ROMA. "Il suo biglietto da visita era "preghiera,
azione, sacrificio'. Sono tre cose che non invecchiano mai. Anche
se facciamo poi fatica a rispettarle. Non sono cose né del passato,
né solo del presente. Sono valori sui quali si può veramente cercare
di impostare un'azione di evangelizzazione che non conosce tramonti".
Per Giulio Andreotti, è questo il messaggio "attuale"
che lascia Luigi Gedda. "L'ultima volta l'ho sentito in occasione
della mia assoluzione. Ormai si era ritirato completamente, ma mi
volle telefonare per felicitarsi". Due vite spesso fianco a fianco,
quelle tra il senatore a vita e i1 fondatore dei Comitati civici.
Dai tempi dell'Azione cattolica e della Fuci. Passando attraverso
contrasti e stretta collaborazione. "Finché abbiamo avuto un'Azione
cattolica molto forte certi problemi non sono mai venuti al pettine.
Noi politici ci sentivamo appoggiati. I1 problema del divorzio,
ad esempio, in Costituente non venne quasi preso in esame. Poi per
molti anni ogni progetto di legge veniva messo regolarmente in archivio.
Certo, si dirà che il mondo poi è cambiato. In parte può essere
anche vero. Ma quando c'è una forza che è presente e incisiva, anche
chi è contrario ci pensa due volte prima di scatenare delle battaglie".
Per questo ritiene che l'insegnamento di Gedda dovrebbe portare
a "cercare un coordinamento tra i movimenti cattolici oggi spesso
chiusi in compartimenti stagni".
Presidente, dunque
Gedda aveva ragione: l'unione fa la forza.
"Gedda ha avuto il suo ruolo più importante nel '48. C'era una battaglia
in cui era coinvolta direttamente la Chiesa perché l'attacco dei
comunisti italiani era un attacco ispirato da un Paese non solo
ateo, ma dove la persecuzione contro la Chiesa era fortissima. Però
non è nemmeno giusto, come ha scritto Gedda nel suo libro, dire
che quello dei Comitati civici fu quasi un apporto esclusivo, come
se le forze politiche non esistessero".
Gedda rappresentava un
periodo storico preciso.
"Certo, ma anche una concezione di Azione cattolica di massa. Ed
è una concezione molto importante. Ci rafforzava reciprocamente.
Non era però solo apparato esteriore. C'era una vera formazione
delle persone".
Fu un esempio di laicato
cattolico di massa. Sembra così lontano dalla realtà attuale.
"Questo è vero. E non è un bene. Non voglio fare una contrapposizione
tra qualità e quantità, sarebbe sbagliato, ma quando un Paese di
tradizione fortemente cattolica, esprime nei suoi movimenti ecclesiali
anche una consistenza visiva, questo rafforza reciprocamente e dà
anche un contributo civico non solo nei momenti di battaglia".
Gedda uomo della visibilità
del mondo cattolico?
"Bisogna tenere conto dei precedenti. Sotto il fascismo gli scout
vennero messi fuori. La stessa Azione cattolica subì molte limitazioni
e persecuzioni. Quindi non solo si cercò di non disperdere le file
ma anche di tenersi molto ancorati ad un'evangelizzazione di massa".
Cosa c'è dell'azione
di Gedda che andrebbe oggi recuperato?
"Cercare un coordinamento tra i movimenti cattolici. Oggi ce ne
sono molti e ognuno è ricchissimo di valori, ma qualche volta tra
l'uno e l'altro c'e un compartimento stagno".
C'è la tentazione,
rispetto ad allora, di chiudersi in sé, dl non esporsi, mentre allora
si andava in piazza?
"Dopo quella mobilitazione ci fu un riflusso, si disse "noi non
vogliamo confonderci con la politica". Oggi invece questo rischio
non c'è più e si può ricostruire questa presenza".
Lei ha un po' nostalgia
di quegli anni?
"Certo ero più giovane... Ma non dobbiamo sopravvalutare o sottovalutare
quei momenti con un certo assolutismo. Tutto è relativo. Certamente
mi pare che allora ci fosse un impegno maggiore. Oggi ci si ripiega
sui valori, ma poi i valori ognuno li interpreta come vuole".
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