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7° CONGRESSO

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OPENING LECTURE
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6TH EUROPEAN CONFERENCE OF GESTALT THERAPY

PALERMO (ITALY), OCTOBER 1 - 4, 1998

 

 

OPENING LECTURE

 

GESTALT THERAPY. HERMENEUTICS AND CLINICAL

 

by Margherita Spagnuolo Lobb

President of the European Association for Gestalt Therapy

(Questo testo è pubblicato in "Quaderni di Gestalt", n. 26, 1999. Ogni riproduzione è vietata)

 

Ho il piacere di aprire il 60 Congresso Europeo di Psicoterapia della Gestalt, intitolato "Ermeneutica e clinica".

E' per me un momento di particolare emozione, il punto di arrivo di due anni di lavoro in cui, come Presidente della European Association for Gestalt Therapy, ho cercato di riunire la comunità europea di terapeuti della Gestalt, nell'intento di condividere gli sviluppi e le problematiche della terapia della Gestalt, a livello politico e teorico, anche con colleghi fuori dall'Europa. Il risultato è stato quello che vedete: un incontro non solo di colleghi europei, ma anche di colleghi da tutto il mondo, venuti qui pagando di persona, per il puro piacere di conoscerci e di farsi conoscere, di scambiare il lavoro teorico, di ricerca e applicativo che ognuno porta avanti nel proprio contesto. Mi sembra pertanto che questo momento abbia qualcosa di magico, e di poetico insieme.

Siamo tutti fratelli, per il solo fatto che ci identifichiamo con un nome; cerchiamo dunque di usare le nostre differenze per crescere, riconoscendo e rispettando la passione che condividiamo per vari aspetti del nostro approccio; cerchiamo di confrontarci con le nostre radici, con il testo teorico che ha segnato la nascita del nostro approccio, e facciamolo rispettando la prospettiva dei Fondatori (la loro epistemologia) e le nostre esigenze di oggi, le domande cliniche dei terapeuti della Gestalt del 2000, ossia facciamolo con una metodologia ermeneutica.

La radicalit` del nesso tra ermeneutica e pratica clinica fa parte del patrimonio originario della terapia della Gestalt. Ll infatti l'approccio teorico h cosl forte, e nello stesso tempo cosl flessibile da dovere essere continuamente riplasmato dalla pratica clinica, che - a sua volta - avviene sempre all'interno di una teoria ermeneutica di riferimento. L'obiettivo di questo Congresso h di portare alla luce questo indissolubile legame, in opposizione a qualsiasi distorsione o diluizione dei principi fondamentali.

L'ermeneutica h un ramo della filosofia che mira ad una comprensione del mondo che non sia ingenuamente legata alle cosiddette scienze oggettive. Hans Gadamer, il fondatore della moderna ermeneutica, afferma che h possibile conoscere un testo (cosl come una persona, o un paziente, o un-altro) soltanto all'interno della nostra relazione con esso (o lei/lui), non escludendo la storia della relazione, ni il contesto in cui h nata, ni la nostra percezione di esso (lui/lei).

Ma che cosa significa considerare il legame tra l'ermeneutica e la clinica per un terapeuta della Gestalt? Vuol dire proprio cir che Paul Goodman sottolineava: non possiamo conoscere la "realt`" in si, ma soltanto quella parte di realt` che sperimentiamo nel qui e ora - usando le parole dei Fondatori, l'esperienza di contatto e ritiro dal contatto di un organismo animale umano con il proprio ambiente. Il significato momentaneo di questa parte di realt` h dato dalla fusione di orizzonti delle persone coinvolte (percezioni, che sono il risultato di apprendimenti precedenti, derivanti da contatti passati, desideri attuali, bisogni fisiologici, ecc.). L'abilit` di stare nell'equilibrio mai definito del momento e di lasciarsi andare all'incertezza di una verit` momentanea della relazione h la qualit` tipica del terapeuta della Gestalt.

Permettete che citi l'articolo del mio amico Antonio Sichera circa il confronto tra Paul Goodman e Hans Gadamer:

Goodman scrive in uno stile che h diretto ma anche di una insuperabile difficolt`. Sembra quasi che tracci idealmente dei cerchi concentrici attorno al lettore, che h costretto, volente o nolente, ad accettare la logica ermeneutica della circolarit`. Cir vuol dire che il lettore h posto davanti "ad un compito impossibile: per comprendere il libro deve avere la mentalit` gestaltica, per acquisire la quale egli deve comprendere il libro" (P-H-G, `(, XXIV). Ci sono tanti modi possibili di arrivarci .. in realt` a volte sembra che la contraddizione sia deliberatamente voluta dal profondo del libro. Stando cosl le cose, non possiamo che adeguarci.

Possiamo pensare che ci sia una disciplina tra le scienze che non possiede le caratteristiche dell'oggettivit`, trasmissibilit` e controllo dei risultati ottenuti?(P-H-G, `(, 257). La terapia della Gestalt contesta questa impostazione del problema, primo perchi deriva dal prestigio che la parola scienza ha assunto nella nostra societ`, al punto che tutto cir che non h scienza h considerato dogmaticamente di fatto non credibile; e secondo perchi al di l` delle domande si nasconde in realt` una visione unilaterale di cir che h "scienza".

Il metodo scientifico h nato nel contesto dell'investigazione sul mondo inanimato, ma pur cir che h animato essere trattato nello stesso modo? O c'h un altro modo di fare "scienza", un modo unico, irripetibile? In termini ermeneutici diremmo che il ruolo della vita e della storia - il Lebenswelt di Husserl - non pur essere gestito dalla conoscenza sistematica, ma piuttosto agisce come suo presupposto inevitabile.

E' questa la fondamentale domanda che dobbiamo cercare di risolvere oggi: come possiamo orientarci nei problemi quotidiani della nostra pratica clinica (per esempio, come trattare le sindromi borderline, i caratteri narcisisti, le psicosi, i disturbi alimentari, le dipendenze, le crisi della coppia e della famiglia, i problemi delle organizzazioni, ecc.) con gli strumenti che ci hanno lasciato i nostri fondatori? Come possiamo osservare e nello stesso tempo vivere l'esperienza del contatto (o della sua mancanza) e del ritiro da esso nella persona o nel gruppo con cui ci confrontiamo come terapeuti?

La tentazione di rivolgerci altrove, usando principi epistemologici diversi (e piy chiari!) di quelli stabiliti dai Fondatori h grande. E' molto difficile e stressante dovere essere continuamente creativi, dovere creare da capo, per ogni evento, un significato relazionale diverso, e "usarlo" per ripristinare un spontaneit` di contatto interrotta.

Cosl molti colleghi si sono allontanati dalla tradizione del nostro approccio e hanno affiancato cir che per loro restava della terapia della Gestalt (alla fine, solo le tecniche) ad altri approcci che offrivano categorie di osservazione piy schematiche (e quindi piy sicure), perdendo cosl cir che di piy specifico e intimo c'h nel nostro approccio.

Oggi dobbiamo combattere strenuamente tutte quelle forme di suppposta "revisione" della tdg che non tengano conto della tradizione. La terapia della Gestalt ha un meraviglioso terreno di inizio, il testo fondante che, se non lascia dubbi sui principi epistemologici che hanno reso necessario fondare un nuovo approccio psicoterapico, lascia invece volutamente aperte (nel senso che non le definisce) tutte le necessarie applicazioni cliniche, dalla teoria della psicopatologia, agli strumenti diagnostici alla teoria evolutiva cosl strettamente legata alle precedenti. Quel testo infatti h nato come generatore di idee, non come strutturazione definitiva di un approccio. Anzi, strutturare definitivamente qualcosa h assolutamente contrario allo spirito di Gestalt Therapy. Cir che affascina chi si accosta alla terapia della gestalt e chi decide di restarvi h proprio questo spirito libero, questa accettazione di tutto cir che accade, lo sviluppo delle potenzialit` inespresse e la messa al bando di tutte quelle schematizzazioni chiuse che in effetti pre-definiscono la realt`.

Ma questo fascino implica una sfida, di cui non sempre coloro che lo subiscono sono consapevoli: la sfida di trovare significati sempre nuovi, legati al qui e ora, quindi di sottoporsi ad un continuo sforzo creativo che porta a "verit`" solo momentanee, bellissimi momenti relazionali che non sono mai fini a se stessi, che portano inevitabilmente a qualcos'altro, che il terapeuta deve prontamente "comprendere". In una larga parte dello sviluppo della terapia della Gestalt dagli Anni Cinquanta in poi, invece, questa considerazione del fluire processuale dell'esperienza h stata intesa come inutilit` della significazione, come codificato permesso di fare a meno della diagnosi, per esempio, o di un modello teorico evolutivo, che siano coerenti con i presupposti ermeneutici.

Reggere questa sfida non h facile, lavorare per costruire un modello evolutivo, per esempio, che tenga conto del qui e ora della relazione che il bambino e l'adulto vivono di momento in momento, h compito arduo. E' certamente piy facile dire che la terapia della Gestalt non ha questi strumenti e che quindi h meglio integrarla con qualcos'altro.

Cir che era stato lasciato volutamente aperto nel testo fondante, proprio per coerenza ad uno stile letterario che scoraggia l'introiettare a favore di una masticazione attiva (ruminazio) di contenuti intrinsecamente sconvolgenti, h stato scambiato per vere e proprie lacune teoriche, epistemologiche, e cosl molti hanno pensato di fare cosa gradita alla terapia della Gestalt aggiungendo nuovi principi, affermando che essa non pur rispondere alle esigenze cliniche suddette e finendo per creare altri modelli, piy banali o interessanti della terapia della Gestalt stessa non importa, ma comunque qualcosa di diverso, continuando tuttavia a chiamarlo psicoterapia della Gestalt.

Sappiamo di capiscuola che affermano di avere trovato la soluzione a quegli aspetti non definiti della terapia della Gestalt, quali la teoria della psicopatologia, creando modelli chiari ma che niente hanno a che vedere con l'ermeneutica della terapia della Gestalt.

Concetti quali la "trait`" buberiana, la relazionalit`, l'inafferrabilit` del qui e ora della relazione devono essere mantenuti in qualsiasi sviluppo successivo a Gestalt Therapy, altrimenti perdiamo il valore intrinseco e piy peculiare del nostro approccio. "Dal nostro punto di vista, l'unica mappa utile e non illusoria resta il concetto di contatto, il Grundkonzept della psicoterapia della Gestalt. (...) Ma che cos'h "contatto"? Per Goodman si tratta anzitutto di un evento di confine, un accadere che non pur essere descritto ni come pura funzione di un "soggetto psichico" solipsisticamente considerato, ni come risultato di una serie di condizionamenti e di fattori esterni al soggetto stesso: parlare di contatto significa far riferimento ad uno spazio - lo spazio della relazione appunto - in cui non valgono le leggi newtoniane dell'azione a distanza, ma dove le forze in gioco "tendono" il campo in una vibrazione inesausta, che per un attimo almeno si configura come armonia ed equilibrio. In termini filosofici potremmo dire che h dalla Zwischenheit, la "trait`" buberiana, che bisogna partire per incamminarsi verso una comprensione non banale del contatto.

Insistendo sul confine, sulla inafferrabile essenzialit` del "tra", esso quindi dice "relazione" in una maniera che include e supera insieme gli sforzi teorici di Sullivan, della Horney, di Fromm e dello stesso Lewin, mentre si pone al di l` di ogni enfasi umanistica sull'autoregolazione dell'organismo. Goodman sostiene infatti che ad autoregolarsi h sempre la relazione (e non l'organismo). Ovvero: non abbiamo bisogno di riferirci ad un'istanza interna (come il super Io) o esterna (come la societ`) per risolvere la supposta inconciliabilit` di rapporto tra individuo e corpo sociale; l'analisi dei processi di contatto permette di delineare una grammatica della relazione che diventa orizzonte di comprensione dell'esistenza, delle sue patologie e della sua cura, in una costante dialettica tra dimensione del singolo e della societ`. Nei termini heideggeriani, nel soggiornare c'h sempre, nel contempo, il "presso cui", il "con chi" e l'"in che modo" della relazione.

Questo h il senso piy riposto del contatto, come teoria che tenta di rimandare l'immagine del vivente dinamismo dell'esistere, segnato dal ritmo dell'incontro e della pausa. Con grande intuito ed esperienza clinica, Perls e Goodman descrivono le varie possibilit` di fallimento del contatto che accadono quando si nega l'irriducibile diversit` dell'altro. Non c'h contatto nutriente e genuino senza distruzione "dentale" delle false somiglianze e dei consensi inautentici, ma anche senza ritiro da una fusione e da un abbandono di si ormai consumati. (Studies in Gestalt Therapy, No. 6/7, Editorial)

 

Dire che la terapia della Gestalt h bella e interessante, ma mancante di alcuni principi, vuol dire non averla capita, affossandola nella banalit` dell'ignoranza e di un desiderio narcisistico. Ho sentito alcuni colleghi affermare di avere provveduto ad aggiungere quei principi mancanti nella terapia della Gestalt e di avere cosl costituito un modello integrato, piy completo naturalmente della teoria originaria. Tollerare questi atteggiamenti - o assumerli - non pur fare altro che condurre alla distruzione del nostro approccio, alla nostra morte. La terapia della Gestalt ha in si tutti i principi epistemologici necessari per evolversi coerentemente con la propria tradizione. E se questi principi che gi` costituiscono un sistema teorico e metodologico armonico non vengono capiti, non si sostituisca l'ignoranza con un falso atteggiamento paternalistico verso la terapia della Gestalt: è un po' piccolina e carente, troviamo il modo di farla sviluppare.

Il nostro problema h la comprensione dei principi epistemologici che hanno motivato la nascita di un nuovo approccio psicoterapeutico, negli Anni Cinquanta, tra un gruppo di colti intellettuali che avevano concepito un'intuizione su un nuovo modo di vedere la natura umana. Il nostro è un problema ermeneutico: interrogare il testo lasciatoci dai Fondatori con le domande che appartengono al nostro orizzonte culturale e clinico, lasciandoci modificare dal testo stesso, quindi non snobbando la tradizione.

Mettiamo che un paziente ci dica: "Ho un problema sessuale: non mi sento coinvolto emozionalmente quando faccio l'amore con la donna che amo"; mentre un altro ci dice: "Tutto è cominciato da quel film che ho visto al cinema. Stavo benissimo prima. Quella scena in cui uno sparava al cuore di un altro e il sangue fluiva: ho sentito quello sparo nel mio cuore. Da allora mi muovo, lavoro, credo di vivere, ma non sento più il mio cuore." Possiamo leggere queste affermazioni con le categorie che gi` il testo base, Gestalt Therapy, ci fornisce. Possiamo leggere cioi il primo esempio in termini di disturbo della funzione personalità e il secondo come un disturbo della funzione id; in entrambi i casi ci chiediamo qual h la funzione io perduta. Inoltre, ci chiediamo come questo paziente imposta nel tempo del nostro incontro il suo contatto con me e come interrompe la sua intenzionalit` di contatto.

Uscire da questi parametri ci porter` a vanificare il nostro approccio in favore di qualcos'altro. La nostra comprensione ermeneutica influenza in modo inequivocabile la clinica. Lo scopo di questo Congresso h di fare un'esperienza sui principi di base del nostro approccio e su come restarvi fedeli senza rinunciare alla creativit` necessaria ad ogni sviluppo.

Queste note di apertura sono sicuramente critiche, ma non provocatorie, perchi so a chi sto parlando. So che tutti voi qui presenti, per il semplice fatto che avete scelto di partecipare ad un congresso dal titolo "Hermeneutica e Clinica", siete disposti ad interrogarvi sui temi a cui ho accennato. Nei miei 23 anni di pratica e di insegnamento della terapia della Gestalt ho conosciuto molti colleghi: ho conosciuto persone serie, con cui ho avuto e ho utili scambi scientifici, ho conosciuto persone che guardano acriticamente il famoso gestaltista di turno e ho conosciuto persone che - purtroppo - pensano di migliorare la terapia della Gestalt creando qualcos'altro e continuando a chiamarla con lo stesso nome. Credo che queste persone siano le piy nocive per la nostra sopravvivenza.

Come presidente della EAGT chiedo a tutti i colleghi qui presenti - Europei e non - di opporsi formalmente, sia come terapeuti individuali che credono in quello che fanno, che come rappresentanti di istituti di formazione, di riviste scientifiche, di associazioni nazionali, internazionali o per lo sviluppo della terapia della Gestalt, a tutte quelle forme ibride di "gestalt" che purtroppo in alcune nazioni, come in Austria, sono entrate nella legislazione nazionale. Come possiamo sentirci davanti alla brochure del Congresso Mondiale delle Psicoterapie (organizzato in Austria) che annovera due approcci gestaltici, di cui neanche uno si chiama terapia della Gestalt? O davanti alla crisi attraversata dai nostri colleghi tedeschi che si sono visti negare il riconoscimento della terapia della Gestalt da parte dello stato e del sistema sanitario nazionale? Capite il rischio che questi eventi rappresentano per la comunit` gestaltica europea e mondiale? Significa avallare una deficienza epistemologica ed ermeneutica del nostro approccio e quindi dichiararci morti.

Mi auguro che questo Congresso porti anche, oltre che ad un approfondimento delle nostre conoscenze teoriche e cliniche, all'impegno concreto sociale e politico ad intervenire in queste situazioni ufficiali.

So bene che la comunità oggi qui riunita non è per niente morta. Posso testimoniare che in questi due anni di preparazione del Congresso ho conosciuto sempre persone vive e interessate ad approfondire seriamente l'approccio della Terapia della Gestalt. Che questo Congresso possa darci la forza che deriva dallo sfondo, dal senso di essere gruppo, per fare sentire la nostra voce seriamente, anche fuori da qui. Perché questo senso di essere gruppo ci dia il coraggio (tanto caro a Laura Perls) di parlare anche nei contesti ufficiali, scalzando la sedia da sotto il sedere di chi ha il mero interesse di far valere se stesso, approfittando di spazi lasciati troppo vuoti.

In questi due anni ho avuto il grande piacere di essere un contenitore di tutte quelle realtà che si sono rivolte a me per dare il loro contributo a questo Congresso. Mi sono sentita, nell'organizzarlo, come un cuoco che ha a disposizione tanti ottimi ingredienti per preparare pietanze squisite. A voi è arrivato il menù: spero che vi piaccia, o che per lo meno abbiate la possibilità di dire ciò che non vi piace. Vorrei dirvi qualcosa sugli ingredienti, sui colleghi qui presenti che hanno accettato di dare il loro contributo in questo evento, perché il senso di chi siamo può aiutare a contestualizzare l'esperienza e a sentirci un gruppo. E' molto difficile nominare tutti e, se nomino qualcuno, rischio di lasciare da parte altri. Così partirei da un'occhiata al pannello sul mondo che il nostro grafico ha preparato per noi e chiederei alle nazioni presenti di alzarsi in piedi.

Il mio grazie a tutti.

Vi auguro buon divertimento e un'esperienza significativa.

  ( Opening lecture,Margherita Spagnuolo Lobb )

 

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