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C’era una volta il Mare d’Aral

Oggi un deserto di veleni e un’isola degli orrori

di Daniela Alfieri e Adriano Gissi

Qui veniva in vacanza il primo ministro con la sua famiglia a riposarsi. E ci veniva la nomenklatura russa. Questo mare lo chiamavano «Azzurro-Azzurro», perché le acque erano limpide come cristallo; da una barca si poteva distinguere un oggetto di metallo a 50 m di profondità.

Oggi, invece, gran parte del Mare d’Aral è un deserto pieno di polvere. Dall’alto di una scarpata, che un tempo era la passeggiata a mare, si vedono solo dune biancastre fatte di sabbia e una quantità di pesticidi che supera ogni livello di misurazione.

Una tragedia che dura da tempo, quella di questo mare dell’Asia centrale, a cui è stata rubata quasi tutta l’acqua dei grandi fiumi che lo alimentavano, per convogliarla ad irrigare sterminate coltivazioni, da quando (anni ’50) l’Unione Sovietica decise di trasformare i territori dell’Asia centrale in un’immensa piantagione di cotone. Dove sono state sparse grandi quantità di diserbanti e pesticidi che, alla fine, sono rientrati nei fiumi riempiendo di veleni l’Aral.

Come se tutto ciò non bastasse, in mezzo a questo mare di veleni, si trova un' isola degli orrori. Edifici in abbandono, interni di laboratori semi distrutti, scatoloni di siringhe, bottiglie di farmaci, mucchi di maschere antigas, gabbie per animali da esperimento, bunker spalancati, recinzioni metalliche.

Lo si scopre ufficialmente solo ora, grazie al primo documento filmato sul grande laboratorio segreto d'armi batteriologiche che i sovietici crearono sull'isola di Vozrozdenie ("Rinascita" in russo), in mezzo al Mare d'Aral, che stende le sue acque avvelenate proprio sul confine tra l'Uzbekistan e il Kazakistan.

Secondo fonti americane, in questo laboratorio segreto, abbandonato tra il 1991 e il 1992, oltre ad essere state prodotte e sperimentate per decenni armi batteriologiche (peste, vaiolo siberiano, tularemia, brucellosi, morva, febbre Q, e altri batteri resistenti agli antibiotici) vi sarebbero state sepolte cento tonnellate di Bacillus antracis, un batterio che provoca l'antrace, una terribile malattia infettiva dei ruminanti, che può essere trasmessa all'uomo per contatto diretto o per inalazione di spore presenti su materiali contaminati. E gli scienziati USA invitati a collaborare dalle autorità uzbeche, dicono che le spore di quel terribile bacillo sono ancora attive. Notizie inquietanti che le autorità di Taskent smentiscono decisamente, anche se ammettono l'intervento degli esperti americani e la firma di un accordo di collaborazione per diversi milioni di dollari firmato la primavera scorsa.

Gli USA, che spiavano l'isola con i satelliti già negli anni ‘60, sarebbero venuti al corrente del problema dell'antracis nel 1992 (dopo la defezione dello scienziato uzbeko Kanatjan Alibekob che diresse un impianto per la produzione di Bacillus antracis a Stepnogorsk, in Kazakistan). E mentre Gorbaciov stringeva rapporti politico-economici con l'Occidente, l'Unione Sovietica, contrariamente ai trattati stipulati, stava continuando a produrre armi batteriologiche.

Tonnellate di batteri la cui pericolosità sta ora diventando - se possibile - ancora più minacciosa. Da alcuni decenni, infatti, il livello del Mare di Aral si sta abbassando a causa dei massicci prelievi d'acqua operati sui suoi immissari per irrigare le coltivazioni di cotone. Questo fenomeno, che cominciò a manifestarsi all'inizio degli anni ‘60, ha ridotto drasticamente la superficie del mare e ora tra la vecchia linea di costa e l'acqua c'è un anello di deserto (largo fino a 150 km) coperto di sale e pesticidi che scolano dalle piantagioni di cotone; una micidiale miscela di veleni che il vento solleva e disperde su un'area vastissima. Risultato, un impressionante incremento di tumori, anemie gravi, mortalità infantile, nascite deformi (nel latte delle donne sono normalmente presenti pesticidi) e altre malattie che stanno decimando la popolazione della regione.

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