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Dire compiutamente di Gedda e delle opere da
lui compiute durante la sua lunga vita è cosa ardua, se non addirittura
impossibile. E non meno facile è farlo con aderenza alla verità.
Molto è stato scritto e detto di lui nei giorni scorsi, dopo la
sua morte. Cosa che non è avvenuta, soprattutto nei confronti della
iniziativa promossa da Gedda nel 1948, quando Pio XII lo invitò
ad occuparsi delle elezioni politiche, temendo la vittoria del Fronte
popolare.
Ho conosciuto Luigi a Torino nel 1932 e gli sono
stato vicino fino alla sua scomparsa. Suo padre Giacomo, era ispettore
di Dogana ed ebbe vari trasferimenti di sede. Venezia, dove nacque
Luigi, Modane, dove, quattro anni dopo, nacque la sorella Maria,
Torino, dove, nel 1918, morì la moglie, Maria Calderoni, anima santa,
che accettò la morte precoce, dicendo "Se Gesù così vuole, perché
non lo voglio anch'io?". A Torino Luigi conobbe la Gioventù cattolica
attraverso l'avvocato Torriani, che era presidente regionale e che
lo nominò segretario.
Nel 1918 il padre, che si era risposato, venne
trasferito a Milano. Qui entrò in contatto con la gioventù cattolica
ambrosiana, conobbe Mons. Olgiati e Padre Gemelli, si iscrisse alla
facoltà di medicina, che frequentò a Pavia per i primi tre anni.
Il quarto anno lo fece a Milano e gli ultimi due a Torino, laureandosi
nel 1927 a pieni voti con lode pubblicazione della tesi.
Durante questo periodo, Gedda fu per un triennio
presidente diocesano della gioventù cattolica di Novara e scrisse
in collaborazione con Giulio Pastore Gioventù pura, un libro di
200 pagine nel quale viene sintetizzata l'organizzazione della gioventù
cattolica diocesana.
Quando incontrai Gedda ero iscritto al secondo
anno di giurisprudenza, facoltà che avevo scelto senza una esplicita
vocazione. Ero presidente dell'associazione giovanile di Moncalieri,
dove avevo frequentato come esterno il collegio Carlo Alberto, diretto
dai barnabiti, per il ginnasio e il liceo, facendo amicizia con
un avvocato (e queste forse influì sulla mia scelta) cattolico esemplare,
che dirigeva l'associazione degli ex allievi salesiani.
Ero anche iscritto alla Fuci di Torino.
Affascinati dal suo
carisma
L'incontro con Gedda determinò una trasformazione radicale della
mia vita. Egli mi convinse a cambiare facoltà, iscrivendomi a medicina
e mi inserì nella Federazione della gioventù di azione cattolica,
di cui era presidente diocesano, come delegato aspiranti. E quando,
nel 1934, Pio XI lo nominò Presidente Centrale della Gioventù, mi
volle a Roma come segretario, primo di una schiera di collaboratori,
affascinati dal suo carisma.
Dopo i fatti del 1931, quando il regime fascista
sciolse i circoli della Gioventù maschile e femminile e quelli della
Fuci e Pio XI reagì con straordinaria fermezza, scrivendo in italiano
l'enciclica "Non abbiamo bisogno", che consentì la loro riapertura
dopo tre mesi, con l'adozione di alcune modifiche di scarsa rilevanza,
ebbe inizio un periodo particolarmente fecondo per l'Azione cattolica.
Durante la presidenza Jervolino erano stati organizzati
gli aspiranti, per i quali Negroni, il mitico Ambrogio Campanaro,
tracciò la famosa regola (l'aspirante è primo in tutto, per l'onore
di Cristo Re...) e usciva il "giornale più bello del mondo", L'Aspirante,
con gli articoli spumeggianti di Ambrogio Campanaro.
Gedda, dal 1934 al 1946, impegnò la sua acuta
intelligenza, la fervida fantasia e la forza trascinatrice del suo
esempio, per galvanizzare la Gioventù, con tutta una serie di iniziative
in varie direzioni; specializzazioni orizzontali e verticali, pellegrinaggi,
stampa anch'essa specializzata, gara annuale di cultura religiosa,
collane di libri sfornati dall'editrice AVE, giornate di studio,
e di meditazione, campagne annuali col titolo di "Forti e puri",
"Vita parrocchiale", "Santificazione della festa", "Vivere la Cresima",
"La vita interiore", "Il corpo mistico". Scriverà Gedda "L'impresa
non era facile, anche perché il regime sapeva e poteva manovrare
con arte sottile le armi della propaganda nazionalistica che avevano
nel sentimento del giovane un piglio innegabile, reso più efficace
dal mordente della buona fortuna, che per molti anni accompagnò
il fascismo. Bisognava potenziare la Gioventù sul piano spirituale,
rendendola per quanto possibile, incomprensibile ai gerarchi e inafferrabile
alla polizia. Le specializzazioni vennero presentate come aridi
schemi pedagogici irti di sigle e gravitanti sulle realtà immateriali
della vita soprannaturale. In questo modo, il fascismo pensava che
la Gioventù fosse insabbiata e non si rendeva conto che tubi di
esplosivo spirituale venissero collocati in centinaia di migliaia
di anime. A questa scuola, che solamente gli spiriti superficiali
possono sottovalutare, crebbero generazioni di giovani guidati a
raccogliere i frutti più rari ed a raggiungere le mete più ardite".
Cresceva di anno in anno il numero degli iscritti,
ardeva l'entusiasmo, si ingigantiva l'amore al Papa, ai Vescovi,
alla Chiesa. Lo scoppio della seconda guerra mondiale segnò una
tremenda battuta d'arresto. Le associazioni si svuotarono, lo stesso
Gedda venne mobilitato, come chi scrive, molti caddero prigionieri
e vennero deportati nei campi di concentramento e moltissimi non
tornarono. Quelli rimasti a Roma vennero occupati nell'Ufficio informazioni
aperto in Vaticano per dare notizie dei combattenti alle famiglie
in ansia per la loro sorte.
La ripresa della
vita democratica
Terminato l'immane flagello, caduto il fascismo, iniziava la ricostruzione
materiale del Paese e la ripresa della vita democratica, alla quale
l'Azione cattolica fornì i suoi elementi più preparati ed idonei.
Gedda si preoccupò di ristabilire i contatti
prima con le Diocesi del Sud e poi con quelle del Nord, man mano
che la liberazione procedeva. Nel luglio del 1944 fondava a Roma,
con un gruppo di colleghi, tra i quali chi scrive, l'Associazione
dei medici cattolici, che sotto la sua guida ebbe un rapido ed efficace
sviluppo, e svolge tuttora un importante lavoro di fronte ai problemi
posti a getto continuo dalla biotecnologia e dall'ingegneria genetica.
Nel 1946 Gedda veniva sostituito alla Gioventù
da Carretto e passava, seguito da me, che mi ero appena sposato,
alla presidenza degli uomini di Azione cattolica, l'associazione
nata nel 1922, ad opera di Pio XI.
Come al tempo della Gioventù, quando Gedda trovò
accanto a sé come Assistente l'indimenticabile Mons. Sargolini,
così avvenne nell'unione Uomini, dove ebbe validissimo aiuto dall'allora
Mons. Fiorenzo Angelini, che gli rimase vicino per moltissimi anni,
durante i quali venne consacrato Vescovo, come Assistente all'Associazione
medici cattolici.
Le doti organizzative di Gedda si manifestarono
anche in questi nuovi campi di apostolato: nel 1957 venne celebrato
il 25° dell'Unione Uomini, per il quale convennero a Roma 70.000
iscritti, ai quali Pio XII rivolse in piazza S.Pietro il famoso
discorso dell'arcobaleno.
Il 1948
Le elezioni politiche del 1948 si presentavano molto difficili,
per la presenza di una sinistra (comunisti e socialisti) organizzata
e attivissima. Come è risaputo, Pio XII volle che Gedda se ne occupasse,
avendo fiducia in lui. Nel giro di due mesi, con la collaborazione
dell'ing. Sciascia, di padre Lucio Migliaccio, di Vasile e di molti
altri, egli mise in opera 18.000 comitati civici e preparò 300.000
attivisti, che svolsero una propaganda capillare ed intelligente
perché la gente andasse a votare e votasse bene.
Così, la democrazia cristiana vinse quelle elezioni
sconfiggendo in buona misura il Fronte popolare, guidato da Togliatti
e da Nenni, che erano sicuri di arrivare al potere.
La vicenda è raccontata nell'ultimo libro scritto
da Gedda e pubblicato da Mondadori nel 1998, nel quale egli ricorda
le 90 udienze avute dai due Pontefici: Pio XI e Pio XII.
Lasciata a me la Presidenza degli Uomini nel
1949, Gedda venne chiamato al vertice dell'Azione Cattolica, prima
come Vice Presidente dell'avvocato Veronese e ciò fino al 1952,
quando divenne Presidente generale, carica che ricoperse fino al
1959, quando venne nominato dal nuovo Papa Giovanni XXIII, chi scrive
queste righe.
E non le posso terminare senza almeno un cenno
all'attività scientifica di Gedda, mai abbandonata da quando, nel
1933, conseguita la docenza in Patologia medica, diventò assistente
ordinario del prof. Micheli a Torino. A Roma operò nell'Istituto
di patologia medica, diretto da Pende, e in quello di Clinica, col
celebre Frugoni. Poi, attraverso lo studio dei gemelli, scoprì la
genetica, allora poco conosciuta in Italia, creò l'Istituto Mendel,
ottenendo prima l'incarico e poi, nel 1961, vinse il concorso per
la prima cattedra universitaria di Genetica medica istituita in
Italia.
Un altro cenno è doveroso per la spiritualità
di Gedda, che fu uomo di azione ma anche e soprattutto cristiano
autentico ed apostolo laico esemplare. Dopo l'esperienza fatta nel
sodalizio della Regalità di Cristo, creato da Padre Gemelli e nel
quale portò molti giovani, a cominciare da me, egli creò nel 1942
la Società operaia, in risposta alle accorate parole di Gesù, "la
messe è molta ma gli operai sono pochi" e avendo presente la sua
agonia nell'orto del Getsemani, quando disse: "Padre, se vuoi allontana
da me questo calice, ma sia fatta la tua volontà e non la mia".
Per sostenere i reparti diocesani della Società,
sorti con il riconoscimento degli ordinari diocesani in tutta Italia,
Gedda scrisse "Getsemani" per le ore di adorazione da praticare
ogni giovedì notte e costruì a Casale Corte Cerro ed a Paestum due
case di Esercizi, realizzate con stile inconfondibile dall'architetto
Avetta, al quale si devono anche l'Istituto Mendel, la chiesa di
Vitinia (Roma) dal titolo di Gesù agonizzante e l'istituto di Genetica,
costruito a Gerusalemme, nelle immediate vicinanze dell'orto degli
ulivi, e rimasto purtroppo incompiuto.
Per alimentare la spiritualità getsemanica, Gedda
fondo anche la rivista Tabor, affidandola alla sorella Maria, che
la curò con amore fino al 1985, quando morì in concetto di santità,
che ha già favorevolmente superato la fase diocesana, per cui Maria
ha acquisito il titolo di serva di Dio.
Gedda è stato un uomo eccezionale. Come abbia
potuto svolgere tante attività, incontrando resistenze da parte
dei nemici ma anche nell'interno delle organizzazioni cattoliche
resta per me un mistero. Penso che il segreto consista nella sua
fede integerrima, nella intensa preghiera, alimentata dall'eucaristia,
nella straordinaria intelligenza, nella indomita fortezza, nella
chiarezza delle idee, nella singolare capacità organizzativa.
Ringrazio il Signore di averlo incontrato e di
essergli stato vicino per tanti anni, confidando che dal Cielo,
dove certamente gode la visione del volto di Gesù, egli continui
a starmi vicino.
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