Per
l’ennesima volta nel mondo si è
verificato un grave danno ambientale,
causato da una petroliera spezzatasi in due
vicino alle coste della Francia, intorno a
Natale. I danni sono gravissimi per l’ambiente,
si conta che più di diciottomila uccelli
siano già morti e alcune specie rischiano l’estinzione,
come il Cormorano (una delle vittime più
fotografate), il Gabbiano, la Folaga, la
Spatola e lo Zafferanno.
La
costa selvaggia che si estende lungo il
promontorio a nord di St. Nazaire alle foci
della Loira è, anzi era, uno degli ambienti
naturali più ricchi e importanti dell’intera
Europa. Sulle rocce e tra le insenature
trova rifugio una grande quantità di
uccelli e in certi periodi dell’anno vi
arrivano anche delle foche e non solo. All’interno
si estendono grandi paludi che formano il
parco di Brière e la salina di Guerande, da
dove proviene il sale integrale che in
Francia è una specialità.
La
nave Erika ha lasciato nel mare chiazze di
greggio lunghe chilometri e chilometri.
Adesso mare, costa e fauna sono in balia
della marea nera. E solo i volontari (e
nessuna forza istituzionale) si sono
prodigati per cercare di limitare i danni.
Per
ogni uccello recuperato si calcola che altri
dieci siano affogati in mare. Gli uccelli
che sono stati salvati sono stati portati in
un centro specializzato, a Nantes, dove
vengono messi in un paniere a forma di
tamburo dal quale esce solo la testa. Il
tamburo gira e uno schizzo di acqua sparata
ad alta velocità spazza via la patina
bituminosa che si è attaccata alla pelle.
La cosa è terribile, ma per tentare di
salvarli è l’unico metodo.
Tutto
questo porta ad alcune riflessioni.
Torrey
Canyon, Amoco Cadiz, Exxon Valdez, Haven,
Erika e altre sono nomi che nella nostra
memoria rappresentano immense chiazze di
petrolio che hanno avvelenato il mare e
cancellato per anni ogni traccia di vita
vegetale e animale. Se il 1900 passerà alla
storia come il secolo delle maree nere, non
è per fatalità, ma per una precisa
combinazione di fattori economici e
climatici.
Climatici
perché con l’effetto serra sono aumentati
i fenomeni metereologici estremi, mari e
venti risentono della maggior energia
intrappolata nell’ atmosfera.
Economici
perché con la richiesta sempre maggiore di
energia, si sono intensificati i traffici
marini, la convenienza economica ha spinto
alla progettazione di petroliere sempre più
capienti, al di là di ogni ragionevole
necessità, con una stazza massima fino a
450 - 500 mila tonnellate contro le 80 o 100
mila di un tempo. Per ridurre i danni in
caso di incidenti, le stive sono state
suddivise in diversi settori separati. All’interno
di questi settori il greggio viene
conservato in cisterne, ma evidentemente non
è abbastanza, perché i fattori naturali
hanno fatto crescere enormemente il rischio
e la gravità di incidenti.
Però
secondo me il vero problema è prevenire,
cioè applicare regole e controlli più
severi e multe alte per chi non è in
regola, è necessario sottoporre a una dura
valutazione di impatto ambientale tutto il
settore del trasporto di greggio in mare,
come fosse un impianto industriale ad alto
rischio.
Senza
dimenticare il fatto che il travaso di
petrolio avviene anche durante la pulizia
dei serbatoi in mare.
Purtroppo
finché saremo dipendenti dal petrolio per l’energia,
saremo costretti a sopportare questi rischi.
L’ideale sarebbe sviluppare una fonte
energetica pulita (non inquinante), anche se
molto più costosa.