GALVANIZZO' LA GIOVENTU' CON LA SUA ACUTA INTELLIGENZA E LA SUA FERVIDA FANTASIA, LA SUA FORZA TRASCINANTE
 
articolo di Agostino Maltarello

da "L'Osservatore Romano " del 5 ottobre 2000

 
 

Dire compiutamente di Gedda e delle opere da lui compiute durante la sua lunga vita è cosa ardua, se non addirittura impossibile. E non meno facile è farlo con aderenza alla verità. Molto è stato scritto e detto di lui nei giorni scorsi, dopo la sua morte. Cosa che non è avvenuta, soprattutto nei confronti della iniziativa promossa da Gedda nel 1948, quando Pio XII lo invitò ad occuparsi delle elezioni politiche, temendo la vittoria del Fronte popolare.

Ho conosciuto Luigi a Torino nel 1932 e gli sono stato vicino fino alla sua scomparsa. Suo padre Giacomo, era ispettore di Dogana ed ebbe vari trasferimenti di sede. Venezia, dove nacque Luigi, Modane, dove, quattro anni dopo, nacque la sorella Maria, Torino, dove, nel 1918, morì la moglie, Maria Calderoni, anima santa, che accettò la morte precoce, dicendo "Se Gesù così vuole, perché non lo voglio anch'io?". A Torino Luigi conobbe la Gioventù cattolica attraverso l'avvocato Torriani, che era presidente regionale e che lo nominò segretario.

Nel 1918 il padre, che si era risposato, venne trasferito a Milano. Qui entrò in contatto con la gioventù cattolica ambrosiana, conobbe Mons. Olgiati e Padre Gemelli, si iscrisse alla facoltà di medicina, che frequentò a Pavia per i primi tre anni. Il quarto anno lo fece a Milano e gli ultimi due a Torino, laureandosi nel 1927 a pieni voti con lode pubblicazione della tesi.

Durante questo periodo, Gedda fu per un triennio presidente diocesano della gioventù cattolica di Novara e scrisse in collaborazione con Giulio Pastore Gioventù pura, un libro di 200 pagine nel quale viene sintetizzata l'organizzazione della gioventù cattolica diocesana.

Quando incontrai Gedda ero iscritto al secondo anno di giurisprudenza, facoltà che avevo scelto senza una esplicita vocazione. Ero presidente dell'associazione giovanile di Moncalieri, dove avevo frequentato come esterno il collegio Carlo Alberto, diretto dai barnabiti, per il ginnasio e il liceo, facendo amicizia con un avvocato (e queste forse influì sulla mia scelta) cattolico esemplare, che dirigeva l'associazione degli ex allievi salesiani.

Ero anche iscritto alla Fuci di Torino.

Affascinati dal suo carisma
L'incontro con Gedda determinò una trasformazione radicale della mia vita. Egli mi convinse a cambiare facoltà, iscrivendomi a medicina e mi inserì nella Federazione della gioventù di azione cattolica, di cui era presidente diocesano, come delegato aspiranti. E quando, nel 1934, Pio XI lo nominò Presidente Centrale della Gioventù, mi volle a Roma come segretario, primo di una schiera di collaboratori, affascinati dal suo carisma.

Dopo i fatti del 1931, quando il regime fascista sciolse i circoli della Gioventù maschile e femminile e quelli della Fuci e Pio XI reagì con straordinaria fermezza, scrivendo in italiano l'enciclica "Non abbiamo bisogno", che consentì la loro riapertura dopo tre mesi, con l'adozione di alcune modifiche di scarsa rilevanza, ebbe inizio un periodo particolarmente fecondo per l'Azione cattolica.

Durante la presidenza Jervolino erano stati organizzati gli aspiranti, per i quali Negroni, il mitico Ambrogio Campanaro, tracciò la famosa regola (l'aspirante è primo in tutto, per l'onore di Cristo Re...) e usciva il "giornale più bello del mondo", L'Aspirante, con gli articoli spumeggianti di Ambrogio Campanaro.

Gedda, dal 1934 al 1946, impegnò la sua acuta intelligenza, la fervida fantasia e la forza trascinatrice del suo esempio, per galvanizzare la Gioventù, con tutta una serie di iniziative in varie direzioni; specializzazioni orizzontali e verticali, pellegrinaggi, stampa anch'essa specializzata, gara annuale di cultura religiosa, collane di libri sfornati dall'editrice AVE, giornate di studio, e di meditazione, campagne annuali col titolo di "Forti e puri", "Vita parrocchiale", "Santificazione della festa", "Vivere la Cresima", "La vita interiore", "Il corpo mistico". Scriverà Gedda "L'impresa non era facile, anche perché il regime sapeva e poteva manovrare con arte sottile le armi della propaganda nazionalistica che avevano nel sentimento del giovane un piglio innegabile, reso più efficace dal mordente della buona fortuna, che per molti anni accompagnò il fascismo. Bisognava potenziare la Gioventù sul piano spirituale, rendendola per quanto possibile, incomprensibile ai gerarchi e inafferrabile alla polizia. Le specializzazioni vennero presentate come aridi schemi pedagogici irti di sigle e gravitanti sulle realtà immateriali della vita soprannaturale. In questo modo, il fascismo pensava che la Gioventù fosse insabbiata e non si rendeva conto che tubi di esplosivo spirituale venissero collocati in centinaia di migliaia di anime. A questa scuola, che solamente gli spiriti superficiali possono sottovalutare, crebbero generazioni di giovani guidati a raccogliere i frutti più rari ed a raggiungere le mete più ardite".

Cresceva di anno in anno il numero degli iscritti, ardeva l'entusiasmo, si ingigantiva l'amore al Papa, ai Vescovi, alla Chiesa. Lo scoppio della seconda guerra mondiale segnò una tremenda battuta d'arresto. Le associazioni si svuotarono, lo stesso Gedda venne mobilitato, come chi scrive, molti caddero prigionieri e vennero deportati nei campi di concentramento e moltissimi non tornarono. Quelli rimasti a Roma vennero occupati nell'Ufficio informazioni aperto in Vaticano per dare notizie dei combattenti alle famiglie in ansia per la loro sorte.

La ripresa della vita democratica
Terminato l'immane flagello, caduto il fascismo, iniziava la ricostruzione materiale del Paese e la ripresa della vita democratica, alla quale l'Azione cattolica fornì i suoi elementi più preparati ed idonei.

Gedda si preoccupò di ristabilire i contatti prima con le Diocesi del Sud e poi con quelle del Nord, man mano che la liberazione procedeva. Nel luglio del 1944 fondava a Roma, con un gruppo di colleghi, tra i quali chi scrive, l'Associazione dei medici cattolici, che sotto la sua guida ebbe un rapido ed efficace sviluppo, e svolge tuttora un importante lavoro di fronte ai problemi posti a getto continuo dalla biotecnologia e dall'ingegneria genetica.

Nel 1946 Gedda veniva sostituito alla Gioventù da Carretto e passava, seguito da me, che mi ero appena sposato, alla presidenza degli uomini di Azione cattolica, l'associazione nata nel 1922, ad opera di Pio XI.

Come al tempo della Gioventù, quando Gedda trovò accanto a sé come Assistente l'indimenticabile Mons. Sargolini, così avvenne nell'unione Uomini, dove ebbe validissimo aiuto dall'allora Mons. Fiorenzo Angelini, che gli rimase vicino per moltissimi anni, durante i quali venne consacrato Vescovo, come Assistente all'Associazione medici cattolici.

Le doti organizzative di Gedda si manifestarono anche in questi nuovi campi di apostolato: nel 1957 venne celebrato il 25° dell'Unione Uomini, per il quale convennero a Roma 70.000 iscritti, ai quali Pio XII rivolse in piazza S.Pietro il famoso discorso dell'arcobaleno.

Il 1948
Le elezioni politiche del 1948 si presentavano molto difficili, per la presenza di una sinistra (comunisti e socialisti) organizzata e attivissima. Come è risaputo, Pio XII volle che Gedda se ne occupasse, avendo fiducia in lui. Nel giro di due mesi, con la collaborazione dell'ing. Sciascia, di padre Lucio Migliaccio, di Vasile e di molti altri, egli mise in opera 18.000 comitati civici e preparò 300.000 attivisti, che svolsero una propaganda capillare ed intelligente perché la gente andasse a votare e votasse bene.

Così, la democrazia cristiana vinse quelle elezioni sconfiggendo in buona misura il Fronte popolare, guidato da Togliatti e da Nenni, che erano sicuri di arrivare al potere.

La vicenda è raccontata nell'ultimo libro scritto da Gedda e pubblicato da Mondadori nel 1998, nel quale egli ricorda le 90 udienze avute dai due Pontefici: Pio XI e Pio XII.

Lasciata a me la Presidenza degli Uomini nel 1949, Gedda venne chiamato al vertice dell'Azione Cattolica, prima come Vice Presidente dell'avvocato Veronese e ciò fino al 1952, quando divenne Presidente generale, carica che ricoperse fino al 1959, quando venne nominato dal nuovo Papa Giovanni XXIII, chi scrive queste righe.

E non le posso terminare senza almeno un cenno all'attività scientifica di Gedda, mai abbandonata da quando, nel 1933, conseguita la docenza in Patologia medica, diventò assistente ordinario del prof. Micheli a Torino. A Roma operò nell'Istituto di patologia medica, diretto da Pende, e in quello di Clinica, col celebre Frugoni. Poi, attraverso lo studio dei gemelli, scoprì la genetica, allora poco conosciuta in Italia, creò l'Istituto Mendel, ottenendo prima l'incarico e poi, nel 1961, vinse il concorso per la prima cattedra universitaria di Genetica medica istituita in Italia.

Un altro cenno è doveroso per la spiritualità di Gedda, che fu uomo di azione ma anche e soprattutto cristiano autentico ed apostolo laico esemplare. Dopo l'esperienza fatta nel sodalizio della Regalità di Cristo, creato da Padre Gemelli e nel quale portò molti giovani, a cominciare da me, egli creò nel 1942 la Società operaia, in risposta alle accorate parole di Gesù, "la messe è molta ma gli operai sono pochi" e avendo presente la sua agonia nell'orto del Getsemani, quando disse: "Padre, se vuoi allontana da me questo calice, ma sia fatta la tua volontà e non la mia".

Per sostenere i reparti diocesani della Società, sorti con il riconoscimento degli ordinari diocesani in tutta Italia, Gedda scrisse "Getsemani" per le ore di adorazione da praticare ogni giovedì notte e costruì a Casale Corte Cerro ed a Paestum due case di Esercizi, realizzate con stile inconfondibile dall'architetto Avetta, al quale si devono anche l'Istituto Mendel, la chiesa di Vitinia (Roma) dal titolo di Gesù agonizzante e l'istituto di Genetica, costruito a Gerusalemme, nelle immediate vicinanze dell'orto degli ulivi, e rimasto purtroppo incompiuto.

Per alimentare la spiritualità getsemanica, Gedda fondo anche la rivista Tabor, affidandola alla sorella Maria, che la curò con amore fino al 1985, quando morì in concetto di santità, che ha già favorevolmente superato la fase diocesana, per cui Maria ha acquisito il titolo di serva di Dio.

Gedda è stato un uomo eccezionale. Come abbia potuto svolgere tante attività, incontrando resistenze da parte dei nemici ma anche nell'interno delle organizzazioni cattoliche resta per me un mistero. Penso che il segreto consista nella sua fede integerrima, nella intensa preghiera, alimentata dall'eucaristia, nella straordinaria intelligenza, nella indomita fortezza, nella chiarezza delle idee, nella singolare capacità organizzativa.

Ringrazio il Signore di averlo incontrato e di essergli stato vicino per tanti anni, confidando che dal Cielo, dove certamente gode la visione del volto di Gesù, egli continui a starmi vicino.