Centro Culturale Man Ray Cagliari

Home
Mostre in archivio


Presentazione
 
Leonardo Boscani
Lorenzo Casula
Rosanna D'Alessandro
Marco Loi
Antonio Mallus
Pinuccia Marras
Efisio Niolu
Pastorello
Igino Panzino
Gianfranco Pintus
Giorgio Podda
Virginia Siddi
Danilo Sini
Aldo Tilocca
Cristian Uccheddu

Stanze 2000 Percorsi della pittura in Sardegna
di Gianni Murtas

Data per morta innumerevoli volte, ora dissolta nelle esperienze più radicali dell’arte concettuale, ora assorbita in contesti paralleli della ricerca estetica contemporanea, la pittura ha ripreso slancio negli ultimi due decenni, giungendo sorprendentemente vitale alla soglia del nuovo millennio.

Tuttavia, se la vitalità della produzione pittorica di fine secolo è un dato difficilmente opinabile, meno chiari sono forse gli elementi costitutivi di questa ripresa, connotata da agganci con una realtà mutevole come quella attuale, e da percorsi non di rado sospesi tra l’eredità del Moderno e gli orizzonti del Postmoderno, tra revival iconografici e stilistici e contaminazioni linguistiche e simboliche tutte risolte sul presente.

Pur nei limiti di una campionatura circoscritta numericamente a quindici artisti e geograficamente alla sola Sardegna, "STANZE 2000" intende proporre una ricognizione tra le ricerche pittoriche più interessanti degli ultimi anni, con l’intento, se non di chiarire tutti gli aspetti di una esperienza complessa e frastagliata, almeno di evidenziarne alcuni nodi cruciali.

Gli artisti, suddivisi in terne secondo uno schema già adottato nella precedente edizione della rassegna dedicata alla installazione, appartengono a generazioni ed aree diverse: D’Alessandro, Mallus, Panzino, Pintus, Podda, Siddi, Tilocca, sono nati negli anni Cinquanta, Boscani, Casula, Marras, Niolu, Pastorello, Sini, negli anni Sessanta, Loi nei Settanta e Ucchedddu negli Ottanta. Boscani, Marras Panzino, Pastorello, Sini e Tilocca, vivono a Sassari, D’Alessandro, Podda e Pintus a Cagliari; Niolu ad Alghero, Mallus a Quartu, Siddi e Casula a Carbonia. Loi e Uccheddu, rispettivamente di Cagliari e Decimomannu, vivono a Roma dove frequentano l’Accademia di Belle Arti.

Le loro opere vengono però proposte senza alcuna distinzione di luogo e di età, incrociando percorsi e riverberando i segni degli uni in quelli degli altri. Non per confondere lo spettatore, ma per sottolineare una fondamentale condizione della pittura contemporanea, che vede una scarsa incidenza di caratteri definibili generazionalmente o geograficamente.

Clic per ingrandire Clic per ingrandire
Clic per ingrandire Clic per ingrandire
Centro Man Ray 7 ottobre 2000 - "Contisizzos fra Deus e recreu"
Concerto di Elena Ledda e Simonetta Soro
Intervento scenico di Stefano Grassi

Manca anche una articolazione delle opere per correnti, perché nella ricerca pittorica degli ultimi anni il posizionamento entro aree stilistiche è qualcosa di estremamente vago, che non definisce una vera appartenenza ad una tendenza poetica. Decenni di riproposizioni mediate, di contaminazioni e di approfondimenti hanno infatti alterato il senso di categorie storiche della pittura novecentesca quali figurativo-astratto, geometrico-lirico, progettuale-espressivo, trasformando definitivamente la dimensione semantica originaria degli stilemi impiegati. Così può accadere che si scelga la geometria come simulacro di una progettualità estinta (Panzino), o come sublimazione di pulsioni interiori (Siddi),); che si affidi l’espressività gestuale del segno alla aggressione delle emozioni istantanee (Mallus), o alla memoria individuale di spazi vissuti (Niolu); che si usi la materia nelle sue ineliminabili allusioni naturalistiche (D’Alessandro), o come elemento generativo di dialettica consapevolmente irrisolta tra citazione e invenzione (Casula).

Allo stesso modo la resa figurale può definirsi come un labile confine mentale tra l’immagine e l’oggetto (Tilocca), o proporsi come strumento stilizzato e concettuale di un racconto (Marras); essere elemento alchemico di trasformazione di immagini già esistenti (Boscani), o esplicitazione di un microcosmo che travalica la dimensione contingente della icona (Pastorello). Può avere spunti ironicamente letterari (Podda) o simbolicamente esistenziali (Loi, Uccheddu), essere metafora del narrare (Sini) o del vedere (Pintus).

Aldilà delle differenze di stile e di linguaggio, la produzione pittorica di questi artisti sembra dunque configurarsi come una attività dai caratteri ambivalenti: attenta ai valori manuali del dipingere ma ricca di connotazioni mentali, tesa alla conservazione di una specificità espressiva e al tempo stesso capace di funambolici sincretismi. Per questo il loro modo di dipingere si rivela tutt’altro che chiuso in se stesso, e il dialogo con la fotografia come con le esperienze concettuali, con l’immagine virtuale del computer e della televisione come con le sintesi formali della grafica e del fumetto, più profondo di quanto solitamente si ritenga.

La cosa non deve stupire, perché l’idea che la pittura abbia semplicemente ripreso il suo cammino di rappresentazione diretta dopo anni di eccessi autoreferenziali, di sperimentazioni a tutto campo, è inadeguata per comprendere gli aspetti fondamentali di una disciplina che ha cambiato nel tempo la sua identità. Se è vero infatti che la novità della ricerca degli ultimi decenni è legata alla riscoperta del pennello come mezzo di espressione, altrettanto importante è l’adattamento dei linguaggi pittorici alla condizione multimediale della realtà contemporanea, la capacità di recuperare all’interno di una dimensione tecnica gli spunti e le sollecitazioni provenienti dagli altri settori di elaborazione di immagini.

Tra gli artisti presenti nella rassegna c’è chi usa la pittura come strumento privilegiato chi l’alterna con altri mezzi tecnici, ma in ogni caso la gran parte ha attraversato ambiti di ricerca differenti, si è cimentata con la scultura o l’installazione, con la performance o col teatro, con la fotografia o con l’incisione, riportandone significative ricadute nella prassi pittorica. Che la figurazione di Marras e Pintus, di Sini e Tilocca abbia, con esiti diversi, forti caratteri mentali riconducibili alle esperienze concettuali è evidente, così come è facilmente percepibile una componente esterna (fumetto, cinema, letteratura, musica) nei dipinti di Pastorello e di Mallus, di Podda e di Loi, di Casula e di Uccheddu. Boscani usa direttamente il supporto fotografico, esaltandolo nell’incontro con la materia cromatica, ma dietro le raffinate soluzioni pittoriche di Panzino e Siddi si colgono comunque suggestioni esterne che spaziano dalla scultura al design. Le sollecitazioni extrapittoriche delle ricerche di Niolu e D’alessandro, sono forse meno evidenti al primo impatto, però quanto incide l’esperienza grafica e calcografica dei due nell’individuare il nucleo fondante dell’immagine nelle trame del segno o nella resa atmosferica delle materie?

Clic per ingrandire   Clic per ingrandire   Clic per ingrandire
Centro Man Ray 9 dicembre 2000 - "Cerco un paese innocente"
serata di poesia dedicata ad Alda Merini da un'idea di Wanda Nazzari
Voce sola Rita Atzeri
Intervento scenico di: Wanda Nazzari, Adelaide Lussu
Musiche originali di: Alessandro Olla

Il fatto è che la definitiva crisi delle Neoavanguardie, venuta allo scoperto negli anni Settanta, ha aperto un fase di ripensamento epocale che ha coinvolto i fondamenti dell’evoluzionismo modernista, ma non ne ha affatto rinnegato l’attitudine alla sperimentazione e allo sconfinamento, che è stata ereditata ed ampliata nelle ricerche postmoderne degli anni Ottanta. Col risultato che la pratica della pittura è diventata il mezzo più immediato per sottolineare il distacco dalla ideologia del Moderno, ma spesso anche l’erede più diretto della ricerca d’avanguardia. Però, venuta meno la diffidenza preconcetta nei confronti del pennello, i pittori hanno dovuto fare i conti col presente, trovare un senso attuale della figura e del segno, della materia e della superficie; quasi che, a dispetto del grande patrimonio rappresentato dalla sua storia, la pittura fosse giunta alla fine del millennio ad una sorta di grado zero. Per questo è fuorviante pensare che la peculiarità della forma geometrica significhi oggi una adesione integrale alla razionalità assoluta del Neoconcretismo, o che la ricercata resa artigianale esprima ancora una scelta controcorrente in un’epoca di tecnologie di riproduzione straordinarie. Non sono un problema di nostalgia fotografica le manipolazioni di pellicole in bianco e nero, come non è una riproposizione aggiornata della sezione aurea la meticolosa costruzione matematica delle immagini mediatiche.

Certo, ogni artista ha una sua storia, però per Panzino il mantenimento di un linguaggio di matrice costruttiva non è solo un modo di restare attaccato alle radici del suo lavoro, ma di sottolineare una impasse tra progetto e destino che la realtà contemporanea, e non solo la pittura, non riesce a superare. Per Siddi, il rapporto con l’ordine geometrico è ancora meno comprensibile nei termini tradizionali: legato ad una dimensione tutta interiore, è semmai un problema di identità individuale; una sorta di opzione morandiana che tenta di conciliare nella preziosità segnica e pittorica delle forme le esigenze, tendenzialmente opposte, di conservazione e di rinnovamento. E così pure la resa spaziale dell’astrazione di Niolu, che parte dalle connotazioni esistenziali dell’Informale ma arriva a risultati decisamente più freddi e mentali.

Annullate le barriere rigide tra le diverse discipline, ma anche i percorsi precostituiti all’interno delle aree stilistiche, ciascun artista entra o esce dalla pittura con estrema disinvoltura, trovando gli elementi di continuità dove e come vuole. E non è detto che i passaggi siano necessariamente fratture o punti di svolta. Non c’è una vera differenza di approccio poetico tra i quadri di Boscani dipinti integralmente e quelli realizzati partendo da supporti fotografici, perché entrambi partecipano del suo caratteristico modo affascinato e conflittuale di guardare la realtà quotidiana. E lo stesso vale per le immagini in punta di pennello di Marras, che nascono da una interpretazione della condizione femminile e sono sostanzialmente un prolungamento delle sue ricerche oggettuali. Se davanti al dissolvimento della realtà rappresentata, alla sensazione di assenza prodotta dai quadri di Tilocca è impossibile non pensare ai suoi lavori con veri abiti vuoti, ugualmente inevitabile è accomunare il carattere autoriflessivo delle installazioni e dei dipinti di Pintus, affidati ad una profondità di immagine che sembra risucchiare lo spettatore all’interno dell’opera.

Per alcuni il passaggio dal pittorico all’extrapittorico può apparire meno lineare, però il più delle volte si tratta di un effetto di superficie. Il Casula pittore è meno diretto del Casula performer nell’esplicitare l’implosione strutturale della realtà contemporanea, ma le contaminazioni linguistiche dei suoi dipinti evidenziano comunque un persistente effetto mediatico che accomuna pittura e performance, scultura e installazione. Al contrario i frammenti di mondo raccontati dalle materie colorate di D’Alessandro si direbbero al primo impatto più realistici e descrittivi delle sue opere incise, tuttavia, a ben guardare, sono lavori ugualmente affidati alle alchimie della materia e del segno e almeno altrettanto artificiosi. I ciclici ritorni all’opera dipinta di Sini, sostenuti da una insolita verve narrativa, possono sembrare talvolta distanti dalla concisione simbolica delle installazioni, ma in ogni caso prendono spunto da una rilettura estetica degli archetipi collettivi e dei codici di significazione quotidiana.

Semmai va sottolineato che esiste in quasi tutte le esperienze una latente tendenza della pittura a farsi altro da sé, a cui non si sottraggono neppure gli artisti che operano quasi esclusivamente nell'ambito pittorico. La ricerca di ambientazione del quieto oscillare tra graffiti e secessioni, tra espressionismo e neopop dei dipinti di Uccheddu ha qualcosa di cinematografico, mentre il gioco di calembour e citazioni, di indizi e depistaggi dei quadri di Podda ricorda molto le strategie ipertestuali di certo romanzo postmoderno. Le forzature espressive delle tele stubettate di Mallus percorrono i limiti estremi della pittura, strabordando ora nel fumetto ora nella cartellonistica pubblicitaria; quelle grafiche delle superfici povere di Loi traducono la vitalità travolgente dei cartoni, trasformandoli in una sorta di epica contemporanea. Le opere di Pastorello infine sono un distillato tale di artigianalità e concettualismo, di modelli alti e di icone popolari, di controllo formale e di visionarietà simbolica, che si prestano ad esemplificare al massimo livello una cultura pittorica stratificata come quella attuale; divisa tra passato e presente, storia e cronaca, media e museo; in ogni caso sospesa tra le certezze di una condizione tecnica consolidata e le ansie di una dimensione semantica in perenne ridefinizione.


Gianni Murtas