Qui
veniva in vacanza il primo ministro con la
sua famiglia a riposarsi. E ci veniva la
nomenklatura russa. Questo mare lo
chiamavano «Azzurro-Azzurro», perché le
acque erano limpide come cristallo; da una
barca si poteva distinguere un oggetto di
metallo a 50 m di profondità.
Oggi,
invece, gran parte del Mare d’Aral è un
deserto pieno di polvere. Dall’alto di una
scarpata, che un tempo era la passeggiata a
mare, si vedono solo dune biancastre fatte
di sabbia e una quantità di pesticidi che
supera ogni livello di misurazione.
Una
tragedia che dura da tempo, quella di questo
mare dell’Asia centrale, a cui è stata
rubata quasi tutta l’acqua dei grandi
fiumi che lo alimentavano, per convogliarla
ad irrigare sterminate coltivazioni, da
quando (anni ’50) l’Unione Sovietica
decise di trasformare i territori dell’Asia
centrale in un’immensa piantagione di
cotone. Dove sono state sparse grandi
quantità di diserbanti e pesticidi che,
alla fine, sono rientrati nei fiumi
riempiendo di veleni l’Aral.
Come
se tutto ciò non bastasse, in mezzo a
questo mare di veleni, si trova un' isola
degli orrori. Edifici in abbandono, interni
di laboratori semi distrutti, scatoloni di
siringhe, bottiglie di farmaci, mucchi di
maschere antigas, gabbie per animali da
esperimento, bunker spalancati, recinzioni
metalliche.
Lo
si scopre ufficialmente solo ora, grazie al
primo documento filmato sul grande
laboratorio segreto d'armi batteriologiche
che i sovietici crearono sull'isola di
Vozrozdenie ("Rinascita" in
russo), in mezzo al Mare d'Aral, che stende
le sue acque avvelenate proprio sul confine
tra l'Uzbekistan e il Kazakistan.
Secondo
fonti americane, in questo laboratorio
segreto, abbandonato tra il 1991 e il 1992,
oltre ad essere state prodotte e
sperimentate per decenni armi
batteriologiche (peste, vaiolo siberiano,
tularemia, brucellosi, morva, febbre Q, e
altri batteri resistenti agli antibiotici)
vi sarebbero state sepolte cento tonnellate
di Bacillus antracis, un batterio che
provoca l'antrace, una terribile
malattia infettiva dei ruminanti, che può
essere trasmessa all'uomo per contatto
diretto o per inalazione di spore presenti
su materiali contaminati. E gli scienziati
USA invitati a collaborare dalle autorità
uzbeche, dicono che le spore di quel
terribile bacillo sono ancora attive.
Notizie inquietanti che le autorità di
Taskent smentiscono decisamente, anche se
ammettono l'intervento degli esperti
americani e la firma di un accordo di
collaborazione per diversi milioni di
dollari firmato la primavera scorsa.
Gli
USA, che spiavano l'isola con i satelliti
già negli anni ‘60, sarebbero venuti al
corrente del problema dell'antracis
nel 1992 (dopo la defezione dello scienziato
uzbeko Kanatjan Alibekob che diresse un
impianto per la produzione di Bacillus
antracis a Stepnogorsk, in Kazakistan).
E mentre Gorbaciov stringeva rapporti
politico-economici con l'Occidente, l'Unione
Sovietica, contrariamente ai trattati
stipulati, stava continuando a produrre armi
batteriologiche.
Tonnellate
di batteri la cui pericolosità sta ora
diventando - se possibile - ancora più
minacciosa. Da alcuni decenni, infatti, il
livello del Mare di Aral si sta abbassando a
causa dei massicci prelievi d'acqua operati
sui suoi immissari per irrigare le
coltivazioni di cotone. Questo fenomeno, che
cominciò a manifestarsi all'inizio degli
anni ‘60, ha ridotto drasticamente la
superficie del mare e ora tra la vecchia
linea di costa e l'acqua c'è un anello di
deserto (largo fino a 150 km) coperto di
sale e pesticidi che scolano dalle
piantagioni di cotone; una micidiale miscela
di veleni che il vento solleva e disperde su
un'area vastissima. Risultato, un
impressionante incremento di tumori, anemie
gravi, mortalità infantile, nascite deformi
(nel latte delle donne sono normalmente
presenti pesticidi) e altre malattie che
stanno decimando la popolazione della
regione. |