ONORE AL GRANATIERE DELLA FEDE
"DIALOGO E RICERCA? ERANO PAROLE CHE NON GLI APPARTENEVANO"
 
articolo di Gianni Santamaria

da "Avvenire" del 28 settembre 2000

 
 

Quando la rivista della Fuci cambiò nome da Azione fucina in Ricerca, Luigi Gedda si dichiarò contrario:"Cosa vuol dire "ricerca"?". Un particolare che rivela come il professore fosse uomo dai pochi dubbi, meglio agire.

Di lui anche gli esponenti dell'associazionismo cattolico che non ne condividevano lavisione e la prassi mettono ora in evidenza la personalità "granitica" e la fedeltà totale a Papa Pio XII. Cosa ricordano di Gedda e quale posto ha avuto, secondo loro, nella vita della Chiesa e della società nell'immediato dopoguerra, tempo spaccato in due dalla contrapposizione tra cattolici e comunisti? Lo abbiamo chiesto a Romolo Pietrobelli, presidente della Fuci dal l949 al 1955 e a don Arturo Paoli, allora assistente ecclesiastico della Giac, successivamente entrato nei Piccoli fratelli di Gesù e a lungo missionario in America Latina.

"Era un combattente di una Chiesa concepita come schieramento. In lui era fortissimo il temperamento di leader. Si sentiva titolare della consegna di difendere la Chiesa, in particolare contro il comunismo", dice Pietrobelli. Un personaggio "severo e non facile alle confidenze, di sobrietà assoluta e integerrimo nella difesa dell'ortodossia, come lui la concepiva, interpretando come "braccio secolare" le intenzioni di Pio XII. Questi era ben contento di avere un laico vigoroso che ne seguisse le linee, come Gedda fece con i comitati civici", è il ritratto che Pietrobelli fa.

Quelli della Fuci, già attraversata dall'ecclesiologia di comunione del Concilio con l'assistente don Guano, lo vedevano come un "intransigente, un uomo non disponibile al dialogo". Dialogo, parola che con democrazia e scelta religiosa "non gli apparteneva", dice l'ex presidente degli universitari cattolici. E questo lo chiudeva, prosegue, anche a quei laici che guardavano alla Chiesa: "Il confronto dialettico nella società non aveva senso. Era solo una lotta schieramento contro schieramento. Certo. bisogna guardare ai tempi, senza giudicare con il senno di poi".

In Gedda, poi, era fortissima "l'idea del nemico, tanto che rifiutò sempre di farsi intruppare nel mondo della politica e diventare deputato, come gli aveva offerto De Gasperi, perché sarebbe stato uno dei tanti e non avrebbe potuto "lottare"." Erano quelli che il presidente della Giac Mario Rossi chiamò in un libro I giorni del1'onnipotenza. Dopo, la parabola di Gedda declinò. Ma in lui rimase "la devozione a Pietro e a Pio XII. Tipico era il suo rapporto diretto con il Papa, con cui ha avuto decine e decine di udienze private", conclude Pietrobelli.

"Non ho mai dimenticato la gioia di Luigi il giorno in cui ricevette la nomina di cavaliere di cappa e spada di Sua Santità Pio XII. Credo che nessuno più di lui meritasse questa onorificenza". Questo il ricordo di don Paoli. Una "ostinata fedeltà" che il religioso dichiara di aver sempre ammirato e che però, dice, "gli impedì di accogliere con libertà le istanze dei giovani, che proprio per essere tali, sono le antenne della storia". Due le "linee costitutive" della Chiesa che Paoli delinea: "la fedeltà al suo essere" e "la profezia". Luigi Gedda "apparteneva alla prima e - prosegue il religioso - l'avere scoperto questa sua identità mi ha permesso di pensare a lui senza ombra di risentimento".