1.1 Le Origini

Le origini di Mileto pare risalgano all'antica Grecia. Già nello stesso nome, Mileto dovrebbe essere la continuatrice di quella Mileto dell'Asia minore (attuale Turchia, dove sulle rovine di Mileto sorge la città di Balàt, secondo l'Enciclopedia Europea [voce Mileto], o di Soke, secondo quando riportato in Mileto 1991) in cui vissero i primi filosofi dell'umanità (Talete, Anassimandro e Anassimene), come infatti scrive Erodoto, sembra che essa sia stata fondata dai milesi, che, fuggiti alla strage operata da Dario, si rifugiarono in un primo tempo a Messina, ma, cacciati anche da questa città, approdarono successivamente nel luogo dove appunto fondarono quella che poi sarebbe diventata la Mileto di Calabria.
Un memorialista miletese del settecento, Ignazio Ilario Piperni, in uno scritto che ha visto la sua prima pubblicazione attraverso un lavoro di Occhiato-Bartuli, offre varie notizie intorno all'origine greca di Mileto.
Ad esempio, il Piperni fissa addirittura la data di fondazione di Mileto, e precisamente «l'anno 3653 del mondo dopo la disfatta in Grecia del gran monarca Serse... che secondo il più accertato computo cronologico venne ad essere questa fondazione vicino a' 400 prima della nostra comune salute, e secondo il Martirologio Romano l'anni del mondo 4799»; e si mostra addirittura possibilista rispetto all'ipotesi che lo stesso Platone, nella sua dimora temporanea in Calabria, fosse passato da Mileto.
Alcuni studiosi, pur non a conoscenza dello scritto del Piperni, sposano la stessa tesi, facendo risalire l'origine di Mileto al 495 a.C. per opera dei Milesi della Jonia; «e soprattutto con nuovi argomenti da V. Saletta». Forse uno dei rari reperti che può testimoniare l'origine greca della nostra città è la scritta, greco-bizantina, apposta su una colonna proveniente, dall'antico sito di Mileto di cui l'Occhiato offre la descrizione, nonchè la decifrazione dell'incisione, e che è «Signore, proteggi il tuo servo»; mentre risulta di incerta determinazione la datazione della stessa, ciò che ci avrebbe permesso di affermare senza ombra di dubbio l'esistenza di Mileto in età prenormanna.

In ogni caso Mileto avrebbe seguito la sorte di tutto il mondo occidentale, il quale dopo la dominazione greca ha visto l'estendersi dell'impero romano. Sotto Costantino la Calabria divenne una delle 17 province in cui era divisa l'Italia, mentre successivamente, dopo la seconda guerra punica, fece parte della terza regione augustea, denominata Lucania et Brutium. In tale periodo Mileto sarebbe stata situata nella parte di Calabria detta Ultra; era infatti la regione divisa in due zone distinte anche dal punto di vista amministrativo: Calabria Citra e Calabria Ultra, essendo il confine situato presso la linea che congiunge il golfo di S. Eufemia con quello di Squillace, passando da Tiriolo.
In tale periodo la Calabria era detta Bruzia, in virtù delle popolozioni che vi abitavano. Ma anche sul periodo Romano mancano certezze documentarie, se non cenni fatti da Cicerone, risieduto a Vibo Valentia, nella sua epistola Ad Atticum (convengono su tale punto il Corrado, il Barrio, il Marafioti, il Fiore, l'Amatucci ed il Calcagni nonché, in termini più attendibili, il Carugno, mentre se ne distacca il Capialbi), i mosaici romani di cui si dirà fra poco e pochi altri elementi.

 

1.2 La conquista di Ruggero d’Altavilla

La discesa dei normanni nella penisola italiana è grave; forse dovuta ad una pura casualità; pare infatti che "nell’anno 867 giunti erano casualmente in Italia spinti da una tempesta di mare, e si erano diretti verso Roma".

Il loro dominio in Calabria invece è dovuto alle mire espansionistiche di questi uomini del nord (north men, o, in linguaggio medievale, northmanni); mentre la riuscita della loro dominazione sulla regione pare sia legata soprattutto a questioni politico-religiose. Infatti la chiesa favorì il loro sopravvento, in quanto si rese conto, grazie soprattutto all’anima ispiratrice di Ildebrando di Soana (consigliere di cinque pontefici, poi egli stesso salì al soglio pontificio con il nome Gregorio VII), che solo i nuovi conquistatori potevano battere i saraceni e ristabilire il rito latino, in contrapposizione a quello bizantino, nel meridione, e quindi ricondurre tutta la zona sotto l’autorità della Curia Romana. "Del resto, questo obiettivo della politica religiosa romana, fatto proprio dai normanni, veniva a favorire grandemente la loro azione di penetrazione militare e di consolidamento del loro dominio" .

Come capitale del gran contado di Calabria e di Sicilia assurse dunque Mileto, e la sua storia fu in quel periodo significativa, se, oltre a storici locali, se ne interessa, sia pur con brevi cenni, la storia generale; ma la sua gloria non iniziava tuttavia in assenza di contrasti; infatti, come riporta il Pata nella piazza di Mileto, davanti alla porta principale, vi fu una battaglia fra le milizie di Ruggero "cognominato Bosso per la grandezza e robustezza del corpo e fortezza d’animo" -- e quelle di Roberto il Guiscardo -- così nominato invece per la sua astuzia -- ; correva allora l’anno 1062 e in quella battaglia perse la vita Arnoldo, cognato di conte Ruggero, avendo questi preso come prima moglie Delicia sorella di Arnoldo.

Ad ogni modo si addivenne alla definitiva instaurazione del governo normanno a Mileto, che diventò in tal guisa la capitale dei possedimenti del nominato conte, e che prestò il nome a tutta la Calabria, chiamata allora per l’appunto "provincia Melitana".

La politica di consolidamento da parte di Ruggero fu lungimirante; infatti come regola generale i normanni ebbero quella, costituente per loro una nota di merito, di non stravolgere le istituzioni e gli usi locali.

Se dal lato del potere temporale conte Ruggero creò a Mileto la capitale del gran contado di Calabria e di Sicilia, dal lato del potere spirituale - e non poteva essere diversamente - il conte si adoperò a che Mileto -- al fine di possedere tutti i crismi di una capitale -- diventasse sede di diocesi; e infatti il 4 febbraio del 1083 papa Gregorio VII con la bolla Supernae Miserationis creava la diocesi di Mileto, prima diocesi di rito latino del meridione d'Italia.

Oltre ad essere una delle più estese diocesi d’Italia, quella di Mileto aveva un’altra e più importante caratteristica, quella di non essere sottoposta ad alcun metropolita, dipendendo direttamente dalla Santa Sede. Primo Vescovo che sedette sulla Cattedra di Mileto fu Arnolfo.

Dal punto di vista religioso, conte Ruggero è stato promotore poi di almeno altre due istituzioni: - l’Abbazia della SS. Trinità, dei monaci benedettini, costruita a Mileto, e costituita con poteri autonomi rispetto alla chiesa cattedrale, nel senso che l’abate era indipendente dal Vescovo, di fatto un'altra diocesi, (e tale rimase fino all’anno 1717); primo abate fu Roberto, cognato di conte Ruggero; La chiesa della SS. Trinità è un monumento importantissimo per la storia dell’arte normanna. Le sue proporzioni e la magnificenza della fattura le fanno meritare un posto d’onore tra le costruzioni chiesastiche di tutto il meridione.

Ma oltre a quanto detto, essa ha, potrebbe sembrare strano, una importanza politica che può eesere compresa solo se si ha riguardo del quadro storico in cui fu costruita: fu strumento di Ruggero I nel progetto di latinizzazione della Calabria bizantina e tutto doveva servire a compiere meglio la missione che il papa aveva affidato ai Normanni.

Essa era a croce latina, ovviamente, a tre navate con una imponente cupola all’incrocio dei bracci longitudinale e trasversale. Le sue dimensioni, le facevano sovrastare tutte gli altri edifici della cittadina compresa la chiesetta della Cattolica dei monaci greci. I sudditi, confrontando le due costruzioni, rimanevano estasiati dal nuovo tempio che celebrava la gloria e il prestigio della Curia di Roma nonchè dei regnati normanni. Nota giustamente G. Occhiato: "...la chiesa miletese doveva possedere un rango tale da imporsi anche fisicamente, con l’ambiziosità delle dimensioni e la sontuosità dei paramenti marmorei, su tutte le chiese precedenti e, possibilmente, su quelle successive ".Ancor di più doveva essere ricca e imponente se si tiene conto che essa serviva come luogo di sepoltura della famiglia di Ruggero. Qui fu sepolta infatti Eremburga, moglie di Ruggero morta nel 1089, e lo stesso Ruggero, morto nel 1101. I due sarcofagi rimasero intatti fino al 1783, quando furono attaccati dal terremoto che segnò la scomparsa dell’Antica Mileto. Perciò sentiamo d’unirci al Piperni quando dice: «Basti però sapersi che questo tempio di lunghezza e larghezza e in tutto era similissimo alla chiesa madre di Messina fabricata ancora da detto Conte Ruggero sin dai fondamenti, e di vaghezza e rarezza di marmi migliore assai di quello, come attestano diversi paesani e persone di molto credito [...] che sapevano questo e poi videro quello non senza lagrime e sospiri, ricordevoli di tanta e sì considerabile perdita ». - la Certosa di S. Stefano del Bosco, a Serra San Bruno, sorta per opera di S. Brunone di Colonia, la cui venuta in Calabria è stata favorita proprio dallo stesso conte Ruggero.
Controverso è invece se il Normanno fece edificare anche la Cattedrale; «secondo alcuni (tra questi I. I. Piperni), il tempio originario era antecedente alla venuta di Ruggero, e il Normanno l’avrebbe soltanto esteso ed arricchito, insomma trasformando la vecchia chiesa (dedicata alla Vergine dell’Assunta) in Cattedrale, secondo altri questi avrebbe fatto erigere, oltre che la Chiesa della Badia, anche la Cattedrale». Nella cattedrale di Mileto operò pure San Gerlando, il quale «benché non fosse stato paesano, fu però primicerio e vogliam dire arcidiacono di questa cattedrale, poi vescovo di Agrigento in Sicilia, in oggi vanto in paradiso, di cui questa cattedrale da puochi anni a questa parte celebra la festa col suo officio alli 26 di febraro» .
Sicuramente il conte Ruggero fece erigere, o restaurare anche il suo castello, di cui non si conosce tuttora l’esatta ubicazione, pur supponendosi che doveva ergersi tra il Vescovato e l’Abbazia della SS. Trinità, considerato che il quartiere ivi compreso fu chiamato appunto ‘castello’.
Ma da quanto scrive il Gallucci si potrebbe arguire che il castello invece di sorgere ad oriente della Cattedrale, come sostengono il Piperni e il Napolione, poteva sorgere ad occidente della medesima, e di ciò è convinto anche il Gally Knight, del più volte citato lavoro di Occhiato-Bartuli.
Probabilmente la città era gi6agrave; circondata o, quanto meno in alcuni punti strategici, difesa da mura, essendo una fortezza saracena, e tre porte vi davano l’accesso: quella di S. Cristofaro, ad oriente, il Portello e la Porta di Saccari, così chiamata in quanto presumibilmente, come riporta il Napolione, era situata in prossimità del quartiere detto Saccari. La parte compresa tra la porta di S. Cristofaro e l’Abbazia della SS. Trinità era nominata Borgo.

 

1.3 Società, economia e cultura nella Mileto Normanna

In questo contesto si svolgeva la vita nella Mileto normanna. Riporta il Pata quanto, anche a suo avviso con evidente esagerazione, scriveva il Fiore "conciosiaché divenuta così (Mileto) reggia gloriosa dei Normanni dominanti nella Calabria e nella Sicilia non si tenne indietro a qualunque altra città metropoli di quello affare. Qui correvano i popoli vassalli pel compimento della giustizia politica: da qui si spedivano ministri così di quella, come di guerra. Qui correvano le ambascerie dei principi forestieri, e da qui si spedivano le proprie a confederati ed amici".

Diciamo qui per inciso che Conte Ruggero possedette probabilmente anche una flotta di navi, anche se su tale assunto "si attende ancora maggior luce".

Tuttavia la società miletese non era allora composta solo dai cortigiani di Ruggero, ma vi erano altre fasce sociali. Sicuramente vi era la classe dei guerrieri, o, in gergo moderno, dei militari, quindi, per lo svolgimento degli affari di corte e anche ecclesiastici, doveva esistere anche quella di carattere impiegatizio di tipo amministrativo, e infine la classe che, sempre con gergo moderno, potremmo definire dei proletari.

A titolo esemplificativo riportiamo quanto leggiamo nel Pata "della stessa corte si sa che facevano parte ostiari e mistocleti, nominati da Ruggero (così, per l’anno 1086, come risulta da un diploma dello stesso Ruggero, ostiario di Mileto è un Nicola, mistoclete un Nicocle), mentre nella città coorti di servi, di angari e di perangari erano dominati dai guerrieri al seguito del Normanno". Il Pata poi, insieme con gli altri storici, nutre dubbi sulla consistenza numerica della popolazione miletese di quei tempi.

La presenza della corte del Normanno, e delle conseguenti attività (militari, politiche e amministrative), nonchè della diocesi, imponeva poi sicuramente che a Mileto si svolgessero degli studi atti a preparare le persone ai compiti che quelle attività richiedevano; molto probabilmente in Mileto doveva essere alquanto curata la cultura, se non dal lato propriamente scientifico, quanto meno da quello professionale; a tal proposito Antonio Romano accenna ad uno "studio per giudici e notai" una specie di università giuridica del tempo, nel quale il famoso Irnerio di Bologna ordinò il "Prochiron Legum" raccolta di leggi longobarde, bizantine, normanne, che si conserva nella Biblioteca Vaticana". E invero i Normanni, in particolare con Federico II, sono ricordati anche come dominatori illuminati dal punto di vista culturale e del mecenatismo.

Altrettanto sicuramente la presenza a Mileto delle istituzioni temporali e spirituali ha avuto influenza anche sull’economia del luogo: infatti, oltre alle persone dedite alle attività primarie (agricoltura, allevamento, ecc.), che molto probabilmente costituivano la maggior parte della popolazione, dovevano esserci anche quelle dedite alle attività secondarie (manifatturiere, anche in considerazione dello sviluppo urbano, come abbiamo visto, e alla coniazione delle monete) e terziarie (amministrative).

Inoltre l’economia del luogo doveva essere ben sviluppata, se addirittura a Mileto si batteva moneta, e qui non possiamo esimerci dal segnalare il bellissimo stralcio di Leonida Repaci, "quando fu il giorno della Calabria Dio, teso in vigore creativo, promise a se stesso di fare un capolavoro....., diede alla Sila il pino, all’Aspromonte l’ulivo, a Reggio il bergamotto, a Scilla le sirene....., a Stilo la Cattolica, a Gerace la Cattedrale, a Crotone il tempio di Hera Lacinia, a Mileto la zecca Normanna.....". Ed infatti la monetazione normanna di Mileto era di pregevole fattura, come si può osservare dai reperti. Era costituita da tre pezzi in argento, il Denaro, il mezzo Denaro e la frazione di Denaro, e da quattro in bronzo, il Trifollaro, il doppio Follaro, il Follaro e il mezzo Follaro; ed anche nella denominazione di questi ultimi pezzi si nota la conservazione della radice di una delle più antiche monete miletesi, di rame, coniata ad imitazione di un pezzo bizantino denominato, appunto, Follis. Nella varia bibliografia consultata non abbiamo peraltro avuto modo di verificare il rapporto di cambio tra Denaro e Follaro. Non ci sembra superfluo ricordare che a Mileto fu coniato per la prima volta anche il Ducato, che poi Ruggero II diffonderà in Sicilia e, di conseguenza, anche a Mileto.

Dal lato artistico, il periodo normanno a Mileto è ricordato in particolare per l’architettura; è unanime presso tutti gli storici e memorialisti di Mileto che sia la Cattedrale sia l’Abbazia della SS. Trinitá erano di rilevante pregio artistico .
Pochissimo sappiamo intorno alla pittura ed alla scultura normanna a Mileto, così come rarissime sono le notizie intorno all’attività letteraria e musicale di quel periodo. Nel campo letterario è d’obbligo tuttavia ricordare Goffredo Malaterra, monaco dell’Abbazia della SS. Trinità e biografo di Conte Ruggero; a lui è dedicata una piccola via nella frazione Comparni.
Relativamente al settore musicale riferiscono in linea generale Elisabetta e Pina Montagnese che «tra tutti questi scambi e influenze reciproche di diverse civiltà (dovuti alle attività di conquista), è molto probabile che anche i Normanni, nelle loro peregrinazioni europee, abbiano portato testimonianza degli usi e costumi musicali della loro civiltà, dando così il loro contributo alla grandiosa connessione musicale tra il Nord e il Sud dell’Europa».
In particolare apprendiamo da un articolo apparso sul n. 10/95 della Rivista "Hipponiana" che nella Mileto normanna operava una schola cantorum affidata a San Gerlando, che contribuì alla diffusione del canto gregoriano, sostituendo il rito latino a quello Gallicano.

Gerlando scrisse pure il "De musica", «di cui rimangono solo frammenti giudicati dal Rijk anteriori al 1075».
Il 22 giugno 1101 moriva conte Ruggero, e veniva sepolto in un tumulo nel cimitero dell’Abbazia della SS. Trinità, dove vi era anche quello della seconda moglie Eremburga. Assunse allora la reggenza Adelaide per conto del figlio Simone; ma nel 1105 moriva anche Simone.
Tra le nostre fonti, il Piperni è il solo a riportare la notizia del seppellimento dei figli di Ruggero, tra cui Simone, a Mileto.
La reggenza passò pertanto a Ruggero II. Durante tale reggenza Adelaide, dopo aver soffocato, anche in modo cruento, alcuni tentativi insurrezionali, trasferì la residenza da Mileto a Messina, e successivamente, nel 1127, a Palermo, dove Ruggero II sarà incoronato re di Sicilia nel 1130.
Tuttavia il Bosso lasciava come eredità regale il figlio Ruggero II, nato, probabilmente, a Mileto nell’anno 1097, come si legge sulla lapide in suo onore, affissa sul lato destro del portone della casa municipale.
Ruggero II fu dato alla luce dalla terza moglie di conte Ruggero, Adelaide, ed era secondogenito dopo Simone. Fu battezzato nella cappella di San Martino da San Bruno «essendo testimone un nobile normanno, il Lanuino»

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