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"Uno scolaro nell'ERBA"

Capitolo 8

Il convegno

Poco più di tre mesi dopo l'assegnazione dell'incarico al Laboratoire pour l'Analyse des Projets Agricoles di Bordeaux per la realizzazione della famosa ricerca sul mais in Bulgaria, e quindi entro i termini stabiliti, giunse la relazione conclusiva.
Considerata l'importanza del tema e timoroso - come disse letteralmente - di
«farsi fregare l'idea» da qualche altro ente con cui l'E.R.B.A. era in un certo senso in competizione, il Presidente giudicò che non vi fosse il tempo sufficiente per discutere e valutare il documento in seno al Consiglio di Gestione. Esaminatolo quindi personalmente, ritenne opportuno far organizzare sin da subito quella giornata di studio che era stata a suo tempo prevista per la pubblicizzazione dei risultati della ricerca in questione. Il Consigliere Ciocchini, che aveva accompagnato i ricercatori francesi in Bulgaria, fornendo loro il suo personale e competente contributo ai lavori, diede a Tagliarami la sua più ampia assicurazione circa il buon livello qualitativo raggiunto dallo studio e suggerì - onde evitare eventuali critiche all'interno dell'ente stesso - di far recapitare una copia della ricerca a ciascuno dei membri del Consiglio di Gestione.
Così fu fatto, e la struttura operativa si mise subito all'opera per organizzare il previsto convegno.

Il cartoncino d'invito per la partecipazione era stato stampato in 5000 esemplari ed inviato ad altrettante persone, fra quelle che più contavano nella società-bene della città, nel mondo della cultura, degli affari e delle istituzioni pubbliche o private. Un breve comunicato a firma del Presidente presentava il tema del convegno, cui faceva seguito l'elenco dei relatori, con il titolo dei relativi interventi. In fondo a tutto ciò non mancava il solito "R.S.V.P." (che, purtroppo, molti ancora confondono con le caratteristiche di invecchiamento del brandy. N.d.a.) e il numero di telefono cui rivolgersi per la conferma della partecipazione. Come capita spesso in questi casi, c'era anche chi - a causa dei soliti disguidi dovuti o attribuiti all'informatica più avanzata - ricevette due o tre inviti e chi, per colpa degli altrettanto soliti disservizi delle poste, si vide recapitare l'invito un mese dopo la conclusione del convegno. Ma, in ogni caso, l'organizzazione aveva completato il suo compito entro i tempi previsti e poteva ritenersi soddisfatta dei primi risultati.
Poco prima dell'inizio dell'incontro tutto era pronto per il tanto atteso evento. La dottoressa Franca Del Ponte, responsabile delle Pubbliche Relazioni; agghindata in un attillato e generoso tailleur color rosso vivo che avrebbe dovuto mettere in risalto tutte le sue grazie, aveva raggiunto di buon'ora la sala in cui si sarebbe svolto il convegno e aveva controllato che tutto fosse rimasto nello stesso ordine in cui l'aveva lasciato - dopo una giornata di frenetico lavoro - la mezzanotte precedente. Sul tavolo dei relatori i fiori erano ancora freschi e i microfoni, le targhette con i nomi, le bottiglie di acqua minerale, i bicchieri, i fogli di carta e le matite per gli appunti, erano tutti al loro posto. In sala, le poltroncine erano ben allineate e le
hostess, reclutate per l'occasione presso un'agenzia specializzata, erano già pronte a ricevere degnamente i graditi ospiti. All'ingresso, un bancone contrassegnato da un cartello con la scritta "Registrazione partecipanti" era colmo di cartelle in finta pelle che contenevano il volume stampato con il testo della ricerca, gli interventi dei relatori, una brochure dell'E.R.B.A., l'immancabile penna a sfera e alcuni fogli bianchi che avrebbero consentito ai partecipanti più irresponsabili di ammazzare l'eventuale noia con scarabocchi e annotazioni personali.
Alle nove cominciarono ad arrivare alla spicciolata i relatori e i primi invitati e, dopo una ventina di minuti, un rapido sguardo d'insieme alla sala poteva far constatare come l'affluenza fosse del tutto apprezzabile. Il convegno aveva dunque tutte le premesse per una buona riuscita e poteva quindi avere inizio.

Al tavolo dei relatori c'erano omai tutti, tranne il Ministro per la Ricerca Scientifica, che aveva preannunziato all'ultimo momento un suo leggero ritardo, dovuto alla posticipata partenza dell'aereo da Amsterdam. Il Presidente Tagliarami era ovviamente seduto al centro, e nell'attesa dell'inizio dei lavori intratteneva amabilmente il professor Kenneth A. Hamilton, docente di biotecnologie agro-industriali all'Università di Lexington nel Kentucky, che sedeva alla sua sinistra, e il dottor Gianni Rossi, assessore regionale all'agricoltura, che occupava la poltroncina alla sua destra. Le altre tre sedie erano riservate ad altrettanto illustri personaggi: un famoso giornalista, un chirurgo di fama e un principe del foro che, con il Ministro in arrivo, avrebbero completato il panel previsto.
Le poltroncine di prima fila erano occupate da altre importanti personalità, fra cui spiccavano: monsignor Andrea Alberti in rappresentanza della Curia, il generale Giandomenico Chiodi comandante in capo delle forze militari, il dottor Andrea Belpasso alto magistrato della Corte di Giustizia, il chiarissimo professor Gennaro Acquachiara rettore dell'Università, e altri ancora. Il collega Ciocchini, ormai convinto co-artefice della ricerca sulle tecniche di coltivazione del mais in Bulgaria, si era accaparrato un posto proprio dietro al dottor Belpasso, col quale stava intrattenendo un'accalorata conversazione. Completavano i posti a sedere il resto degli invitati: in tutto, una cinquantina di persone. In piedi, carichi delle loro attrezzature di lavoro, alcuni operatori televisivi e due fotografi.
Trascorso con abbondanza il tradizionale "quarto d'ora accademico", il dottor Tagliarami assestò un vigoroso colpo di matita sul microfono, facendolo risuonare nella sala come un perentorio avvertimento al silenzio e, quindi, dato un rapido sguardo d'insieme all'uditorio, si alzò per pronunciare il suo intervento di apertura.

«E' per me un grande onore dare avvio ai lavori di questo convegno e porgere il benvenuto agli illustri relatori che oggi ci hanno onorati della loro presenza, e ai partecipanti che così numerosi hanno voluto aderire all'invito per un incontro che vuole essere al tempo stesso un momento di verifica del lavoro sinora svolto dall'ente che mi onoro di presiedere e un'occasione di confronto fra esperienze e culture diversificate a livello mondiale. Non a caso è presente fra noi il professor Hamilton, un carissimo amico che tutti voi conoscete per le sue brillanti intuizioni e per le sue opere scientifiche realizzate nel campo delle biotecnologie applicate e dell'ingegneria genetica molecolare». Così dicendo, si rivolse con un sorriso - ricambiato - all'illustre personaggio in questione.
«Ma quella del professor Hamilton», proseguì, «non è la sola presenza che ci onora. Fra poco ci raggiungerà infatti il Ministro per la Ricerca Scientifica e già sono presenti alla mia destra ....., alla mia sinistra .... e, in sala, vedo con piacere ...», continuò il Presidente salutando e presentando gli ospiti di maggior spicco.
«L'efficientismo che contraddistingue l'attività dell'E.R.B.A. - e che io stesso ho voluto imporre dal momento della mia nomina alla presidenza dell'ente - mi costringe ad entrare nel vivo del convegno, presentando i risultati della ricerca da noi effettuata in Bulgaria. Permettetemi, comunque, anziché soffermarmi sulla specificità del tema, di spendere solo alcune brevi battute sul contesto nazionale e internazionale, anche storico e politico, che ha suggerito l'avvio e la realizzazione di una tale ricerca. D'altro canto, la pubblicazione dei risultati del nostro lavoro é già stata inserita nella cartella che vi è stata consegnata al banco di registrazione e ciascuno di voi potrà, con comodo, rendersi conto dell'importanza dei suoi contenuti...».
A questo punto Tagliarami prese un voluminoso plico di fogli che teneva davanti a sé e cominciò a leggerli. L'esposizione durò circa un'ora, ripercorrendo le più importanti tappe della storia del XX secolo, con divagazioni cultural-politiche e socio-economiche di ogni genere e con l'immancabile condimento di citazioni famose. Nel frattempo l'oratore era bersagliato dai
flash dei fotografi e dallo sguardo continuo delle telecamere che lo riprendevano da tutte le possibili angolazioni. Quindi, raccolto lo scrosciante applauso della sala - non si potrà mai sapere se di ammirazione per i contenuti dell'intervento o se di ringraziamento per la sua conclusione - e scambiata una stretta di mano di reciproco compiacimento con i suoi vicini di sedia, si sedette, lasciando al professor Hamilton il compito di presentare la seconda relazione della giornata.
L'illustre accademico statunitense, ex-marine di quella Quinta Armata alleata che partecipò allo sbarco in Sicilia, forte delle sue vaghe reminiscenze della nostra lingua, generosamente lesse il testo della sua relazione, tradottagli da qualcuno in italiano. Parlò per oltre trenta minuti di quanto sono stati in grado di realizzare gli scienziati e i tecnici americani nel campo della biotecnologia agro-alimentare e dell'ingegneria genetica, non tralasciando di denunciare, già che c'era, l'aggressività e l'accanita concorrenzialità dei Giapponesi e delle organizzazioni di altre nazioni emergenti del Sud Est asiatico che
«...lungi dal collaborare in termini paritetici nello scambio delle rispettive esperienze scientifiche, tendono a sfruttare le esperienze altrui, facendole proprie e non divulgando ad altri le scoperte e le innovazioni realizzate nei propri laboratori di ricerca.»
Nel corso del suo intervento, Hamilton - usando un tipico sciovinismo di stampo anglosassone - non fece alcun cenno all'E.R.B.A., se non per un formale ringraziamento per l'invito a partecipare al convegno, e se ne guardò bene dall'esprimere il benché minimo commento sull'intervento del Presidente e sull'attività dell'Ente. Mentre Hamilton parlava, Tagliarami lo ascoltava palesemente estasiato, senza far trapelare alcuna reazione di fronte all'indifferenza con cui il relatore considerava l'organizzazione che l'ospitava e le sue attività nel campo della ricerca. La relazione di Hamilton, scandita da un ritmo monotono e incolore, aveva distolto l'attenzione di gran parte dell'uditorio e dalla mia posizione nella penultima fila di sedie, defilata rispetto al centro della sala, potevo notare taluni ospiti che avevano approfittato della circostanza per recuperare qualche minuto di sonno arretrato; altri che avevano estratto alcuni documenti dalla loro borsa per leggerli in tutta calma ed altri, infine, che chiaccheravano sommessamente con il vicino.
Nel frattempo, l'efficientissima dottoressa Del Ponte, compenetrata nel suo ruolo di attenta "regista" della seduta, percorreva discretamente i lati della sala, osservando che tutto funzionasse secondo il previsto e che nulla mancasse alla perfetta riuscita della manifestazione.

Terminata, con un battimani dai toni piuttosto modesti, la relazione del professor Hamilton, la parola passò al dottor Gianni Rossi, che colmò immediatamente la lacuna del precedente relatore facendo premettere al suo intervento un lungo e caloroso ringraziamento al Presidente Tagliarami, al Direttore Generale dell'E.R.B.A. e al Consiglio di Gestione tutto, per la realizzazione dell'iniziativa e per aver voluto invitarvi anche un rappresentante dell'ente di governo regionale. Espresse il suo compiacimento per il compimento di una così importante ricerca, di cui, disse: «...ho avuto modo di prendere visione nel corso della sua revisione finale, grazie alla cortesia usatami dal dottor Tagliarami e dai suoi più diretti collaboratori». Quindi, entrato nel vivo del suo intervento, cominciò ad elencare tutte le iniziative prese negli ultimi anni dall'amministrazione regionale per sviluppare il settore agricolo, non trascurando i problemi relativi alla pioppicoltura, né quelli riguardanti l'inseminazione artificiale dei bovini, senza tralasciare di ricordare gli sforzi compiuti dal suo assessorato per racimolare i fondi necessari al recente risarcimento dei danni causati agli agricoltori, cinque anni prima, dalla grandine e dalla peronospora. Alla fine, espresse anche i più sentiti apprezzamenti dell'organo di governo regionale per l'opera meritoria svolta dall'E.R.B.A. e per il prezioso contributo fornito al miglioramento delle produzioni agricole. Il suo intervento - che secondo il programma avrebbe dovuto assorbire circa venti minuti - prese all'incirca tre quarti d'ora e fece risuonare anch'esso un fragoroso e sentito applauso quando giunse alla conclusione.
Il Presidente Tagliarami, a questo punto, prese ancora la parola per ringraziare i due precedenti relatori e per decretare la fine della prima parte dei lavori, che - come si affrettò a precisare - sarebbero stati nuovamente ripresi venti minuti dopo il previsto "coffee-break".
Mentre nella sala risuonava il movimento delle sedie che i presenti spostavano per potersi incamminare verso il tavolo del rinfresco, il Presidente fu circondato da una mezza dozzina di giornalisti che lo subissarono di domande e da due operatori televisivi. Non mi fu possibile assistere da vicino all'intervista e, quindi, non ne intesi i contenuti. Ciò non ostante, mi tranquillizzò il fatto che il dottor Tagliarami non fosse stato lasciato solo: la dottoressa Franca Del Ponte, come sempre vigile ed attenta, lo aveva subito affiancato, incorniciando con i suoi smaglianti sorrisi le immagini che sarebbero state riprese dall'occhio alquanto impietoso delle telecamere.

***

In realtà, il programma originale prevedeva a conclusione della prima serie di interventi un dibattito, che a causa del protrarsi dei discorsi e con il beneplacito dei relatori fortunatamente non ebbe luogo. Tutti quanti si avviarono visibilmente soddisfatti verso la zona in cui era stato allestito il tavolo con le bevande e i pasticcini, chiacchierando del più e del meno o - come nel caso di una decina di invitati - approfittando del momento favorevole per sbrigare attraverso il telefono cellulare qualche pratica urgente ed improrogabile.
Durante l'intervallo l'ingegner Altenberg mi si avvicinò con una tazzina di caffè in mano e con un atteggiamento alquanto distratto.
«Cosa te ne pare di questo convegno?», mi disse, e senza attendere una risposta che, conoscendomi e vedendo la mia espressione, risultava abbastanza evidente, aggiunse: «come avrai potuto notare, oggi sono presenti sul palco e nelle prime file di sedie anche alcuni di quei personaggi che si trovano spesso al di sopra della classica linea di galleggiamento».
Quindi, notata la mia reazione di evidente incomprensione, con quel suo vago accento teutonico, proseguì:
«Capisco il tuo imbarazzo e, per farmi comprendere meglio, ti espongo una mia personale teoria che ho elaborato anche a seguito delle note vicende occorse in questi ultimi tempi e che si ripetono abbastanza regolarmente nel corso della storia.
Avendo osservato con curiosa attenzione i comportamenti individuali non solo degli uomini politici, dei cosiddetti geni della finanza o dei protagonisti più illustri delle varie cronache giornalistiche, ma anche dei rappresentanti delle classi più modeste, sono giunto alla conclusione che il cammino dell'umanità, al di là delle considerazioni socio-economiche più canoniche, può suddividersi in ben definite fasi, più o meno lunghe ma comunque ripetitive, che vedono sulla scena sempre e soltanto quattro categorie di individui, che definisco rispettivamente come "mascalzoni", "opportunisti", "mediocri" e, infine, "paria"».
Il collega, a questo punto, si concesse una breve pausa, osservando la mia reazione di curiosità e, quindi, proseguì:
«Gli esseri umani si possono distinguere anche in altri modi più banali: giovani o vecchi, maschi o femmine - con qualche incertezza per i sessi intermedi - belli o brutti, ricchi o poveri, bianchi o neri o di altri colori, buoni o cattivi, ecc., ma nessuna di queste categorie assume una particolare differenza comportamentale nella nascita, nella crescita e nell'inevitabile declino di un qualsiasi ciclo politico-economico.
Ma, tornando alla mia classificazione, nel primo gruppo - quello dei mascalzoni - sono inclusi tutti coloro che con i loro comportamenti abituali si pongono sistematicamente al di fuori di quelle leggi universali che condannano chi uccide, ruba, o usa violenze di vario genere. Quelli, in sostanza, che hanno dentro di sé l'istinto criminale e che sarebbero giudicati degni del carcere da qualsiasi corte di giustizia che si rispetti. Possono essere poveri o meno poveri, costretti o meno alla delinquenza, ma per loro l'illegalità è un modo di vita e difficilmente la cambiano».

«Fin qui», lo interruppi per un istante, «riesco a seguirti, ma ti raccomando di farla piuttosto breve, perché altrimenti non riusciamo a seguire la seconda parte della riunione».
Ma Altemberg era ormai "partito per la tangente" e proseguì di slancio, incurante della mia raccomandazione:
«La categoria degli opportunisti é invece costituita da tutti coloro che in ogni circostanza sanno abilmente sfruttare il momento più favorevole per restare al di sopra della linea di galleggiamento che separa il "vivere meglio" dal più banale "vivere". Si tratta di quella fascia di individui che più di ogni altra ha la capacità del camaleonte di trasformarsi, a seconda dei casi, in arroganti portaborse, in decisi condottieri o, in caso di temporanea disgrazia, in servitori apparentemente devoti. Pensa a qualche nome che in questi ultimi tempi è apparso con una certa frequenza sulle prime pagine dei giornali e ritroverai i volti e i nomi di molte persone che appartengono a questa categoria. La linea di galleggiamento è, per loro, qualcosa di simile alle malattie infantili: sanno che - da piccoli - possono capitare anche a loro e sono pronti a sopportarle, ma cercano di starne il più possibile alla larga. Per vocazione non sono anche dei mascalzoni, ma lo possono diventare se le circostanze glielo permettono. Così come possono anche scendere temporaneamente nella categoria inferiore, qualora chiaramente caduti in disgrazia.
Al terzo gruppo appartengono invece tutti quelli individui dotati di un quoziente medio-alto, o addirittura elevato, di intelligenza, ma che sono frenati nel loro sviluppo socio-economico e nella corsa al successo da una certa difficoltà nel farsi strada dando spallate a destra e a manca. A loro volta possono, per qualche tempo, occupare gli spazi lasciati incidentalmente liberi dagli opportunisti, ma non hanno la stoffa per modificare il loro stato di perenne mediocrità. Se a uno di loro - ad esempio - si offrisse la possibilità di inserirsi "nel giro" delle tangenti, non ne saprebbe approfittare a fondo, permeato com'è da quel senso di incrollabile onestà che lo costringerebbe a trascorrere le notti in bianco, assillato dal panico della colpa o - più banalmente ancora - dal timore di essere scoperto. Sono, in sostanza, coloro che sognano di notte di vivere eccitanti intermezzi con amanti "irregolari" e che poi si schermiscono, arrossendo, sin nel più profondo, quando una bella ragazza, o - nel caso delle donne - un aitante giovane, li ferma per strada con un sorriso di semplice cortesia, chiedendo loro dove si trova il più vicino ufficio postale. In un certo senso sono come i liberti dell'antica Roma o come i meticci nelle ex-colonie britanniche: ufficialmente liberi e certamente al di sopra della massa dei paria, ma sicuramente in grande difficoltà nel raggiungere più alti livelli di successo.
Sul fondo, vi sono quelli che io definisco "paria": tutti coloro, cioè, che non hanno mai contato nulla e che non conteranno mai nulla, ma che sgobbano dalla mattina alla sera per pagare le rate dell'automobile o le varie imposte e tasse, per non correre il rischio di essere licenziati dal loro datore di lavoro, o per non sentire dire dalla propria moglie: "non vali niente e non sei nemmeno in grado di comperarmi uno straccio di pelliccia, mentre la nostra vicina di casa, che ha un uomo ben più furbo di te". Non è solo una questione di censo, in quanto vi possono essere dei "paria" che sono titolari d'impresa o che insegnano lettere al liceo classico. Si tratta di una vera e propria corte dei miracoli, che si distingue dalla categoria dei mascalzoni per via di una testarda onestà naturale e da quella definizione estremamente ipocrita che fa loro attribuire la qualifica di "brave persone".
Potresti obiettare, a questo punto, che anche in questa categoria si possono trovare coloro che rubano, ammazzano o violentano, ma ti ho già precisato prima che il "delinquere" può anche essere occasionale, e in questo caso - senza comunque voler giustificare nessuno - tutti indistintamente possono esserne coinvolti, per ragioni contingenti. Pensa, ad esempio a chi, preso da raptus improvviso, trafigge la moglie fedifraga e il relativo amante, con trenta coltellate o a chi, di fronte al continuo stillicidio delle imposte, delle sovrattasse "dimentica" di pagarne qualcuna. Ma c'é una bella differenza - anche se per la parte lesa e per la legge non ne esiste alcuna - fra il crimine occasionale e quello che é invece connaturato nell'animo dell'individuo»
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Certamente la teoria di Altenberg era affascinante, seppure alquanto superficiale e discutibile, ma lo volli a questo punto interrompere per chiedergli:
«E tu, in quale fascia credi di poterti collocare?»
«Io», mi rispose prontamente, quasi aspettandosi la domanda, «naturalmente mi ritengo un mediocre, anche perché non potrei auto-abbassarmi al livello dei paria e la teoria da me stesso ipotizzata egoisticamente mi impedisce di ritenermi un opportunista. Ma permettimi di proseguire, chiarendo come le quattro categorie si muovono e interagiscono nelle varie fasi di un ciclo politico-economico».
A questo punto, ottenuto il mio evidente ed incuriosito assenso, continuò:
«All'inizio di una nuova fase, le quattro categorie che ti ho appena illustrato mantengono stabili i rispettivi ruoli: i mascalzoni fanno i mascalzoni, gli opportunisti stanno attenti all'evolversi delle cose, ben posizionati appena sopra la linea di galleggiamento, i mediocri stanno appena al di sotto di tale linea e i paria continuano a lavorare, o a sopravvivere, come sempre e come meglio possono.
Se il "sistema" mostra segni di crescita, le varie pedine cominciano a muoversi, come nel gioco degli scacchi, secondo le mosse loro assegnate. I mascalzoni trovano una certa difficoltà ad agire palesemente allo scoperto, perché non si sa ancora bene come si potranno evolvere le cose, ma - grazie al loro essere mascalzoni - continuano ad uccidere, a rubare, a stuprare, ecc. Gli opportunisti, invece, ne approfittano subito per iniziare la loro scalata al potere. Si appropriano dei posti di comando, si creano le necessarie "coperture", impapocchiano il prossimo con ogni mezzo; in poche parole, si aprono la strada ai grandi destini. Mentre succede tutto ciò, i mediocri rimangono al di sotto della linea di galleggiamento, non sapendo ancora bene se dalle mutazioni in atto ricaveranno benefici o correranno rischi di retrocessione. Nella fase di sviluppo, in sostanza, non trovano una loro diversa collocazione e restano gli stessi mediocri di prima. Quelli che invece subiscono maggiormente sono i paria, i tradizionali "esclusi", che continuando a lavorare come e più di prima, difendendosi come meglio possono dalle mogli, dai mariti e dal fisco, assistendo, senza quasi neppure accorgersene, a un ulteriore declino delle loro condizioni di vita.
Quando poi la fase di sviluppo si consolida, gli opportunisti cominciano a raccogliere a piene mani il frutto delle loro azioni. Molti di loro riescono facilmente a superare la linea di demarcazione che li divideva dai mascalzoni e con questi ultimi si confonderebbero totalmente, se i mascalzoni - a loro volta - non approfittassero della situazione favorevole "in cui ormai tutti rubano, anche le persone più stimate" per uccidere, rapinare o stuprare ancora di più. Ma, ruba tu che rubo anch'io, il sistema presto o tardi entra in una crisi inevitabile.
Si verifica allora un'inversione di tendenza: i mascalzoni restano nella loro ormai consolidata dimensione malavitosa; gli opportunisti cercano di defilarsi, innestando una rapida retromarcia e cercando di nascondersi dentro una provvidenziale cortina fumogena. Questi ultimi chiamano, quindi, a gran voce i mediocri a farsi avanti per rimediare alle gravi disfunzioni del sistema. Permettono loro di candidarsi alla guida di nuovi raggruppamenti politici, offrendo loro la possibilità di occupare qualche poltrona di fila nella gestione della cosa pubblica.
I mediocri accorrono volonterosi alla chiamata, illudendosi così di aver finalmente ottenuto il riconoscimento loro dovuto. Credono, in sostanza, che sia giunto il momento di rialzare la testa, di gridare a gran voce: "l'avevo detto che così non poteva andare avanti".
I paria, invece, rimangono sempre fermi al loro posto: paria sono e paria rimarranno.
Mentre si delineano le regole che governeranno la nuova fase, attorno alla linea di galleggiamento si accavallano e si intersecano, confondendosi talvolta fra loro, gli opportunisti e i mediocri. Taluni opportunisti, palesemente scoperti e denunciati per le loro malefatte passate, si trasformano, per qualche tempo o per sempre, e comunque non senza qualche difficoltà, in mediocri, mentre alcuni di questi ultimi - che finalmente comprendono come e dove tira il vento - si trasformano, a loro volta, in opportunisti, scoprendo così un lato nascosto del loro "io".
Il nuovo corso è così pronto a ripartire, con i mascalzoni e i paria, nonché gli opportunisti e i mediocri più incalliti, tutti ai loro rispettivi posti. I nuovi opportunisti prendono il posto di quelli che sono ormai definitivamente scesi nella categoria dei mediocri e tutto ricomincia da capo, con le quattro categorie allineate in buon ordine sulla nuova linea di partenza»
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***

La complessa teoria del collega, nonostante la chiarezza della sua esposizione, non mi aveva del tutto convinto e dentro di me sentivo che qualcosa non quadrava completamente. Ma non ebbi il tempo di riflettere a fondo e di controbattere in modo appropriato, in quanto una nuova serie di colpi di matita battuti sul microfono di Riccardo G. Tagliarami richiamarono all'ordine l'intero consesso, per il proseguimento dell'importante convegno.
Proprio a questo punto entrò in sala - alquanto trafelato - il tanto atteso Ministro, e il dottor Tagliarami vedendolo arrivare si rischiarò in viso per lo scampato pericolo di una forzata assenza dell'illustre ospite e riprese i lavori della giornata.
«E' un grande onore per me e per l'E.R.B.A. tutta», si affrettò a dichiarare il Presidente, «notare che nonostante i suoi molteplici impegni, sia giunto fra noi l'onorevole Amilcare Pozzi, Ministro della Ricerca Scientifica. Gli porgo quindi il mio più caloroso benvenuto e il mio ringraziamento, mentre lo prego di volerci cortesemente portare l'illuminato pensiero del suo Dicastero, e del Governo tutto, su un tema di grande attualità e di enorme rilevanza politica e sociale quale quello che oggi siamo qui chiamati a dibattere».
Riscossa la sua dose di applausi, il Ministro non si fece attendere oltre, e con un preventivo cenno di compiacimento rivolto a Riccardo G. Tagliarami, iniziò il suo intervento.
«Sono oggi qui fra voi, oltre che nella mia veste di rappresentante di un Governo che vede nella ricerca tecnico-scientifica la strada più idonea da perseguire per consolidare il progresso nel nostro Paese, quale personale amico del Presidente Tagliarami ed ammiratore dei risultati - come vedo coronati da successo - che l'E.R.B.A. ha conseguito in questi ultimi anni e che pone certamente l'Ente all'avanguardia fra i più significativi istituti di ricerca mondiali».
Lo sguardo di grande soddisfazione del Presidente venne a questo punto stroncato sul nascere da un improvviso ed inopportuno squillo di un telefono cellulare che qualcuno nella sala aveva, forse inavvertitamente, tenuto acceso. Riccardo G. Tagliarami rivolse al malcapitato proprietario di quell'esecrabile oggetto un'occhiata di grande riprovazione, mentre il signor Ministro, del tutto indifferente, proseguì il suo intervento, dicendo:
«Il futuro dell'umanità si giocherà tutto, nei prossimi anni, sulla capacità creativa ed innovativa dei governi più lungimiranti nel porre le condizioni per il concreto utilizzo applicativo delle scoperte scientifiche più significative, destinate non più a produrre strumenti di distruzione ambientale, bensì a creare le condizioni per un concreto miglioramento del livello di vita. E' su tale indirizzo programmatico che si è orientata - sin dall'inizio - l'azione della compagine ministeriale della quale mi onoro di far parte. Ed è in quest'ottica che il mio dicastero ha recentemente predisposto un apposito disegno di legge - attualmente al vaglio della Commissione Interministeriale per la Programmazione della Ricerca Scientifica - che fissa nuovi criteri normativi, ed assegna risorse di bilancio per oltre tremila miliardi, per consentire agli enti ed agli istituti di ricerca di proseguire con rinnovata energia nel pur faticoso, ma quanto mai inarrestabile, cammino della scienza. Occorre, a questo punto, che tutte le forze politiche, tutte le strutture pubbliche e private, nonché tutti coloro che hanno a cuore il progresso, dedichino la massima attenzione ed il costante impegno alla realizzazione delle iniziative più meritevoli; impegno che per noi costituisce - da sempre - una fonte inesauribile di soddisfazione e di orgoglio».
Un così attento e puntuale intervento non poteva non essere accolto dal sincero applauso della platea e dalle calorose strette di mano che il Presidente e l'Assessore all'Agricoltura si affrettarono ad elargire al Ministro. Quindi, Riccardo G. Tagliarami riprese in mano il bandolo della matassa e con un ultimo intervento di ringraziamento e di commiato - che per non tediare ulteriormente, evito di riferire - concluse felicemente i lavori del convegno, invitando tutti i presenti ad approfittare di un piccolo buffet, appositamente allestito nella sala adiacente; in quello stesso locale in cui abitualmente si tenevano le riunioni del Consiglio di Gestione dell'Ente.

***

Fra la documentazione distribuita ai partecipanti al convegno c'era anche la sintesi della ricerca, condotta dagli specialisti del L.A.P.A. in Bulgaria e principalmente imperniata sulla rilevazione delle tecniche utilizzate localmente per la coltivazione del mais. Così come suggerito al Presidente dal collega Ciocchini, una copia integrale della ricerca mi era già stata recapitata a casa alcuni giorni prima, ma - per la solita pigrizia che mi contraddistingue e per una obiettiva mancanza di tempo - non l'avevo ancora consultata. L'occasione di poterne cogliere gli aspetti più salienti attraverso la lettura della sintesi predisposta dagli stessi ricercatori che si erano recati in quel Paese della regione danubiana, mi tornava quindi particolarmente comoda.
Mentre me ne ritornavo a casa in autobus, sfogliai quindi il documento che avevo trovato nella cartella del convegno, soffermandomi sui punti più importanti e cercando così di accrescere anche il mio bagaglio culturale.
Facendo largo uso di riferimenti bibliografici, di tabelle, di grafici, di citazioni di autorevoli geografi, cartografi, geologi, analisti socio-politici ed economico-finanziari, gli esperti francesi avevano tracciato un quadro esauriente e preciso della situazione bulgara, senza trascurare la sua posizione geografica, le sue caratteristiche morfologiche, la sua composizione etnica e demografica, la sua storia e i suoi costumi più tradizionali.
Appresi così - fra l'altro - che la superficie totale del Paese copre poco meno di 111 mila chilometri quadrati; che la sua popolazione conta circa 9 milioni di abitanti e che la sua capitale é Sofia. Particolare molto importante e che ora stavo quasi dimenticando: i Bulgari sono prevalentemente di religione ortodossa, tranne una piccola minoranza di Pomachi, che - come specificato nel documento - erano stati islamizzati già nel secolo XVIII. L'agricoltura utilizza circa il 42 % della superficie totale ed è particolarmente estesa nelle vaste e fertili campagne del tavolato cretacico settentrionale, nonché nelle pianure della Marica. Tralasciando le altre importanti notizie circa la politica, il clima, l'arte, la musica e l'artigianato, andai difilato a verificare i dati sulla produzione di mais e venni così a sapere che negli anni 1960/61 le coltivazioni di granturco, particolarmente estese nelle regioni più vicine al Danubio, occupavano oltre 634 mila ettari e fornivano oltre 15 milioni di quintali di prodotto, mentre nel 1991 gli ettari erano scesi a 560 mila e la produzione era salita a 27 milioni di quintali con una resa per ettaro di 48,5 quintali. Beninteso, questi non erano i soli dati rilevabili dalla ricerca; densa com'era di tabelle, diagrammi e relativi autorevoli commenti.
Nel suo complesso, quindi, si trattava di una ricerca effettuata con cognizione di causa e che certamente valeva il costo sopportato dall'E.R.B.A.; anche se - forse - gran parte di quelle notizie potevano facilmente e tranquillamente essere desunte dalla copia più aggiornata del
Calendario-Atlante de Agostini o da altre analoghe pubblicazioni. Comunque, considerato che a seguito delle recenti - e purtroppo frequenti - modifiche introdotte nel nostro ordinamento scolastico, l'insegnamento della geografia economica lascia sempre più a desiderare, un ripasso delle nozioni più elementari non poteva che risultare utile a chiunque.

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