LE MEMORIE: LA STAGIONE DEI COMITATI CIVICI
NOVANTA VOLTE A COLLOQUIO CON I PONTEFICI PER PORTARE "UN ESERCITO ALL'ALTARE"
 
articolo di Antonio Airò

da "Avvenire" del 28 settembre 2000

 
 

"Qual falange di Cristo redentore, la Gioventù cattolica è in cammino", cantavano nell'immediato dopoguerra i giovani cattolici e in quest'inno ricco di termini militari si può riconoscere il genio organizzativo ed anche il carisma indubitabile di Luigi Gedda. Avrebbe potuto - come qualche agiografo ha cercato di far credere - diventare uno dei leader politici del nostro Paese, alla testa magari di un grande partito "clerical-conservatore". E dopo la grande vittoria del 18 aprile 1948, alla quale i suoi Comitati civici, nati pochi mesi prima su impulso di Pio XII, avevano contribuito in misura massiccia, anche se non determinante (la testimonianza di Andreotti in questo senso è esplicita), non si può escludere che qualche tentazione in questa direzione ci sia stata.

Ma già alla vigilia delle elezioni amministrative di Roma del maggio 1952, quando don Sturzo si espresse, pur tra notevoli perplessità e con la netta contrarietà di De Gasperi, per una lista di centro destra in grado di contrastare la sinistra, Gedda annota nelle sue memorie (pubblicate due anni fa da Mondadori col titolo 18 aprile 1948. Memorie inedite dell'artefice della scomparsa del Fronte popolare), pur sapendo del favore con il quale papa Pacelli guardava a questa iniziativa: "Escludo che l'idea fosse mia o dei Comitati civici". E con sua "grande sorpresa" annota che nella riunione della Giunta centrale dell'Azione quasi tutti i presidenti dei vari rami si erano dichiarati contrari all'"operazione Sturzo".

Non c'era la politica anche se più volte la Dc gli offrì un seggio senatoriale sicuro, nell'orizzonte di Luigi Gedda. Ciò che caratterizza il suo impegno nell'Azione cattolica (presidente nazionale della Giac dal 1934 al l946; poi degli Uomini cattolici dal 1946al l949 e quindi di tutta l'Azione cottolica italiana dal 1952 al 1959) è la grande, indiscussa fedeltà al Papa: a Pio XI prima e a Pio XII poi. E le novanta udienze che gli furono concesse (26 da papa Ratti; 64 da papa Pacelli) testimoniano di un rapporto fiduciario mai venuto meno in quegli anni drammatici che coprono il periodo prima e dopo la guerra e che non a caso si chiude con l'elezione di Giovanni XXIII e l'indizione del Concilio.

"Al tuo cenno, alla tua voce, un esercito all'altare" recita ancora l'inno della Giac e Gedda non ha mai avuto dubbi in proposito. La Chiesa ha a che fare con un nemico terribile che esclude Dio e lo Chiesa stessa; sono in discussione i valori cristiani nei quali l'Italia si è sempre identificata. Bisogna mobilitarsi pro aris et focis di fronte al pericolo comunista. Lo chiede il papa. E Gedda già nel settembre l94l mobilita a Bologna e poi a Roma centomila giovani e altrettanti uomini dell'Azione cattolica. I "baschi verdi" saranno ancora più numerosi a Roma nel 1952, suscitando qualche preoccupazione in e Gasperi che assiste alla sfilata da palazzo Chigi.

Ed è ancora la fedeltà indiscussa al Papa che spinge Gedda ad organizzare in tutta Italia e in tempi molto rapidi, a poche settimane dal 18 aprile, i Comitati civici. "Nell'udienza in Vaticano trovo il Santo Padre in apprensione". Pio XII - che vedrebbe di buon occhio una candidatura di Gino Bartali, grande ciclista oltre che cattolico tutto d'un pezzo - teme una vittoria del fronte popolare socialcomunista. E Gedda si mobilita come non mai. I Comiti civici continueranno ad operare fino alla metà degli anni '50.