UN LAICO TRA GEMELLI E BASCHI VERDI
DALL'ESPERIENZA DI MEDICO ALLA MOBILITAZIONE POPOLARE
 
articolo di Pier Giorgio Liverani

da "Avvenire" del 28 settembre 2000

 
 

ROMA. Luigi Gedda è morto il giorno dei santi medici Cosma e Damiano, praticamente, all'indomani della celebrazione - 52 anni dopo e durante il Giubileo degli anziani - della grande adunata, a Roma, prima dei 300 mila "baschi verdi" (i giovani dell'Azione Cattolica allora la Giac, che compiva 80 anni) e poi degli altrettanti "ruggine" (le ragazze della Giac, che ne compiva 30). Un avvenimento che - insieme con i Comitati civici e con la vittoria elettorale della Dc di De Gasperi sul Fronte popolare socialcomunista di Togliatti e di Nenni, sempre in quell'anno - fu, dal punto di vista cronologico e da quello sostanziale del suo servizio alla Chiesa e al Paese, al centro della sua vita. Del resto l'ultima fatica di Gedda, due anni fa, fu proprio la pubblicazione delle sue memorie sul 18 aprile 1948. Una versione per qualche aspetto discutibile, ma sicuramente anche una ricostruzione compiuta con estrema competenza, perché dall'interno dei fatti, essendo basata sugli appunti personali delle sue almeno settimanali udienze con Pio XII (in tutto 64, più altre 26 con Pio XI).

Ovviamente, nel 1948 il clima religioso e civile dell'Italia, le forme della presenza della Chiesa e anche lo stile dell'Azione cattolica erano assai diversi e possono spiegare, oggi, alcuni giudizi critici sull'opera di Luigi Gedda. Tuttavia non sono contestabili i risultati e i benefici della sua azione anche politica (si pensi al l8 aprile) né la passione cristiana e laicale né, infine, il suo disinteresse personale. Anche se, già nel 1975, qualcuno parlò per lui di "onnipotenza" (Mario Rossi, già presidente della Giac dopo Carretto, in un libro di memorie), Luigi Gedda perseguì non il potere, ma soltanto il servizio, animato com'era da una fede, da una devozione al Papa e da una laicità che ancora oggi può essere portata a modello per il variegato e un po' sperduto laicato cattolico italiano.

Del resto, finita l'avventura ai vertici dell'Azione cattolica - che con lui, nel 1957, toccò i tre milioni e mezzo di iscritti - Gedda tornò ai suoi studi di genetica e di gemellologia, per i quali godeva dell'apprezzamento del mondo accademico internazionale, uscendo assai raramente dal suo riserbo e rinunciando anche alle tentazioni che gli sarebbero potute venire da quei Circoli Mario Fani che i suoi fedelissimi avevano fondato nel 1969 come reazione al nuovo statuto dell'Ac di Vittorio Bachelet. E non va dimenticato che, anche nel nuovo clima ecclesiale ed associativo, papa Giovanni XXIII chiamò Gedda come uditore laico al Concilio e Giovanni Paolo II lo nominò membro della Pontificia accademia della vita.

Il profilo umano e cristiano di Luigi Gedda, insomma, può essere apprezzato soltanto collocandosi nei suoi tempi. Certamente gli va riconosciuto il merito di aver interpretato l'anima più popolare della Chiesa degli anni Quaranta e Cinquanta. Quella di una "popolarità" che l'Azione cattolica rivendica ancor oggi e che, allora, significava incondizionata adesione alla guida del Papa, convinzione che esistesse una simbiosi storica fra la Chiesa e il Paese (erano i tempi della "cristianità"), consapevolezza che al "mondo cattolico" spettasse la missione di salvare l'Italia dalla minaccia del comunismo ateo. Gedda coltivò quest'anima per tutto il tempo in cui ebbe responsabilità di Azione cattolica prima a Torino e poi a Roma, come presidente della Gioventù maschile dal 1934 al '46, come presidente degli Uomini dal '46 al '49 e infine come presidente generale dal 1952 al 1959.

Prima ancora del Concilio Vaticano II fu con Gedda che l'Azione cattolica, portò al riscatto di molti secoli di emarginazione del laicato e al passaggio da protagonista all'impegno ecclesiale e civile, nell'Anno santo 1950 i Comitati Civici furono capaci di portare a Roma 20 mila amministratori locali cristiani; e fu Gedda a fondare il Centro cattolico cinematografico, il Centro sportivo italiano, l'Associazione medici cattolici e l'editrice Ave. Sul piano della laicità personale, egli conservò sempre l'impegno professionale. Nato 1123 ottobre del 1902 a Venezia e laureato in medicina nell'Università di Torino nel 1927, vi ottenne nel '33 la libera docenza in patologia medica sempre e poi l'incarico di assistente ordinario di clinica medica.

Quando fu chiamato a Roma, nel '34, da Pio XI per assumere la presidenza della Gioventù maschile, continuò a insegnare alla facoltà (ora libera università) Maria Santissima Assunta e ad approfondire gli studi di genetica medica. Tant'è che, conclusa la sua presidenza in Ac, ottenne a Roma la prima cattedra di questa materia istituita in un ateneo italiano. Gedda insegnò nell'istituto Gregorio Mendel (da lui fondato nel 1963 per gli studi di gemellologia. Tutto questo fervore era animato da una vita spirituale così intensa cui non bastava neppure la pur forte dimensione di spiritualità dell'Ac. Ad essa volle aggiungere la fondazione di un istituto secolare: la Società operaia per l'evangelizzazione e per la diffusione della spiritualità getsemanica: "Tutto voglio dare al mio Dio - scrisse una volta -. Non solo qualche ora, ma tutte le ore; non solo l'impegno di una tessera alla vigilia dell'Immacolata, ma un un impegno che scadrà nell'ora della morte".