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Quando Anwar Sadat,
l'allora presidente dell'Egitto, fece la sua storica visita in Israele
nel 1977, dichiarò che il 70 per cento dei problemi tra Arabi ed
Israeliani erano psicologici. Comunque, entrambe le parti hanno
continuato ad ignorare le motivazioni emozionali ed i processi
inconsci che alimentano questo conflitto. Quello che Carlo Strenger1
fa e quello che noi faremmo è cercare di dare delle risposte
all'indiretto invito di Sadat. Gli psicoanalisti hanno molto da dire
circa le emozioni inconsce su un piano individuale, ma il nostro
lavoro qui è quello di sviluppare una psicologia del grande gruppo
cercando di capire le motivazioni inconsce di entrambi i "leaders" e
delle loro nazioni senza condannare alcuno di essi (Volkan 2004, Falk
2004, Wirth 2007).
La sindrome del fanatismo |
I
terroristi, in particolare quelli suicidi, sono essi stessi fanatici e
sono guidati da "leaders" fanatici. Seguendo Erich Fromm voglio
sottolineare la "passione" del fanatico e la sua
"sconsideratezza" sulla base delle quali egli, "senza compromessi" ed
in modo "rigido", difende la sua "idea carica di sopravvalutazione" (Hole
1995, p. 37). Il fanatico ha ucciso tutti i sentimenti per gli altri e
ha proiettato loro in quel partito o gruppo la cui ideologia gli
sembra ragionevole. Egli idolatra la collettività e la sua ideologia
condivisa, di cui è diventato schiavo. La sua completa sottomissione a
questo idolo crea una passione dentro di lui la cui qualità emozionale
Erich Fromm caratterizza come "fuoco freddo" e "ghiaccio che brucia",
ma anche come "passione mancante di calore". <<Il fanatico agisce,
pensa e sente per conto del suo idolo>> (1961, p. 61) ed è preparato a
sacrificare per esso qualsiasi cosa egli abbia ancora caro nella vita.
Ad esempio,
il palestinese Nizzar Iyan a confessato in un'intervista ad un
giornalista tedesco che trovò la sua più grande realizzazione nel
sacrificio dei suoi figli come terroristi suicidi nella lotta contro
Israele. Quando suo figlio diciassettenne Ibrahim perse la vita in un
attentato suicida, suo padre disse: <<Mio figlio Ibrahim è morto. Non
mi sono mai sentito più felice di quel momento, quando vennero e mi
dissero: "Gli ebrei hanno ucciso tuo figlio">>. E quando
l'intervistatore chiese, <<Ma lei, dopo tutto, lei è suo padre, lei
deve provare dolore>>, il padre rispose, in modo fermo <<Sono onesto,
sto dicendo questo al di fuori delle mie convinzioni, non sento
afflizione, sento gioia, vera gioia, che mio figlio ha realizzato una
parte di ciò in cui credevo. La vita non ha sapore quando non si
possono realizzare i propri sogni e le proprie mete>>.
E' questo
padre uno di quei tipici fanatici che "piazzano idee sulla gente", uno
di quelli il cui "dedicarsi alle idee è abnormemente potente, mentre
il loro dedicarsi alla gente è stranamente bloccato o difettoso" (Hole
1995, p. 93)? <<Teoricamente parlando, il fanatico è una personalità
notevolmente narcisistica>> (Fromm, 1961, p. 61).
Ma è questa
veramente l'intera storia? Ipotizzo che questo padre palestinese in
quanto individuo sentisse la stessa disperazione, lo stesso dolore e
la stessa afflizione di qualsiasi altro padre quando apprese della
morte del figlio. Ma oltre ad essere un individuo, i suoi sentimenti
sono influenzati dal fatto che egli appartenga al gruppo nazionale dei
palestinesi. Egli non ha solo un'identità individuale, ma anche una
collettiva. E questa identità collettiva gli dice che è un grande
onore per lui sacrificare suo figlio nella guerra santa. Specialmente
in tempi di guerra, di trauma e di ansietà, il fatto di essere parte
di un vasto gruppo ha un enorme impatto sui sentimenti e sul pensiero
della gente.
Come diventare un terrorista? |
Sappiamo poche cose sui terroristi
suicidi palestinesi. In particolare, i giovani che partono volontari
per gli attacchi suicidi sono stati sottoposti ad un costante trauma
sin dall'infanzia. Per quanto povere, miserabili e deprimenti possano
essere le loro vite, un'identificazione assoluta con gli ideali del
gruppo compensa gli individui per le loro disgrazie. Il "narcisismo
sociale" - come ha sottolineato Fromm (1964, pp. 62-94), fornisce un
importante sostegno per l'autostima di un individuo.
Alcuni
degli odierni terroristi islamici possono essere stati traumatizzati
nei campi profughi, reclutati lì da parte di vari servizi segreti, ed
allevati ed educati in speciali scuole coraniche e campi di
addestramento. Nella solitudine di tali campi, le comunità funzionano
come sostituti delle famiglie ed i loro "leaders" fanatici come figure
genitoriali sostitutive in modo tale che i bambini e gli adolescenti
sviluppano un'intensa dipendenza emozionale ed intellettuale.
Questa
dinamica, in particolare, si applica alle persone che vivono nei campi
profughi in condizioni miserevoli per svariate generazioni, che
vengono traumatizzate dalla presenza giornaliera di comportamenti
violenti. Comunque, i terroristi dell'attacco a New York dell'11
settembre non erano palestinesi, ma studenti ben educati.
Come ben
esprime Otto Kernberg (2002), la traumatizzazione non deriva solo
dalla violenza sperimentata di persona, ma anche dalle azioni violente
di cui uno è stato testimone. Tali processi sono andati avanti nel
Vicino Oriente per decenni. Attraverso la loro identità collettiva,
gli arabi si sentono vicini alle sofferenze dei palestinesi. Essi
simpatizzano (che significa originariamente: soffrire con) con i
palestinesi e hanno sviluppato un odio collettivo per Israele e gli
Stati Uniti, ed in parte anche per il Mondo occidentale come un tutt'uno.
Alcuni individui possono sentire un particolare dovere nel sostenere i
palestinesi nella loro lotta contro Israele e contro il suo
protettore potente a causa della loro posizione privilegiata.
Persino
i terroristi tedeschi della RAF ("Red ArmyFraction", che lanciarono
attacchi terroristici contro rappresentanti simbolici del governo e
del sistema economico capitalistico durante gli anni '70, erano
motivati da alti principi morali e coinvolti in vari progetti sociali
prima di esserlo nelle loro attività violente. Come ho scritto
altrove, questi terroristi tedeschi sono "delegati inconsci" (Stierlin
1978) dei loro genitori. In un certo senso non agivano volontariamente
ma inconsciamente, per conto dei loro genitori, presi in un conflitto
trans-generazionale (Wirth 2007).
I
terroristi islamici che si uniscono alla guerra santa sono spesso
presi in un simile contesto generazionale: le famiglie arabe
privilegiate, da una parte, vivono in una prosperità quasi
inimmaginabile e godono del lusso della società occidentale, eppure,
dall'altro lato, sostengono l'odio contro l'Occidente. Questo doppio
registro presenta un difficile conflitto nello scontro tra le
generazioni che sono risolute nel fatto che i figli delle famiglie
privilegiate economicamente, talora per un ordine conscio talaltra
inconscio da parte dei genitori, si uniranno alla guerra santa, la
sola cosa di cui i loro padri parlano e sognano. Dopo l'11 settembre
si sono trovate molte informazioni sui gruppi terroristici sostenuti
finanziariamente da numerosi uomini d'affari islamici che con successo
conducono i loro affari in Europa e negli Stati Uniti e salvano le
loro coscienze islamiche grazie a tali donazioni.
Lasciatemi concludere con una nota sui parallelismi tra israeliani e
palestinesi: entrambi i gruppi sono composti da sopravvissuti e
rifugiati vittime di traumi. Entrambi i gruppi soffrono di profonde
ferite narcisistiche collettive. Ambo le parti hanno buone ragioni
storiche per sentirsi proprietari di Israele o della Palestina. Sotto
la pressione della lotta sanguinosa tra di loro per decenni, entrambi
i gruppi anno sviluppato un atteggiamento paranoico. La visione
paranoica del mondo tiene ciascun gruppo insieme come il muro di cinta
di una fortezza. Dal mio punto di vista, ci sono due problemi
psicologici principali:
1. Da
una parte, la visione paranoica del mondo è un meccanismo di
difesa e, dall'altra, è ancorata alla realtà. Ciò significa che si
possono trovare molte buone ragioni per avere una visione paranoica
del mondo. E questo significa che è molto difficile cambiare una tale
visione paranoica del mondo.
2. Ognuna delle parti dà all'altra
buone ragioni per aderire alla propria politica. Ambo le parti
interagiscono in un modo che i terapeuti della coppia di orientamento
psicoanalitico descrivono come collusione; ciò significa un gioco
inconscio di due 'partners' che si sono scelti e che fanno un gioco di
squadra talmente buono tra di loro che - in un certo modo - si
completano vicendevolmente. I sadici ed i masochisti formano una tale
coppia collusiva complementare. La collusione narcisistica è anche
molto comune.
<<E' molto arduo per le persone
traumatizzate nel loro dolore emozionale essere consapevoli del dolore
degli altri ed empatizzare con loro>> (Falk 2004, p. 90). Forse
possiamo discutere in che modo gli psicoanalisti possano contribuire a
trovare una via di uscita a questa interazione collusiva distruttiva. |