"...E mi capitò una grande avventura, la più
grande della mia vita. Conobbi un medico di 28 anni: forte, bello,
leale, dominatore. Stare con lui era per me un paradiso. Quando
guardava i miei occhi sentivo il bisogno di essere buono. Un giorno
m'invitò in clinica dove era assistente. Lo trovai in un reparto.
Mi fece indossare un camice bianco come se fossi anch'io un medico
e capii che faceva così per essere più tranquillo a parlarmi lungo
le corsie senza turbare i malati e le suore.
Mi condusse nella chiesetta dell'ospedale e la
nostra intimità incominciò facendo assieme la Via Crucis. Poi mi
parlò della Gioventù di Azione Cattolica lungo i letti degli ammalati.
Io bevevo le sue parole come il morente aspira
l'ossigeno.
Diventati amici, m'invitò a colloquio a sera
quando usciva dall'ospedale. Andavo a lui col cuore che mi batteva
come un innamorato. Difatti s'accendeva in me un grande amore.
Il giovane medico mi parlava di Dio come nessuno
mi aveva mai parlato, mi parlava di Gesù come del suo primo amico
al quale mi avrebbe presentato. Ricordo tutte le parole che mi disse
in quell'inverno lungo la spalletta del Po in quei colloqui.
Con lui il soprannaturale prendeva consistenza
nel mio animo. Dio mi pareva di toccarlo; soprattutto Gesù diventava
reale; a tratti mi sembrava di vederlo passeggiare con noi.
- Hai mai pensato - mi diceva - che anche noi
professionisti, medici, ingegneri, avvocati possiamo desiderare
la santità? Hai mai pensato che anche noi laici dobbiamo essere
assetati di anime e buttarci all'apostolato con l'ardore dei primi
cristiani? Trasformare la nostra casa in cella dove dobbiamo santificarci
e le vie della nostra città in corridoi del nostro convento?
Che colpi mi dava al cuore all'aprirsi di sì
vasti orizzonti! Così mi parlava e io m'innamorai dell'apostolato.
Avrei voluto balzare su un tavolo in mezzo alla
piazza e parlare ai miei fratelli di Dio.
Per anni conobbi la gioia della propaganda giovanile
di Azione Cattolica. Dopo il lavoro, in bicicletta, in treno, in
calesse, in auto andai a cercare giovani. Non passai più un sol
giorno festivo a casa: bisognava andare andare andare.
Conobbi migliaia e migliaia di giovani, contadini,
operai, studenti, professionisti: il nostro ideale era di far cristiano
il mondo.
Oh incantevoli ritorni dai raduni lontani cogli
occhi che si chiudevano per la stanchezza mentre si recitava il
rosario sull'auto federale coi fratelli di fede!
Oh notti di passione trascorse ad organizzare,
a scrivere, a discutere!
Oh incontri con anime assetate di azione! Come
m'avevate fatto dimenticare i giochi, la musica, la pittura, la
donna!
Il giovane medico che vegliava su me come un
forte fratello, una sera tornò a invitarmi lungo la spalletta del
Po. Andai.
Avevo anch'io ora qualcosa da dire, da raccontare.
Parlai di apostolato come di una cosa oramai fatta mia, come di
una cosa che mi avrebbe riempito totalmente la vita.
Il giovane medico teneva sulla mia spalla la
sua buona mano e quel contatto mi elettrizzava: sarei andato in
capo al mondo con lui. Sotto, l'acqua correva cheta cheta.
- Carlo, - mi disse - solo Dio riempie totalmente
la vita. Solo Lui ci basta. Neanche del bene dobbiamo innamorarci,
ma solo di Dio. - Innamorarci solo di Dio! Questa frase detta laggiù
lungo il viale del Po, sotto i fanali che di notte conoscevano solo
le coppie degli innamorati, mi si piantò in testa e non volle più
uscirne.
Innamorarmi di Dio? Quale avventura prodigiosa
per un povero cuore di uomo! Cercai il volto di Dio servendomi di
due lampade che m'aveva indicato l'amico: la comunione quotidiana
e la meditazione.
Mangiare Dio e pensare a Dio...".
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