NELL'INFINITAMENTE PICCOLO DELLA MATERIA CERCÒ L'INFINITAMENTE GRANDE DEL SEGRETO DELLA VITA.
 
articolo di Gianni Brenci

da "L'Osservatore Romano " del 28 settembre 2000

 
 

Era il 23 gennaio 1961 e, nella prolusione inaugurale della nuova Cattedra di Genetica Medica presso l'Università di Roma, il prof. Luigi Gedda pronunciò queste parole. "Che anche la Genetica abbia la sua partenza nella parola di Dio, è chiaro più che per altre sapienze umane. Basta rivolgersi a quel libro che si chiama Genesi, per trovarvi la genesi della Genetica umana, là dove Dio disse: Facciamo l'uomo a nostra immagine, secondo la nostra somiglianza, e poi ad Adamo e ad Eva: Siate fecondi e moltiplicatevi".

L'omaggio a Dio Creatore, colui dal quale come pure disse Gedda dipendono leggi e fenomeni della Genetica, è quanto mai indicativo della personalità di un eminente scienziato che, nel corso della sua lunga vita, ha più volte visto intrecciarsi la sua convinzione religiosa con la rigorosa applicazione professionale. Senza intrusioni l'una nel campo dell'altra, ma con un evidente e reciproco stimola rsi che ha portato negli anni a frutti copiosi.

Richiamare infatti tutti i titoli accademici ed onorifici del professore, sarebbe perlomeno tedioso in questa sede: tanti essi furono e molti prestigiosi. Lo spazio di un articolo non è certo sufficiente. Sufficiente è però a ricordare, sempre per sommi capi, i maggiori contributi lasciati dal professor Gedda alla comunità scientifica internazionale.

Circa quarant'anni di lavoro e di studio sono stati condivisi da chi scrive con Luigi Gedda. Esperienza unica il poter essere stato al fianco di un luminare del suo calibro. Unica non solamente per l'arricchimento scientifico che naturalmente ha comportato, ma anche per la singolare umanità del professore. Amante della libertà di pensiero, egli fu prima di tutto rispettoso della libertà altrui, compresa quella dei suoi allievi: il professore ti lasciava sempre parlare, anche quando si sosteneva una teoria errata. Sapeva ascolta- re. Poi alla fine, con grande rispetto, se era il caso ti correggeva, ma sempre premettendo un umile "io credo che...", "Io penserei invece..."

Qualità umane quindi, abbinate a una chiara grandezza scientifica. Questo è del resto non solo la personale esperienza di chi ora lo ricorda con commozione, ma anche la testimonianza dell'intera vita del professor Gedda.

Nato a Venezia nel 1902, ma cresciuto intellettualmente a Torino, Luigi Gedda si laureò in Medicina e Chirurgia nel 1927, presso la cattedra del prof. Delle Piane, dove rimase a lavorare fino a diventare assistente.

Qualche anno e il suo impegno religioso prese il sopravvento sull'attività scientifica. Nel 1933 Gedda venne chiamato a Roma da Pio XI per collaborare al rilancio dell'Azione Cattolica che, in quegli anni, aveva vissuto momenti piuttosto burrascosi. In quel periodo egli si occupò prevalentemente della gioventù dell'Azione Cattolica. La sua attività scientifica venne da ciò fortemente limitata, anche se il suo prodigarsi all'interno della Chiesa e la sua propensione a spendersi gratuitamente in aiuto degli altri lo portarono infine a una grande svolta professionale.

Fu infatti dopo il conflitto mondiale, mentre il prof. Gedda svolgeva attività di tipo volontaristico, che si sprigionò la scintilla destinata a proiettare la Genetica al centro dello sviluppo della scienza medica in Italia. Egli infatti prestava gratuitamente assistenza a Roma presso il Patronato di s. Giuseppe. Durante le sue visite il professore incontrò una famosa coppia di gemelli, chiamati Romolo e Remo. E quell'incontro rivestì un'enorme importanza. In quel periodo infatti Gedda si stava interessando del sistema glutationemico e si rese conto che le variazioni da frazione ossidante a frazione ridotta del glutatione nei gemelli sono molto simili. Un particolare questo che diede inizio al suo interesse per il fenomeno gemella re, facendogli rendere conto che esso nelle scienze biomediche poteva essere di grande utilità.

Non a caso la Gemellologia nacque prima della Genetica, nel 1875, con i famosi studi di Francis Galton (il nipote del buon Darwin), che giunse a stabilire l'uguaglianza del genoma nei gemelli monozigoti. Ma è pur vero che agli inizi le metodologie erano poco accurate. Fu proprio il professor Gedda, attraverso l'osservazione del glutatione ematico nelle coppie di gemelli monozigotici a rilanciare una nuova e feconda stagione per la Genetica.

Con l'aiuto del professor Frugoni, Gedda diede vita a un Centro di Studio Gemellare che innanzi tutto portò, nel 1951, alla pubblicazione di "Studi dei Gemelli" (Ed. Orizzonte Medico), notevolissimo lavoro di classificazione tematica, comprendente anche una bibliografia accurata di tutti i lavori gemellari che erano stati pubblicati nel mondo fino a quel momento. Un volume che rimescolò completamente le a que in tutto il panorama scientifico.

Nel 1952 viene fondata da Gedda la rivista internazionale "Acta Geneticae Medicae et Gemellologiae". Atto che viene poco dopo seguito dalla fondazione a Roma, nel 1954, dell'Istituto di Genetica Medica e Gemellologia "Gregorio Mendel".

Fu così che Gedda entrò a buon diritto al centro dell'interesse scientifico internazionale. Nel settembre del 1961 organizzò la Seconda Conferenza Internazionale di Genetica Umana (che poi grazie a lui si sviluppò in una lunga serie di congressi), venendo in questo modo a contatto con i gruppi di ricerca genetica più avanzati nel mondo. E qui che s'inserisce uno dei meriti fondamentali della carriera di Luigi Gedda: l'aver mostrato in quel periodo al mondo medico italiano l'importanza e il peso della Genetica. Fino a quel momento in Italia non esistevano cattedre di Genetica Medica. Sotto l'impulso di Gedda venne invece bandito il primo concorso di Genetica Medica, presso l'Università di Roma. Gedda, che dal 1956 era Incaricato di Genetica Medica, vinse questo primo concorso superando professori come Fraccaro, Cavalli Sforza e Siniscalco.

Il 1961 fu il vero anno d'oro del professor Gedda che cominciò allora a scrivere un testo in più volumi, il "Trattato di Genetica Medica", con la collaborazione dei migliori genetisti mondiali. Fu sempre poi nel già citato Congresso del 1961 che Gedda parlò (primo al mondo) dei geni come entità che hanno una propria vita media. Con parole semplici ma incisive: "Come nei dolci del compleanno diceva il professore - così in ogni suo stadio la vita dell'uomo può essere rappresentata da molte candele, con questa differenza, che le candele sono tutte presenti in occasione della nascita... Un aspetto del gene sul quale voglio attirare la vostra attenzione è la dimensione del suo tempo, ossia il periodo di vita del gene; infatti ogni gene ha una carica quantitativa e qualitativa determinata nel tempo. Se accettiamo il paragone della candela, bisogna dire che ogni candela ha la sua lunghezza, e che la variabilità di questa lunghezza è ereditata e individuale se non interviene il soffio della malattia a spegnerla".

L'impulso dato da Gedda alla ricerca genetica in tutto il mondo fu rilevante da allora e per gli anni successivi. Nel 72, ad esempio, indisse il I Congresso di Studi Gemellari nel quale venne fondata la I. S. T. S. (International Society for Twin Studies) che, tramite gruppi di lavoro, sviluppò importanti settori di ricerca.

Anche per Gedda lo studio dei gemelli continuò ad essere la direttrice principale del suo apporto alla Genetica. Egli, in particolare, analizzò le differenze tra gemelli dizigoti e monozigoti, e quelle all'interno degli stessi monozigoti.

Bisogna sapere che la vita nell'ambiente endouterino rivela spesso diverse sorprese, fra cui anche la possibilità di una "competizione" per la sopravvivenza fra gli stessi gemelli. Competitività che può alterare l'identità genotipica e causare anche l'insorgenza in età adulta di varie patologie.

Gedda riflette su ciò e ritorna più volte sulla sua idea della vita media del gene, trovando varie conferme. Arrivò alla conclusione che la "morte del gene" è responsabile della fine delle attività informatiche di quel gene e a seconda della necessarietà dell'azione di quel gene emergono malattie croniche. Probabilmente la somma e l'interazione di queste malattie è la causa dell'invecchiamento e della morte dell'individuo. In pratica l'invecchiamento e la morte, secondo questo modello, sarebbero il frutto dell'esaurirsi della stabilità genica, dell'incapacità dei geni di restare uguali a se stessi.

Su quest'argomento Gedda condusse diverse riflessioni, sia di tipò patologico (esaminando la sincronicità dell'insorgenza di certe malattie ereditarie nelle coppie di gemelli), sia di tipo fisiologico (confrontando i singoli metabolismi dei gemelli e rilevandone le affinità).

Io stesso ho lavorato a lungo con il professore per definire i parametri della stabilità dei geni (in termini tecnici: sinonimia, ridondanza e riparazione). I risultati di questi studi sono oggi comunemente accettati. E pensare che il primo a parlarne fu Gedda ben 39 anni fa (1961)! Considerando gli enormi e frenetici passi in avanti compiuti dalla scienza negli ultimi decenni, emerge chiaramente l'importanza e il valore dell'intuizione del professore che oggi ricordiamo.

Una figura di rilievo quindi, a cui il inondo scientifico non può che manifestare riconoscenza e dalla quale chiunque, anche il più semplice lettore, non può non rimanere affascinato: è il fascino emanato da una lunga vita spesa a rincorrere, nell'infinitamente piccolo della materia, 1'infinitamente grande del segreto della vita.