|
"Qual falange di Cristo redentore, la Gioventù
cattolica è in cammino", cantavano nell'immediato dopoguerra i giovani
cattolici e in quest'inno ricco di termini militari si può riconoscere
il genio organizzativo ed anche il carisma indubitabile di Luigi
Gedda. Avrebbe potuto - come qualche agiografo ha cercato di far
credere - diventare uno dei leader politici del nostro Paese, alla
testa magari di un grande partito "clerical-conservatore". E dopo
la grande vittoria del 18 aprile 1948, alla quale i suoi Comitati
civici, nati pochi mesi prima su impulso di Pio XII, avevano contribuito
in misura massiccia, anche se non determinante (la testimonianza
di Andreotti in questo senso è esplicita), non si può escludere
che qualche tentazione in questa direzione ci sia stata.
Ma già alla vigilia delle elezioni amministrative
di Roma del maggio 1952, quando don Sturzo si espresse, pur tra
notevoli perplessità e con la netta contrarietà di De Gasperi, per
una lista di centro destra in grado di contrastare la sinistra,
Gedda annota nelle sue memorie (pubblicate due anni fa da Mondadori
col titolo 18 aprile 1948. Memorie inedite dell'artefice della scomparsa
del Fronte popolare), pur sapendo del favore con il quale papa Pacelli
guardava a questa iniziativa: "Escludo che l'idea fosse mia o dei
Comitati civici". E con sua "grande sorpresa" annota che nella riunione
della Giunta centrale dell'Azione quasi tutti i presidenti dei vari
rami si erano dichiarati contrari all'"operazione Sturzo".
Non c'era la politica anche se più volte la Dc
gli offrì un seggio senatoriale sicuro, nell'orizzonte di Luigi
Gedda. Ciò che caratterizza il suo impegno nell'Azione cattolica
(presidente nazionale della Giac dal 1934 al l946; poi degli Uomini
cattolici dal 1946al l949 e quindi di tutta l'Azione cottolica italiana
dal 1952 al 1959) è la grande, indiscussa fedeltà al Papa: a Pio
XI prima e a Pio XII poi. E le novanta udienze che gli furono concesse
(26 da papa Ratti; 64 da papa Pacelli) testimoniano di un rapporto
fiduciario mai venuto meno in quegli anni drammatici che coprono
il periodo prima e dopo la guerra e che non a caso si chiude con
l'elezione di Giovanni XXIII e l'indizione del Concilio.
"Al tuo cenno, alla tua voce, un esercito all'altare"
recita ancora l'inno della Giac e Gedda non ha mai avuto dubbi in
proposito. La Chiesa ha a che fare con un nemico terribile che esclude
Dio e lo Chiesa stessa; sono in discussione i valori cristiani nei
quali l'Italia si è sempre identificata. Bisogna mobilitarsi pro
aris et focis di fronte al pericolo comunista. Lo chiede il papa.
E Gedda già nel settembre l94l mobilita a Bologna e poi a Roma centomila
giovani e altrettanti uomini dell'Azione cattolica. I "baschi verdi"
saranno ancora più numerosi a Roma nel 1952, suscitando qualche
preoccupazione in e Gasperi che assiste alla sfilata da palazzo
Chigi.
Ed è ancora la fedeltà indiscussa al Papa che
spinge Gedda ad organizzare in tutta Italia e in tempi molto rapidi,
a poche settimane dal 18 aprile, i Comitati civici. "Nell'udienza
in Vaticano trovo il Santo Padre in apprensione". Pio XII - che
vedrebbe di buon occhio una candidatura di Gino Bartali, grande
ciclista oltre che cattolico tutto d'un pezzo - teme una vittoria
del fronte popolare socialcomunista. E Gedda si mobilita come non
mai. I Comiti civici continueranno ad operare fino alla metà degli
anni '50.
|
|