4-anship.gif (9795 byte)STORIA E SVILUPPO DELLE VAVI.4-anship.gif (9795 byte)

 

STORIA: L’ETÀ DELLA VELA

 

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Le prime imbarcazioni a vela erano delle semplici zattere piatte con un corto albero collocato in modo da potervi issare una singola vela quadra. Il K0N-TIKI è una replica in legno di balsa ditale barca primitiva, servendosi della quale l’esploratore norvegese Thor HEYERDAHL e i suoi compagni attraversarono il Pacifico nel 1947; attualmente il KonTiki è conservato nell’omonimo Museo di Oslo. La più antica nave della quale si ha una precisa conoscenza venne costruita per il funerale del faraone Cheope (3960-3908 a.C.). Ritrovata dentro un fossato presso la sua tomba, coperta di sabbia, la nave era un vascello dallo scafo aperto (cioè non aveva ponte), lungo 40 m, con una larghezza massima di 8 m. Era costruito con circa 600 parti in legno separate, la più grossa delle quali misurava 23 m di lunghezza. Fu usata probabilmente solo in occasione dei funerali di Cheope e non venne mai fatta navigare in mare o nelle acque del Nilo. Esistono numerose testimonianze, tuttavia, nelle incisioni su roccia e nelle pitture dell’epoca, in base alle quali si può arguire che gli Egizi adoperavano navi simili per i loro commerci nel Mediterraneo.

Fonti analoghe indicano anche che, sebbene la propulsione ditali navi avvenisse abitualmente per mezzo di remi manovrati da schiavi (probabilmente 15 su ciascun fianco), gli Egizi sfruttavano anche l’energia naturale del vento alzando una vela quadrata (più esattamente, rettangolare) che veniva appesa a un albero eretto nel mezzo della nave. Una nave di questo tipo era manovrata per mezzo di un remo larghissimo che emergeva per circa tre quarti della sua lunghezza.

I Fenici, che dominarono gran parte delle coste del Mediterraneo dal 1000 circa fino aI 250 a.C., migliorarono lo schema impiegato dagli Egizi. Essi costruirono dei vascelli analoghi della lunghezza di 30 m circa, con i quali commerciarono per il Mediterraneo, e navi più grosse con le quali si avventurarono al di là dello stretto di Gibilterra, fino alle isole Scilly e, se la narrazione di Erodoto èattendibile, fin nell’Oceano Indiano, doppiando il capo di Buona Speranza. Anche i Greci costruirono navi mercantili tozze imbarcazioni la cui propulsione era principalmente a vela.

A quell’epoca i principi fondamentali per costruire gli scafi delle navi utilizzate nelle acque europee erano già stati sviluppati e codificati. Il telaio comprendeva una chiglia con ruota di poppa e ruota di prora e coste trasversali. Questa struttura venne trasformata in un vascello a tenuta d’acqua coprendola con un rivestimento di tavole di legno cosparse di pece. Queste potevano essere sovrapposte (a fasciame cucito) o pareggiate (a comenti appaiati); quest’ultima divenne la forma più comune. Non appena divennero disponibili, i chiodi di ferro sostituirono i cavicchi di legno con i quali erano assicurate le sottili strisce di legno che costituivano la nave. A parte ciò, tranne che per l’aggiunta dei trincarini (elementi longitudinali) per dare maggiore robustezza al telaio, le navi continuarono a essere costruite con questa tecnica fino a che il metallo sostituì il legno come materiale strutturale.

Nell’Estremo Oriente i Cinesi svilupparono un tipo differente di nave, la GIUNCA. Essi unirono insieme due CANOE scavate direttamente nel tronco di un albero, usando delle tavole, e poi costruirono i fianchi, la poppa e la prua in modo da formare uno scheletro di legno dal fondo piatto, cioè uno scafo senza chiglia. L’aggiunta di una parte a forma di cuneo conferì a questa struttura una prua di tipo più tradizionale. La poppa veniva costruita in modo che rimanesse asciutta con mare di poppa. All’interno, sulla linea di centro, un secondo scheletro verticale a tenuta d’acqua conteneva il remo che serviva da timone.

Da pitture murali rinvenute in tombe nei pressi di Roma si è potuto desumere che dal 450 a.C circa la capacità di trasporto delle navi venne accresciuta costruendo le murate. (parapetti posti al di sopra del ponte superiore). La medesima fonte indica che in tale epoca alcune navi erano già munite di due alberi, ciascuno dei quali era attrezzato con una vela.

Poiché avevano un baglio (trave che unisce le due murate) molto largo, tali navi mercantili erano dette "tonde". I Greci accrebbero le loro dimensioni. I Romani introdussero l’idea di dotare parzialmente di ponti le loro navi per offrire ai passeggeri e all’equipaggio un riparo dagli elementi. Essi si resero conto anche del fatto che regolando l’angolo delle vele rispetto all’asse centrale della nave da prua a poppa, questa poteva tenere una rotta diversa da quella con il vento di poppa.

Gli Arabi scoprirono che una vela triangolare (detta latina) aveva qualità di manovra superiori a quelle di una vela quadra. I loro sambuchi attrezzati con vele latine si possono ancora vedere nel Mar Rosso. Questa innovazione venne adottata dagli Egizi per le loro feluche, che sono tuttora impiegate sul Nilo.

Anche i Cinesi munirono le giunche di ponti; fatto più importante, essi le divisero in compartimenti distinti per mezzo di paratie trasversali, un miglioramento che venne introdotto in Occidente solo molto più tardi. Queste navi erano certamente superiori a qualsiasi vascello occidentale costruito prima del sec. XVII per il fatto di essere più adatte a tenere il mare e meglio capaci di navigare mantenendosi strette al vento; questo fattore è uno dei motivi per cui questo tipo di imbarcazione, che può sembrare primitiva, trasporta tuttora passeggeri e carichi lungo le coste della Cina e sullo Yangtze e altri fiumi cinesi. Le giunche sono adoperate anche da altri paesi dell’Estremo Oriente, e in particolare dal Giappone.

Il sec. VII d.C. aprì una nuova era nella progettazione delle navi in Europa. Da reperti come la nave di Nydam, trovata in Olanda nel 1863 nei pressi di Flensburg, e un altro vascello rinvenuto più recentemente a Sutton, in Inghilterra, in un tumulo sepolcrale, si è potuto apprendere che i vascelli con i quali i Vichinghi compivano i loro viaggi oltremare erano lunghi, stretti e con basso pescaggio, in modo da poter essere tirati in secco facilmente. A volte venivano fatte procedere per mezzo dei remi, ma più spesso queste imbarcazioni utilizzavano una singola, grande vela quadra.

Un secolo più tardi queste agili navi vichinghe, come quella i cui resti furono trovati a Gokstad, in Norvegia, nel 1.880, avevano una lunghezza intorno ai 25 m ed erano rastremate a entrambe le estremità, con la prua e la poppa rialzata a descrivere un’aggraziata voluta e la prima decorata con una testa intagliata nel legno. Ciascuna murata recava dei fori per 16 remi e un albero alzato al centro della nave portava una grande vela quadra dipinta. A giudicare dagli arazzi di BAYEUX le navi usate da Guglielmo il Conquistatore per invadere l’inghilterra nel 1066 erano di questo tipo, a parte il fatto che erano parzialmente dotate di ponti e avevano un corvo (un piccolo castello) sia a prua che a poppa, dal quale i soldati lanciavano frecce contro il nemico prima di avvicinarsi sufficientemente per l’abbordaggio.

In quest’epoca la vela stava sostituendo i remi come sistema principale di propulsione della nave. L’invenzione, avvenuta nel sec. XII, del timone per sostituire il remo di manovra rese le virate enormemente più facili e permise ai marinai di imparare che ponendo le vele delle navi a un forte angolo rispetto alla linea longitudinale essi potevano tenere un’andatura di bolina stretta, cioè inclinata di circa 450 rispetto alla direzione del vento. Questi sviluppi furono seguiti da un aumento del numero degli alberi e delle vele (soprattutto di queste ultime), quando si scoprì che diverse vele piccole potevano essere manovrate più facilmente dall’equipaggio di una sola vela grande.

Nel sec. XIII il tipo più comune di nave impiegato nell’Europa settentrionale era la cocca a un solo albero, la quale aveva un baglio largo e un pescaggio profondo, che le conferiva una notevole capacità di carico. I paesi più progrediti che si affacciavano sulle acque più calme del Mediterraneo svilupparono la CARAVELLA, una nave a due ponti dalla linea più elegante. Inizialmente attrezzata con vele latine su due alberi, ben presto sulla caravella vennero alzati tre alberi, il trinchetto, l’albero di maestra e quello di mezzana, con vele quadre sui primi due e una vela latina sul terzo.

Le grandi scoperte dei secc. XV e XVI, per merito di celebri navigatori come Bartolomeo DIAZ, Ferdinando MAGELLANO e Cristoforo COLOMBO, avvennero tutte impiegando delle caravelle. Sfortunatamente non ne è stata conservata alcuna per i posteri; tuttavia sono state fatte delle repliche in scala 1:1 della SANTA MARIA di Colombo in epoca recente. Da queste riproduzioni si può ottenere un’idea abbastanza chiara di come tali vascelli dovevano essere fatti, e rimane difficile comprendere come questi antichi esploratori potessero riuscire a portare a termine i loro viaggi in simili imbarcazioni piccole e fragili.

 

SVILUPPO: ETA' DEL MOTORE.

L’adattamento della macchina a vapore alla propulsione di mezzi galleggianti ebbe inizio nel 1776, quando il francese Claude Francois, marchese di jouffroy d’Abbans, installò un motore a semplice effetto progettato da james Watt su una barca di 13 m e 7 anni più tardi montò un motore Watt a 2 cilindri su un battello a pale che navigò felicemente per 16 mesi circa lungo la Saòne. Tuttavia, fu l’invenzione da parte dell’ingegnere scozzese William Symington del gomito e della biella che, trasformando il movimento avanti e indietro delle aste dei pistoni in un movimento di rotazione, fece sì che il sistema di propulsione a vapore si affermasse nelle applicazioni pratiche. Nel 802 la sua nave a vapore Charlotte Dundas, lunga 17 m, nella quale un motore azionava una ruota a pale posta a poppa, dimostrò di poter offrire buone prestazioni, ma non in un successo dal punto di vista commerciale.

In seguito si cimentarono in questo campo gli americani John FITCH e la famiglia STEVENS; si ritiene tuttavia, generalmente, che sia stato Robert FULTON a progettare la prima nave a vapore, rispetto ai primi battelli a vapore. La sua CLERMONT, completata nel 1807, era lunga 45 m. Azionata da una macchina a vapore a bilanciere monocilindrica Boulton e Watt che comandava delle ruote a pale poste lateralmente, effettuò un viaggio inaugurale di 177 km da New York a Clermont, la proprietà del socio di Fulton, Robert Livingstone, ad Albany, nello Stato di New York, alla velocità media di 4,6 nodi, e coprì i 64 km del percorso fino ad Albany in 8 ore.

Fulton fu anche uno dei pionieri dell’impiego dei battelli a vapore sul Mississippi con il New Orleans, che nel 1811 effettuò il viaggio da Pittsburgh (in Pennsylvania) a New Oreans in 14 giorni. I rivali di Fulton istituirono dei servizi di battelli a vapore sul Long lsland Sòund e sul fiume Delaware, e ben presto queste imbarcazioni cominciarono a percorrere tutte le acque navigabili dell’America Settentrionale. Nelle macchine a vapore a bilanciere verticale, di vecchia concezione, che erano semplici, affidabili e robuste, l’asta del pistone agiva direttamente su una estremità di un bilanciere imperniata al di sopra; il movimento in su e in giù dell’altra estremità del pistone trasmetteva un movimento di rotazione all’albero delle ruote a pale per mezzo di un albero a gomiti.

Mentre gli ingegneri navali statunitensi erano così intensamente attenti allo sviluppo di mezzi per la navigazione in acque interne, di qua dell’Atlantico ci si dedicava soprattutto alla progettazione di navi per mare aperto, anche se la prima nave dotata di propulsione a vapore che abbia attraversato l’Atlantico fu il SAVANNAH (1818), un vascello da 350 t costruito a New York; si trattava, tuttavia, essenzialmente di una nave a vela completamente attrezzata, dotata anche di un motore ausiliario con ruote a pale staccabili che venne fatto funzionare per 80 ore solamente, dopo di che venne a mancare il combustibile. In Gran Bretagna i progressi nelle navi a vapore da alto mare ebbero inizio con l’inaugurazione del servizio di battelli di linea a vapore tra il Mar d’irlanda e il canale della Manica. Inizialmente ie queste imbarcazioni erano dei semplici battelli a vapore di meno di 100 t, ma crebbero costantemente di dimensioni; nel 1821 navi di 420 t  come Ia James Watt trasportavano passeggeri tra Londra ed Edimburgo.

La ]ames Watt era propulsa da pale azionate da una macchina a vapore a bilancieri laterali, nella quale la struttura era stata modificata in modo da rendere il macchinario più compatto e in posizione più bassa all’interno dello scafo rispetto ai modelli precedenti. Un motore ausiliario di questo tipo venne utilizzato dalla nave a vela da 370 t Enterprise nel suo viaggio fino a Calcutta, doppiando il capo di Buona Speranza, avvenuto neI 1825.

La prima nave che attraversò l’Atlantico utilizzando esclusivamente la propulsione a vapore fu la Sirius, che trasportò 90 passeggeri da Queenstown, in Inghilterra, a New York in 17 giorni, giungendovi il 22 aprile 1838. Un giorno più tardi arrivò la Great Western. Progettata da isambard Kingdom Brunel, aveva un dislocamento di 1321 t ed era equipaggiata con una macchina a vapore a bilancieri laterali a 2 cilindri e 4 caldaie. La Great Western tenne durante i 15 giorni di traversata la velocità media di 8 nodi; a differenza della Sirius, che era rimasta a corto di combustibile e aveva dovuto bruciare I’alberatura e gli arredi, la Great Western aveva all’arrivo ancora un quarto di combustibile di riserva. Un altro vantaggio che venne alla Great Western dalle sue maggiori dimensioni fu la migliore capacità di tenere il mare nelle acque piuttosto agitate dell’Atlantico. Così, nel 1840 sir Samuel Cunard inaugurò la celebre linea di quel nome con navi di oltre 1100 t. Ben presto il suo esempio fu seguito dalla Royal MaiI Steam Packet Company, che effettuò il servizio postale verso le Indie Occidentali, e dalla Peninsular and Oriental Steam Navigation Company, che seguì le rotte tra l’inghilterra e l’india e la Cina.

Nel frattempo ulteriori progressi erano stati fatti nello sviluppo di motori adatti alla propulsione di navi a vapore a pale per navigazione in mare. Dopo la macchina con bilancieri laterali venne realizzato un motore ad azione diretta, nel quale il cilindro era posto direttamente sotto il gomito e c’era una biella corta. in seguito venne sviluppato il motore "Siamese", chiamato così per le due coppie di cilindri accoppiati, con una biella in comune. Nel 1843 l’inglese John Penn introdusse il motore oscillante, nel quale si ovviava alla necessità di una biella posta tra l’asta dello stantuffo e il gomito per mezzo di un cilindro oscillante; questa innovazione venne adottata pressoché universalmente sulle navi a vapore e pale d’alto mare.

L’inglese Francis Pettit Smith e lo svedese-americano John ERICSSON furono i primi a far registrare dei brevetti per l’invenzione di un propulsore a ELICA. L’elica a due pale di Pettit Smith incontrò il favore dell’Ammiragliato inglese e degli armatori. il modello di Ericsson consisteva in una coppia di ruote in controrotazione con pale lungo la circonferenza; una era azionata dall’albero dell’elica che scorreva dentro un manicotto, e la seconda era azionata dalla prima per mezzo di ingranaggi dentati. Vedendo che la sua invenzione non trovava buona accoglienza in Inghilterra, Ericsson cercò il patronato della US Navy e dall’accordo raggiunto derivò la prima nave da guerra con propulsione a elica, la USS Princeton, varata nel 1844. In Europa per poter azionare i propulsori a elica con la necessaria velocità, più alta del normale, John Penn sviluppò il motore a pistoni cavi, nel quale si utilizzava un processo che era, in effetti, l’opposto di quello impiegato nel suo motore oscillante: i cilindri rimanevano fissi, l’asta dello stantuffo veniva eliminata e una biella oscillava all’interno di un pistone cavo e pilotava l’albero a gomiti.

Anche con vari miglioramenti, allo scopo di ottenere velocità di rotazione dell’elica sufficientemente elevate, si dovettero introdurre dei sistemi di ingranaggi. Per fornire la pressione del vapore necessaria vennero studiate CALDAIE perfezionate, le prime caldaie rettangolari a focolare interno furono sostituite da quelle rettangolari multitubulari, e, infine, dai tipi cilindrici multitubulari.

Uno dei primi a convertirsi alla propulsione a elica, così come alla costruzione in ferro, fu lsambard Brunel. La sua Great Britain da 3618 t, completata nel 1845, venne realizzata interamente in ferro ed era dotata di propulsione a elica. Comprendeva, inoltre, altre innovazioni, come i compartimenti a tenuta stagna e le chiglie di rollio. Ancora Brunel compì il successivo spettacolare passo avanti nella progettazione delle navi con la Great Eastern, varata nel gennaio del 1858. La Great Eastern era per quell’epoca una nave di dimensioni imponenti (210 m di lunghezza e un tonnellaggio di 18.914 t), era dotata di 6 alberi, il secondo e il terzo dei quali erano attrezzati con vele quadre e i rimanenti con vele di taglio. Un motore oscillante pilotava una coppia di ruote a pale, mentre un motore ad azione diretta a 4 cilindri comandava un propulsore a elica, per una potenza complessiva di 11 .000 HP. La velocità massima era di 15 nodi e le prestazioni nell’Atlantico ottime. Il fondo doppio consentì alla nave di portare a termine un viaggio anche dopo un urto contro uno scoglio e un conseguente squarcio nello scafo di oltre 30 m.

Nel corso dei successivi 20 anni, mentre le ruote a pale furono superate dai propulsori a elica, i motori navali e le caldaie vennero costantemente migliorati; si progettarono motori dal funzionamento più veloce, così come si fece in modo che le caldaie potessero generare vapore a pressione più alta. Di solito i motori erano di tipo composito, di varia specie in essi il vapore venne impiegato dapprima in un cilindro ad alta pressione e poi in uno o più cilindri a bassa pressione. La forma finale del motore navale a vapore alternativo che venne adottata nella seconda metà del sec. XIX, era quello di un tipo a tripla o quadrupla espansione, con i cilindri disposti verticalmente al di sopra dei gomiti e delle bielle.

Anche il metodo di generare il vapore cambiò, con l’introduzione delle caldaie a tubi d’acqua al posto delle caldaie scpozzesi  a tubi di fumo. Nella caldaia scozzese i gas del bruciatore vengono incanalati attraverso dei tubi per scaldare l'acqua che circonda i tubi stessi. Nelle caldaie a tubi d'acqua avviene l’inverso: l’acqua passa attraverso i tubi ed è riscaldata dai gas di combustione che fluiscono attorno a essi. La caldaia scozzese continuò a essere impiegata nelle lente navi da carico; nei piroscafi per il trasporto di passeggeri e nelle navi da guerra venne invece adottata la caldaia a tubi ad acqua che venne preferita in queste ultime, perchè la generazione del vapore avveniva in breve tempo. La successiva innovazione rivoluzionaria nel settore delle costruzioni navali fu la TURBINA a vapore.

Charles PARSONS inventò nel 1884 la turbina a impulso, ma questo tipo girava troppo velocemente per essere impiegato per la propulsione delle navi; nel 1894 inventò una turbina a reazione composita che comprendeva un rotore fatto di numerose giranti fatte di diametro crescente, che consentivano una espansione graduale del vapore  mentre questo passava attraverso file alternate di pale fisse e mobili. Montato inizialmente sull'imbarcazione di Parsons piccola e veloce,  la Turbinia, questo tipo di propulsione suscitò una tale impressione alla << Royal Fleet Review>> (Rivista della flotta reale) del 1897, passando attraverso le navi della flotta inglese alla velocità di 34 nodi, che venne rapidamente adottato per le piccole unità da guerra, come i cacciatorpediniere, e per navi sempre oiù grandi fino a che,  con la sua installazione sulla DREADNOUGHT (1905), una nuova, rivoluzionaria nave da guerra, la prima CORAZZATA, divenne la forma di propulsione usata da tutte le navi militari.

La prima imbarcazione mercantile che venne azionata da una turbina a vapore fu un piccolo battello inglese di linea, il King Edward, che faceva servizio tra il Clyde River e Campbeltown, in Scozia, e che nel 1901 raggiunse la velocità di 20 nodi. Nello stesso anno vennero completate le navi di linea per passeggeri Victorian e Virginian, con turbine Parsons che azionavano tre eliche. Tre anni più tardi la Cunard Line adottò i medesimi criteri con la Carmania. Tutte le successive veloci navi di linea della Cunard furono con propulsione a turbina, così come lo erano la maggior parte dei transatlantici di linea di società concorrenti di quel periodo. La turbina Parsons mantenne una situazione di virtuale monopolio per molti anni, ma alla fine vennero realizzati dei modelli concorrenziali, come l’americano Curtis, il francese Rateau e il tedesco Zoelly e Schulz.

Anche se la turbina era superiore al motore alternativo nella propulsione di navi molto veloci, risultava antieconomica quando doveva funzionare direttamente a velocità bassa o moderata. Questo inconveniente venne superato grazie all’introduzione di dispositivi di riduzione o, nelle corazzate della US Navy, della guida turboelettrica. La maggior parte delle navi da carico a vapore, tuttavia, continuò a usare motori alternativi a triplice espansione. Il MOTORE DIESEL, che li avrebbe alla fine sostituiti, era stato brevettato da Rudolf Diesel fin daI 1892, ma solo nel 1910 venne montato per la prima volta su una nave mercantile, la piccola nave cisterna olandese Vulcanus. Nel 1939 il 25% deI naviglio mercantile mondiale impiegava motori diesel. Nel 1967 la propulsione diesel era adottata per il 59% e la turbina a vapore per il 30%, e solo nell’ 11 % dei casi si utilizzavano ancora i motori alternativi a vapore. Bisognerà poi aspettare il 1980 per avere navi tutte con motori diesel, fino ad arrivare ai nostri giorni con motori diesel del tipo Boudouin, Mitsubisci ecc.

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