La Cimice                                                      Animali e Ambiente                                                                        W il 2000

LA MAREA NERA

di Matteo Maino

Per l’ennesima volta nel mondo si è verificato un grave danno ambientale, causato da una petroliera spezzatasi in due vicino alle coste della Francia, intorno a Natale. I danni sono gravissimi per l’ambiente, si conta che più di diciottomila uccelli siano già morti e alcune specie rischiano l’estinzione, come il Cormorano (una delle vittime più fotografate), il Gabbiano, la Folaga, la Spatola e lo Zafferanno.

La costa selvaggia che si estende lungo il promontorio a nord di St. Nazaire alle foci della Loira è, anzi era, uno degli ambienti naturali più ricchi e importanti dell’intera Europa. Sulle rocce e tra le insenature trova rifugio una grande quantità di uccelli e in certi periodi dell’anno vi arrivano anche delle foche e non solo. All’interno si estendono grandi paludi che formano il parco di Brière e la salina di Guerande, da dove proviene il sale integrale che in Francia è una specialità.

La nave Erika ha lasciato nel mare chiazze di greggio lunghe chilometri e chilometri. Adesso mare, costa e fauna sono in balia della marea nera. E solo i volontari (e nessuna forza istituzionale) si sono prodigati per cercare di limitare i danni.

Per ogni uccello recuperato si calcola che altri dieci siano affogati in mare. Gli uccelli che sono stati salvati sono stati portati in un centro specializzato, a Nantes, dove vengono messi in un paniere a forma di tamburo dal quale esce solo la testa. Il tamburo gira e uno schizzo di acqua sparata ad alta velocità spazza via la patina bituminosa che si è attaccata alla pelle. La cosa è terribile, ma per tentare di salvarli è l’unico metodo.

Tutto questo porta ad alcune riflessioni.

Torrey Canyon, Amoco Cadiz, Exxon Valdez, Haven, Erika e altre sono nomi che nella nostra memoria rappresentano immense chiazze di petrolio che hanno avvelenato il mare e cancellato per anni ogni traccia di vita vegetale e animale. Se il 1900 passerà alla storia come il secolo delle maree nere, non è per fatalità, ma per una precisa combinazione di fattori economici e climatici.

Climatici perché con l’effetto serra sono aumentati i fenomeni metereologici estremi, mari e venti risentono della maggior energia intrappolata nell’ atmosfera.

Economici perché con la richiesta sempre maggiore di energia, si sono intensificati i traffici marini, la convenienza economica ha spinto alla progettazione di petroliere sempre più capienti, al di là di ogni ragionevole necessità, con una stazza massima fino a 450 - 500 mila tonnellate contro le 80 o 100 mila di un tempo. Per ridurre i danni in caso di incidenti, le stive sono state suddivise in diversi settori separati. All’interno di questi settori il greggio viene conservato in cisterne, ma evidentemente non è abbastanza, perché i fattori naturali hanno fatto crescere enormemente il rischio e la gravità di incidenti.

Però secondo me il vero problema è prevenire, cioè applicare regole e controlli più severi e multe alte per chi non è in regola, è necessario sottoporre a una dura valutazione di impatto ambientale tutto il settore del trasporto di greggio in mare, come fosse un impianto industriale ad alto rischio.

Senza dimenticare il fatto che il travaso di petrolio avviene anche durante la pulizia dei serbatoi in mare.

Purtroppo finché saremo dipendenti dal petrolio per l’energia, saremo costretti a sopportare questi rischi. L’ideale sarebbe sviluppare una fonte energetica pulita (non inquinante), anche se molto più costosa.

 

La petroliera Erika: ma chi lascia navigare le carrette del mare?

La storia della petroliera Erika è molto strana. Ma emblematica.

Il capitano, quando il 22 ottobre ne ha preso il comando sul Mar Nero, aveva fatto notare lo stato di degrado. Il 9 novembre in Russia segnala agli organi competenti una corrosione importante nella parte bassa di una paratia stagna. Il 22 novembre, in Sicilia, un’ ispezione del Registro Navale Italiano trova un’ altra area a rischio, ma la nave ottiene il permesso di navigare.

Sabato 11 dicembre il capitano dell’ Erika al largo delle coste della Bretagna lancia un allarme e cerca di raggiungere il porto di Saint Nazaire, dove gli viene rifiutato il permesso di attracco, per paura che la nave si spacchi. La nave è così costretta a navigare al limite delle acque territoriali francesi, prima di naufragare.

Come si legge ci sono molte responsabilità, di tanti, dagli armatori che si nascondono dietro società fantasma, ai noleggiatori, che sono le più importanti compagnie petrolifere, a coloro che devono fare le perizie sullo stato delle navi e non dovrebbero consentire la navigazione alle “carrette” del mare.

Purtroppo le conseguenze di queste mancanze sono i ripetuti disastri ecologici, che vengono pagati in modo particolare dalla gente e dagli animali che vivono su queste coste e in queste acque, perché si è fatta strage di uccelli e pesci, e di tutto l’ecosistema marino, e in aggiunta per molti anni le coste resteranno inquinate, non si potrà più pescare e sfruttare le risorse marine, e ne soffrirà anche l’economia della regione.

Un cucciolo per aiutarci a guarireL'eco-classificaAnimali e Ambiente