ANFITEATRO ROMANO
L’Anfiteatro
romano, accessibile dal viale Sant’Ignazio, è indubbiamente la più bella e colossale
opera della romanità in Sardegna, che meriterebbe non solo da coloro che si apprestano a
visitare Cagliari, una certa attenzione per la sua particolare costruzione realizzata
nella roccia affiorante.
Risalente al II
secolo dopo Cristo è stato ricavato nel declivio naturale (pietra forte), che dal colle
di “Buon Cammino” degrada verso l’attuale Corso Vittorio Emanuele.
In origine questo
sito archeologico possedeva diversi elementi monumentali costruiti in muratura e a valle,
un maestoso frontespizio alto oltre venti metri (approssimativamente simile a quello del
Colosseo), che purtroppo è stato completamente distrutto intorno al XIII secolo.
Attualmente, quel
che ci è pervenuto dell'opera è la sola "porzione" conservatasi perché
intagliata nella roccia; costituita da una serie di gradinate disposte intorno alla
pianeggiante arena centrale.
Sotto le
gradinate, disposte su tre livelli differenti perché
riservate a diverse classi sociali, sono state scavate lunghe gallerie
munite di scalini ricavati nella roccia e vomitori che facilitavano gli spostamenti degli
spettatori.
Nelle pareti
rocciose che delimitano l'arena ovale, sono presenti piccole camere (dotate di anelle) nel
cui interno venivano legati gli animali utili allo svolgimento di particolari spettacoli
la cui natura non è stata propalata con esattezza, mentre la presenza di nicchie ancora
visibili nei modesti ambienti limitrofi ai livelli inferiori, era strettamente legata a
una funzione esclusivamente religiosa, per contenere immagini delle divinità
propiziatorie onorate dai Romani prima delle rappresentazioni.
Al centro
dell'arena è situato un fossato profondo qualche metro, comunicante con un corridoio
sotterraneo (post scaenam), creato per contenere alcuni dispositivi e congegni ausiliari al sollevamento di varie strutture scenografiche
per le antiche rappresentazioni teatrali.
E’ anche
probabile che durante le persecuzioni dell’imperatore Diocleziano, nell’anno
304 d.C., questo luogo divenne un macabro “patibolo” per i tanti martiri condannati
“ad bestias”, che nel corso di tremendi combattimenti con uomini e belve, persero la
vita sotto lo sguardo di un pubblico divertito.
Intorno alla
seconda metà del 1200, l’Anfiteatro subì un duro saccheggio da parte dei Pisani che lo
utilizzarono come comoda cava per la fabbricazione dei blocchi da costruzione impiegati nel vicino Castellum Castri (attuale
quartiere Castello).
Danni abbastanza
seri, leggibili nei gradini e nei suoi sotterranei, sono da attribuire all’intensa
attività di scavo praticata per estrarre il calcare ad opera degli stessi cavatori che
nei primi dell’Ottocento aprirono, anche nei terreni della vallata di Palabanda e nei
pressi dell’Ospedale San Giovanni, numerose cave all’aperto e sotterranee.
Tuttavia, solo
nel 1839, il Consiglio Civico, sensibile verso le antichità e le vestigia della città,
ordina al “Giudice di Mandamento del Castello” di far sospendere tempestivamente l’attività
di scavo del calcare (a carattere estrattivo), sia alle pendici occidentali del colle Buon
Cammino che nelle gradinate dell’Anfiteatro e di ripristinare i pezzi già prelevati dal
sito per dare inizio al restauro.
Grazie all’iniziativa
dello studioso Giovanni Spano, con una serie di scavi archeologici a più riprese, è
stato riportato alla luce nello stesso secolo (intorno al 1866) e restaurato nella prima
metà del Novecento.
Al termine della
seconda guerra mondiale, nei suoi ambienti sotterranei trovarono alloggio numerosi "senzatetto" che cominciarono a
chiamarlo nuovamente "Centu scalas", ovvero "cento scale", per la
presenza di tanti gradini.
Dopo un
approfondito scavo scientifico condotto negli anni Ottanta, è stato recintato e di
recente reso accessibile al pubblico. Da allora, durante la stagione estiva, viene
riutilizzato come suggestivo teatro all’aperto per rappresentazioni e importanti eventi
musicali che suscitano grande interesse, richiamando gente da tutta l’Isola.
Tuttavia, l’evento
più spettacolare che ancor oggi si manifesta in tutto il suo fascino all’interno dell’Anfiteatro,
indubbiamente è quello apprezzabile nel periodo invernale perché diretto dall’acqua
che durante le piogge cade nel declivio naturale per poi scorrere, in modo armonico e
regolare, all’interno di canalette scavate nella roccia, che hanno inizio nella sommità
del teatro all’aperto e terminano in prossimità di un condotto accessibile dall’arena
che tramite questo ingegnoso sistema, non è soggetta ad allagamenti. |