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ROMA. Luigi Gedda è morto il giorno dei santi
medici Cosma e Damiano, praticamente, all'indomani della celebrazione
- 52 anni dopo e durante il Giubileo degli anziani - della grande
adunata, a Roma, prima dei 300 mila "baschi verdi" (i giovani dell'Azione
Cattolica allora la Giac, che compiva 80 anni) e poi degli altrettanti
"ruggine" (le ragazze della Giac, che ne compiva 30). Un avvenimento
che - insieme con i Comitati civici e con la vittoria elettorale
della Dc di De Gasperi sul Fronte popolare socialcomunista di Togliatti
e di Nenni, sempre in quell'anno - fu, dal punto di vista cronologico
e da quello sostanziale del suo servizio alla Chiesa e al Paese,
al centro della sua vita. Del resto l'ultima fatica di Gedda, due
anni fa, fu proprio la pubblicazione delle sue memorie sul 18 aprile
1948. Una versione per qualche aspetto discutibile, ma sicuramente
anche una ricostruzione compiuta con estrema competenza, perché
dall'interno dei fatti, essendo basata sugli appunti personali delle
sue almeno settimanali udienze con Pio XII (in tutto 64, più altre
26 con Pio XI).
Ovviamente, nel 1948 il clima religioso e civile
dell'Italia, le forme della presenza della Chiesa e anche lo stile
dell'Azione cattolica erano assai diversi e possono spiegare, oggi,
alcuni giudizi critici sull'opera di Luigi Gedda. Tuttavia non sono
contestabili i risultati e i benefici della sua azione anche politica
(si pensi al l8 aprile) né la passione cristiana e laicale né, infine,
il suo disinteresse personale. Anche se, già nel 1975, qualcuno
parlò per lui di "onnipotenza" (Mario Rossi, già presidente della
Giac dopo Carretto, in un libro di memorie), Luigi Gedda perseguì
non il potere, ma soltanto il servizio, animato com'era da una fede,
da una devozione al Papa e da una laicità che ancora oggi può essere
portata a modello per il variegato e un po' sperduto laicato cattolico
italiano.
Del resto, finita l'avventura ai vertici dell'Azione
cattolica - che con lui, nel 1957, toccò i tre milioni e mezzo di
iscritti - Gedda tornò ai suoi studi di genetica e di gemellologia,
per i quali godeva dell'apprezzamento del mondo accademico internazionale,
uscendo assai raramente dal suo riserbo e rinunciando anche alle
tentazioni che gli sarebbero potute venire da quei Circoli Mario
Fani che i suoi fedelissimi avevano fondato nel 1969 come reazione
al nuovo statuto dell'Ac di Vittorio Bachelet. E non va dimenticato
che, anche nel nuovo clima ecclesiale ed associativo, papa Giovanni
XXIII chiamò Gedda come uditore laico al Concilio e Giovanni Paolo
II lo nominò membro della Pontificia accademia della vita.
Il profilo umano e cristiano di Luigi Gedda,
insomma, può essere apprezzato soltanto collocandosi nei suoi tempi.
Certamente gli va riconosciuto il merito di aver interpretato l'anima
più popolare della Chiesa degli anni Quaranta e Cinquanta. Quella
di una "popolarità" che l'Azione cattolica rivendica ancor oggi
e che, allora, significava incondizionata adesione alla guida del
Papa, convinzione che esistesse una simbiosi storica fra la Chiesa
e il Paese (erano i tempi della "cristianità"), consapevolezza che
al "mondo cattolico" spettasse la missione di salvare l'Italia dalla
minaccia del comunismo ateo. Gedda coltivò quest'anima per tutto
il tempo in cui ebbe responsabilità di Azione cattolica prima a
Torino e poi a Roma, come presidente della Gioventù maschile dal
1934 al '46, come presidente degli Uomini dal '46 al '49 e infine
come presidente generale dal 1952 al 1959.
Prima ancora del Concilio Vaticano II fu con
Gedda che l'Azione cattolica, portò al riscatto di molti secoli
di emarginazione del laicato e al passaggio da protagonista all'impegno
ecclesiale e civile, nell'Anno santo 1950 i Comitati Civici furono
capaci di portare a Roma 20 mila amministratori locali cristiani;
e fu Gedda a fondare il Centro cattolico cinematografico, il Centro
sportivo italiano, l'Associazione medici cattolici e l'editrice
Ave. Sul piano della laicità personale, egli conservò sempre l'impegno
professionale. Nato 1123 ottobre del 1902 a Venezia e laureato in
medicina nell'Università di Torino nel 1927, vi ottenne nel '33
la libera docenza in patologia medica sempre e poi l'incarico di
assistente ordinario di clinica medica.
Quando fu chiamato a Roma, nel '34, da Pio XI
per assumere la presidenza della Gioventù maschile, continuò a insegnare
alla facoltà (ora libera università) Maria Santissima Assunta e
ad approfondire gli studi di genetica medica. Tant'è che, conclusa
la sua presidenza in Ac, ottenne a Roma la prima cattedra di questa
materia istituita in un ateneo italiano. Gedda insegnò nell'istituto
Gregorio Mendel (da lui fondato nel 1963 per gli studi di gemellologia.
Tutto questo fervore era animato da una vita spirituale così intensa
cui non bastava neppure la pur forte dimensione di spiritualità
dell'Ac. Ad essa volle aggiungere la fondazione di un istituto secolare:
la Società operaia per l'evangelizzazione e per la diffusione della
spiritualità getsemanica: "Tutto voglio dare al mio Dio - scrisse
una volta -. Non solo qualche ora, ma tutte le ore; non solo l'impegno
di una tessera alla vigilia dell'Immacolata, ma un un impegno che
scadrà nell'ora della morte".
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