolezza del fatto che "il bisogno di interrogare la tecnica moderna viene meno nell'esatta misura in cui più decisamente la tecnica impronta e governa i fenomeni dell'universo e la posizione che l'uomo vi occupa." 

 

E poi (nel momento in cui si cominci a interrogare questa nostra mentalità tecnico-scientifica), la consapevolezza che le scienze "possono certo negare la loro origine dalla filosofia, ma non possono assolutamente sbarazzarsene. Giacché nella scientificità delle scienze parla ancora la prova della loro nascita dalla filosofia." (Tempo ed essere)

Nate dalla filosofia, le scienze si svincolano poi, e affermano la loro autonomia di contro ad essa, ma continuano - inconsapevolmente - a far uso delle categorie filosofiche, dell'impianto concettuale generato dalla filosofia, e portano a compimento quel progetto di conoscenza razionale e di asservimento del mondo alla ragione, che la filosofia stessa ha avviato e ha portato avanti nei secoli. 

 

E se è vero che questo progetto si è ormai esaurito, le scienze, che lo continuano, non possono rappresentare una vera alternativa. 

Resta allora da chiedersi se possa esistere ancora una via per il pensiero, e che valore potrebbero avere le critiche di irrazionalità rivolte al pensiero che procedesse lungo questa via (e che certo sarebbe divergente, proprio in quanto non accetterebbe di considerare il  mondo all'interno delle "gabbie concettuali" delle scienze).

 

Rispondere alla prima domanda richiederebbe di addentrarsi nel complesso e denso pensiero heideggeriano, ma la risposta alla seconda domanda è più accessibile e più svincolata dalla particolarità della sua filosofia. 

Ed è ovviamente un ottimo esempio di pensiero che, invece di muoversi all'interno di un quadro predeterminato, si interroga sulla validità e le ragioni profonde che hanno determinato quello stesso quadro. 

 

Dunque, che accusa è quella di irrazionalismo, magari anche di "mistica senza fondamento"? 

Un'accusa che a sua volta resta senza fondamento, perché non pone la domanda fondamentale, e cioè: che cos'è il razionale?

"La razionalizzazione tecnico-scientifica, che domina l'epoca attuale, si giustifica certamente sorprendendo ogni giorno attraverso la sua effettività (Effekt), che noi riusciamo a malapena a prevedere nei suoi esiti. Ma quest'effettività non dice nulla di ciò che assicura la possibilità del razionale e dell'irrazionale (....). 

Forse c'è un pensiero che è più sobrio dell'irrefrenabile dilagare della razionalizzazione e della furia sradicatrice della cibernetica. Probabilmente è proprio questo furore l'estremo dell'irrazionale.

Forse c'è un pensiero che esula dalla distinzione tra razionale ed irrazionale, più disincantato ancora della tecnica scientifica, più disincantato e perciò discosto (abseits), senza effettività e tuttavia avente una sua proprio necessità." (Tempo ed essere)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Martin Heidegger, Tempo ed essere, Guida Editori, Napoli, 1987.

 

 

 

Tra le altre opere fondamentali di Heidegger ricordiamo:

 

Essere e tempo

(1927),

 

Kant e il problema della metafisica

(1929),

 

Sentieri interrotti

(1950),

 

Che cosa significa pensare?

(1954),

 

In cammino verso il linguaggio

(1959),

 

Nietzsche

(1961),

 

La tecnica e la svolta

(1962),

 

Segnavia

(1967),

 

I problemi fondamentali della fenomenologia

(1975).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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