Chapeau! Levo il cappello con il mio orgoglio
di allora, militante comunista che il 18 aprile 1948 era segretario
di Palmiro Togliatti e membro del Comitato centrale, dinnanzi alla
memoria dell'indomito Luigi Gedda, responsabile dei Comitati civici.
Essi furono gli autentici vincitori della battaglia contro il comunismo
e l'ostacolo maggiore alla sua diffusione.
Togliatti, che ingenuo non era, comprese immediatamente
che l'intervento dei Comitati civici comprometteva le sorti del
Fronte democratico popolare ed espresse immediatamente la sua preoccupazione
per la battaglia che egli non considerò mai favorevole al Pci.
Nelle varie riunioni della Direzione del partito
durante le elezioni, egli espresse con il solito oggettivismo mescolato
a disprezzo per l'avversario, l'opinione che l'intervento dei Comitati
civici cambiava nettamente la qualità delle elezioni.
Finché si tratta, disse, di controbattere ai
vari oratori di piazza come il gesuita padre Lombardi, che ai microfoni
e su Civiltà cattolica agitava il comunismo come uno spettro, è
una cosa. Altra cosa è quando il Papa scende in campo e chiede la
mobilitazione di tutte le forze del cattolicesimo.
La posta in gioco è cambiata, continuò Togliatti:
non si tratta più di scegliere fra l'America e l'Urss, ma per Cristo
o contro Cristo, ossia fra laici e cattolici, fra elettori animati
dalla fede cattolica ed elettori non credenti o indifferenti.
La Direzione fu colpita da questa osservazione
e si dedicò con maggiore lena all'impegno che le stava a cuore:
sottrarre voti all'alleato socialista e aumentare il numero dei
deputati comunisti. I deputati socialisti furono infatti ridotti
da 115 a 50.
Il ragionamento di Togliatti fu lineare e inesorabile.
Egli evitò accuratamente di citare o, peggio, di attaccare in pubblico
Luigi Gedda per tutto il corso della rovente campagna elettorale
e concentrò i suoi strali, sovente smodati e triviali (come durante
il comizio di chiusura a San Giovanni in Laterano, quello delle
"scarpe chiodate" da usare contro il leader dc), contro il Partito
della Democrazia cristiana. Egli era infatti consapevole che il
linguaggio agitatorio doveva essere usato per galvanizzare l'elettorato
e, soprattutto, per far credere alle frange estremiste del Pci che
contro il regime democristiano bisognava avere la mano ferma e non
collaborativa.
Ma egli era altresì consapevole che lo sbocco
insurrezionale era impedito da una nuda circostanza: l'Unione Sovietica
non lo voleva. Gli accordi raggiunti tra le potenze vincitrici (Usa,
Gran Bretagna e Urss) avevano sancito la spartizione consensuale
del mondo, assegnato l'Est europeo e parte dei Balcani all'Urss
e fissato il confine geopolitico a Trieste. Questo legame di ferro
di Togliatti con Stalin non fu mai trasgredito. Oltretutto, la scelta
armata compiuta in quegli anni in Grecia dai dirigenti, comunisti
Markos e Zachariadis per spostare con le armi la collocazione del
loro Paese dall'area occidentale a quella sovietica, si era conclusa
con una sconfitta di tali definitive proporzioni da sconsigliare
ogni tentativo del genere.
Questo non significò che il Partito comunista
non rinunziasse a propositi e ad azioni criminali, eseguisse vere
e proprie vendette classiste . e gestisse il periodo post-resistenziale
come un continuato fatto di sangue. Questo significò, ed è molto,
che laddove veniva discussa la politica del Pci, cioè nelle sedi
in cui contava l'egemonia di Togliatti, il ragionamento era più
sottile, raffinato, perverso per la sua doppiezza.
Gedda ruppe l'equilibrio e l'ordito che il Pci
era andato tessendo con la, Democrazia cristiana, con la quale era
al governo. Fece delle parrocchie l'equivalente sul territorio delle
cellule comuniste. Tutt'altro che disposti ad accettare la sconfitta
del 18 aprile, i dirigenti comunisti finirono col considerare i
Comitati civici come un ostacolo insormontabile e cercarono di trarne
qualche vantaggio. Essi osservarono che Gedda aveva procurato una
rottura acuta nelle file della Democrazia cristiana, un'erosione
della leadership di De Gasperi, peraltro incalzato dalla corrente
di Dossetti e dai Centri di preparazione sociale che erano nelle
mani di uomini ispirati alla dottrina di Maritain.
Da qui la polemica aperta di De Gasperi con il
papato e con Gedda, come in varie occasioni ha sempre osservato
e scritto quel testimone rilevante che è Andreotti. È lo stesso
Andreotti a riportare un dialogo tra il presidente del Consiglio
e chi gli vantava l'interesse democristiano ad affidarsi ai Comitati
civici. ((Non si deve far tornare Mussolini" disse De Gasperi, alludendo
ai toni estremi dei Comitati civici; e alla replica: "È meglio Mussolini
di Stalin", egli controbiettò: "Meglio né l'uno, né l'altro".
Parlando al telefono quest'estate con Luigi Gedda,
ho avuto occasione di ripercorrere quegli anni che furono salutari
per la scelta occidentale dell'Italia. "Dobbiamo vederci", mi disse
con una voce ferma e risoluta. E con padre Lucio Migliaccio, allora
assistente ecclesiastico dei Comitati civici, abbiamo rivisitato
quei tempi e quelle memorie che sancirono la straordinaria presenza
della loro organizzazione, silenziata poco dopo dallo stesso mondo
cattolico. Ne parlammo assieme con animo disteso: loro i vincitori
di un'epoca, noi - i comunisti di allora - gli irrimediabili sconfitti.
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