LEADER DIMENTICATO DELL'ITALIA PROFONDA
 
articolo di Aldo Di Lello

da "Il Secolo d'Italia " del 28 settembre 2000

 
 

L'unica volta che Luigi Gedda ruppe il cinquantennale silenzio in cui s'era rinchiuso dopo la vittoria elettorale anticomunista del 1948 fu due anni fa, quando l'ex leader dei Comitati Civici affidò la sua testimonianza politica a un libro di memorie dedicato a quello storico 18 aprile e, soprattutto, a quello che successe subito dopo.

il principale protagonista del trionfo democristiano si tolse dalla scarpa, in quell'occasione, tutti i "sassolini" (ma sarebbe più esatto parlare di "macigni") di cui non aveva voluto (o potuto) liberarsi per mezzo secolo.

Ricordò l'ingratitudine di De Gasperi e della Dc: il "ringraziamento" ufficiale di Piazza del Gesù per quello che Gedda aveva saputo fare nel 1948 venne solo nel 1952 attraverso una cerimoniosa lettera di Gonella. Ricordò l'apprensione di Pio XII per una possibile deriva filo-comunista e progressista del mondo cattolico: in un'udienza privata del giugno '52, il Pontefice constatò amaramente come l'"Azione cattolica non fosse più nostra". Ricordò la progressiva disattivazione dei COmitati Civici da parte di una classe dirigente, quella democristiana, che poteva vedere come il fumo agli occhi quella struttura di cattolici fieramente anticomunisti che si battevano contro la tentazione per la resa morale, l'indifferenza, il disimpegno che ogni tanto si affaccia nell'animo dell'Italia moderata.

La storia di Gedda è la storia di un grande illustre "rimosso" della vita politica italiana. E' la vicenda di un rimpianto. Il rimpianto per la mancata nascita, già negli anni Cinquanta, di un grande blocco cattolico, nazionale e moderato che avrebbe potuto guidare la modernizzazione italiana contrastando con efficacia la Sinistra, certo forte e organizzata, ma che è sempre rimasta minoritaria nella società italiana.

Luigi Gedda era il leader "naturale" di quella "Italia profonda" che ha trovato la sua casa politica solo negli anni Novanta, con la nascita del Polo delle Libertà. Il Paese di Gedda era liberale in economia ma conservatore nei valori. Era l'Italia anticomunista, non per faziosità ideologica, ma perchè avvertiva il senso di una profonda estraneità del marxismo-leninismo, non solo all'idea della libertà, ma anche ai valori della propria civiltà nazionale.

Il rifiuto, da parte della Dc fanfaniana prima e morotea poi, di interpretare fino in fondo questi valori è ciò che spiega il progressivo smantellamento dell'opera di Gedda e la costante democristiana di alzare muri a destra e spalancare porte a sinistra.

Nel lungo, amaro silenzio del "grande rimosso" si scorge il paradosso di un Paese che riuscì a vincere una guerra politica, ma che poi ebbe paura di vincere la pace sociale.

Le "pinzòchere" e le "vecchie zie", che si erano mobilitate nel '48, non uscirono più di casa. E i "trinaricuti" divennero a lungo (troppo a lungo) i padroni della piazza.