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INCIDENTE NUCLEARE IN GIAPPONE

Fuga radioattiva da una centrale vicino a Tokyo

 300 mila persone a rischio

L’emergenza fermata solo dopo 24 ore

di Annalisa Rago, Giulio Feola

Dopo 50 anni, dopo Hiroshima e Nagasaki, torna l’incubo nucleare in Giappone. Alla fine di settembre una notizia allarmante è stata su tutti i quotidiani e telegiornali: nella centrale nucleare di Toakaimura, distante 150 chilometri da Tokio, per un errore umano un grosso quantitativo di uranio è fuoriuscito, provocando una reazione che si autoalimenta e portando la radioattività della zona a livelli ventimila volte superiori alla normalità. Le prime vittime dell’incidente sono stati i tre lavoratori che versavano uranio esaurito nel recipiente per arricchirlo risvegliandone le qualità radioattive. L’uranio arricchito è fuoriuscito e si è sparso al suolo cominciando a ribollire e sprigionando bluastri fuochi fatui. L’uranio liquido infatti innesca un processo di fissione a catena, liberando radiazioni. Subito è scattato l’allarme, mentre attorno alla centrale il livello di radioattività cresceva progressivamente. Nel frattempo i tecnici e altre 21 persone sono stati ricoverati all’Istituto di Scienze Radiologiche. Oltre 200 persone che abitavano in un raggio di 3 chilometri sono state fatte evacuare. Ai 300 mila abitanti nel raggio di 10 chilometri è stato ordinato di chiudersi in casa, tappando porte e finestre con stracci bagnati. Immediatamente sono partiti i gruppi di intervento di USA e Russia. Solo all’alba, dopo quasi 24 ore, la reazione nucleare è stata fermata e le radiazioni sono scese. I tre tecnici, in terapia intensiva, hanno già tutti i sintomi da radioattività, che li stanno portando alla morte. Secondo gli esperti dell’Istituto due di essi sono stati esposti in pochi attimi ad un livello di radiazioni pari a quello provocato da una bomba atomica, cioè 8 millisievert (*). Intorno alla centrale verso sera c’era un livello di radioattività pari a 3-4 millisievert. Questo vuol dire che circa la metà delle persone esposte potrebbe morire nel giro di 30 giorni.

La reazione dei giapponesi è stata come sempre controllata. L’incubo atomico è una dei tanti mostri in agguato nella loro coscienza, come la paura del grande terremoto che essi aspettano da 70 anni o come la paura scatenata in occasione dell’attentato con il gas nervino nella metropolitana di Tokio, provocato da un attentato di un fanatico gruppo terroristico e che provocò la morte di 12 persone.

A queste paure i giapponesi reagiscono da sempre con grande disciplina collettiva e massima fede nelle loro istituzioni. Per anni il governo, le grandi multinazionali ed i mass- media avevano assicurato che non potevano esserci rischi con le centrali atomiche, avevano spiegato che il grande Giappone, lanciato verso la supremazia mondiale aveva bisogno dell’energia elettrica prodotta dall’atomo per evitare la dipendenza energetica e le preoccupazioni ambientali sono passate in secondo piano. In due decenni le centrali atomiche giapponesi hanno coperto un terzo (il 29,5%) del fabbisogno energetico nazionale. Per ridurre di più la dipendenza dall’estero si decise anche di puntare sui cosiddetti “reattori veloci”, in cui si usa il più pericoloso degli elementi radioattivi, il plutonio. In questi tipi di reattori, la reazione nucleare crea più plutonio di quanto ne distrugga e si ha quindi sempre materia prima in eccesso da poter riutilizzare. In realtà il vantaggio di avere sempre materia prima a disposizione, rinnovabile, non compensa gli altissimi rischi.

Infatti in Giappone ci sono stati almeno otto incidenti potenzialmente gravissimi negli ultimi quattro anni, dal 1995, che hanno rallentato i programmi ed allarmato i cittadini. Il governo fu sorpreso nel 1997 a falsificare prove e documenti ed a nascondere testimonianze per coprire un’altra possibile catastrofe, sempre a Tokaimura. Neppure ora sappiamo con esattezza che cosa sia accaduto nell’impianto, quanta radioattività sia stata espulsa e se la reazione fissile è durata più di quello che è stato detto.

Questo incidente potrebbe portare ad un ripensamento nell’opinione pubblica giapponese riguardo all’uso del nucleare e la loro fiducia nelle istituzioni potrebbe ora in qualche modo vacillare di fronte al rischio di una catastrofe ambientale.

(*) Il sievert è un unità di misura per esprimere il rischio radioattivo; 1 S= 1 J/Kg cioè 1 Joule per Kg. 

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