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"Una casa e quattro donne valsesiane"

Premessa

La "Ca' d'la Pipina"

 

"1803 li 8 Aprile La mente del pietro Giuseppe Demarchi di Molia ora Abitante e locale in Camporoso dalli Quari di Campertognio.
Io Maria Domenicha Molie del detto Demarchi Chiamata nel suo testamento tutrice erogatrice proprio nel suo piede ora si trova ed asistente al Sig.r Don Pietro Belli di Mollia ora Capellano della Capelania dalli Quari di Campertognio.
Come avendo chiamato di quel tanto che voleva per il suo incomodo ed il medemo Don Belli Mi rispose che non voleva niente.
Ed io ho fatto la mimoria ..."

Una sera di due anni fa, l'amico Giuseppe Guala, costruttore edile e appassionato apicoltore di Mollia, nel corso di una di quelle simpatiche cene che ci vedono periodicamente riuniti anche per parlare del più e del meno, raccontò di aver ereditato da una lontana parente una vecchia casa esistente nella vicina frazione di Camproso. I beni erano stati suddivisi fra numerosi eredi e uno di questi, nel riordinare le cianfrusaglie sparse dappertutto, stava gettando fra i rifiuti anche un fascio di vecchie carte, apparentemente senza alcun valore venale, ritrovate in fondo a qualche cassetto. La sensibilità dell'amico Giuseppe e il suo amore per tutto ciò che è legato alla tradizione e ai ricordi della sua valle, fecero recuperare in extremis quei documenti, con l'intenzione di esaminarli meglio, non appena possibile.

In realtà non si trattava delle solite carte che si possono ritrovare dopo il decesso di una persona anziana: corrispondenza intercorsa con i parenti lontani, lettere affettuose e ricordi della gioventù, conti della spesa e libretti di risparmi ormai ampiamente svalutati; bensì della testimonianza accurata di una "storia" di quattro generazioni, riportata attraverso atti di compravendita delle varie proprietà, testamenti, liti giudiziarie e divisioni d'eredità. Apparentemente, quindi, una semplice storia di interessi familiari, intrecciatasi con importanti avvenimenti politici e sociali che hanno coinvolto, direttamente o indirettamente, anche la Valsesia, dalla Rivoluzione francese all'Unità d'Italia ed oltre. Ma emergono anche due altri preziosi elementi: un colorito acquarello di costume e la possente presenza di quattro donne valsesiane che con i loro umili e quotidiani sacrifici, il loro amore per la terra e la loro volontà di vivere, hanno impresso un'impronta del tutto particolare alle vicende di quella casa.

La ricostruzione dell'intera storia non è stata, peraltro, facile ed ha richiesto anche un excursus sui principali eventi storico-politici che si sono manifestati, non solo in Piemonte o in Valsesia, ma anche in un più ampio contesto europeo, durante l'arco di tempo considerato. In mancanza di ciò, alcuni importanti particolari sarebbero forse risultati alquanto incomprensibili.

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Per inquadrare meglio l'area geografica in cui si sviluppa la narrazione, è utile riprendere la descrizione fornita da Don Luigi Ravelli nel suo volume Valsesia e Monte Rosa, pubblicato nel 1924 e che ancora oggi costituisce una delle più complete guide esistenti sulla zona:

"La Valsesia origina ai piedi del Monte Rosa tra la Valle dell'Anza e quella del Lys; si snoda tra la Valle Strona e le vallate Biellesi, fiancheggia il Lago d'Orta e sbocca tra Romagnano e Gattinara a 65 chilometri dal suo inizio... L'alta Valsesia poi si divide in tre valli principali: Val Grande, Val Piccola o Sermenza e Val Mastallone: queste poi si suddividono in altre minori... Il fiume principale della Valle è il Sesia ...che nasce all'altezza di 2700 metri da un ghiacciaio desolato, spaventosamente solo con l'infinito, colle cose eterne e colla morte: nasce umilmente ed in alta montagna come le cose semplici, ma nessuno dei fiumi d'Italia nasce in una casa così luminosa, pochi travolgono le loro acque tra rive così ridenti. Appena nato è già un rivolo d'argento che manda un allegro chioccolio lieto come una voce infantile ...".

(Aprile 1993)

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