LA TENTAZIONE DELL'INTEGRALISMO
 
articolo di Paolo Franchi

da "Corriere della Sera" del 28 settembre 2000

 
 

Cavaliere non faccia cosi. Con tutto il rispetto per Luigi Gedda, che se ne è andato ieri quasi centenario, che senso ha dire di volerne raccogliere Il testimone? E, più ancora, che cosa significa volerne continuare la battaglia “in difesa della libertà” (e qui, grosso modo, ci siamo) ma anche “dei valori della nostra tradizione cristiana”?

Che molti di questi valori siano costitutivi della nostra civiltà, e del nostro stesso vivere quotidiano, è fuor di dubbio. Che vadano difesi nell’interpretazione gediana è infinitamente più discutibile. Con ogni probabilità persino da parte dei cattolici più fervidi, inclusi, forse, molti clericali. Di sicuro da parte dei laici, quale che sia il loro orientamento politico: ivi compresi, dunque, moltissimi elettori di Forza Italia e della Casa delle libertà, gente che non stravede per Comunione e liberazione, non sa nemmeno chi sia Gianni Baget Bozza, e difficilmente può appassionarsi all’idea di rilanciare, seppure in versione da Terzo Millennio, l’Italia dei Comitati civici.

Tra noi e quella Italia, che pure diede un contributo straordinario, forse decisivo, alla vittoria democristiana (e democratica) del 18 aprile 1948, ci sono cinquant’anni di storia, larghissimamente segnati dal cattolicesimo politico o, per essere più chiari, dalla Democrazia cristiana.

E, adesso che la Democrazia cristiana non c’è più, è ancora più doveroso riconoscere tra i suoi meriti fondamentali (pensiamo, in primo luogo, ad Alcide De Gasperi) proprio quello di essere riuscita, spesso se non proprio sempre, a tenere il più lontano possibile l’esercizio del governo e del potere dalla concezione integralistica, conservatrice, e per molti aspetti reazionaria, che con tutti i suoi meriti, un uomo come Gedda aveva del ruolo dei cattolici in politica.

Stupisce che di ciò sembri non avere piena coscienza Berlusconi. Sempre che si tratti del medesimo Berlusconi che in questi anni ha abilmente guidato Forza Italia nel Partito popolare europeo, e ha altrettanto abilmente operato per trasformarla in una grande formazione politica moderata, infischiandosene di chi lo accusava, per questo di “democriastianizzarla".

Un grande partito moderato è tutt’altra cosa da un partito clericale, e il suo leader è tenuto a maneggiare la storia patria, che è spesso materiale esplosivo, con straordinaria attenzione. Specie quando si candida, con notevoli possibilità di successo, alla guida di un Paese che di tutto ha bisogno fuorché del ritorno di storici steccati che si speravano caduti da un pezzo.

Cavaliere, non faccia così. Può anche darsi che la maggioranza degli italiani consideri, tuttora la lotta al comunismo “un dovere morale”. Ma non è proprio il caso di combatterla nel nome della “nostra tradizione cristiana”. Non abbiamo mai creduto che lei fosse un uomo di plastica. Ma fatichiamo ancora di più a immaginarla nei panni del Guerrigliero di Cristo Re.