Amici di Ninfea

 

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L'aereo era atterrato in orario e quando il portellone si era aperto,
nonostante fosse ancora seduto al suo posto tre file più in là, aveva
sentito una vampata di calore scorrergli sulle gambe. Tutto sommato in un
primo momento aveva provato piacere: i piedi nelle scarpe leggere di tela
erano gelidi, colpa dell'aria condizionata. Si era avventurato per la
scaletta a tentoni nella luce accecante di quel mattino tunisino e dentro di
sé continuava a lanciare maledizioni contro il suo capo. Non aveva smesso un
attimo dal giorno prima, quando M. gli si era presentato davanti alla porta
del diving dicendo "Carissimo Luca, domani questi ragazzi potranno cavarsela
benissimo senza di te, quindi mi accompagnerai. Devo andare a prendere degli
accordi con degli albergatori. Alle otto abbiamo l'aereo." In un primo
momento era stato quasi felice: tornare sulla terraferma dopo due mesi di
esilio su quello scoglio d'isola, il casino della città, i negozi.E avrebbe
anche potuto incontrare Elena,  la sua donna di quest'ultimo anno. Già
immaginava quella giornata afosa a Palermo. Poi, la doccia fredda. "Ah,
ricordati il passaporto o in Tunisia non entri!" "In Tunisia? E cosa ci vado
a fare in Tunisia?" ma quest'ultima frase per fortuna l'aveva solo pensata:
il suo capo era un tipo permaloso.



Il selciato della pista era ricoperto di un leggerissimo velo di sabbia che
fluttuava ad ogni alito del vento. Fecero pochi passi verso una macchina che
sembrava attenderli. Un uomo piccolo e svelto chiese "Mister  M.?" Luca si
guardò in giro distrattamente mentre il capo faceva cenno di sì all'autista
che gli spalancava la portiera con un inchino appena accennato. L'istante
successivo si infilò anch'egli nell'auto che partì istantaneamente. La mente
di Luca era vuota e un po'assonnata mentre sfrecciavano per strade
contornate di case dall'aspetto anonimo, strade che si facevano sempre più
strette man mano che entravano in città. Il taxista fermò l'auto davanti all
'ingresso di quella che sembrava essere la solita sala da tè per turisti
dove anche numerosi uomini d'affari si davano appuntamento. Luca ne aveva
viste tante quando era vissuto in Marocco, rincorrendo un amore che si era
poi rivelato deludente; la mattinata si prospettava alquanto noiosa.



Seduto su un cuscino aveva appena cominciato a sorseggiare il suo
bicchierino di tè bollente e guardava di sottecchi gli interlocutori del suo
capo: due europei biondicci che ostentavano giacche bianche di prima
mattina. A Luca sembravano più dei barman che degli albergatori. Una
cameriera con discrezione si era avvicinata al suo capo e gli aveva fatto
scivolare in mano un biglietto. Il capo sorrise e  allungandosi verso di lui
gli sussurrò "Non sei venuto per farmi compagnia. Sei stato invitato da
qualcuno. Segui la donna. Ci vediamo più tardi." E guardando meglio Luca che
aveva assunto un'espressione tra il curioso e lo spaventato "E non ti
preoccupare, non ti lascio qui!". In pochi secondi, mentre si alzava ,
cercava di pensare a chi potesse averlo invitato e l'elenco era
sgradevolmente pieno di "ex" e "conti in sospeso". Spesso, nella sua vita,
ingenuità ed incoscienza lo avevano messo nei pasticci prima che potesse
rendersene conto ma, tutto sommato, era sempre riuscito, con una buona dose
di fortuna, ad uscirne.



Nella breve passeggiata per i corridoi che lo portarono ad una pesante e
spessa porta in legno aveva cercato di concentrarsi respirando a fondo per
essere pronto ad affrontare l'incontro lucidamente. Varcata la porta restò
deluso ma anche un po' sollevato. Si rese conto di essere in un hammam, un
bagno turco, luogo di pace e relax. Un ragazzo gli porgeva la tradizionale
salvietta in cotone ben ripiegata e gli indicava lo spogliatoio dove
cambiarsi. Quel luogo escludeva a priori che chi voleva incontrarlo fosse
una donna : lì non sarebbe mai potuta entrare. Accettò la salvietta ed entrò
nello spogliatoio. Ne uscì con quel telo colorato intorno alla vita e si
avviò verso la sauna. C'erano altri uomini nella sala che era tonda e ampia,
ma nessuno di sua conoscenza. Gli si avvicinò il massaggiatore, un tipo
nerboruto ma con un gran sorriso, che gli fece cenno di sedersi e cominciò a
versare acqua calda sulla pietra intorno a lui. Luca restò li a pensare ai
casini della sua vita tra i vapori caldi.



Il massaggiatore riapparve dalle nebbie dopo circa un quarto d'ora e gli
fece chiaramente cenno di seguirlo. Steso sul lettino dell'hammam Luca si
lasciava strofinare e massaggiare energicamente dal tipo col grande sorriso.
Dopo la rituale doccia fredda finale, il ragazzino che lo aveva accolto all'
ingresso gli fece strada in una saletta relax e ,andandosene , si chiuse
dietro la porta. Luca era perplesso ma tutto sommato contento,il trattamento
fin lì era stato piacevole. Sul tavolino al centro della stanza c'era una
caraffa con una bevanda fresca dal sapore leggermente asprigno e Luca si
servì. Era totalmente rilassato, abbandonato su un divanetto, il drappo
asciutto intorno alla vita appena appoggiato. Si era assopito e trasalì
quando un paio di donne entrarono silenziosamente nella stanza. Erano
vestite alla araba con gonne lunghe bianche ed erano velate. Si misero
subito all'opera senza badare al suo imbarazzo : una gli massaggiava il viso
con una crema oleosa e vagamente profumata, mentre l'altra si prendeva cura
delle sue unghie. A Luca Venne in mente come doveva sentirsi una donna dall'
estetista, e finalmente, dopo ore, gli riuscì un sorriso. Quelle donne
conoscevano bene il loro mestiere ed in pochi minuti terminarono il loro
lavoro. Ma già un'altra presenza femminile era apparsa sulla porta. Vestita
in abiti scuri, che giocavano tra  numerose trasparenze, portava diversi
gioielli ed anch'essa velata, aveva l'aria della padrona di casa. Quando le
altre due gli fecero infilare un caffetano di cotone leggero Luca capì che
probabilmente era stato preparato ad un incontro e che presto avrebbe
conosciuto il suo ospite.



La donna abbigliata in scuro gli prese delicatamente la mano e lo guidò
verso un uscita in pieno sole; si trovavano in un piccolo giardino chiuso
con una fontanella che zampillava. La donna si dirigeva con decisione verso
l'altra ala della casa. Luca si irrigidì per un'istante e la donna si
 voltò."Dove mi stai portando? Mi capisci?" Le parole gli erano uscite
spontanee ma il suo tono era stranamente calmo, le note della sua voce
basse, come a non voler rompere quell'atmosfera fiabesca creata dal
tintinnio della fontanella. La donna lo guardò e poi si volse verso una
scritta in arabo e con l'aria di chi legga per tradurre rispose "La realtà e
il desiderio.a volte non possono incontrarsi. Ma c'è un luogo dove le
fantasie prendono corpo." Luca resto immobile cercando di interpretare
quelle parole. Non capiva ma sentiva crescergli dentro la curiosità e la
voglia di scoprire cosa lo attendesse. Era un' emozione strana che lo
pervadeva, come quell'eccitazione che si prova da ragazzini per le novità e
per le cose proibite.



Varcò la soglia seguito dalle donne che lo avevano accompagnato. Fece alcuni
passi nella stanza ampia, fresca e piuttosto buia, illuminata solo da
quattro grosse candele invasate. Davanti a lui c'era una vasca in marmo
scuro interrata e piena d'acqua, quasi una piscina, dalla forma stilizzata e
morbida di un quadrifoglio, con gli angoli curvi ed una specie di scivolo
proprio ai suoi piedi. La sua guida gli fece cenno di entrare sfilandogli l'
abito che cadde in terra. Luca, completamente nudo, era terribilmente
imbarazzato e si immerse nell'acqua più per pudore che per volontà. I suoi
occhi, ormai abituatisi al tenue bagliore delle candele, vagarono per la
stanza. Griglie di legno forate delimitavano l'area in cui si trovava la
vasca e impedivano di distinguere i muri in un gioco di ombre rossastre. Il
corpo completamente immerso, le spalle appoggiate al bordo, sentì il fruscio
di un foulard e l'ultima cosa che vide fu una benda nera che gli veniva
posata sugli occhi e legata dietro la testa. Ebbe un brivido di paura ma l'
acqua calda e un lieve profumo che era nell'aria lo rinfrancarono. Era tutto
così piacevole, pensò.



Con la vista oscurata il suo udito era in allerta, cercava di distinguere i
diversi rumori per capire cosa stesse accadendo. Distinse chiaramente il
tonfo sordo di un asciugamano lasciato cadere poco dietro di lui e poi lo
sciacquio di qualcuno che lentamente entrava nella vasca.

Si sentì sfiorare il collo e le guance dalle punta di dita vellutate. Tentò
di girarsi per aumentare il contatto con quel corpo che gli si stava
avvicinando ma si sentì sospingere in avanti e cingere da dietro. Le braccia
dell'ospite erano scivolate sotto le sue in un abbraccio che non gli
permetteva di afferrare quel corpo dietro di lui, ma sospingendo la testa
all'indietro, sbirciando per un attimo da un angolino della benda, preso in
un tumulto di emozioni, le vide : bianche, esili, femminili. L'istante
successivo ebbe la conferma che si trattava di una donna: in quel abbraccio
i suoi seni gli stavano sfiorando la schiena. Decise di  mettere da parte le
cento domande che gli affollavano la mente per lasciarsi andare fra le
braccia di quella sconosciuta.



Non aveva idea di chi fosse: nell'arco di qualche secondo aveva potuto
escludere la maggior parte delle donne con cui era stato. Le labbra di lei
iniziarono a sfiorargli delicatamente la spalla, il collo, il mento, le
labbra. I corpi fluttuando nell'acqua si trovarono di fronte. Le labbra
leggermente dischiuse cominciarono a cercarsi per unirsi in lungo
appassionato bacio. Luca ebbe la nettissima sensazione che si trattasse del
loro primo bacio. Cercò di nuovo le labbra di lei per assaporarle. L'
emozione era piacevolissima, intensa, da togliere il fiato. Si distanziarono
per un attimo e lui la carezzò dolcemente dal collo scendendo sul seno, sui
fianchi, fino al pube e alle cosce. Aveva forme voluttuose in un corpo
comunque asciutto, la pelle era liscia, solo i capezzoli erano alti e
turgidi. Le mani di lei scorrevano con altrettanta leggiadria sul suo corpo.
Erano come due ciechi che cercano di conoscersi. Appoggiandole una mano
dietro la schiena la avvicinò a sè per baciarla ancora. Cercò di incontrare
la sua lingua e la scopri vivace e generosa. L'abbraccio divenne un
intreccio e sentì chiaramente il ventre accostarsi alle cosce di lei. Era
eccitato, quasi ubriacato da quel contatto. Non riusciva a pensare, ma solo
a farsi trascinare dalle emozioni. Voleva vederla, guardarle il viso, gli
occhi. Avvicinò una mano alla testa per togliersi la benda ma lei, con uno
scatto fulmineo, gli bloccò il polso, la presa decisa e misurata, ferma ma
non troppo stretta. Restarono entrambi immobili per alcuni istanti, come
sospesi. Le parole non gli uscivano, non servivano. Il messaggio era stato
chiaro.



Sentì la sua ospite discostarsi leggermente verso il bordo della vasca, un
leggero tintinnio, dei passi veloci e ovattati per la stanza e poi, anche
attraverso la benda, tutto gli apparve più buio, mentre un odore di cera
appena percettibile pervadeva l'atmosfera: qualcuno aveva provveduto a
spegnere le candele. Questi gesti tutto sommato lo tranquillizzarono:
qualunque cosa fosse accaduta lì dentro con la sua ospite c'era una ferma
volontà di non farla trapelare all'esterno; ciò avrebbe significato anche
meno nuovi guai nella sua vita. E in qualunque caso era previsto che lui una
vita, dopo quell'incontro, l'avesse ancora. Si lasciò andare e cominciò ad
intrecciare una danza di gesti intimi e sensuali con la sua compagna.



Ormai aveva perlustrato la superficie del suo corpo e le sue pieghe, ed
altrettanto aveva fatto lei.

Era seduto in ginocchio e avvertì chiaramente la mano di lei insinuarsi fra
le gembe o poi, delicata ma decisa, afferrarlo da sotto. Ebbe un sussulto,
senti il sangue inondargli le guance. E poi le sue cosce dischiuse
posarglisi sopra. Era arrivato all'apice dell'eccitazione quando si sentì
risucchiare in lei. Lo sconvolgimento fu notevole perché ebbe la netta
sensazione di venire, ma non fu così. Con movimenti rotatori lei lo cullava
dentro di sé, il suo peso si alternava ritmicamente con il respiro, il suo
seno pronunciato si strofinava sul suo petto. Le afferrò i fianchi, quasi
avesse il timore che potese sfuggirgli, per rendere più intensi quegli
impulsi. Sentiva crescere desiderio ed eccitazione ogni istante di più, in
una escaletion travolgente. Pensava continuamente di aver raggiunto l'apice
del piacere ma con  sorpresa scopriva che c'era ancora un'altro palpito.
Lei, nella sua nicchia scivolosa e calda, lo succhiava voluttuosamente. Dopo
parecchi minuti, ormai sconvolto, perduto totalmente il controllo, ad un
flebile ma significativo gemito della sua compagna si sentì letteralmente
esplodere.



Il suo corpo stremato impiegò un po' di tempo a riportare ad un ritmo
accettabile il battito cardiaco, mentre la mente, fusa, si lasciava cullare
dall'acqua tiepida. Lei lo aveva guidato con delicatezza sullo scivolo della
vasca e ora giacevano stesi su una spugna, entrambi spossati. Quando ebbe
riacquistato un po' di lucidità la cercò e riprese a baciarla con
delicatezza, mordicchiandole le labbra, sfiorandole i lobi delle orecchie,
abbracciandola con la tenerezza complice dell'uomo innamorato.

Lo scorrere del tempo in quella stanza sembrava sospeso. Quando l'aria che
circolava tra le grate della stanza gli provocò un leggero brivido, la sua
compagna si rituffò nell'acqua calda. Immerse le gambe nella piscina per
seguirla ma l'attimo successivo sentì la bocca di lei appoggiarglisi al
pube, la sua lingua giocare col suo pene, le sue mani insinuarsi fra le sue
natiche. Il fuoco del desiderio sembrava solo essersi assopito per quel
breve lasso di tempo al bordo della piccola piscina, ora si rinfiammava...

più vivo che mai.



Sentiva quella lingua vivace fare delle spirali intorno a tutto il suo
organo fino a risalire sulla punta ed a stuzzicargliela insistentemente;
mentre una mano, delicata e lasciva, gli movimentava i testicoli e con un
dito gli massaggiava la base del pene, l'altra gli palpeggiava,
afferrandola, una natica.

Aveva anch'egli un gran desiderio di rendere se possibile ancora più intimo
quel loro rapporto e così la sollevò a pelo d'acqua e le insinuò la lingua
fra le pieghe della vagina, alla ricerca dei punti dell'estasi.

Cominciò lentamente a farla roteare intorno, distesa sull'acqua. Lei era
quasi al culmine del piacere, le contrazioni vaginali comprimevano i tessuti
quando il suo pene fu più che in erezione, solo allora la penetrò lentamente
sempre girando su se stesso e trattenendola agganciata in questo movimento
rotatorio. La sensazione dell'acqua che lambiva i loro corpi amplificava gli
impulsi di piacere. La penetrò a piccoli intermittenti spinte finchè fu
completamente immerso in lei. La sentiva ansimare, con le gambe intrecciate
dietro la sua schiena; le accarezzava i capezzoli, i fianchi, i glutei.il
movimento oscillatorio del bacino divenne sempre più frequente ed impulsivo,
faceva fatica a controllarsi; voleva bere tutto il suo desiderio; si piegò a
baciarla, succhiarla. La sentì venire tra le sue braccia e non seppe più
resistere. Si lasciarono andare in lungo, intenso urlo quasi soffocato dalle
loro bocche unite ma disgiunte, una mano intrecciata ad afferrare e
stringere quel momento fuggevole.



Giaceva quasi esanime, le gambe ancora intrecciate con quelle della sua
compagna. Nella stanza era piombato un silenzio irreale, avrebbe voluto
addormentarsi  ma aveva paura di risvegliarsi e perdere il piacere di quegli
istanti.

La sentì distaccarsi, sciogliere il legame fisico che li univa, incollare
sulle sue labbra un lungo e languido bacio che sapeva di addio. Poi lo
sciabordio dell'acqua provocato dal suo corpo che emergeva e si dileguava
velocemente. Restò ancora alcuni lunghi momenti immobile, era stordito. Poi
allungò una mano sulla fascia e se la sfilò. Alcuni raggi di luce
penetravano da un uscio aperto alle sue spalle. Si scosse come attraversato
da un brivido e lentamente uscì dall'acqua.

Per un attimo temette di aver sognato tutto, di essere stato drogato e di
aver immaginato quell'incontro. Poi  sul bordo della vasca vide l'impronta
lasciata da un piede bagnato, un piccolo piede bagnato, e allora ebbe la
certezza di non aver sognato. Poco distante un accappatoio poggiato su una
sedia sembrava attenderlo. Luca lo indossò e camminò a passi incerti verso
la luce. I suoi occhi, abituati all'oscurità, fecero fatica a distinguere
nitidamente i contorni della stanzetta, ariosa anche se piccola, che lo
riportò alla realtà.



Poggiati su un tavolino una caraffa ed un piatto colmo di frutta sbucciata
lo invitavano a rifocillarsi, su una gruccia appesa alla porta c'erano i
suoi vestiti puliti e impeccabilmente stirati. Dopo un tempo indefinito
passato a restituire al suo corpo elementi di normalità, Luca sentì bussare.
Era il ragazzo dell'hammam che gli fece segno di seguirlo e di affrettarsi.
Lo condusse in un cortiletto e Luca riconobbe la macchina e il taxista che
lo avevano accompagnato fin lì il mattino di quel lungo giorno. Non una
parola, solo qualche gesto e la macchina correva già verso l'aeroporto. Luca
raggiunse M. sulla scaletta, l'aereo ormai pronto al decollo. Non aveva
voglia di parlare e quando M., con aria accigliata, gli chiese come fossero
andati "gli affari", Luca replicò seccamente "E i suoi?".

Uno scossone risvegliò Luca dal profondo sonno in cui, sfinito, era piombato
poco dopo l'inizio del volo. Guardando dal finestrino vide sfilare le luci
della pista. Erano già atterrati e lui non vedeva l'ora di affondare il viso
nel suo cuscino, quella sera non voleva pensare, solo dormire.


"Luca cosa c'è? A cosa pensi? Sembri in trance." La voce del suo collega e
compagno gli giunse ovattata preso com'era dai suoi pensieri. Nel suo
lavoro, e l'aveva scelto anche per quello, era sempre contornato da molte
persone, spesso amici sinceri. E lui era sempre stato il classico
compagnone, allegro e scanzonato.

Ma gli capitava spesso di imbattersi in particolari, per il resto del mondo
assolutamente insignificanti, come quella piccola orma bagnata impressa
sulla banchina mentre scendeva dal gommone, che gli riportavano alla mente
quel giorno in Tunisia. E allora inevitabilmente finiva con l'isolarsi, lo
sguardo perso nel vuoto, in una solitudine che rimbombava come un eco dentro
di lui.

Era passato del tempo da quel viaggio ma il ricordo non era sbiadito,
ravvivato da tutti gli interrogativi che continuavano a scorrergli nella
mente, accentuato dal fatto che non potesse raccontare a nessuno, per suo
intimo pudore, quello che era successo.

Gli era rimasta addosso una strana sensazione: quella donna tutto sommato
aveva per lui qualcosa di familiare, ma nonstante ci pensasse da giorni,
mesi, non riusciva a capire cosa. E cercava un segno di lei in tutte le
donne che lo circondavano, senza riuscire ad intravedere nulla.

Ciò che maggiormente lo sconvolgeva era che sarebbe stato capace di
descrivere come poteva sussultare ogni centimetro della sua candida pelle,
ma non avrebbe assolutamente saputo dire se avesse i capelli lunghi o corti,
quale fosse il colore dei suoi occhi..



Le attrezzature subacquee richiedono sempre molta paziente manutenzione e
quel giorno lui non era dell'umore adatto per stare chiuso nel piccolo
sottoscala che fungeva da officina, e poi non riusciva a trovare gli
attrezzi che gli servivano. Dall'altra stanza giungevano le voci del gruppo
chiassose e allegre, tutto questo lo innervosiva. Gilda l'aveva intuito, l'
aveva seguito nel laboratorio e ora gli stava dando una mano silenziosa e
attenta. Gilda, l'amica di sempre, dolce e comprensiva, la più equilibrata
del gruppo, a volte quasi fredda; complice di tante avventure sportive, da
tanti anni un ombra presente nella sua vita. Avevano attraversato insieme
momenti allegri e tristi, matrimoni e compleanni, divorzi e nuove case. Lei
era stata per anni la compagna di un suo amico, una storia finita che non
aveva però travolto il loro rapporto fatto di quella confidenza e
familiarità che solo il tempo cementa. Lui, cresciuto con tre sorelle, l'
aveva spesso vista in desabillè ma sempre in atteggiamenti camerateschi e
raramente l'aveva guardata con gli occhi di un uomo, anche per una strana
forma di rispetto.



Ma dov'era finita quella maledetta brugola? Forse in quella cassetta piena
sull'ultimo ripiano, pensò allungandosi. Stava per infilare la mano in quell
'accrocchio di attrezzi quando si sentì afferrare il polso. "Attento, c'è
una lama!". La presa era ferma, misurata ma decisa.gli si gelò il sangue,
non riusciva a respirare, si accasciò lentamente sfiorando il corpo
femminile che era intervenuto prontamente a bloccarlo. Gilda. Fu un attimo,
una sensazione di deja vu, un impercettibile profumo che gli provoca un
pugno allo stomaco. Non realizzò subito cosa stesse accadendo, restò alcuni
istanti sbigottito e disorientato. Il suo corpo aveva percepito quello che
la sua mente non avrebbe mai intuito.

Era incredulo ma aveva il cuore in fibrillazione.

La guardò negli occhi, fisso, e fu come se scoprisse di conoscerla per la
prima volta. Non riusciva a proferire parola. Lei aveva gettato i suoi
profondi occhi verdi nei suoi. Restarono così, il respiro sospeso, fuori del
tempo, finchè i loro sguardi non si dissero tutto. Lei, senza lasciargli il
polso, avvicinò la mano alla bocca e gliala sfiorò con le labbra.

Un ombra si affacciò sulla porta alle loro spalle "Ragazzi avete fatto?
Luca, allora 'sto eragatore, l'hai sistemato? Dai, che ci andiamo tutti a
prendere un gelato.!!"
  

 

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By  Ninfea