LUIGI GEDDA UN CRISTIANO OBBEDIENTE
 
articolo di Piero Vassallo

da "Il Tempo" del 28 settembre 2000

 
 

La fedeltà alla cattedra di Pietro ha dato un senso all'esistenza terrena di Luigi Gedda. Cum Petro sub Petro, soleva dire. Con il papa e al comando del papa, attraverso una stagione della storia che sembrava premiare solo il dissenso, l'insalata di parole oscure ma audacissime, la fuga in avanti, verso le scene dell'arretratezza, la rivolta degli umili, incoraggiati dai poteri forti. La stagione dei teologi dispettosi ed effervescenti, che facevano il verso a Feuerbach, e che firmavano a polso sciolto i manifesti a favore di qualunque cosa fosse contraria alla dottrina cattolica: il socialismo di Fidel Castro e il preservativo, la lotta di liberazione di Pol-pot e il divorzio, i vietcong e l'aborto.

Una scelta difficile, l'obbedienza vissuta in mezzo al fracasso dell'opportunismo s-pensante e festante: Luigi Gedda, infatti, è stato lo zimbello dei neocristiani, quelli che volavano alto, che spruzzavano brillanti pensieri, che riscuotevano applausi dal potere culturale, dal quale erano poi delegati a sentenziare sull'intelligenza o la stupidità degli altri fedeli. Era inebriante il potere che apprezzava il Quoziente Intellettuale del ribelle e mortificava gli obbedienti. Gedda ha sopportato pazientemente il peso della "brutta figura", la satira che lo inchiodava nella parte ridicola del clericale conformista e sciocco. Le impietose vignette della rivista "Terza generazione". organo dell'intelligenza cattolica "aperta al nuovo", infatti, rappresentavano un Luigi Gedda dallo sguardo spento (e vestito da fascista, per significare la sua ottusa attitudine ad obbedire a Pio XII).

Se non che l'obbedienza è la più alta virtù cristiana. Nella Summa theologiae (II.a II.ae q. 186, a. 5), San Tommaso, al quale la "Fides et ratio", recentemente promulgata da Giovanni Paolo Il, ha confermato il titolo di Dottore comune della Chiesa, afferma che la più splendida virtù di Cristo è l'obbedienza. Per i fedeli Cristo è il modello, "che si è fatto obbediente fino alla morte e alla morte in croce". Irrisa, disprezzata e odiata dai nemici della Chiesa, l'obbedienza è l'unica arma spirituale capace di passare indenne attraverso la vicenda mondana. Non il teologo d'assalto, ma Cristo è il modello dei vincitori.

Ora Luigi Gedda ha rappresentato, con eroica umiltà, quella linea di pensiero e di vita cattolica che, sconfitta dall'effimero schiamazzo della cronaca, ha vinto la storia contemporanea. Gedda, e prima di lui Paolo VI, Giuseppe Siri, Alfredo Ottaviani, Nino Badano, Cornelio Fabro, Guido Gonella e tutti coloro che in angustia hanno atteso il risveglio della Cristianità, dopo gli anni fumosi dell'umiliazione.

Cosa ne è infatti del dissenso cattolico, che scommetteva su Stalin o su Breznev, che si opponeva alle illuminate direttive di Pio XII, che contestava l'insegnamento di Paolo VI in materia di morale sessuale? Per correre incontro al vincitore del momento, i dissenzienti hanno voltato le spalle alla storia. Sono caduti nel ridicolo. La Zarri, ad esempio: oggi non le rimane altro che usare come megafono l'angolo sordo e desolato in cui giace il partito della rifondazione comunista. E l'impetuosa Rosy Bindi, che rivendica gli splendori della gestione oligarchica, per mezzo della quale l'Azione Cattolica dai tre milioni di iscritti dei tempi di Gedda è passata ai duecentomila mestamente radunati intorno a Pier Luigi Castagnetti per la sepoltura del progressismo.

La memoria di Gedda, invece, è consegnata al linguaggio dei vincitori, che si gloriano del nome di Cristo. E il paradosso del Cristianesimo: coloro che il mondo giudica stolti sono sapienti, e coloro che il mondo giudica sapienti sono stolti. I giovani del raduno di Tor Vergata, una manifestazione di vitalità spirituale, in tutto simile a quelle che, negli anni Cinquanta, quando erano organizzate da Luigi Gedda, sono la figura della storia che esce dall'incubo dell'ateismo. La Chiesa trionfa sulla stupidità degli storicisti. E Gedda, che dalla stupidità in parrucca fu a lungo umiliato, è vissuto abbastanza per vedere il tramonto delle contestazioni e il ritorno delle folle al Papa.