LA STORIA DISTORTA
 
articolo di Ernesto Preziosi

da "Sir" del 4 ottobre 2000

 
 

Alcuni commenti giornalistici, tra cui la risposta ad un lettore nella rubrica di Indro Montanelli sul Corriere della Sera del 30/9, hanno descritto Luigi Gedda come un "cattolico integralista". Ecco la risposta di Ernesto Preziosi, vice presidente dell'A zione Cattolica Italiana.

La morte di Luigi Gedda, che con i suoi 98 anni ha attraversato il secolo, ha dato occasione ai giornali di tornare su pagine cli storia recente, in cui la presenza dei cattolici ha avuto un ruolo decisivo. In particolare in tanti hanno puntato il riflettore su quel 18 aprile 1948, su quella consultazione elettorale che consentì, con l'affermazione democristiana, la premessa per la ricostruzione e per lo sviluppo economico del nostro Paese. E soprattutto assicurò che ciò avvenisse in un quadro di libertà. A quella vittoria, come è noto, contribuì in maniera determinante l'orientamento espresso dalla Chiesa e la mobilitazione del mondo cattolico organizzato; mobilitazione che avvenne in gran parte attraverso i Comitati Civici, inventati da Gedda. Uno strumento che rischierà in seguito più di una ambiguità, specie nel rapporto con la Dc che intanto andava radicandosi sul territorio, ma che in quel momento fu senz'altro una originale intuizione che consentiva un impegno "mediato" dei cattolici nell'agone politico senza coinvolgere in presa diretta l'associazionismo a carattere religioso.

Perché allora in questi giorni tanti commenti giornalistici hanno riproposto il Gedda "integralista" dei Comitati Civici? E perché molti giovani sanno poco o nulla di quella pagina di storia? Perché nel nostro Paese e sempre più evidente la necessità di una nuova stagione storiografica. Non si tratta tanto di seguire i revisionismi dell'ultim'ora, quanto di promuovere una ricerca libera dalle cortine ideologiche che ne hanno velato pesantemente l'ottica.

Il caso di Gedda è emblematico. Di una vita lunga spesa con singolare creatività nella costruzione di un movimento cattolico organizzato che si confrontava - nel secolo delle masse - con i grandi movimenti ideologici, sembra rimanere solo una lettura, tutta politica, affidata ad un integralismo cli segno conservatore.

In realtà il percorso di Luigi Gedda è quanto mai ricco e interessante, soprattutto se lo sappiamo guardare dal punto di vista della storia religiosa, la sua esperienza principale, la cifra che rivela l'uomo e che coincide con la graduale presa di coscienza del laicato cattolico. Un laicato che, aggregatosi nella seconda meta del 1800, saprà costruire un percorso di consapevolezza fatto di formazione, di studio, di preghiera, un percorso capace di favorire la partecipazione di vaste schiere di uomini e donne di ogni età, alla vita della Chiesa. E questo anche attraverso un legame stretto, diretto, con il Papa.

Verso il Papa Gedda ebbe - come ha notato don Arturo Paoli, antico assistente della Giac - una "ostinata fedeltà" che, a ben vedere, esprime l'ecclesiologia del Vaticano I, la nota di una ecclesialità senza riserve che favorisce una adesione spirituale, ma anche dell'intera vita alla Chiesa. Attraverso l'Ac, e anche attraverso l'azione di Luigi Gedda, questa fedeltà divenne patrimonio comune di migliaia di laici cristiani con frutti impensabili e "moderni" di dedizione e di consacrazione nel mondo. Tutto ciò fu possibile anche grazie a una formidabile capacità organizzativa: una dote da lui spesa con grande fantasia nell'inventare e nel realizzare occasioni, strumenti metodologici e strutture con cui irradiare di una presenza cristiana la società. L'organizzazione era più che mai necessaria a una associazione che, come l'Ac, voleva essere popolare. Nel caso di Gedda si è voluto spesso leggere questa caratteristica in chiave negativa, come trionfalismo, come massificazione. Anche qui non ponendo attenzione a come dietro quei raduni ci fosse in realtà non solo apparato, ma capacità di formare capi]larmente le persone.

L'Ac degli anni '50, quella che nel 1957 raggiunse i tre milioni e mezzo di aderenti, è stata di fatto, con le sue campagne formative, la preparazione remota che consentirà un'accoglienza diffusa della grande stagione conciliare nella Chiesa italiana. Una storia religiosa allora, una storia capace di aprire il cuore di milioni di credenti anche verso una attenzione medita alle sorti del Paese. L'Azione Cattolica, di cui Gedda fu a lungo militante e fervoroso dirigente è stata anche, proprio in virtù della sua formazione religiosa, scuola di virtù civiche, avviando masse, che probabilmente ne sarebbero rimaste estranee, verso una più cosciente cittadinanza. Certo poi ci sono le scelte diverse, le differenti sensibilità personali, il peso del carattere dei singoli che favorisce o rende difficile il comunicare. Ma questa è storia di ieri e storia di oggi in qualunque movimento. Vicende, fatti, atteggiamenti personali che chiedono di essere studiati e maggiormente conosciuti.

Oggi più di un politico si è affrettato a rivendicare il testimone da Gedda. Quel testimone esiste, ma esiste già chi può prendere quel testimone: è il laicato cattolico, specie quello organizzato (l'Ac in particolare). Un laicato che dalla biografia di Gedda, come dalla storia del '900, si trova ad ereditare una sfida, ma anche una grande responsabilità, per una presenza consapevole nella Chiesa e nella società.