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  "SOSTEGNO PSICOLOGICO AL PAZIENTE LARINGECTOMIZZATO E AI SUOI FAMILIARI"

 

 

 

 di Martina Zaccariotto

 

  Questa relazione è stata presentata al convegno “Il carcinoma della laringe, la gestione del laringectomizzato” (Direttore: Prof. Mario Russolo,  6-7 marzo 2009, Bibione -Venezia).

 

 


 

Ciò che mi propongo di delineare, attraverso questo intervento, sono le molteplici caratteristiche necessarie per un sostegno psicologico al paziente laringectomizzato e ai suoi familiari. Credo che un buon modo per comprendere la tipologia degli interventi di sostegno, sia quello di rispondere a quattro domande: 1) Sostegno a cosa? 2) A chi? 3)Per quanto tempo? 4) Come?

 All’interno della prima domanda “cosa dobbiamo sostenere” è inevitabilmente inclusa l’esigenza di definire le problematiche psichiche e sociali conseguenti alla laringectomia totale. Lo specifico di questo intervento, come ben sappiamo, risiede nella perdita della voce, perdita che comporta al contempo una mutilazione e una disabilità. E’ fondamentale intendere la voce non solo come atto fonopoietico, ovvero come veicolo comunicativo verbale, bensì come una significativa esperienza di sé che si realizza nell’atto di parlare (esperisco me stesso attraverso la mia voce, ‘io sono nella mia voce’) e contemporaneamente una espressione di sé in relazione con l’altro (mi mostro e spiego agli altri chi sono, come mi sento) (Mancia 2003, 696). A prescindere dal contenuto, quindi, la voce comunica prima di tutto l’unicità di chi la produce, nonché l’unicità di quella specifica relazione che si instaura tra gli interlocutori (Biferale e Toti, 2007). La voce è insieme suono e respiro, nasce dal corpo (ibid.) ed è influenzata da tutte le esperienze più o meno traumatiche vissute dall’individuo lungo la sua vita. Si definisce quindi come narrazione e memoria di ogni persona (Pigozzi, 2008) entrando pertanto a far parte di quegli elementi che vanno a formare la nostra identità. In questo senso quindi, un paziente laringectomizzato affronta una vera e propria perdita di una parte della sua identità, una mutilazione appunto. Un’identità, quella vocale, che comincia a formarsi all’origine della vita: ciascuno di noi nel venire al mondo con il suo primo respiro, con il suo primo grido si individua come persona unica e separata (Di Benedetto, 2000). I vocalizzi successivamente permettono al lattante di avere una prima misura del tempo nella continuità delle esperienze e dei vissuti arcaici: per es. i vocalizzi che spesso accompagnano il risveglio permettono di segnare il passaggio dall’assenza di temporalità del sonno alla temporalità dello stato di veglia, proponendo una successione di elementi discontinui in contrasto con l’esperienza lineare del sonno (Di Benedetto, 1997, 2000). Ed ancora il grido e la sua qualità permettono non solo all’adulto di comprendere il neonato, ma servono al piccolo stesso come definizione di ciò che di confuso accade nel suo corpicino, caratterizzando così ciò che gli accade (Freud, 1895). La voce si delinea pertanto come elemento costitutivo della mente e dell’identità. Inoltre anche attraverso la vocalità non verbale, priva quindi delle parole, tutti noi instauriamo le nostre prime e significative relazioni che diventeranno matrice e fondamenta per tutte le nostre relazioni future. L’utilità e il valore della vocalità non si perde crescendo, in quanto “ogni discorso è composto da due elementi: le parole e i toni, con cui esse vengono pronunciate, cioè i segni delle idee (pensieri verbali) e i segni dei sentimenti (segni musicali)” (Spencer in Di Benedetto, 2000). Le informazioni che passano attraverso la vocalità sono estremamente significative, infatti non tutto ciò che è il sentimento e il vissuto può essere tradotto in parola, molto può essere unicamente espresso appunto attraverso la voce. Dopo l’intervento, tale segno ‘musicale’, dei sentimenti, viene momentaneamente perduto e in seguito rimane ampiamente impoverito.

Contemporaneamente anche il ‘segno delle idee’, le parole, presentano per quanto riabilitate un importante disagio. Tale disagio deve essere inteso non solo nel valore comunicativo nei confronti degli altri, ma anche (come abbiamo visto) nei confronti di sé stessi. Nel paziente laringectomizzato emerge una contraddizione: più ho bisogno di esprimermi, meno riesco a parlare. Infatti più forte è l’emozione provata, più ci sarà urgenza di comunicare tale vissuto, ma la tensione a livello fisico si tradurrà in un’alterazione del ritmo respiratorio, che produce spesso un’impossibilità transitoria di parlare. E’ frequente sentire tra i laringectomizzati il consiglio:“non emozionarti troppo!”, ciò porta a pensare che queste persone debbano controllare già dentro al proprio corpo il vissuto esperito, senza poterlo spostare sulla voce che è contemporaneamente veicolo di scarica della tensione (quando ci arrabbiamo alzando il tono di voce scarichiamo parte della tensione emotiva) e veicolo di comunicazione (che permette l’intendersi e la possibilità di richiedere e ricevere un sostegno) (Cusin e Zaccariotto, in attesa di pubblicazione). Tale operazione produce inevitabilmente un notevole disagio psichico che può sfociare anche in senso di impotenza, inadeguatezza e rabbia. Situazioni di questo tipo si possono rinnovare anche più volte in una stessa giornata (pensiamo a tutte le volte che ci arrabbiamo nel traffico o viviamo un profondo coinvolgimento affettivo con un nostro caro).

 Inoltre la nuova voce porta in sé un’altra contraddizione estremamente dolorosa: essa è una voce o troppo bassa o troppo alta. Troppo bassa per es. quando in un bar si deve ordinare qualcosa, o quando si vuole scambiare due chiacchiere lungo una strada trafficata, troppo alta al ristorante o al teatro. Tali vissuti producono spesso senso di inadeguatezza, vergogna, impotenza e talvolta possono portare la persona laringectomizzata ad un ritiro più o meno ampio dalle situazioni sociali. Ciò può implicare un aumento della sensazione di solitudine e un aumento della dipendenza verso i familiari più stretti. Infine il laringectomizzato, il suo coniuge e la sua famiglia dovranno affrontare un periodo più o meno lungo di adeguamento al nuovo stile comunicativo. In tale situazione possono emergere vissuti di fastidio, rabbia e sconforto in tutti gli interlocutori che sono abituati ad un intendersi veloce e complice, da lunghi anni. Ecco dunque emergere la disabilità, connessa alla perdita della voce, contemporaneamente su due livelli: individuale e relazionale.

 Diveniamo così, man mano consapevoli che la disabilità comunicativo-relazionale (facilmente osservabile) sia solo la punta dell’iceberg della perdita della voce per tutto il valore contenuto e veicolato da essa.

 Non è difficile comprendere, a questo punto, come nel paziente laringectomizzato possano emergere ed essere verbalizzati, con grande sofferenza ed angoscia, vissuti di deumanizzazione/squalificazione, per la perdita dell’articolazione della parola (‘segno delle idee’), abilità percepita come il distinguo tra l’essere umano e l’essere un animale (Cusin, Zaccariotto, in attesa di pubblicazione). Allora quel buco e quello svuotamento chirurgico non rimangono più dei fatti unicamente corporei, diventano buchi e svuotamenti dell’identità, dell’immagine di sé e delle modalità relazionali della persona. A livello psichico pare venir a mancare un filtro (come quello rappresentato fisicamente dal naso e dalla bocca) e tutto tocca in maniera più diretta, intensa, dolorosa. L’accettazione del tracheostoma, dell’essere laringectomizzati diventa, quindi, un processo psichico di notevole ampiezza, che viene influenzato inevitabilmente dalla soggettività di ciascun individuo, nonché dalle caratteristiche della rete familiare in cui è inserito.

 Inoltre è indispensabile tenere conto che il paziente laringectomizzato non è solo mutilazione e disabilità vocale, ma è anche un paziente oncologico. Di primo acchito può sembrare un’affermazione banale, ma spesso vedendo la voce e lo stoma come indice e specificità del laringectomizzato il sostegno può tendere a lasciare in secondo piano tale aspetto. E’ invece fondamentale porre l’attenzione verso gli intensi vissuti che caratterizzano questa situazione: incertezza, forte impotenza e angoscia di morte.

 Infine occuparsi di questi pazienti significa, nella maggioranza dei casi, lavorare con persone che stanno entrando o attraversando la terza età. Tale fattore implica ulteriori specificità al nostro intervento di sostegno, che deve conoscerne e affrontarne i principali cambiamenti sociali. Ne cito velocemente alcuni: il pensionamento e la conseguente perdita del ruolo lavorativo; modificazione della struttura familiare e perdita del ruolo di genitore, tali aspetti spesso sono ritenuti basilari per la propria identità e per l’immagine di sé; il dover affrontare una molteplicità di eventi stessanti come la diminuzione di alcune abilità (connesse anche alle modificazioni biologiche che si registrano nel sistema nervoso, cardiovascolare, respiratorio, endocrino, scheletrico, muscolare, urinario e genitale), la maggior vulnerabilità in generale e alle malattie; i frequenti lutti di amici coetanei, tutto ciò può produrre forme depressive più o meno transitorie (Baroni, 2003).

 Per quanto detto fin qui, la laringectomia è un evento traumatico che colpisce l’individuo nella sua globalità, producendo delle significative e talvolta severe modificazioni della vita quotidiana. In maniera complementare anche i familiari dovranno affrontare le stesse difficoltà del laringectomizzato. Il processo di accettazione di questa mutilazione e disabilità coinvolge pertanto tutto il gruppo familiare che sarà impegnato direttamente in un percorso psico-affettivo. Pensiamo per es. a quando cuciniamo una torta, tutta la cucina inevitabilmente si impregna de suo profumo, allo stesso modo un evento traumatico di questo rilievo impregna il nucleo familiare. Quindi i familiari, sono sì una risorsa per il paziente laringectomizzato (infatti grazie alla loro presenza il malato affronta più positivamente e facilmente il drastico cambiamento di vita), ma è necessario comprendere e tenere a mente che anch’essi affrontano un evento traumatico presentando così propri disagi, sofferenze e angosce.

 Siamo giunti così a rispondere alla seconda domanda, ovvero “chi dobbiamo sostenere”? Come abbiamo visto: il malato, ma anche il suo coniuge e la sua famiglia ed infine la società. Va da sé che per ogni destinatario sia necessario proporre un percorso di sostegno adeguato e specifico nelle modalità e negli obiettivi. Nel definire la nostra identità è imprescindibile il ruolo giocato dall’ambiente in cui siamo inseriti, ambiente che influenza questo percorso di definizione, ma che anche riconosce o meno i termini attraverso cui ci definiamo, dandoci un fondamentale feed-back per percepire il nostro senso di identità (non c’è leader senza un gruppo che lo riconosce come tale). Diventa quindi importante incentivare un sempre maggior riconoscimento sociale dell’identità del laringectomizzato, proprio per dare un adeguato feed-back a queste persone. Sottolineo come questo debba rimanere un processo di riconoscimento, non di stigmatizzazione, che come suggerisce la parola, trasformerebbe il processo fluido e di sostegno per l’individuazione, in una statica e nociva stereotipia. Per esempio i pazienti laringectomizzati e i loro familiari vengono sostenuti in maniera indiretta attraverso proposte sociali di sensibilizzazione e di informazione come conferenze e seminari che trattano da diversi punti di vista (medico, logopedico, psicologico ecc.) la loro malattia e le sue conseguenze.

 Quanto deve durare, quindi, l’intervento di sostegno? Per quanto detto finora, a livello psico-affettivo e a livello sociale questo evento traumatico dà avvio ad un lungo e complesso percorso che necessita un supporto mirato, differenziato e costante sul lungo termine. Se questo è il pensiero e la consapevolezza di chi opera per il sostegno del paziente laringectomizzato e dei suoi familiari, è necessario riconoscere che le nostre proposte si incrociano con due fattori a cui dobbiamo rivolgere la massima attenzione (per dare efficacia al nostro intervento): la capacità di richiesta di aiuto e la volontà personale e familiare. La richiesta di aiuto non può essere intesa come un’esigenza inevitabile e spontanea, bensì anch’essa è da considerare come il risultato di una prima tappa del processo avviato dall’evento traumatico. Di conseguenza anche la richiesta d’aiuto è influenzata e determinata dalla soggettività del singolo individuo e dalle caratteristiche della sua rete familiare. In linea con questo ragionamento si pone anche il fattore ‘volontà’, volontà che non sempre sostiene in maniera costante e congruente le scelte prese dall’individuo e dai suoi familiari rispetto alla situazione di difficoltà. Noi operatori con i nostri interventi dobbiamo, dunque, essere estremamente flessibili e pronti a rispondere in maniera adeguata alla richiesta attuale di ogni persona. E’ attraverso la nostra presenza sempre e comunque, attraverso la continuità delle azioni di sostegno a prescindere dalla partecipazione di una determinata persona, che possiamo trasmettere loro la costanza di interesse e la certezza dell’esistenza di forme di aiuto non invasive, ma profondamente rispettose del volere di ogni persona e dei suoi tempi.

 

A livello concreto quali sono le modalità di sostegno? Innanzitutto quando ci troviamo ad organizzare e a realizzare una forma di sostegno è necessario saper individuare ed utilizzare le risorse presenti nel sistema in cui e per cui lavoriamo. In questo caso specifico, mi pare ne emergono tre:

 

1) La spinta naturale alla comunicazione e il desiderio di esprimersi. Essendo tale desiderio un’esigenza primaria, l’importanza per la persona di riacquistare la voce produce più facilmente (quindi non sempre) l’interesse verso attività rieducative e di sostegno.

 

2) L’associazione dei laringectomizzati. Le persone iscritte a questa associazione, infatti si attivano con molta sensibilità, attenzione, capacità e costanza per creare un ponte con i nuovi laringectomizzati. Il ruolo rivestito da questa associazione è estremamente rilevante, delineandosi contemporaneamente come risorsa e come sostegno. L’associazione offre infatti sia un aiuto di tipo tecnico (distribuzione presidi-sostegno alla rieducazione vocale e alla motivazione- informazioni sulla gestione dello stoma- contatto con medici, logopediste, psicologi) sia un sostegno di tipo affettivo e ricreativo creando una rete sociale dove è possibile il confronto delle esperienze e dove si instaurano forti legami relazionali. Il messaggio trasversale che viene emesso da questa associazione sembra essere: “non sei solo, anche tu puoi parlare!”

 

3) Frequente e protratto contatto con la struttura ospedaliera. La necessità di visite di controllo, terapie riabilitative e altro, permettono agli operatori di poter proporre in differenti momenti le diverse attività di sostegno presenti, favorendo così il passaggio dall’una all’altra. Per la persona invece, tale contatto permette di poter scegliere su un arco di tempo più lungo se usufruire o meno delle attività di sostegno presenti, in base alla volontà di quel specifico momento.

 

In questa situazione gli obiettivi generali delle proposte di sostegno potrebbero essere: far sentire l’interesse verso la persona e la sua condizione, favorendo la costanza di un contatto umano; rendere le persone che si rivolgono a noi man mano più attive ed autonome; aiutare a guardare e aver cura dello stoma sia a livello fisico che psichico, infatti se non si riesce a guardare a livello psico-affettivo lo stoma, a pensare a questa modificazione in termini di immagine di sé e di identità, difficilmente la persona potrà occuparsi fisicamente in maniera adeguata dello stoma, ma anche viceversa, imparando pian piano ad occuparsi fisicamente dello stoma la persona impara a pensare e ad accettare lo stoma a livello psichico; ed infine è necessario stimolare la ripresa della socialità.

 

A livello psicologico credo che una proposta fondamentale sia il gruppo di auto-aiuto ovvero uno spazio che come un contenitore, crea un luogo relazionale e mentale dove vengono accolti vissuti ed emozioni estremamente dolorosi e dove al contempo viene facilitato il movimento di pensiero. Questo spazio permette così di bonificare, per quanto possibile, le narrazioni colme di sofferenza, angoscia e dolore portate da queste persone, narrazioni che evidenziano una discontinuità più o meno profonda (un buco appunto) nella percezione del senso di sé. Il gruppo di auto-aiuto ha come obiettivo anche quello di stimolare e rafforzare la rete sociale e affettiva in cui è inserita la persona che partecipa agli incontri, nonché favorire la circolazione di pensieri, vissuti e soluzioni relativi alle diverse esperienze, facendo sì che la reciproca identificazione tra i componenti del gruppo permetta ad ogni individuo di ampliare e migliorare le sue risposte concrete, ma anche emotive, alla situazione che sta affrontando.

 

Un supporto psicologico potrebbe essere molto utile anche nell’immediato pre e post intervento, inserito in un lavoro di equipe. Infatti, questi sono i momenti in cui l’evento traumatico, che segna la narrazione e la percezione di sé dell’individuo, è presente con tutta la sua intensità.

 

A livello tecnico-relazionale è fondamentale la terapia logopedica che per quanto detto sulla voce, acquista significati ben più profondi della mera riabilitazione fonetica. Il ridonare la voce, l’insegnare nuovamente a parlare, infatti, sono azioni che si caricano di profondo affetto: la logopedista è vissuta a tutti gli effetti come una nuova mamma.

 

Credo, infine, che la funzione di sostegno sia presente e trasversale, seppur a diversi gradi e nelle specificità delle differenti competenze, a tutte le figure professionali sanitarie che entrano in contatto con il paziente laringectomizzato e con i suoi familiari.

 

 

                

 

 

                    

 

 
 
 

 

 

 

 

 

 

 

Bibliografia :

BARONI M.R. (2003), I processi psicologici dell’invecchiamento., Carocci, Roma;

 BIFERALE S., TOTI R. (2007), “Il corpo della voce, la voce dell’ascolto.”, Psychomedia;

 CUSIN A., ZACCARIOTTO M. (in attesa di pubblicazione), “La parola ritrovata. Resoconto su un lavoro di gruppo orientato alla riappropriazione della parola dopo l’asportazione della laringe.” in Curi Novelli M. (a cura di) Il gruppo specializzato o monotematico., Franco Angeli Editore, Milano;

 DI BENEDETTO A. (1997), “Ascolto psicoanalitico e ascolto musicale.” in Accerboni A.M., Schön A. (a cura di) (1997), Le frontiere della psicoanalisi. Ascolto psicoanalitico e orecchio musicale. Psicoanalisi e cinema., Borla, Roma;

 DI BENEDETTO A. (2000), Prima della parola. L’ascolto psicoanalitico del non detto attraverso le forme d’arte., FrancoAngeli, Milano;

 FREUD S. (1895), Progetto di una psicologia., O.S.F. 2, Boringhieri, Torino;

 MANCIA M. (2003), “Il sonno della memoria genera mostri”, in Rivista di Psicoanalisi, n. 4, Borla, Roma ;

 PIGOZZI L. (2008), A nuda voce. Vocalità, inconscio, sessualità., Antigone Edizioni, Torino;

  

        

 

 

 

 

 

 
 

 

 

 

 
 

 
 

 

 

 

Responsabile Editoriale : Giuseppe Leo

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