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Scrivendo della misura della carità di Cristo, attraverso una figura che ‘misura’ nelle sue qualità le dimensioni dello spazio orientamento qualitativo dello spazio di Euclide...

Ogni scienza è ‘riduzione’ su un piano inferiore di realtà più alte in quanto ‘discende’da principi e questi dal principio , e nello stesso tempo è espansione su un piano inferiore

Cosi noi operando intorno a simboli di realtà più alte ne traiamo principi per la scienza dell’architettura

Da simbolo a segno a figura a emblema a cifra che scrive e descrive l’universo mondo

Questo simbolo si manifesta tridimensionalmente o bidimensionalmente nelle nostre interpretazioni della natura; nel secondo aspetto le qualità delle tre dimensioni si riassumono nelle due, non vanno perse, le due dimensioni acquistano spessore, quasi un bassorilievo concettuale.

\Le tre dimensioni si esplicano nello spazio, lo presuppongono; nel corpo come viene percepito dai sensi e altro; ma come sono percepite nell’intelletto umano? angelico? divino?\

\Il numero sette mi sembra legarsi alla croce tridimensionale, da un lato, ed al Santo Spirito dall’altro\

 

SETTE

Da Dio, Cuore delI'universo, scrive san Clemente d'Alessandria, «emanano le sei dimensioni e le sei fasi del tempo: qui è il segreto del numero sette»: il ritorno al centro, al Principio, al termine dello sviluppo senario, completa il settenario. le sei direzioni dello spazio hanno un punto mediano o centrale, che dà il numero sette Questo numero rappresenta la totalità dello spazio e la totalità del tempo.

 

 

Sette corrisponde ai sette giorni della settimana,

Il sette indica il senso di cambiamento dopo un ciclo concluso e un rinnovamento positivo.

La settimana comprende sei giorni di lavoro, piu uno di riposo, \raffigurato dal centro?\

Dopo aver creato il mondo in sei giorni, il settimo Dio non lavorò e ne fece un giorno sacro: il sabato non e dunque un riposo esterno alla creazione, ma è il suo coronamento, il compimento della perfezione

il cielo ha sei pianeti (nel computo antico) e il sole è il centro : sette pianeti,

[Presso gli Egizi era simbolo di vita eterna. numero sette è caratterizzato dal culto di Apollo; le cerimonie apollinee si celebravano il settimo giorno del mese.

Rappresenta un ciclo completo, una perfezione dinamica. Ogni periodo lunare dura sette giorni e i quattro periodi del ciclo lunare (7 x 4= 28) chiudono il ciclo; la settimana dura un quarto di luna.

Filone osserva a questo proposite che la somma dei sette primi numeri : (1+2+3+4+5+6+7) giunge allo stesso totale: 28.

sette si trova espresso, nell'esagramma, se si aggiunge il centro (come nel sigillo di Salomone) I'esagramma sei angoli, sei lati o sei punte di stella, con il centro che ha il ruolo di settimo;. ai sette gradi di perfezione, alle sette sfere o gradi celesti,

Alcuni settenari sono simboli di altri settenari; così la rosa dai sette petali evocherebbe i sette cieli, le sette gerarchie angeliche, che sono tutti degli insiemi perfetti.

Sette indica la totalità degli ordini planetari e angelici, la totalità delle dimore celesti, la totalità dell'ordine morale, la totalità delle energie, principalmente sul piano spirituale.

Associando il numero quattro, che è simbolo della terra (con i quattro punti cardinali)e il numero tre, che e il simbolo del cielo, il sette rappresenta la totalità dell'universo in movimento.

II settenario riassume anche la totalità della vita morale, sommando le tre virtu teologali, fede, speranza e carità, e le quattro virtu cardinali, prudenza, temperanza, giustizia e forza.

I sette colori dell'arcobaleno e le sette note della gamma diatonica rivelano che il settenario e un regolatore delle vibrazioni, che molte tradizioni primitive considerano I'essenza stessa della materia.

3. Sette è il numero, del compimento ciclico e del suo rinnovamento. Dopo aver creato il mondo in sei giorni, il settimo Dio non lavorò e ne fece un giorno sacro: il sabato non e dunque un riposo esterno alla creazione, ma è il suo coronamento, il compimento della perfezione. È quanto ci ricorda la settimana, che dura un quarto di luna.

I doni dell'Intelligenza sono sette

 

I1 numero 7 è universalmente il simbolo della totalità, ma di una totalita in movimento o di un dinamismo totale. È, come tale, la chiave dell'Apocalisse (7 chiese, 7 stelle, 7 Spiriti di Dio, 7 sigilli, 7 trombe, 7 tuoni, 7 teste, 7 flagelli, 7 coppe, 7 re...).

ha 7 bracci, come il candelabro degli Ebrei

è il numero degli stati spirituali gerarchizzati che permettono il passaggio dalla terra al cielo. (v. SCALA)

 

 

 

SETTE E BIBBIA

numero sette viene spesso usato nella Bibbia, ad esempio:

il candelabro a sette braccia;

i sette spiriti che riposano sull'albero di Jesse;

sette cieli dove abitano gli ordini angelici;

Salomone costrui il tempio in sette anni (I Re, 6, 38).

Non solo il settimo giorno, ma anche il settimo anno è di riposo.

Ogni sette anni i servi sono liberati, i debitori esentati.

Sette è utilizzato 77 volte neli'Antico Testamento.

La cifra sette, con la trasformazione che inaugura, ha in sé un potere, è un numero magico.

Prima della presa di Gerico, sette preti che portano sette trombe, devono al settimo giorno fare sette volte il giro della città.

Eliseo starnutisce sette volte e il fanciullo risuscita (IIRe, 4, 35). Un lebbroso si tuffa sette volte nel Giordano e ne esce guarito (II Re, 5, 14).

Il giusto cade sette volte e si rialza perdonato (Proverbi, 24, 16).

Sette animali puri di ogni specie saranno salvati dal diluvio.

Giuseppe sogna sette vacche grasse e sette vacche magre.

I1 sette comporta anche un certo stato di ansia per il fatto che indica il passaggio dal noto all'ignoto: un ciclo si ~ compiuto, come sarii il successivo?

Cifra sacra gia presso i Sumeri,

il sette (e alcuni suoi multipli)è il numero preferito dall'aritmologia biblica.

Corrispondono al numero dei pianeti,

caratterizza sempre la perfezione (nella gnosi, il pleroma), se non la divinità.

La settimana conta sette giorni in ricordo della durata della creazione (Genesi, 2, 2 sg.).

La festa pasquale degli azimi, i pani senza lievito, dura sette giorni (Esodo, 12, 15, 19), sicuramente perché I'esodo è visto come una nuova creazione, la creazione salvatrice.

Zaccaria (3, 9) parla dei sette occhi di Dio.

 

I settenari dell'Apocalisse (le sette lampade che sono i sette spiriti di Dio, cioè il suo spirito tutt'intero (4, 5); le sette lettere alle sette chiese, cioè alla Chiesa tutt'intera; le sette trombe, coppe, ecc.) annunciano la realizzazione finale della volontà di Dio nel mondo.

Per questo motivo il sette è anche la cifra di Satana che cerca di copiare Dio. Così la bestia infernale dell'Apocalisse (13, 1) ha sette teste. Ma il veggente di Patmo riserva spesso alle potenze malvage la metà di sette, tre e mezzo, evidenziando cosi il fallimento assicurato alle imprese del Male (Apocalisse, 12, 6): il drago non può minacciare la donna (cioè il popolo di Dio) piu di 1.260 giorni, cioe tre anni e mezzo (v. anche 12, 14: tre tempi e mezzo).

Questo numero indica qui anche la pienezza di un periodo di tempo compiuto (la creazione nella Genes~; il compimento di un tempo, di un'era, di una fase; la pienezza delle Esso ritorna quaranta volte nell'Apocalisse: settenari di sigilli, di trombe, di coppe, di visioni, ecc. I1 libro è costruito con serie di sette. grazie elargite dallo Spirito Santo alla Chiesa

Sette è la chiave del Vangelo di san Giovanni: le sette settimane, le sette affermazioni del Cristo: lo sono..

settimo giorno è stato oggetto di numerose intepretazioni simboliche in senso mistico. I1 giorno in cui Dio si riposa dopo la creazione è un momento di recupero delle forze divine nella contemplazione dell'opera compiuta. I1 riposo del settimo giorno segna un patto fra Dio e I'uomo. I1 sette è i~ simbolo del compimento del mondo e della pienezza dei tempi. Secondo sant'Agostino esso misura il tempo della storia, il tempo del pellegrinaggio terrestre delI'uomo. Se Dio prende un giorno per riposarsi, dirà sant'Agostino, e perche vuole distinguersi dalla creazione, esserne indipendente e consentirle di riposarsi in lui. D'altra parte con il numero 7, che indica il riposo, la cessazione del lavoro, I'uomo è invitato a volgersi a Dio per riposarsi in lui soltanto (De Genesi ad litteram, 4, 16).

Agostino parlerà anche del grande mistero della pesca miracolosa che rappresenta la fine del mondo. I1 Cristo è accompagnato da sette discepoli ed inaugura Ià la fine dei tempi.

 

Infine, il sei indica una parte, perché il lavoro è nella parte; soltanto il riposo significa il tutto, perchè indica la perfezione. Noi soffriamo nella misura in cui conosciamo in parte, senza la pienezza dell'incontro con Dio; ciò che è parte svanirà, il sette coronerà il sei. (cfr. De Civitate Dei, 11, 31; su questo tema e I'interpretazione datane da sant'Agostino, v. Auguste Luneau, I'Histoire du salut chez les Perès de I'Eglise, Parigi, 1964, pp. 336-338).

il Profeta Zaccaria (4, 10) parla dei sette occhi del Signore che sorvegliano tutti i popoli della terra.

 

SETTE COME QUATTRO PIU’ TRE

Associando il numero quattro, che è simbolo della terra (con i quattro punti cardinali)e il numero tre, che e il simbolo del cielo, il sette rappresenta la totalità dell'universo in movimento.

II settenario riassume anche la totalità della vita morale, sommando le tre virtu teologali, fede, speranza e carit8, e le quattro virtu cardinali, prudenza, temperanza, giustizia e forza.

Secondo il Talmud, gli Ebrei vedevano nel numero sette anche il simbolo della totalità umana, maschio e femmina ad un tempo, in quanto somma di quattro e tre. Infatti Adamo, nel corso delle ore della prima giornata, riceve I'anima che gli dà completamente la vita alla quarta ora e alla settima riceve la sua compagna, cioe si sdoppia in Adamo ed Eva.

 

 

SETTE DIREZIONI DELLO SPAZIO

Da Dio, Cuore delI'universo, scrive san Clemente d'Alessandria, «emanano le sei dimensioni e le sei fasi del tempo: qui è il segreto del numero sette»: il ritorno al centro, al Principio, al termine dello sviluppo senario, completa il settenario. le sei direzioni dello spazio hanno un punto mediano o centrale, che dà il numero sette

Questo numero rappresenta la totalità dello spazio e la totalità del tempo

Presso gli Indiani delle Praterie questo numero rappresenta le coordinate cosmiche dell'Uomo, sommando i quattro punti cardinali (piano dell'immanenza) e I'asse del mondo, che attraversa il piano nel centro, che è il qui (l'Uomo) e che è limitato da un sotto e da un sopra.

7 = 4 (i punti cardinali) +2 (l'asse verticale) +1 (il centro), in cui l'1 è la risultante dell'incontro di 4 e di 2. L'opposizione trascendentale del sopra e del sotto si risolve nell'incontro del piano dell'immanenza nell'Unita, che è il posto dell'Uomo

medesimo simbolo, trasferito sul piano sociale, si trova presso gli Indiani Pueblo. La città santa Zuiii, Centro del Mondo, è divisa in sette parti che corrispondono di sette guartien' del mondo. Essa è fatta dall'unione di sette antichi villaggi che rappresentano la stessa divisione del cosmo. La divisione sociale era ricalcata sullo stesso piano: i clan a gruppi di tre erano riferiti a tali settimi, a eccezione del clan dei pappagalli, primo clan della tribu, che occupava da solo il centro, il qui

colori cosmici erano ripartiti secondo la medesima bussola cosmica.

La perfezione del sette nel ritmo senario è comune nell'Islam, e specialmente nell'Ismaelismo: il cubo ha sette lati (le sei facce più la totalità che corrisponde al sabato). Tutto ciò che c'è nel mondo è sette, poiche ogni cosa possiede un'ipseità e sei lati.

Una tradizione inda attribuisce al sole sette raggi: sei corrispondenti alle direzioni dello spazio, il settimo corrisponde al centro.

 

 

SETTIMANA

Da Dio, Cuore delI'universo, scrive san Clemente d'Alessandria, «emanano le sei dimensioni e le sei fasi del tempo: qui è il segreto del numero sette»: il ritorno al centro, al Principio, al termine dello sviluppo senario, completa il settenario. le sei direzioni dello spazio hanno un punto mediano o centrale, che dà il numero sette Questo numero rappresenta la totalità dello spazio e la totalità del tempoSette corrisponde ai sette giorni della settimana,

Il sette indica il senso di cambiamento dopo un ciclo concluso e un rinnovamento positivo.

La settimana comprende sei giorni di lavoro, piu uno di riposo, \raffigurato dal centro?\

Dopo aver creato il mondo in sei giorni, il settimo Dio non lavorò e ne fece un giorno sacro: il sabato non e dunque un riposo esterno alla creazione, ma è il suo coronamento, il compimento della perfezione

il cie lo ha sei pianeti (nel computo antico) e il sole è il centro : sette pianeti,

[Presso gli Egizi era simbolo di vita eterna. numero sette è caratterizzato dal culto di Apollo; le cerimonie apollinee si celebravano il settimo giorno del me se.

Rappresenta un ciclo completo, una perfezione dinamica. Ogni periodo lunare dura sette giorni e i quattro periodi del ciclo lunare (7 x 4= 28) chiudono il ciclo; la settimana dura un quarto di luna.

Filone osserva a questo proposite che la somma dei sette primi numeri : (1+2+3+4+5+6+7) giunge allo stesso totale: 28.

I giorni della settimana sono stati posti nel quadro simbolico del numero sette. Essi costituiscono una sorta di totalità, che unifica il tempo e lo spazio, una sorta di microcosmo dell'evoluzione. Si ritiene che i sei giorni lavorativi ruotino come i pianeti intorno al Sole, ogni giorno essendo sotto il segno di un pianeta: lunedi, la Luna; martedì, Marte; mercoledi, Mercurio; giovedi, Giove; venerdì, Venere; sabato, Saturno; domenica, il Sole. Alla giornata del Sole si è qui associata la giornata del Signore attraverso il simbolo ; la concezione caldea trapassata nella cultura romana è stata in questo modo cristianizzata attraverso il simbolo Cristo-Sole.

legata, almeno nella sua origine, alle fasi della Luna.

Probabilmente fu introdotta per dividere il ciclo mensile in periodi più brevi, per conservare piu facilmente I'ordine di avvenimenti ricorrenti frequentemente, come le cerimonie religiose, i mercati, ecc.

La settimana intesa in questo senso, cioè come periodo collegato alle fasi lunari, fu certamente in uso presso i Babilonesi, e se ne ha notizia da un frammento di calendario ritrovato, tra le rovine di Ninive. Precisamente, i Babilonesi dividevano il mese lunare, di 29,5 giorni circa, in 4 periodi di t giorni, lasciando alla fine uno o due giorni di resto, onde ricominciare il computo, nello stesso modo, all'inizio della lunazione successiva.

I giorni 7, 14, 21e 28 erano ritenuti come nefasti. Per tale ragione il re, e forse anche il resto del popolo, passava tale giorno nel tempio e doveva astenersi dal mangiare determinati cibi e dall'attendere ad alcune pratiche.

Anche gli Ebrei, per il computo cronologico, adottarono un periodo settenario. Tuttavia la loro s. non ebbe piu un collegamento diretto con le varie fasi della Luna. Probabilmente gli Ebrei, intuendo I'importanza di una serie continua di cicli, senza I>interruzione di essi con giorni intercalati nel mezzo, introdussero il periodo settenario convenzionale. Le varie settimane erano distinte I'una dall'altra con il giorno di riposo, il sabato (Sabbath-quiete), le cui origini tradizionali risalgono alla Genesi e che ha quindi il significato di commemorare il riposo del Signore dopo i sei giorni della creazione. Nel sabato la sospensione del lavoro era obbligatoria ed era comminata la pena di morte ai trasgressori. Sembra che i giorni intercorrenti tra un sabato e I'altro non avessero alcuna denominazione particolare, ma fossero indicati come il primo, secondo, ...sesto giorno della s.

(una traccia ne resta nel moderno uso greco, in cui il lunedì è chiamato ‘secondo’ ecc.)

NelI'ambiente caldeo (forse già nella prima metà del 1'' millennio a. C.) si sviluppò un'altra concezione che metteva in rapporto i 7 giorni della s. con I'ordine delle 7 sfere tolemaiche, vale a dire Con quello delle varie distanze dalla Terra dei pianeti (astri erranti) allora conosciuti: Saturno, Giove, Marte, Sole, Venere, Mercurio, Luna; ;a ogni a pianeta l 'astrologia attribuiva la presidenza sopra una determinata ora, mentre sul giorno presiedeva I'astro della sua prima ora: poiche il numero delle ore del giorno, 24, divieo per il numero dei pianeti, 7, da un resto di 3, la prima ora del giorno successi~·o a quello di Saturno era quella del Sole, la terza dopo la ripetizione dei cicli di sette. In base a questo ragionamento si costituì I>ordine dei giorni della s.: giorno della Luna, di Marte, di Mercurio, di Giove, di Venere, di Saturno, del Sole.

Questa settimanaa astrologica d'origine caldea si diffuse nell'impero romano (mentre nell'antica Roma era osservata una s. artificiale di otto giorni cosiddetti nundinali, a carattere di s. di mercato) intorno al primo sec. d. C. Nelle province ai nomi divini romani, che i pianetì avevano assunto sul modello di quelli babilonesi, si sostituirono i nomi divini indigeni equivalenti secondo I'interpretazione romana. Questi soprawivono in parte tutt'oggi nelle lingue germaniche: onde Wednesdoy inglese è il giorno di Wodan (= Mercurio), Freytag tedesco è il giorno di Freya (= Venere). I1 cristianesimo stentb ad accettare questi nomi pagani, di modo che nella tradizione ecclesiastica vigeva la numerazione dei giorni rispetto alla domenica (dominica dies, giorno del Signore, anziché, come per i pagani, giorno del Sole), ma col tempo prevalse anche nell’uso cristiano occidentale la tradizione romana (la numerazione determina invece i nomi slavi dei giorni della s.).

 

SETTIMO GIORNO

settimo giorno è stato oggetto di numerose intepretazioni simboliche in senso mistico.

Il giorno in cui Dio si riposa dopo la creazione è un momento di recupero delle forze divine nella contemplazione dell'opera compiuta.

Il riposo del settimo giorno segna un patto fra Dio e I'uomo.

sette è il simbolo del compimento del mondo e della pienezza dei tempi.

Secondo sant'Agostino esso misura il tempo della storia, il tempo del pellegrinaggio terrestre delI'uomo. Se Dio prende un giorno per riposarsi, dirà sant'Agostino, e perche vuole distinguersi dalla creazione, esserne indipendente e consentirle di riposarsi in lui. D'altra parte con il numero 7, che indica il riposo, la cessazione del lavoro, I'uomo è invitato a volgersi a Dio per riposarsi in lui soltanto (De Genesi ad litteram, 4, 16).

Infine, il sei indica una parte, perché il lavoro è nella parte; soltanto il riposo significa il tutto, percht indica la per fezione. Noi soffriamo nella misura in cui conosciamo in parte, senza la pienezza dell'incontro con Dio; ciò che e parte svanirà, il sette coronerà il sei. (cfr. De Civitate Dei, 11, 31; su questo tema e I'interpretazione datane da sant'Agostino, v. Auguste Luneau, I'Histoire du salut chez les Perès de I'Eglise, Parigi, 1964, pp. 336-338).

 

SFERA

Ha lo stesso simbolismo del cerchio; è il cerchio nell'ambito dei volumi. Essa dà il rilievo, la terza dimensione a significati del·cerchio e corrisponde me glio all'esperienza della percezione: 1; totalità celeste-terrestre si esprime me ravigliosamente nella coppia cubo-sfera

Nell'architettura, la troveremo sotto forma di quadrilatero sormontato da una sfera. Questa e di solito ridotta a semisfera come nel caso delle cupole, ( in quarto di sfera, come nel caso delle volte a quarto di sfera delle absidi (CHAS, 32). La si ritrova nelle basiliche bizantine, nelle moschee, nell'arte del Rinascimento, ad esempio nella cupola di San Pietro in Vaticano.

In alcune raffigurazioni dell'arte cristiana, si vede un personaggio sormontato da una volta con i piedi poggiati su uno sgabello rettangolare:il simbolo di Dio che discende dal trono celeste sulla terra.

I1 passaggio della sfera, del cerchio e dell'arco alle forme rettangolari rappresenta simbolicamente anche 1'Incarnazione (CHAS, 79), poiche la stessa Persona possiede due nature, la divina e I'umana e costituisce il legame, il ponte, l’unione, fra il cielo e la terra. Al contrario, il passaggio dal quadrato al cerchio rappresenta simbolicamente il ritorno del creato all'increato, della terra al cielo, la pienezza del compimento, la perfezione del ciclo compiuto.

 

 

 

 

 

 

ARCHITETTURA DEL SACRO

MISTICA DELLE DIREZIONI DELLO SPAZIO

Nella Epistola Paolo ci introduce in vari modi al nucleo della sua dottrina: l’edificazione del Corpo di Cristo che è la Chiesa medesima.

Come è noto la \cultura\ di Paolo si basa, su una cultura di base ebraica ed ellenistica, su una profonda conoscenza delle scritture veterotestamentarie e dei testi e dei commenti e delle tradizioni ad esse inerenti rivissuta come fariseo e completata sotto la guida del suo rabbino Gamaliel , sull’approfondimento della predicazione apostolica intorno all’Evangelo che abbraccia con totale dedizione dopo la sua conversione, e non ultimo, la meditazione intorno ai contenuti delle ‘illuminazioni’ e dei ‘rapimenti’ di cui ci scrive.

Simbolismo ricco e composito in uso nella comunità dei giudeo cristiani del primo secolo, che si basa nel suo nucleo sulla tradizione veterotestamentaria ed apocalittica del Tempio, e sulla equiparazione \ identita simbolica\ sulle metafore nella predicazione del Cristo del Tempio di Gerusalemme , sede della Gloria di Dio, col suo medesimo Corpo.

All’interno della architettura cristiana , nella ‘costruzione della chiesa’, la lettura di questo mistero continuamente ricorre manifesta attraverso innumerevoli trascrizioni e simboli; ci sia consentito anche a noi seguire qui Paolo, non tanto con un intento esegetico quanto piuttosto, forzando [ forse] e disarticolando [in parte ] l’unità pastorale della lettera, ai fini di rintracciarne la traccia quasi di una teoria architettonica spirituale.

E se da un lato qui l’uso di termini quale ad esempio ‘costruzione’ e ‘Corpo ‘ sono usati per descrivere misteri sommi, da un altro lato illuminano di significati ulteriori questi termini medesimi.

 

Nel contesto di una costruzione presente ed attuale ‘sottoposta alla corruzione’, si vuole ‘edificare’ un’altra costruzione o meglio ‘corpo’. La costruzione ‘sottoposta alla corruzione’ è costituita dall’universo tutto delle cose visibili ed invisibili, strutturato nella ‘triplex machina mundi’, creato ‘nel principio’ dal Padre secono il modello del Figlio, archetipo e prototipo di tutte le cose. Il piano della nuova ‘costruzione’ è presente nei luoghi più riposti dei cieli, ed è stato concepito addirittura prima del ‘principio’ ; la costruzione attuale era in ogni parte buona, ma è stata corrotta; la nuova incorruttibile si sostituirà in tutto alla precedente quando al momento della demolizione le ‘pietre vive’ , a ciò predisposte e lavorate , che saranno salvate dalla vecchia costruzione verranno completate e trasfigurate nella nuova costruzione \o santuario\ , della quale è già attuale e piena la testata d’angolo.

Ma l’edificazione di un nuovo edificio e la costruzione di un corpo si assimilano nell’uso simbolico fattone da Paolo: queste ‘pietre vive’ (i santi) sono le ‘membra’, la ‘testata’ d’angolo (il Cristo)è il ‘capo’, il nuovo edificio \il santuario\ è il Corpo.

In un certo qual modo dovremo qui seguire la costruzione del Corpo per meglio intendere quella del santuario e viceversa ovvero la chiesa ha qui come simbolo l’edificio e il Corpo, dalle dimensioni dilatate dalla carità.

L’Architetto medesimo essendo stato modello della precedente costruzione col suo medesimo corpo da forma piena alla nuova; la differenza fra la prima creazione e la nuova era che la prima imitava il corpo dell’architetto, la seconda lo sostanzia.

L’Architetto medesimo ha un suo sigillo che ha già impresso nella vecchia costruzione, ora viene impresso lui medesimo irrigandolo col suo propio sangue al suo medesimo sigillo fatto legno; cosicche la vecchia costruzione sarà salvata nel suo sigillo più intimo; risorgendo la renderà possibile di perfezione ed ed eterna e la impone alla nuova;

lui stesso l’Architetto medesimo \ incorruttibile , sacrificandosi, la irriga del suo medesimo sangue \ costruisce l’opera perfetta su se medesimo.

 

per quanto riguarda il Corpo il Divin Scultore avendo creato ogni cosa secondo il modello di Cristo,aveva modellato Adamo ‘a sua immagine e somiglianza’; ora la costruzione del Corpo avrà come parte sostanziale

intorno al Tempio ed al Corpo.

 

Scrive l’Apostolo agli Efesini intorno al mistero della Croce, da conoscersi all’interno del loro proprio cuore:

"Così che Cristo, per la fede, abiti nei vostri cuori: e voi, ben radicati e fondati nell'amore, possiate comprendere con tutti i santi quale sia la larghezza, la lunghezza, I'altezza e la profondità, e conoscere la carità di Cristo che supeta ogni conoscenza, affinchè siate ripieni della pienezza stessa di Dio".

S. Paolo tenta di sondare I'insondabile ricchezza di Cristo, cioe la potenza nascosta e le svariate significazioni contenute nella croce «che penetra tutte le cose» (S. GREGORIO DI NISSA, Or. Res., 1, PG 46, 62I , 624),

« che illumina le altezze, cioè i Cieli, che penetra i luoghi inferiori, che percorre la lunghezza dall'Oriente all'Occidente, che raggiunge I'immenso spazio dal Nord al Sud» (S. IRENEO, Dem., Adv. Haer., v, 17, 4).

SIMBOLISMO DELLA CROCE

Gregorio di Nissa scive "In Christi Resurrectionem" ( Or. Res., 1, PG 46, 62I , 624):

" Ma chi potrebbe facilmente parlare intorno a ciò che riguarda la croce e spiegare le cose le cose che sono state compiute nel mistero della passione? Innumerevoli erano infatti i modi per morire , con quali modi si poteva espletare il progetto di morire per noi? Tuttavia di tutti questi modi aveva la reputazione di morire con questo che per se scelse e prescrisse. ‘E’ opportuno-infatti fu detto-che il Figlio dell’uomo’. Non disse così e così che il Figlio dell’uomo patisse , affinchè qualcuno preannunziante dicesse le cose future, ma pare per qualche arcana ragione era necessario che il Figlio dell’uomo dovesse patire molto ed essere riprovato e crocefisso e il terzo giorno risorgere, Infatti è opportuno che io consideri la forza di quella parola e che cerchi ciò che in essa è contenuto poichè non può significare altro se non che avrebbe dovuto affrontare la morte in croce. Quale il motivo di ciò?

E’ solo Paolo a esporre queste cose attraverso quella parola misteriosa che udì nella parte più segreta del paradiso, è infatti del solo Paolo lo spiegare questo mistero della croce, come anche in una parte dell’Epistola agli Efesini rese dunque questo arcano manifesto. ‘Affinchè possiate’ disse ‘comprendere con tutti i santi, quale sia la larghezza, e la lunghezza, e l’altezza e la profondità e conoscere ancora la sovraeminente carità della scienza di Cristo affinchè si implementi in tutti la pienezza di Dio.’ Infatti non inutilmente l’occhio divino dell’Apostolo immaginò la figura della croce. Ma mostrò facilmente, dopo aver allontanato le squame dell’ignoranza dagli occhi della mente, di aver percepito chiaramente la verità stesa delle cose. Infatti si accorse che quella figura, descritta con quattro braccia provenienti dal centro, significava la potenza che pervadeva tuttele cose e la provvidenza di Colui che in essa si era manifestato e per questo motivo chiamò le singole parti di quella figura in modo distinto. Infatti quella che dal centro si rivolge al basso chiama profondità, quella invece che si rivolge verso l’alto chiama altezza; invece quelle che si protendono trasversalmente da entrambe le parti chiama larghezza e lunghezza, affinche quella che dal \mezzo si \allunga da una parte sia chiamata larghezza e quella invece che sempre dal mezzo si protende verso l’altra parte sia chiamata lunghezza; in base alle quali cose mi sembra di poter dichiarare apertamente con un discorso che non v’è nulla nelle cose create di cui la natura divina non si prenda cura, di ciò che è sopra i cieli, di ciò che è sotto la terra, e di ciò che fino agli estremi dell’universo da ogni parte si protende. Infatti dà nome a tutti gli estremi che sono contenuti dalla virtù contemplante in tutto l’universo: attraverso l’altezza a ciò che sta in cielo: attraverso la profondità a ciò che è sottoterra; attraverso la larghezza e la lunghezza a ciò che è posto al \centro. Puoi pertanto in base alle cose che nella tua anima accadono, contemplare ciò che da Dio si deve pensare mostrato. Infatti guarda il cielo e abbraccia con l’animo le parti più basse e racchiudi con il pensiero i confini estremi ed i più alti dell’universo e considera quale potenza quasi un sigillo di tutte le cose leghi strettamente e contenga tutte queste cose : e vedrai la figura della croce protesa e rappresentata secondo la sua volontà in questa contemplazione della potenza divina essere raffigurata nell’animo e nella mente tua, dalle cose più alte alle più basse, dalle più lontane alle estreme.

Anche il grande Davide parlando di se stesso, espresse questa figura: ‘Dove andrò-disse- e dove fuggirò dalla tua immagine e dal tuo spirito? Se salirò in cielo (questa è l’altezza) tu sei lì ; se scenderò agli inferi (questa è la profondità ) tu ci sei. Se avrò preso le mie ali dove sorge il sole (questa è la larghezza) e avrò abitato nelle profondità marine, così chiama infatti dove tramonta il sole (questa è la lunghezza). Capisci in che modo si descrive la figura della croce? Tu sei , dice, colui che va da un luogo all’altro attraverso ogni cosa, colui che unisce strettamente tutte quante le cosem colui che abbraccia l’universo in se stesso. Tu sei sopra, tu sei in mezzo. In questa parte estrema vi è la tua mano e nell’altra la tua destra è quida della via. A causa di ciò parimenti il grande apostolo, dopo che tutte le cose furono ricomprese dalla fede e dall’intelletto, disse che colui che è sopra tutte le cose sarebbe stato adorato nel nome di Gesù Cristo e sia dalle cose celesti e sia da quelle terrestri e \dall’inferno\ : con queste parole attraverso la figura della croce divide l’adorazione del Cristo. Infatti la regione celeste mostra il culto dell’adorazione nella parte più alta della croce, la regione mondana nel mezzo, quella sotterranea si estende al profondo.

Anche la lettera iota certamente ha lo stesso significato, se si considera con l’apice che è più stabile del cielo, più fermo della terra e più certo della condizione di tutte le cose. Infatti il cielo e la terra passeranno e l’immagine di questo mondo passerà , tuttavia uno iota o un solo accento della legge non poasserà. Si dice iota una linea retta discendente dall’alto al basso. Si chiama apice inoltre quella che si estende ai lati , cosa che dagli stessi naviganti si può imparare che quel legno traverso adiacente all’albero della nave al quale sospendono le vele evidentemente pieghevole che in greco chiamano apice. E quindi queste divine parole del Vangelo mi sembrano mostrare nella divina figura della croce con un accento oscuro tanto quanto con una immagine propriamente ciò nel quale tutte le cose saranno collocate, ciò di tutte le cose più stabile, le quali nello stesso sono contenute, che è eterno e che frena la sua potenza nascosta . Quindi il Signore dice che è necessario che il Figlio dell’uomo non muoia semplicemente, ma sia crocefisso, affinchè la croce che porta su di sè agli avversari Dio onnipotente con la sua figura manifestasse la forza di colui che è appeso ad essa.

 

Speculazioni giudaiche tinte di filosofia ellenistica attribuiscono alle potenze celesti che dirigono il corso del mondo un ruolo eccessivo che comprometterebbe il primato del Cristo. Ormai è giunto il tempo in cui il Cristo-Kyrios prende nelle sue mani il governo del mondo, domina le potenze cosmiche e diviene il capo della nuova creazione, assumendo in sé la pienezza dell'essere (plèroma). I cristianl, per la loro unione con il Cristo-~Capo e la partecipazione alla sua pieneriza, sono liberati dalla tirannia degli elementi del mondo: membra del suo corpo, ricevono dal capo una vlta nuova.

La figura e I'opera del Cristo assumono quindi un'estensione cosmica, e si sviluppa sempre piu il tema del corpo mistico del Cristo: I'escatologia è già realizzata nella visione del nuovo universo, Cristo è gla presente in questo mondo attraverso la Chiesa, pienezza di colui che è riempito, tutto in tutti (Ef., I, 23) in tal modo, nella lettera ai Filippesi, e soprattutto in quella agli Efesini, il grande problema della salvezza dei giudei e dei pagani si compone nell'elezione di tutti i popoli a far parte della nuova umanità: per Paolo le espressioni‘essere in Cristo’ ed ‘ essere nella Chiesa’ hanno lo stesso significato.

E’ questo il grande mistero nel quale si manifesta la sapienza di Dio e la carità del Cristo, mistero che ‘fu tenuto occulto fin dai tempi più antichi, ma ora è manifestato’, (Rom., I6, 25) e che si realizza progressivamente fino a raggiungere la misura della piena umanità del Cristo nell'edificazione del suo corpo, che è la Chiesa

 

 

\dottrine teologiche dei giudeocristiani \Infatti divide il cosmo in tre zone: I) La zona celeste degli Exou....(cioè di coloro che stanno sopra i cieli) nel pleroma; 2) la zona dell'aria; 3) le regioni inferiori della terra, nel chenoma.

Nella zona celeste ci sono più cieli e perciò una «scala cosmica », con Dio Padre che è sopra a tutti, origine di tutte le paternità ; Cristo-Kirios, il risuscitato, che siede alla destra di Dio, sopra tutti i nomi nominati nel mondo, a capo degli angeli e della Chiesa, e tiene sotto i piedi ogni potere e la moltitudine degli angeli.

Nella zona dell'aria ci sono gli arconti che spadroneggiano : i principati, le potestà e i cosmocratores, che sono i rettori di questa zona tenebrosa ,cioè il demonio e i suoi satelliti che insidiano l’uomo.

Nelle regioni inferiori della terra ci sono gli Ebrei che si credono superbamente i « vicini » di Dio ed i Gentili che son detti da loro i «lontani» cioà ospiti, stranieri nei riguardi del regno dei cieli, vittime dell’uomo vecchio

: in realtà però gli uni e gli altri meritevoli dell’ira di Dio, essendo vittime della concupiscenza e della superbia.

In questo cosmo cosi diviso, si manifestò d'economia del mistero di Dio, sia alla Chiesa che, per mezzo di essa, al mondo angelico , mistero che consiste nell'assommare e nel riunire \ricapitolare\tutto in Cristo , sicchè il mondo potesse riacquistare l’unità perduta: riavere un solo Dio , un solo Signore, una sola speranza, un solo spirito e un solo corpo, un solo battesimo , un solo uomo nuovo.

Cristo, mediante il sigillo della croce cosmica , comunicò l’altezza, la profondità, la larghezza e la lunghezza del suo amore salvifico, abbattendo il muro di divisione tra Ebrei e Gentili e vincendo ogni opposizione angelica.

Cioè compì per primo il «buon viaggio» della scala cosmica, divenendo il « discendente » a causa dell’incarnazione che lo portò nelle regioni inferiori della terra e il «saliente » a causa della risurrezione e della ascensione che lo portò attraverso tutti i cieli .

Ma nel salire in alto condusse schiava una folla di prigionieri cioè i principati, le potestà, le virtù e le dominazioni , mentre distribuiva doni agli uomini.

Fece sì che costoro, mediante il battesimo e il sigillo , si svegliassero dai morti e, illuminati, si arricchissero di virtù , sicchè, vestiti della armatura di Dio, essi potessero trionfare contro le insidie del diavolo, contro i principati e le potestà, contro i cosmocratores, rettori della zona dell'aria tenebrosa , e perfino contro gli spiriti della zona celeste e potessero così compiere, come Cristo, il viaggio della scala cosmica.

Con Iui sono convivificati, conrisuscitati, seduti insieme sul trono celeste ; con lui sono stati ammessi alla stessa eredità, sono stati fatti partecipi dello stesso corpo mistico e delle stesse promesse ; con lui finalmente sono stati edificati dallo Spirito Santo, per essere tempio di Dio . Hanno perciò ricevuto la benedizione del Padre , la sua figliolanza adottiva e la massima fiducia di agire. Hanno rivestito l’uomo interiore , quello nuovo, hanno avuto la possibilità di avvicinarsi sino al trono di Dio per essere alla sua presenza cioè hanno raggiunto il pleroma di Cristo .

 

(E. Testa, «Il simbolismo dei giudeocristiani», Gerusalemme)

 

 

 

 

TEMPIO CASA DI DIO Gv 2 , 13-17

13 Era vicina la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme.

14Egli trovò nel Tempio venditori di buoi, di pecore e di colombe, e cambiamonete seduti.

15 Fece una sferza di cordicelle e li scacciò tutti dal Tempio, con le pecore e i buoi; sparpagliò il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i tavoli;

16 poi disse ai venditori di colombe: « Portate via di qua queste cose; e non fate della casa del Padre mio una casa di mercato ».

17Allora i suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: «Lo zelo della tua casa mi ha consumato».

 

CORPO E TEMPIO Gv 2, 18-22

18Ma i Giudei, rivoltisi a lui, gli domandarono: «Qual segno ci mostri per far queste cose?»

19 Gesu rispose loro: "Disfate questo tempio e in tre giorni io lo farò risorgere».

20GIi replicarono i Giudei: «Ci sono voluti quarantasei anni per fabbricare questo Tempio e tu lo farai sorgere in tre giomi? ».

21Ma egli intendeva il tempio del proprio corpo.

22 Quando perciò resuscitò da morte, i suoi discepoli si ricordarono di quanto egli aveva detto , e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù.

 

 

 

Importanza della affermazione

Annuncio della passione e ‘segno di Giona’

Gli sarà imputata utilizzandola in modo distorto quale elemento di accusa al processo

Lega insieme il Tempio al Corpo

 

 

 

 

In tre giorni: prima predizione della futura morte e risurrezione (Mc 8, 31; Mt 26, 61)

quarantasei anni: Erode cominciò a restaurare il tempio nel 19a. C. Siamo perciò nella primavera del 28 d. C.

tempio del suo corpo: il tempio era la casa di Dio in terra ( 1Re 8,128; 2 Macc 5, 19). Con I'incarnazione, I'umanità del Verbo è diventata il tempio vivo di Dio ( Gv 1, 14-51 note).

I1 tempio di pietra ha fatto ormai il suo tempo ( Gv 4, 21-23 ; Mt 12, 6 ; At 6,138; 7, 48; Gal 4, 1-5)·

S. Paolo applica la teologia del tempio alla Chiesa, corpo mistico di Cristo (I. Cor 6, IJ-20).

la Parola di Gesù è messa sullo stesso livello della parola ispirata del V.T.

IL VERBO FATTORE Gv.1,3

LA TENDA Gv. 1,14 e nota

LA NUBE Gv.1, 32 e nota

LA GLORIA Gv. 1,51 e nota

Nel secondo capitolo del Vangelo di Giovanni troviamo : Gv 2, 13-22 TEMPIO CASA DI DIO Gv 2 , 13-17 ed ancora CORPO E TEMPIO . Gv 2, 18-22

Ma già nel primo capitolo , questi concetti sono come introdotti e come adombrati LA TENDA Gv. 1,14 e nota

LA NUBE Gv.1, 32 e nota LA GLORIA Gv. 1,51 e nota

Abbiamo quindi un concetto di tempio quale opera grandiosa, che può comunque essere dis\fatta; di contro a ciò l’affermazione che in tre giorni possa essere ri\fatta

IL VERBO FATTORE Gv.1,3

CRISTO ARCHETIPO E PROTOTIPO

SAPIENZA NELLA CREAZIONE

 

 

SAPIENZA in Proverbi 8, 22-31

22 Jahve mi possedette dall’eternità come principio delle sue vie,

preambolo alle sue opere fin da allora;

23 dall'eterno fui costituita,

dai primordi, dalle origini della terra:

24 quando non esistevano gli abissi io ero generata,

quando non esistevano fontane ricche di acque;

25 prima che i monti fossero fissati,

prima dei colli, io ero generata;

26 non aveva fatto ancora la terra e le campagne,

nè i primi elementi della polvere dell'orbe.

27 Quando egli delineava i cieli, io ero presente,

quando descriveva un cerchio sulla faccia dell'abisso;

28 quando dava consistenza ai cieli, in alto,

quando dava vigore alle sorgenti sotterranee;

29 quando fissava al mare il suo confine,

perchè le acque non oltrepassassero il suo ordine;

quando stabiliva le fondamenta della terra:

30 ero presso di lui, quale architetto,

ed ero sua delizia giorno per giorno,

ricreandomi alla sua presenza in ogni tempo;

3I ricreandomi nel suo orbe terrestre,

e la mia delizia sta con i figli dell'uomo.

SAPIENZA Proverbi 9, 1-6

 

I La Sapienza ha costruito la sua casa:

ne ha tagliato le sette colonne;

2 ha scannato il suo animale,

ha temperato il suo vino,

ha imbandito la sua mensa,

3 ha mandato le sue fantesche a invitare

dai posti piu alti della città:

4"Chi è ingenuo si accosti qui."

Agli insensati dice:

5"Venite, mangiate il mio pane,

e bevete del vino che ho mescolato;

6abbandonate la scempiaggine , e vivrete

e avanzerete nella via della prudenza."

 

 

 

SAPIENZA in Proverbi 8, 22-31

22 Jahve mi possedette dall’eternità come principio delle sue vie,

preambolo alle sue opere fin da allora;

23 dall'eterno fui costituita,

dai primordi, dalle origini della terra:

24 quando non esistevano gli abissi io ero generata,

quando non esistevano fontane ricche di acque;

25 prima che i monti fossero ~issati,

prima dei colli, io ero generata;

26 non aveva fatto ancora la terra e le campagne,

nè i primi elementi della polvere dell'orbe.

27 Quando egli delineava i cieli, io ero presente,

quando descriveva un cerchio sulla faccia dell'abisso;

28 quando dava consistenza ai cieli, in alto,

quando dava vigore alle sorgenti sotterranee;

29 quando fissava al mare il suo confine,

perchè le acque non oltrepassassero il suo ordine;

quando stabiliva le fondamenta della terra:

30 ero presso di lui, quale architetto,

ed ero sua delizia giorno per giorno,

ricreandomi alla sua presenza in ogni tempo;

Proverbi In questo capitolo (fino a 9, 1- 6) la Sapienza rivela la sua presenza in Dio prima ancora della creazione, dall'eternità Sebbene tale descrizione non ci autorizzi a parlare di rivelazione di pluralità di persone in Dio nel V.T., tuttavia ci sembra che essa abbia contribuito non poco alla formazione della terminologia descrittiva della rivelazione del mistero del Verbo incarnato, sotto la cui luce questo capitolo (fino a 9, 1- 6) ci appare in tutta la sua portata e il suo valore profetico, per cui la Sapienza eterna e creatrice assume le sembianze precise e il colorito del Figlio di Dio, da S. Paolo definito « potenza di Dio e sapienza di Dio » (I Cor 1, 24.30) « in cui tutti i tesori della sapienza e della conoscenza sono nascosti »(Col 2, 3), Verbo eterno distinto dal Padre, e creatore di tutte le cose (Gio1, 1-18). In questi versetti la Sapienza ci viene descritta quale assistente di Dio, insieme al quale presiede alla creazione ed all’ordinamento del mondo.

E ancora in Sapienza 9,9

Sapienza 9, 7-11

7Tu mi hai eletto sovrano

del tuo popolo

e dominatore dei tuoi figli

e delle tue figlie.

s Mi hai ordinato

di edificare un tempio

sul tuo santo monte,

e un altare per sacrifici

nella città della tua dimora,

immagine della tenda santa,

da te già disposta fin da principio.

\\9 Ora la Sapienza sta con te,

e conosce tutte le tue opere;

ella era presente,

quando creavi il mondo,

e conosce ciò che è amabile

agli occhi tuoi

 

e ciò che è conforme

ai tuoi comandi.\\

10Inviala dai tuoi santi cieli,

e mandala dal tuo trono glorioso,

perchè mi sia sempre accanto,

operi con me

e io sappia quello che piace

innanzi a te !

11Ella sa tutto e tutto comprende

e sarà mia guida saggia

nelle mie imprese

e mi custodisca col suo splendore.

 

 

Proverbi In questo capitolo (fino a 9, 1- 6) la Sapienza ci è descritta come una persona che parla, agisce, invita gli uomini ad ascoltarla, a seguirne I'insegnamento, promettendo ai suoi seguaci preziosissimi beni. Rivela la sua presenza in Dio prima ancora della creazione, dall'eternità, si proclama principio di vita per quelli che I'amano e minaccia rovina e morte a chi l'odia. Prepara un lauto convito e v'invita gli ingenui e gli insensati perchè, nutrendosi delle sue vivande e inebriandosi del suo vino, si liberino dalla scempiaggine e vivano secondo la prudenza. Sebbene tale descrizione non ci autorizzi a parlare di rivelazione di pluralità di persone in Dio nel V.T., tuttavia ci sembra che essa abbia contribuito non poco alla formazione della terminologia descrittiva della rivelazione del mistero del Verbo incarnato, sotto la cui luce questo capitolo (fino a 9, 1- 6) ci appare in tutta la sua portata e il suo valore profetico, per cui la Sapienza eterna e creatrice assume le sembianze precise e il colorito del Figlio di Dio, da S. Paolo definito « potenza di Dio e sapienza di Dio » (I Cor 1, 24.30) « in cui tutti i tesori della sapienza e della conoscenza sono nascosti »(Col 2, 3), Verbo eterno distinto dal Padre, e creatore di tutte le cose (Gio1, 1-18).

Nel V.T. si parla della Sapienza come ipostasi provenient da Dio (Prov 8-9; Sap 7, 22SS; Ecclo Ig).

Giovanni ha preso i concetti da queste fonti veterotestamentarie, m li ha arricchiti con i dati della rivelazione del NT-

 

I In principio era il Verbo

e il Verbo era presso Dio,

e il Verbo era Dio.

2 Egli era in principio presso Dio.

3 Tutte le cose furono fatte

per mezzo di lui

e senza di lui niente fu fatto

di ciò che esiste.

4 In lui era la vita,

e la vita era la luce degli uomini.

5 La luce splende nelle tenebre

e le tenebre non la ricevettero.

 

8 Lui non era la luce,

ma doveva testimoniare

della luce.

9 La luce vera,

che illumina ogni uomo,

veniva nel mondo.

10Era nel mondo,

e il mondo fu fatto per mezzo di lui,

e il mondo non lo conobbe.

11Venne nella sua casa

e i suoi non lo ricevettero.

14 E il Verbo si fece carne

e si attendò fra noi,

e noi contemplammo la sua gloria,

gloria che, come unigenito, ha dal Padre,

pieno di grazia e di verità.

 

 

In Principio: (in gr. ~v BpX11) l’espressione richiama Gen 1, 1; significa I'inizio in senso assoluto ed equivale all'affermazione che il Verbo già esisteva prima della creazione del mondo (Col I, Ibs). - il Verbo: in gr. Logos termine filosofico che indica la manifestazione di un'idea la rivelazione di qualcosa, ed è usato specialmente da Filone (morto dopo il 40 d. C.) per indicare un essere che procede da Dio e ha funzioni di mediatore. Il concetto del Logos di Giovanni non conviene con quello di Filone ed è una persona divina che s'incarna per redimere gli uomini. Egli è detto giustamente logos perchè è I'idea sostanziale del Padre e ne è il rivelatore per antonomasia .

 

Nel V.T. si parla della Sapienza come ipostasi provenienti da Dio (Prov 8-9; Sap 7, 22SS; Ecclo Ig).

Giovanni ha preso i concetti da queste fonti veterotestamentarie, ma li ha arricchiti con i dati della rivelazione del NT-

presso Dio: il Verbo è presentato come persona distinta da Dio, cioe dal Padre (vv. rq.18). -

il Verbo era Dio: esplicita affermazione della divinità del Verbo, nel senso della consostanzialità al Padre ('7~ 2T nota).

per mezzo di lui: il Verbo è concreatore universale

La creazione, attribuita nel V.T. a Jahve, è presentata qui come realizzata mediante il Verbo.

- niente fu fatto lett. «neanche uno fu fatto».

- ciò che esiste: un'altra corrente esegetica unisce queste parole con ciò che segue. Abbiamo seguito I'interpunzione piu comune.

In lui era la Vita: la frase è concettualmente parallela quella del v. I7: «la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo ».

Le creature conseguono la grazia o vita divina «per» o «nel» Verbo incarnato ( 48-~8; lo, gs; Ig, 6; 17, 3; I Gio q, g; I, II.20), d è la stessa vita divina rivelata e comunicata agli uomini (j, rbs; I Gio I, I-3; I, IIs).

- era la Vita: var.: « la vita».

Nel V.T. Jahve era detto vita e fonte di vita (Es j, I8; Ger 2, I3; Sal 42, 9).

Nel N.T. questa prerogativa divina e predicata anche dal Verbo ( 2I.26; 6, J7; ecc.; Col j, 3s), la cui missione nel mondo, cioè la redenzione, s'identifica praticamente con comunicazione della vita divina ai credenti (vv. IZ-I: 20, 31; I Gio 1,'3)·

- la luce: secondo il V.T. Jahve luce (Is lo, r7; 60, Igs), in quanto salva e protegge il suo popolo (Es Ij, nrs): nell'era messianica sarà luce anche il messia (Is 42, 6).

I1 N.T. riprende il motivo e l'applica al Cristo (g, ~2; p, S; 12, 3646)·

-tenebre: l'opposto della luce, l'antitesi del Verbo Si tratta di una persona collettiva o di gruppo morale che fa capo al diavolo (Iz, 44; 2 Cor 6, I4s) e va identifical soprattutto con il mondo giudaico (r, S)ss; 8, rz).

 

9 La luce... veniva: il verbo «venire» è tecnico per venuta del messia nel mondo(vv. II.27; 6, 14; 12, Ii ecc.). La Volgata, con non pochi autori, lo riferisce ogni uomo. Altra possibile traduzione: « La luce vera è quella che illumina ogni uomo venendo nel mondo:

- ogni uomo: I'espressione insinua I'universalismo della redenzione (12, jZ nota).

- mondo: indica sia la terra che I'umanità. La seconda accezione è prevalente in Giovanni e assume, secondo il contesto, varie sfumature. Spesso indica il popolo giudaico in quanto ostile al Cristo (v. S nota; r7, g). Già per il giudaismo Israele era «il mondo» pei antonomasia, in quanto centro e scopo della creazione.

non lo conobbe: nella Bibbia « conoscere » è sinonimo di accettare, amare, possedere, sperimentare (v. 11; lo, I4s; r7. 3·21s; Os 6, 6).

il mondo, non conoscendo il Verbo, unico rivelatore di Dio Padre (v. r8; Iq, 6), non conosce, cioè non possiede e non ama neppure il Padre (r7, 2~; I Gio z, 22S; j, I).

sua casa: è soprattutto la nazione giudaica(Mt zI, ~7-46)·

 

Questo versetto segna il punto culminante del prologo. La proclamazione dell'incarnazione del Verbo, fatto capitale della storia, sintetizza tutta la ricchezza divina del messaggio evangelico. - came: cioe uomo, in quanto creatura debole e mortale(j, 6; 6,63; r7, Gen 6,3; Is qo, 6). Dio si fa uomo perchè l'uomo Dio superando la sfera dell'infermità e della moat. carne o umanità assunta dal Verbo e strumento di salvezza (Iz, 32), cibo di vita (6, II-18);

 

la «tenda, cui la divinità si rende presente e operante tra gli

come si rendeva presente nella tenda o tabernacolo tempo dell'Esodo (Es go, 34-~8)· - gloria:

all'ebr. cabod, e indica la presenza di Dio salvatore che ~a; rivela sensibilmente attiaverso le creatuie. Nel V.T. tMnrt·i: manifestava nella nube. nel fuoco, ecc. (Es rj, 21; Ib, IO~

24~ I7; Dt /, 24; I Re 8,IO-12). NelN.T. si sopiattutto nell'umanità del Verbo (z Cor 1, 4-6), c~ come Figlio unigenito, possiede la stessa gloria di Joh~QR (IZ, 41; 17, ~.22). - pieno: con la Volgdta,

mo rifeiire xh*lprl5, «pieno», a À6yo5, «Verbo,, ca~i siderare le parolefra noi... dal Padre come un inciso. -~ graZid e di Yeritò: questo binomio-endiadi è ~equente na' V.T. (Es jq, 6; Mich 7, 20; Sal qo, 11; 86, I1; dp, IM 92, 3)· Torna pure nel N.T. (v. I7; Rom rl, 8s). ~ « grazia » biblica non t la bellezza fisico-morale. TrPduop I'ebr. hesed, che indica la misericordia salvi9ca di Dio. Anche la «veiità» biblica non e la verità filosofica, eiot un concetto astratto della mente. È piuttosto sinonimo di grazia. Coiiisponde all'ebr. cmef, che significa feimcal di proposito c fedelta alla parola data, ed è praticorrm~ i sinonimo di salvezza (Sal qo, rI; 86, Ils; Ef I, rj). I· Giovanni «veiità » è la iivelazione divina ('1, 17 noto~ intesa come fatto concreto e definitivo, a differenza dellr) ~ C;~lpl~Ol;~i~P ~TPtPIC~+PCfnmPl~tnC;n rlrp prn Er\l~ In .rr~mruu r :

18Dio nessuno l’ha mai visto;

Dio unigenito, che è nel seno del Padre,

egli lo rivelò.

Il Verbo incarnato è il rivelatore del Padre, essendone l’inviato e la perfetta immagine.

In questi versetti la Sapienza ci viene descritta quale assistente di Dio, insieme al quale presiede alla creazione ed all’ordinamento del mondo.

 

15 Oh, Iddio mi conceda

la grazia di parlare

secondo il suo desiderio

e formulare pensieri

degni dei suoi doni,

perchè egli solo è la guida

della Sapienza

ed è la guida sicura dei saggi.

I6 Sì, nelle sue mani

siamo da sempre e noi

e le nostre parole,

e tutta la nostra cultura

e ogni arte e tecnica !

I7 È lui che mi ha donato

la vera conoscenza degli esseri,

la scienza dell'armonia del mondo

e lo studio dell'energia

degli elementi !

18 Lo studio dell'inizio,

della fine e del mezzo dei tempi,

dell'avvicendarsi dei solstizi

e della successione delle stagioni,

19la conoscenza dei cicli degli anni,

e della posizione degli astri,

20 della natura degli animali

e dell'istinto delle bestie selvagge,

della potenza degli spiriti,

dei pensieri degli uomini,

della varietà delle piante

e della virtù delle radici.

21 Ho appreso tutto quanto

v'è di nascosto,

quanto v'è di palese,

perchè me lo ha insegnato

la Sapienza,

artefice di tutti gli esseri!

22 Vi è in lei uno spirito intelligente, santo, unico, molteplice,

sottile, agile,

penetrante, immacolato, luminoso, sereno, amico del bene, rapido,

23 incoercibile, benefico,

amico degli esseri umani, immutabile, fermo, tranquillo, onnipotente, onniveggente;

esso pervade tutti gli spiriti intelligenti, puri, sottilissimi.

24 Sì, la Sapienza è una realtà

piu nobile di ogni moto, ed ella penetra e pervade

tutte le cose per la sua purezza.

25 Essa è vapore

della potenza di Dio,

un effluvio luminoso come il sole della gloria dell'Onnipotente: onde nulla di torbido

può contaminarla !

26 È lo splendore

della luce eterna,

è lo specchio tersissimo dell'attività di Dio,

I'immagine visibile della sua bonta.

27 Perchè è I'unica realtà, può tutto;

resta immobile e tutto rinnovella;

e per tutte le età

s'espande nelle anime sante,

e prepara così

gli amici di Dio e i profeti.

28 Iddio ama soltanto

quell'uomo che abita

con la Sapienza!

29 Sì, ella è realmente

piu abbagliante del sole

e sorpassa tutte le costellazioni; e paragonata alla luce

è trovata superiore !

30 Sì, alla luce si avvicenda

la notte,

ma il buio del male

non può prevalere sulla Sapienza !

 

8 1Ella stende la sua potenza

da un'estremità all'altra del mondo

e regge I'universo in modo benefico.

 

Sapienza 9

7Tu mi hai eletto sovrano

del tuo popolo

e dominatore dei tuoi figli

e delle tue figlie.

s Mi hai ordinato

di edificare un tempio

sul tuo santo monte,

e un altare per sacrifici

nella città della tua dimora,

immagine della tenda santa,

da te già disposta fin da principio.

9 Ora la Sapienza sta con te,

e conosce tutte le tue opere;

ella era presente,

quando creavi il mondo,

e conosce ciò che è amabile

agli occhi tuoi

 

e ciò che è conforme

ai tuoi comandi.

10Inviala dai tuoi santi cieli,

e mandala dal tuo trono glorioso,

perchè mi sia sempre accanto,

operi con me

e io sappia quello che piace

innanzi a te !

11Ella sa tutto e tutto comprende

e sarà mia guida saggia

nelle mie imprese

e mi custodisca col suo splendore.

I2 Allora le mie opere ti saranno gradite,

governerò il tuo popolo con giustizia

e sarò degno del trono di mio padre.

13 Oh, quale uomo potrà conoscere

i voleri di Dio?

Chi potrà ripensare nel suo animo

i disegni del Signore?

14 I pensien dei mortali

sono timidi

e instabili i loro ideali.

 

15Perchè un corpo corruttibile

pesa sull'anima,

e questa tenda di fango

che I'avvolge

imprigiona lo spirito

che mille ideali va immaginando!

16Adesso a stento valutiamo

le cose terrene,

e ritroviamo con gran fatica

quelle che sono a portata di mano:

come potremma scoprire le cose del cielo?

 

ARCHITETTURA DEL GENESI

 

1 In principio Elohim creò il cielo e la terra.

2 E la terra era deserta e vuota e le tenebre erano sulla superficie dell'abisso e lo spirito di Elohim aleggiava sulla superficie delle acque.

 

I1 racconto della creazione in questo libro

il cosmo ha avuto un inizio nel tempo e nello spazio.

Non e eterno.

Quanto a questo libro, esso Il Genesi offre una schematizzazione della creazione fatta in modo teologico

Essa e una presentazione popolare figurata (antropomortismo) che rende vivamente, l'azione creatrice di Dio, Presenta Dio come un architetto che si accinge a costruire I'immensa fabbrica del cosmo con i suoi abitanti. Ogni operaio deve lavorare sei giorni e il settimo deve riposarsi.

Dio deve dare I'esempio del lavoro e del riposo festivo.

Perciò I'impresa della creazione, vista da una visuale terrestre, è inquadrata nello spazio di sei giorni.

I singoli atti creativi corrispondono agli elementi di cui si compone il cosmo, secondo i concetti del tempo delI'autore, cioè cielo, terra, acqua con tutto ciò che in essi risiede e che considera come loro eserciti: gli astri, le piante, gli animali, I'uomo, i pesci e i rettili.

Va dagli elementi primordiali a quelli più perfetti.

Nel v. I si stabilisce il punto dottrinale fondamentale: Dio ha creato tutto.

Poi viene la luce perchè al buio non si può operare.

La parola giorno (ebr. iom) è adoperata anche pei i primi tre giorni della creazione, prima del sole, della luna e delle stelle, creati al quarto giorno.

Perciò ha un significato convenzionale, sebbene si componga di vespro e di mattina.

Anche la luce è creata prima degli astri.

I SS. Padri hanno interpretato in diverse maniere l'opera della creazione.

Alcuni scienziati hanno trovato una sorprendente corrispondenza tra la descrizione di questo libro e le scienze moderne.

La schematizzazione in sei giorni può avere lo scopo d'inculcare nell'uomo l'obbligo del lavoro per sei giorni nella settimana e del riposo festivo, sull'esempio di Dio; ma ciò non toglie che possa indicare che la creazione fu compiuta in diverse riprese, in seguito a diversi interventi di Dio.

Inoltre la successione degli interventi di Dio fa risaltare che scopo finale della creazione è l'uomo.

I1 cosmo è il domicilio adatto alla sua esistenza e al suo dominio essendo creato a immagine e somiglianza di Dio, con intelligenza e volontà.

I1 v. I fa riscontio a Giov 1,1 : «In principio era il Verbo ».

Mentre cioè tutto fu creato al principio, il Verbo già esisteva. Non è una semplice creatura, è Dio preesistente presso il Padre, come suo Figlio generato ab aeterno.

 

I Questo versetto dà il tema e la sintesi dell'argomento di questo capitolo.

Dio ha creato tutto ciò che esiste: cielo e terra. -

In principio: secondo alcuni SS. Padri equivale a « nel Verbo », poiche secondo la dotrrina del N.T. (S. Giovanni, S. Paolo) tutto è stato creato «nel Verbo », idea sostanziale del Padre.

Per «in principio » (ebr. bereshit) è un avverbio temporale: « quando non esisteva ancora nulla, all'infuori della divinità... ».

Tutto proviene da Dio per creazione dal nulla: non c'e posto per la coesistenza di demiurghi o semidei o potenze malefiche nella creazione.

Tutto procede da un solo creatore, perciò tutti gli uomini hanno un solo padre. Sono tutti fratelli. -

Elohim: e uno dei nomi di Dio piu comunemente usato nel V.T. La sua etimologia è incerta. Forse proviene da UI, essere forte. La forma grammaticale e plurale (« gli dei »), però è costruita sempre col predicato al singolare, a eccezione di pochi casi che vedremo in seguito in questo libro, e non include nessun accenno al politeismo. È considerato un «plurale di totalità » per indicare il complesso delle perfezioni divine. -

il cielo e la terra: indicano tutto il cosmo, il creato.

Non si parla della creazione degli angeli.

I1 cielo è quello visibile.

 

2 deserta: (ebr. tohu) era come una steppa, una landa deserta, priva di organizzazione vitale, senza quell'ordine che Dio le ha dato in seguito. I LXX hanno: boparo5, invisibile. Altri traducono: «sterminata».

Vuota: (ebr. bohu) era spoglia di tutti gli ornamenti, di tutti gli abitanti creati in seguito. È spazio senza vita. I LXX hanno: drxardoxEUaoroS, informe, in disordine. Alcuni vi vedono la materia primordiale, la nebulosa. - abisso: (ebr. tehom; assir. tiamtu, tiamat , personificazione del mare, mostro marino) cioè l'oceano primordiale che avvolgeva la terra dal disopra e dal disotto.

Secondo il concetto degli antichi, la terra non ha forma sferica, ma un'isola galleggiante sul mare, poggiante su colonne (« colonne della terra») e che sostiene il firmamento con altre colonne (« colonne del cielo »), cf Giob 38, 4-I2 nota).

Nel primo intervento creativo, pertanto, la terra è sommersa da acque tenebrose ed è inoltre in uno stato caotico e senza nulla di quanto viene creato in seguito.

Acqua e terra sono gli elementi primordiali del cosmo immersi nelle tenebre.

Non si parla dell'aria che viene inclusa nella creazione del cielo.

Gli antichi Giudei univano il v. r e questo versetto cosi: «In principio, quando Dio creava il cielo e la terra, la terra era... ».

lo spirito: lett. «un vento, un soffìo», che però attribuito a Dio in un modo speciale.

Tutto fu creato con «lo spirito della bocca di Dio» (cf Sal jj, 6; roq, 30; Gdt r6, Iq; Giob jj, 4; ~4. I4; Ecclo rg, 3) e dopo averlo creato lo feconda.

Perciò questo spirito e quasi personificato.

aleggiava: in ebr. merahefet, che si pub tradurre anche «svolazzava». In Dt ji, 11 infatti rahaf, nella forma verbale picl, indica lo svolazzare degli uccelli sopra i piccoli per insegnare loro a volare, e da esso deriva il senso di «covare». In Ger zj, 9 rahaf significa «tremare».

I LXX traducono: ixErpbparo, «era portato» (Aquila, Simmaco);

Volg.: «ferebatur». Si sottolinea quindi un intervento speciale dello spirito di Dio nella creazione, poichè esso è distinto dalle acque e dal caos.

Il caos è creatura di Dio. Non è una divinità in antagonismo con gli altri dii, come insegnavano le cosmogonie babilonesi.

 

 

3 Ed Elohim disse: « Sia luce. » E fu luce.

4 Ed Elohim vide che la luce era buona, ed Elohim separò la luce dalle tenebre.

5 Ed Elohim chiamò la luce giorno, e chiamò le tenebre notte. E fu vespro e fu mattino: primo giorno.

-

3La prima ad essere creata fu la luce (ebr. or). \La sua precedenza nella creazione è richiesta dall'antropomorfismo, perciò essa è condizione indispensabile per poter operare. \ Da questo elemento «luce» attingeranno gli astri creati al quarto giorno. Qualche autore l'avvicina alla materia primordiale gassosa e luminosa in forza delle radiazioni nucleari, da cui poi avrebbe avuto origine tutto il cosmo.

Come per operare, così per conoscere Dio, è necessaria la luce. I1 Verbo era la luce vera che illumina ogni uomo (Gio r, 4·9)· Creata la luce Dio la separò dalle tenebre che erano sulla superficie dell'abisso, stabilendo il turno d'avvicendamento, da cui hanno origine il giorno e la notte.

Dio stesso diede nome al giorno e alla notte (nella cultura ebriaica dà il nome a una cosa chi è padrone di essa).

4Dio opera di giorno. Al giorno segue il vespro con la notte, poi segue il mattino. Quindi si hanno giorno completi. I1 vespro, la notte e il mattino senza sole sono una necessità dell'antropomorfismo. Però si parla già di un intervallo tra la luce e le tenebre.

Tutte le opere della creazione erano buone. I1 male entrerà nel mondo col peccato.

Nella presentazione letteraria ogni atto creativo è il risultato dell’ordine di Dio («Elohim disse»), della sua esecuzione («E fu »), dell'approvazione di Dio (« Ed Elohim vide che era buono...»), dell'imposizione del nome («Elohim chiamò... ») e del compimento del giorno (« fu vespro e fu mattino: primo giorno... secondo... »).

 

 

 

6 Ed Elohim disse: « Sia un firmamento nel mezzo delle acque e separi le acque dalle acque. »

7 Ed Elohim fece il firmamento e separò le acque che sono al disotto del firmamento e le acque che sono al disopra del firmamento. E così fu.

8Ed Elohim chiamò il firmamento cielo. E fu vespro e fu mattino: secondo giorno.

 

 

6firmamento: ebi. ragija, lett. «cupola» o «volt solida» come di metallo battuto, oppure «distesa» « gittata ». Nei LXX: arepkwira, « firmamento », cib che fermo, stabile. I1 firmamento e considerato come un

volta gettata nel mezzo delle acque, e quindi le divide in due. La parte disopra al firmamento è come un serbatoio delle acque piovane, della rugiada, della grandine; I'altra, disotto al firmamento, contiene le acque che scorrono sulla terra, mari, laghi, fiumi (v. 7).

8 Elohim chiamò...: cioe si dichiarò padrone del cielo. Tutto viene ordinato dalla parola di Dio. La sua volontà è creatrice.

 

 

9 Ed Elohim disse: « Si radunino le acque che sono al disotto del cielo in un sol luogo; ed apparisca I'asciutto. » E così fu.

10Ed Elohim chiamò I'asciutto terra e chiamò mari gli ammassamento delle acque. Ed Elohim vide che ciò era buono.

11Ed Elohim disse: «La terra produca germogli, erba verde, che faccia seme, albero da frutto che faccia frutto secondo la propria specie, che abbia in sè il seme, sulla terra. » E così fu.

I2 E la terra produsse germogli, erba verde che fa seme secondo la propria specie e I'albero che fa frutto, nel quale è il seme, secondo la propria specie. Ed Elohim vide che ciò era buono.

13 E fu vespro e fu mattino: terzo giorno.

 

La terra e ancora sommersa dalle acque. Queste vengono ammassate in un luogo solo, così la parte da esse abbandonata rimane asciutta e nascono i mari e la terraferma. Questa, su ordine di Elohim, produce subito verdi germogli di erbe e alberi fruttiferi, contenenti il seme per riprodursi nelle loro varie specie. Dalla terra quindi per primo nasce il regno vegetale. Ancora non è creato il sole.

5, apparisca: cioe emerga.

 

14 Ed Elohim disse: « Siano dei luminari nel firmamento dei cieli per separare il giorno e la notte e servano da segni e per indicare i tempi, i giorni e gli anni,

15e funzionino da luminari nel firmamento del cielo per far luce sulla terra. E così fu.

I6Ed Elohim fece due luminari grandi: il luminare maggiore per presiedere al giorno, e il luminare minore per presiedere alla notte, e le stelle.

17 Ed Elohim li pose nel firmamento del cielo per far luce sulla terra,

18 e per presiedere al giorno e alla notte e per separare la luce e le tenebre. Ed Elohim vide che ciò era buono. 19E fu vespro e fu mattino: giorno quarto.

 

 

Gli astri vengono creati nel quarto giorno, forse per declassarli nei confronti degli idolatri che li adoravano come divinità . Devono servire come da grandi lucerne o lampioni per illuminare la terra e per poter distinguere il giorno dalla notte, per servire da segni (per es. per la direzione del cammino), per regolare I'avvicendamento delle stagioni, dei giorni e degli anni. I1 sole è il grande, la luna il piccolo luminare, perchè realmente ai nostri occhi così appariscono. L’uno illumina il giorno, I'altra la notte e così servono all'avvicendamento della luce e delle tenebre.

'4 SiBno: nell'ebr. vi è il singolare: jehi, «sia».

 

 

 

 

20Ed Elohim disse: « Brulichino le acque di brulichio di esseri viventi e i volatili volino al disopra della terra, sulla super hcie del firmamento del cielo. » ir

Ed Elohim creò i grandi serpenti acquatici e ogni essere vivente che striscia, di cui le acque brulicarono, secondo la loro specie, e ogni volatile alato secondo la propria specle. Ed Elohim vide che ciò era buono.

zzEd Elohim li benedì dicendo: « Siate fecondi, moltiplicatevi e riemyite le acque, nei mari. E i volatili si moltiplichino sulla terra.»

23 E fu vespro e fu mattino: giorno quinto.

 

20-2I Nel quinto giorno Elohim immette la vita nelle acque e nell'atmosfera. Nelle acque si manifesta come un brulichio, prodotto dalla presenza di masse di pesci guizzanti ed increspanti la superficie delle acque. I1 verbo sharas indica il rumore confuso prodotto dallo strisciare o dal movimento di masse di animaletti silenziosi. Non sono le acque che producono i pesci, ma Elohim che li fa apparire in esse, apportatori di vita. Allo stesso modo il volatile, 1'« essere alato», apparisce come volante nell'atmosfera sotto il firmamento, che èil suo ambient al disopra della terra.

2I i grandi Jerpenti...: degli esseri acquatici si distinguono i grandi (balena, coccodrillo, ecc.: Is 27, I; Gio ~. rz; Ger Ir, 34; ecc.) e tutti gli altri usciti dalle acque e quindi pesci e anfibi ciascuno secondo la propria specie.

22 Le piante e le erbe furono dotate del seme per r prodursi (v. rl), i pesci e Sli ucceili furono creati a coppi: maschio e femmina. Elohim dà a questi il medesimo ordine che dà all'uomo: Siate fecondi (lett. «fate frutto»), molf, ~licateui e riempite le acgtre, ciot prolificate e popolate le acque. Quindi dà loro gli organi e I'istinto per riprodursi.

 

 

24Ed Elohim disse: «Faccia uscire la terra esseri viventi secondo la propria specie, animali domestici e yettili, e animali della

terra secondo la propria specie. » E così fu. zsEd Elohim fece gli animali della terra nella loro specie, e gli animali domestici secondo la loro specie ed ogni rettile secondo la sua specie. Ed Elohim vide che ciò era buono. 26 Ed Elohim disse: « Facciamo un uomo ad immagine nostra e a somiglianza nostra e dominino sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e sugli animali domestici e su tutta la terra e su tutti i rettili che strisciano sulla terra. » 27 Ed Elohim creò I'uo- I mo a sua immagine: ad immagine di Elohim lo creò: maschio e femmina li creò. 28 Ed ,

24-/I Nel sesto giorno furono creati gli animali tel restri e I'uomo. Mentre i pesci appariscono nell'acqua gli uccelli nell'atmosfera, gli animali escono dalla terr: non pero prodotti da essa. È Elohim che li crea. G: animali si distinguono in domestici, in rettili (quelli ch strisciano o che si muovono rasente al suolo emettend~ rumore impercettibile) ed in animali della terra (quelli il libertà, i selvatici). Nel v. 2~ si enumerano gli animai della terra, i domestici e i rettili. Per ultimo r creatc I>uomo, perchr tutto e creato per lui, per essergli soggett~

26 FacciBillo: per ]a creazione dcll'uomo Dio adoper il pluralc, che è stato interpretato in diverse maniere Non indica pluralità di dei, perch~ I'autore conosce ul solo Dio. I SS. Padri vi hanno visto un'espression~ della SS. Trinità; alcuni vi vedono un accenno alla cortl celeste; altri un plurale majestatis; altri un piurale d pienezza e di totalità delle forze o degli attributi di Dio Comunque si voglia intendere, indica come una parti colare deliberazione in Dio prima di creare I'uomo, cii che rende questa creazione del tutto singolare. - ui uomo (ebr. adam, senza articolo e al singolare, ma co veibo al plurale, dominino), è usato qui in senso collettivo Pero adam nei primi capitoli di questo libro indica sem pre la persona di Adamo e diventa perciò nome proprio Elohim lo crei> ad immagine sua, come sua somiglianaa L'immagine (ebr. demtit) è la figura di alcunchè ripro dotta con scultura o con fusionc; la somiglianza (ebr selem) e ciò per cui la figura t simile al soggetto ripro dotto o cio pei cui due cose sono simili. L'uomo ~ un'immagine di Dio che gli si iassomiglia. Al v. 27, ir /, I e p, 6 si adopera indifferentemente demtit (immagine: eJelem (somiglianza). Adamo generi> Set a sua immaginc e somiglianza (/, 3), come egli era stato creato a im magine e somiglianza di Dio. È pur vero che I'antropomorfismo predomina in questo capitolo però non si pui:

dire che I'uomo sia stato creato dio o che I'uomo sia simile a Dio per ragione del corpo e che quindi Dio abbia un corpo come I'uomo. Dio, secondo questo capitolo, e il creatore di tutto, al disopra di tutto, guindi non è circoscritto in un corpo come I'uomo. In tutto il V.T. si proibisce di lappresentare Dio sotto forme sensibili. In che cosa I'uomo e I'immagine di Dio si deduce dalla sua posizione nel cosmo. Dio ha consegnato questo nelle sue mani perche lo domini (v. 28). In Sal 8, ~-g è il commento autentico di questo testo: Dio ha fatto I'uomo di poco inferiore a un dio, lo ha coronato di gloria e di splendore, lo ha eletto sovrano sulle opere delle sue mani, tutto ha sottomesso ai suoi piedi. I1 dominio dell'universo t riservato a Dio, ma egli I'ha trasmesso all'uomo. Tale dominio implica intelligenza (cioè conoscenza profonda), volontà (cioè assoggettamento), equilibrio (cicè retto uso delle forze della natura). Siccome queste doti sono proprie di Dio e mancano in tutte le altre creature tranne che nelI'uomo, in virtu di esse I'uomo e I'immagine che assomiglia a Dio. Non è però un dio. Quindi la diviniz~tazione politeistica dell'uomo viene esclusa. Nello stato di innocenza I'uomo aveva intimità col suo creatore: segno della grada e dei doni soprannaturali che perderà col peccato, ma che riacquisterà per mezzo del secondo Adamo, Cristo. Tutti gli uomini che nasceranno da Adamo porteranno la sua immagine, di uomo terreno, ma iinati in Cristo porteranno I'immagine dell'uomo celeste (Rom /, r~-zI; r Cor rl, 4S-SO; Ebr 2, ~-g). L'immaSine e la somiglianza di Dio sono impresse nella natura umana, quindi Adamo le trasmette ai suoi posteri (/, j). Notare con quanta insistenza si ripete che I'uomo è «creato», «ad immagine e somiglianza di Dio» (in questo versetto, e, due volte, nel v. 27). L'uomo è stato creato per «dominare e soggiogare» (in questo versetto e nel v. 28) tutto cib che Dio ha creato per lui: gli abitanti del cielo, delle acque, della terra e la terra stessa. Non si tratta di solo dominio materiale: ma di dominio assoluto, che comprende la scienza e I'asservimento delle forze della natura ai bisogni dell>uomo.

27 Si sottolinea che I'uomo fu « creato » da « Dio », non da altri, «a sua immagine» e che inoltre fu creato nei «due sessi». L'autore dà qui un quadro sintetico di questa creazione. Non distingue i vari momenti di essa. Sottolinea la «creazione» da parte di Dio. Del modo trattere nel c. 2. I1 plurale /i c7eò si riferisce alla prima coppia. Da tutto il contesto seguente risulta che Dio ha creato solo Adamo ed Eva: un maschio e una femmina.

28 La benedizione è riferita t~er i Desci. Der rrli uccelli

Elohim li benedì. Ed Elohim disse loro: « Siate fecondi e moltiplicatevi e riempite la terra e sottomettetela e soggiogate i pesci del mare e gli uccelli del cielo e ogni essere

,j che striscia sulla terra. » 29 Ed Elohim disse: « Ecco, io vi do ogni erba che ha seme, che è sulla faccia di tutta la terra, e ogni albero, nel quale c'è frutto di albero, che ha seme. Essi siano a voi di alimento. 30E a tuttj gli animali del campo e a tutti i volatili del cielo e a tutti gli striscianti sulla terra nej quali c'è anima vivente, do ogni erba verde lp, per alimento. » E così fu. 3I Ed Elohim vide ;~; tutto ciò che egli aveva fatto. Ed ecco che 37 era molto buono. E fu vespro e fu mattino sesto giorno.

 

Elohim benedtce e santifica ilsettimogiorno ,1,

terra con tutto il loro esercito. 2 Ed Elohim E nel setumo giorno aveva compito I'opera 1' sua che aveva fatto e nel settimo giorno E cessò da ogni sua opera che aveva ~atto. 3 Ed Elohim benedì il settimo giorno e lo santificò, poichè in esso aveva cessa~o da ogni sua opera che aveva creato Elohim nel farla.

4 Queste le origini del cielo e della terra, quando furono creati, nel giorno in cui Jahve Elohim fece terra e cielo.

 

Jahve ElohimplaJma I'zlomo e lo colloca

nelparadiso terrestre

5E non c'era ancora sulla terra nessun arbusto del campo e non era ancora germogliata nessun'erba del campo, poichè non aveva fatto piovere Jahve Elohim sulla terra, nè c'era uomo che coltivasse il ter~eno.

e per I'uomo. Perb all'uomo si aggiunge il comando di dominare tutta la creazione. Egli è ordinato al matrimonio, per diventar fecondo e riempire di suoi simili la teira, allora desetta di popolazione, avendola Dio cieata percht sia a disposizione «tutta» dell'uomo. Fin dal principio, quindi, Dio ha istituito il matnmonio, evidentemente con I'ordine di usaine, e allo scopo di piopagare il geneie umano per tutta la terra.

29-~I J1 primo uomo cieato aveva bisogno non solo di consetvare la sua razza, ma anche di con~ervarsì in vita col nutiimento. Dio, come buon padre di famiglia, gli assegna il regno dei vegetali: erbe e frutti che hanno il seme per riprodursi. Agli animali dà I'erba Yerde (ebr. icreq ereb, verde di erba). È I'età d'oro, in cui non si ha nessuna uccisione, nessun versamento di sangue neanche per il cibo. In Is rr, 6-ro; 61, 1J si predice questo stato di felicità pei il tempo messianico. Dopo il diluvio I'uomo si cibera anche di carne (p, ~). Tutto ciò che Dio aveva fatto era molto buono. Egli stesso si iallegra della sua opera, che corrisponde alle sue intenzioni.

I eJcrcito: (ebr. saba, schiera, esseri allineati) è tutto cib che si tiova nel cielo (asti·i, nuvole, ecc.) e sulla terra forma come degli eserciti (cf Dt r7, 3; Sal loj, zr; roq, 4)· Anche gli angeli sono I'esercito di Dio (I Re 22, rg). I LXX e la Volgata hanno iispettivamente: x6ayo5 e

«Ornatus », assetto.

1 nel reftimo giorno: comincia un'era nuova, quella

del sabato, cioè del iiposo di Dio; non prodotto dalla fatica, ma sinonimo di cessazione dal creare nuove specie, che perb non esclude I'opera di Dio nel sostenerle e svilupparle (cf Gio I, r7). Anche il settimo giorno è parte della creazione. Secondo i LXX, il Pentat. Samarit., 1'Itala e la Peshitta, Dio compì I'opera sua nel sesto giorno.

3 Elohim fu il primo a riposarsi (ebi. zbabar) dopo un'opeia di sei giorni e a dedicarsi nel settimo giorno alla contemplazione di se stesso. Percib benedl (ricolmò di beni per chi I'osserva) questo giorno e lo rantific0 (separandolo dagli altri giorni e volendolo dedicato, con il culto, a se stesso). Da qui I'origine divina del sabato e I'obbligo pei I'uomo di santificarlo (cf Es ro, 8-II). È uno dei comandamenti piu severi della legge mosaica, sanzionato con la Dena di moite(Es ·tr. 2-~:Nm rr. ~2-~6: eCC.). I1 sabato

deve ricoidare all'uomo il suo creatore. In Ebr q, r-rg vi si riscontra un signi~icato tipico. - nc(fml~ : ebraismo per «nel momento in cui la faceva». I rabbini traducono: «per poi elaborarla», ciot nello spazio di sei giorni.

4 Dall'inizio del libro fino a questo punto Dio è chiamato Elohim. Dalla seconda parte del presente vecsetto ~ino a g, 26 ~ chiamato ~ahve Elohim. Dalla differenza del nome di Dio, usato con una ceita i~egolatità, e da alcuni criteri letterari (che abbiamo esposto nell'Introduzione al Pentateuco, a pag. 6), i critici app~itenenti alla scuola cosiddetta welhauseniana formulano 1? teoiia documentaria del Pentateuco. Secondo la quae il Pent4teuco non sarebbe stato composto da Most, ma sarebbe il risultato della fusione e rielaboiazione di vari documenti composti nel periodo che va dal sec. Ix alla fine dell'esilio e che prendono il nome dal nome di Dio che usano, cioè jahvista, perche chiama Dio Jahve, ed elohista, percht lo chiama Elohim; Oppure vengono designati dall'aigomento che contengono: deuteronomista e codice sacerdotale. I critici wellhauseniani attribuiscono r, I - z, qa, a P (codice sacerdotale) e 2, qb - q, 26 a J (codice jahvista). In 2, 4 vedono la sutura dei due documenti. Perb t da notare che la ripetizione dello stesso concetto: a) puestr le origini del tielo e dclla terra, quando fut·ono creati; b) nel giorno in cui ]ahve Elohim iece terra s cielo, può essere richiesta dal parallelismo, come per es. in 2, r-2; r, 2627; ecc. Tanto la descrizione di r, I-2, qa, quanto quella di 2, 4b-2r e antropomorfica. Riteniamo con la Volgata che 2, 4 sia una conclusione logica di r, ~ - 1, 3 (6 jb, Ig) e non il titolo del racconto seguente. L'autoie divide t, 4-11. 26 in S Sezioni, che hanno per titolo Toledot (storia, oiigine, generazione): r) del cielo e della terra: z, 4 - 4~ 26; 2) di Adamo: /, I - 6, 8; 3) di Not: 6, g - g, 29; 4) dei figli di Noè: ro, I - Ir, 3; S) di Sem: rr, Io-zG.

SSS Dopo la sintesi sublime della creazione del cosmo e dell'umanità, si passa a descrivere la storia di questa nei confionti con la vera ieligione. Infatti mentie in 1, 26-29 Si parla dell'uomo in senso collettivo (dell'umanità) in quanto si ditferenzia dalle altre creature, perche creato a immagine e somiglianza di Dio e per dominare su tutto il creato, senza determinaie nt il tempo nè il luogo della creazione, al v. 7 si mettono in risalto gli

6 Ed un flusso d'acqua sgorgava dalla terra ,s; e bagnava tutta la superficie del suolo. 7E 45 Jahve Elohim formò I'uomo dalla polvere della terra e soffiò nelle sue narici un alito di vita e I'uomo fu un essere vivente. sE Jahve Elohim piantò un giardino in Eden, a oriente, vi pose I'uomo che aveva formato. 9 E Jahve Elohim fece germogliare dal suolo ogni albero piacevole a vedersi e buono per mangiarsi e I'albero della vita nel meazo del

elementi di cui si compone (polvere e soffio divino) e la sua destinazione ad essere sottoposto alla prova nel paradiso terrestre. Egli fu plasmato da Dio dalla terra; fu destinato a coltivare la terra; a ridursi in terra (polvere) per aver trasgredito un o;dine che riguardava un albero della terra. Quando Jahve Elohim crei> I'uomo, nel luogo dove lo p]asmò non vi era nessuna specie di vegetazione, ne cluella spontanea (arbtlsto, ebr. siab, «cespuglio» che cresce nei campi non coltivati; cf zI, II;Giob Jo, 4·7)~ perchè non era piovuto, nè quella coltivata (erba, ebr. eseb, «erba fresca», destinata al nutrimento tanto delI'uomo quanto degli animali; cf r, IIS.29; j, Is; 9, 3; Es g, 22; Dt II, IJ; jZ, 2; ecc.), perchè non vi era I'uomo che coltivasse la terra e c'era solo un flusso d'acqua che la bagnava, ma non era utile. Probabilmente si vuol mettere in evidenza il contrasto tra il luogo in cui I'uomo fu creato e le delizie del paradiso terrestre. I1 primo non bene~iciava delle piogge e dell'opera dell'uomo agricoltore. Aveva un fiume inutilizzato e infruttuoso. I1 paradiso teriestre invece era piantato da Dio; produceva alberi ornamentali e da frutto ed era irrigato da un fiume che uscendo si rami~icava in quattro corsi d'acqua famosi. Inoltre è Dio che ordina all'uomo di coltivarlo (v. I~).

6fr~: (ebr. ed) ricorre solo qui e in Giob j6, 27 e comunemente s>interpreta «vapore, nuvola, flusso d'acqua». I LXX e la Volgata hanno: «fonte, sorgente ». I moderni dal sumerico traducono: «canale>,. Sembrerebbe si voglia affermare non solo che la terra non produceva verdure, peicht: non vi era nè pioggia nè uomo agricoltore, ma anche che ilflusso d'acqua ]a bagnava o sommergeva tutta. PerciO i vv. ~-8 sono molto discussi dai critici. Essi infatti sembrano presentare la terra al momento della creazione nella situa~ione di siccità ed aridità, mentre in I, II-12 essa, emersa dalle acque, si riveste di vegetazione. Inoltre nei vv. ~-8 I'uomo sembreiebbe creato prima della vegetazione, mentre in I, Ir-rz questa sembra anteriore all'uomo. Senonchè ciò dipende dall'angolo visuale di I, I - 2, 4 che l:diverso da quello dei vv. j-8. Nel primo infatti si dà una sintesi di tutta I'«pera della creazione; nel secondo invece ci si limita alla zona del paradiso terrestre. Inoltre nella presentazione degli avvenimenti non si segue una successione cronologica rigorosa, ma si tracciano soltanto dei quadretti. Cioè: I) Creazione geneiale. 2) Formazione dell'uomo. 3) Paradiso terrestre. 4) Formazione della Clonna. S) Tentazione-caduta-protovangelo. 6) CainoAbele. 7) Ponte tra Caino e Noì~. 8) Diluvio; ecc. I1 v. S introduce un argomento connesso con ciò che segue e risponde ai quesiti: Qual è la storia del paradiso terrestre? Com'era la zona dove I'uomo fu plasmato? I critici attribuiscono il contrasto all'uso di documenti o di tradizioni diversi - P (sacerdotale), J (jahvista) - non perf~ttamente fusi dall'autore. Però non si può mettere in dubbio che nei vv. 5-'7 si tratti della zona limitata al paradiso terrestre e non di tutta I'opera della creazione, esaurita dall'autore in I, r - z, 4 e quindi sottintesa. La pioggia infatti e il flusso d'acqua non si possono riferire a eutto I'orbe creato

(ebr.jarar) esprime I'azione del vasaio che plasma e modella la creta (cf v. 8). - uomo: ebr. adam, che è connesso con adama, terra. Adam, neila forma verbale ga~ significa « essere rosso ». - polvere della terra: (ebr. af~v) può signi~icare anche «creta, argilla». In Rilesopotamia le case si fabbricano anche con terra battuta. Questa rappresentazione antropomor~ica di Dio che plasma una forma di uomo e poi gli soffia I'alito vitale sulla faccia (lett. «attraverso le narici») sottolinea gli elementi costitutivi dell'essere umano, cio~ materia e spirito. L'uomo viene.dalla terra. Ad essa ritornerà dopo ]a morte. Lo spirito e comunicato direttamente da Dio e solo in forza di esso I'uomo passa dalla non-esistenza all'esistenza, diventando nefeJh haia (essere vjvente), però diversamente dagli animali (cf vv. rg.z2; I, ~oss), poich~ ad essi Dio non comunica direttamente I>alito dei viventi. Essi vengono dalla terra (1, 24)· Secondo I- Cor 1/, 47~ il primo uomo, in quanto tratto dalla terra, era uomo terreno; il secondo Adamo (Cristo) viene dal cielo, perciò e celeste. In r, 26-27 Si enun~ia che I'uomo fu creato a immagine e somiglianza di Elohim. In questo versetto si sottolinea che egli vive in virtu di un soffio che esce dalla bocca di Jahve Elohim (cf Is 2, 22; Giob jq, I4s; Sal roq, 2gs).

8 a ovrente: dell'autore che scrive (dall'ESitto o dalla Palestina)' La Volgata traduce: «a principio». L'espressione ebraica puo avere anche questo signi~icato (cf Esd q, 6; Aquila, Simmaco e Teodozione). - Eden: (etim. «piaceri, voluttà, dolcezze»; accadico edint~ campo aperto; sumerico edin, campo irrigato o irrigabile, fertile) è il nome della regione. In 2 Re lp, Iz; Is J7. I2; ES 27, 21; Am r, S, indica un territorio soggetto agli Assiri. L'Eden eia una regione a oriente; neil'Eden era il gan (giaudino, o, meglio, «frutteto » o «parco»). L'uomo fu creato fuori delgan e da Dio trasferito in esso per esservi sottoposto a una prova. I LXX hanno: X'XPaBEluOS, dal persiano. Volg.: «paradisum voluptatis ».

g giardino: (ebr. ~pan) era un parco di delizie, con alberi da frutto e ornamentaii (oppure con alberi da frutto e nello stesso tempo belli a vcdersi). Tra gli altri si segnalano I'alhero della vita e quello dellB conoscen2a (o scienza) del bene e del male. Sulla natura di questi alberi si è molto discusso. Secondo alcuni autori I'albero della scienza del bene e del male saiebbe una semplice figura retorica, un'allegoria, pcr signi~icare la proibizione fatta ad Adamo di procurarsi la scienza delle cose in generale, oppure I'espeiienza delle funzioni scssuali in particolare. Però I'interpretazione piu comune non intende un albero che avrebbe procurato con i suoi frutti la conoscenza del bene e del male, bensì un albero a motivo del quale I'uomo avrebbe fatto I>esperienza del bene che perdeva e del male nel quale incappava. Infatti finche osservò I'ordine di non mangiarne il frutto I'uomo rimase nel possesso e, quindi, nella cognhione del bene (I'amicizia di Dio, la permanenza nelgan); trasgredendolo, perdette questo bene e cadde, e quindi conobbe il male. Si denomina perci0 albero della scienza del bene e del male non dalla causa, ma dall'effetto. Di quest'albero si riparlerà in J, 3 e di

giardino e I'albero della conoscenza del bene e del male. IO E dall'Eden usciva un fiume per irrigare il giardino e da lì si divideva formando quattro capi. IIIlnome del primo è Pishon. Esso scorre tutto intorno al paese di Havila, nella quale c'è I'oro. Iz E I'oro di quel paese è buono; ivi sono anche il bdellio e la pietra onice. 13 Ed il nome del secondo fiume è Ghihon. Esso scorre tutto intorno al paese di Cush. I4 Ed il nome del terzo ~iume è Tigri. Esso scorre a oriente di Assur. Ed il quarto f-iume è 1'Eufrate. ~5 E Jahve Elohim prese I'uomo e lo collocò nel giardino di Eden perchè lo coltivasse e lo custodisse.'6 E Jahve Elohim dette alI'uomo questo comando: « Mangia pure di tutti gli alberi del giardino, I7ma dell>albero della conoscenza del bene e del male, non ne mangiare. Nel giorno che ne man-

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Is E Jahve Elohim disse: « Non è bene che I'uomo sia solo. Farò per lui un ausiliare che gli sia conveniente. » Is E Jahve Elohim condusse all'uomo tutti gli animali del campo e tutti i volatili del cielo che aveva formati dalla terra, per vedere come li avrebbe chiamati. Qualunque nome I'uomo avesse dato agli esseri viventi, questo sarebbe stato il suo nome. 20 E 1>UOfnO impose i nomi a tutti gli animali domestici e ai volatili del cielo e a tutti gli animali del campo. nla Der I'uomo non trovò un ausiliare a lui conveniente. zI E Jahve Elohim fece cadere sulI'uomo un sonno profondo. E mentre dor- : miva prese una delle sue costole e richiuse la carne in luogo di essa. 22 E Jahve Elohim costruì una donna dalla costola che aveva nCPPT\ ~Oll>ll~mC\ P In rr\n~l~r~P nll)n~mr\

quello della vita in j, 22. Anche qucsto è così denominato dall'effetto, poiche da csso dipendeva la vita dei nostri progenitori, che sarebbe stata immortale se essi avessero superato felicementela prova. Secondo alcuni autori la descrizione del paradiso terrestre sarebbe puramente allegorica o simbolica.

ro fiume: nasceva nell'Eden ed entrava nel gan per irrigarlo ed alimentarne la vegetazione e, uscendo (o nello stesso gan~), si divideva in quattro ~iumi. Corrisponde al flusso d'acqua sgorgante dalla teira del v. 6? Dei quattro ~umi (vv. rI-rq) s'identificano con certezza il terzo ed il quarto: il Tigri e 1'Eufrate. Per gli altri si hanno solo ipotesi. Qualcuno suppone che il numero quattro corIisponda ai quattro punti cardinali e indichi tutti i fiumi della terra.

IrI1 Pdshon (Fison) ed il Gbihon (v. I3) ricorrono in Ecclo zq, 31·37· Per ilpaese di Havila cf lo, 721); 21. I8~ dove Havila indica 1'Arabia. I1 Pishon (Fison) secondo alcuni sarebbe il Cyrus, e Havila sarebbe ia Colchide, vicino al Mar Nero; secondo altri il Mar Rosso e il Golfo Persico o il Gange.

I2 bnellio: ambra o resina odorosa. Secondo altri: perla.

'3 Ghihon: sarebbe il Nilo o 1'Araxes (Geihun erRas'). - Cush: propriamente i:1'Etiopia (Volgata), ma anche una regione dell'Armenia.

I4 I1 Tigri (ebr. «Hiddeqel») e 1'Eufrate (ebr. «Perat ») nascono nell'Armenia ed uniti si gettano nel Golfo Persico col nome di Shatt el-Arab. I1 Pishon e il Ghihon dovevano essere non lontani dal Tigri e dall'Eufrate, ma in quale punto si avvicinavano: in Armenia o in Mesopotamial Si tratta di veri fiumi o di quei canali di cui abbondava la Mesopotamia e che hanno tutta I>apparenza di fiumi~ Dalla soluzione di questi problemi dipende I'ubicazione del paradiso terrestre. - Asna: indica qui la città (non la regione di Assur o Assiria), sulla riva occidentale del Tigri.

'I L'uomo fu collocato nelgan per una grazia di Dio, e perche. lo lavorasse (senza fatica) e lo custodisse per st e per il genere umano coll'osservanza del precetto di Dio.

7·7 non ne mangiat·e: il comando di Dio riguarda I'alimento dell'uomo, come in 1, 23, cioe i frutti degli alberi. Tutti gli alberi sono a disposizione dell'uomo eccettuato quello della prova che ~ nel mezzo del gan e che, per anticipazione, ì: detto «della scienza del bene e del male» perchc in esso nio ha messo davanti all'uomo la scelta tra il bene e il male, la vita e la morte, a seconda

 

che egli obbedirà o trasgredirà I'ordine riguardante quelI'albero; cf Dt Jo, I~ : « Vedi, oggi ti ho dato da sceglie-

 

re la vita e il benesscre, la morte e la sciagura ». II comando di Dio in se stesso non doveva essere difficile ad osservarsi, ma la sanzione era gravissima perchè dall'osservanza di quel comando dipendeva il riconoscimento della sovranità assoluta di Dio sull'uomo. La morte minacciata t~ quella corporale fisica, ma suppone o include anchela perdita dell'amicizia di Dio. - ceutamente mouvai: inesorabilmente diventerai mortale; la morte avrà dominio su te.

I8 Anche la creazione della donna è pieceduta da grande solennità. L'uomo creato per propagarsi ed essere quindi sociale, secondo 1, 22, non pui> rimanere solo. Gli e necessario ?rn at~siliare the gli sia conveniente (lett. « un ausiliare che gli possa star di fronte »), che sia simile a lui, della stessa natura, per raggiungere il f~ne della creazione. Questa è la donna, e I'uomo lo riconosce.

I9-20 Dio, che ha creato tutti gli animali del campo ed i volatili, li conduce da Adamo perchr ne riconosca il dominio, come in r, 26.28, e ne scelga I'ausiliare a st conveniente. Adamo pose il nome a tutti gli animali, venendone quindi a conoscere la natura, e imponendo ad essi la sua sovranità, ma non vi riscontri> I'ausiliare adatto. Nel v. rg non si afferma che Dio cre0 gli animali in quel momento, ma si sottolinea che li condusse ad Adamo, al quale riconosce la libertà e la responsabilità della scelta.

2~ sonno puofondo: cioì: grave, estatico, misterioso (cf rl~ I2). I LXX: «estasi». La scena i: antropomor~ica e mette in evidenza che la donna tl formata nel sonno dalI'uomo, con la medesima materia di cui egli si compone, carne ed ossa, e formata e vivi~icata da Dio. Nel sonno estatico I'uomo conobbe il significato della creazione della donna (cf Ef 1, 22-23) e le relazioni intime che con lei avrebbe dovuto avere.

22-2j Si ha I>idea della « costrutione». Dio stesso, che

s, 23 E disse I'uomo: « Questa volta sì, è osso delle mie ossa e carne della mia carne. Per

questo si chiamerà virago poichè essa fu

7 tratta dall'uomo. ~~Perciò un uomo lascia suo padre e sua madre e si unisce con sua moglie e formano una carne sola. » 25 Ed erano ambedue nudi, I'uomo e sua moglie, e non ne sentivano rossore.

 

I~ serpe~te tentrt efd cadere Eva

Ilpeccato dei progenitori e consegzlen~e

 

1; 3 'Ed il serpente era il piu astuto di tutti gli animali del campo fatti daJahve Elohim. Ed egli disse alla donna: «E poi vero che Elohim vi ha detto: - Non mangiate del frutto di alcun albero del giardino- !» 2E rispose la donna al serpente: «Man giamo del frutto di ogni albero del g-iar dino, 3 ma del frutto dell'albero che è nel mezzo del giardino, Elohim ha detto: - Non lo mangiate, non lo toccate, altri 3 menti morrete.-» 4E disse il serpente alla donna: « No ! che non morrete ! 5 Anzi 2, Elohim sa che nel giorno in cui ne mange rete, si apriranno i vostri occhi e sarete come Elohim, conoscitori del bene e del male. » 6 Allora la donna, vedendo che I'albero era E buono a mangiare, piacevole a vedersi e appetibile per poter acquistare intelligenza, prese del suo frutto e mangiò. E ne dette anche a suo marito che era con lei, ed egli

 

pure manglo.

7E Si aprirono gli occhi di ambedue e essere nudi ed intrecciarono

e se ne fecero cinture. sE udirono il rumore di Jahve Elohim, che incedeva nel giardino all'aura del giorno, e si nascose I'uomo con la sua moglie dal cospetto di Jahve Elohim nel mezzo degli alberi del giardino. 9 E Jahve Elohim chiamò I'uomo e gli disse: « Dove sei~ » Io Ed egli rispose: « Ho udito il tuo rumore nel giardino e ho avuto paura perchè sono nudo e mi sono nascosto. » IIMa replicò:

conobbero di foglie di fico

ha creato la donna, la conduce all'uomo percht: la prenda come ausiliare, e I'uomo liberamente conferma di aver trovato ~inalmente la compagna desiderata.

23 virago: I'ebraico ha un giuoco di parole. Infatti isha, donna, è il femminile di is~, uomo. La Volgata riproduce traducendo: «virago» e «vir».

24 e Sormano trna carne sola: lett. nell>ebr.: « e sono in una sola carne». Essendo la donna I'aiuto simile all>uomo e suo complemento per la vita e la generazione, I'uomo deve aver con lei comunanza di vita e deve unirsi a lei in modo da formare una carne sola nell'unione matrimoniale. Le parole sono dette da Adamo profeticamente e dietro ispirazione divina, perci0 Gesu le attribuisce a Dio (Mt lp, ~). L'unione matrimoniale raffigura I'unione tra Cristo e la Chiesa (Ef 1, 3I-31)· Fo'mando una sola carne, un solo corpo, il matrimonio è presentato come monogamico e indissolubile (cf Mt rg, qss; I Cor 6, rb; Ef /, 28-31)·

2J Erano due soltanto, quindi Dio ha creato una sola coppia (si esclude il poligenismo). Essi furono creati adulti (moglie e marito) e robusti; non con gli occhi chiusi, ma nello stato d'innocenza. Percii> la vista dei corpi nudi non eccitava la concupiscenza e non esisteva il senso del pudore che li avrebbe stimolati a coprirsi. Questo nascerà dopo il peccato (cf j, 7). 11 testo non dice quanto durò ]o stato d'innocenza.

Iss I1 JerDente ha delle qualità che non convengono semplice serpente. È intelligente, maligno, ne-

 

mico dell'uomo e di Dio, e tentatore astuto al male. È Satana (cf Sap 2, 24; Gio 8, 44; Rom /, rz; Ap 12, 5); 20, 2), che si chiama «ii serpente» probabilmente per chè sotto questa forma ha tentato Eva (cf Dccreto della Pontificia Commissione Biblica). II serpente era ritenuto il simbolo della prudenza e dell'astuzia (cf Mt ro, r6), forse per il suo inccdere tortuoso, il suo corpo flessuoso, ecc. L'astuzia e I'inganno spirano dalla storia della tentazione. I1 serpente finge di proporre ad Eva una questione indifferente e$ esagera il comando di Dio. La donna non vede il pericolo. Anzi csagera aggiungendo il comando: non ~o toccate (v. 3). I1 serpente allora fuga il timore della sanzione: «Non è vero che morrete! Anzi! La proibizione è frutto dcll'invidia di Dio verso di voil Dio ben sa che Ji aprirtmno i voJtri occhi (acquisterete una nuova scienza, farete una nuova esperienza) e sarete come E~ohim, tonoscitori de( bene e del male. » La donna e sedotta, cade nella tentazione. Nel frutto proibito trova la sua felicità. Le appare gustoso, bello, desideiabile e capace di darle la scienza promessa dal serpente. Non si contenta di mangiarne lei, ne dà anche a suo marito. L'esperienza del male ~ fatta. Vedono quindi ciò che non vedevano prima (si apvivono gli occhi di ambentre), cioè gli effetti del peccato: in primo luogo la concupiscenza che arde dai loro corpi nudi e che cercano di coprire alla meglio con cinture di foglie di fico, eprovano la paura di Dio e il bisogno di nascondersi dalla sua presenza.

 

2 delfrutla di ognì al~ero: secondo i LXX. Nell'ebr.: «dei frutti degli alberi».

S Ji a~riuanno...: I>espressione «aprire gli occhi» signi~ica vedere qualche cosa che prima non si vedeva o fare esperienza di qualche cosa di nuovo (cf 21, rg; Nm 22, 3'; 2 Re 6,'7)·

6 manRiò: i LXX e la Peshitta hanno il plurale: « mangiarono». Quindi Eva avrebbe mangiato due volte; prima da sola e poi con Adamo.

8-rg L'effetto del peccato e la paura d'incontrarsi con Dio giudice. L'apparizione di Dio suppone una grande intimità con i progenitori. Ma su!la sua natura non sono d'accordo gli autori. L'interrogatorio dei prog-enitori ha un profondo senso psicologico. Dio va in cerca dei colpevoli. Li chiama in giudizio. Tentano di discolparsi scaricando ia colpa I'uno sull'altra e alla fine sul serpente. La sentenza del giudice punisce i tre rei in conformità della colpa di ciascuno

8 I'atrra del giorno: i: la brezza del mattino o del pomeriggio (Ca ~, r-I; 4, 6).

<tChi ti ha mostrato che sei nudo! Non avrai mangiato dell'albero di cui ti ho proibito mangiarne...!» IzE I'uomo rispose: « La donna che mi hai messo a fianco, essa fu che mi ha offerto del frutto dell'albero, e io ne ho mangiato. » 13 E Jahve Elohim disse alla donna: « Perchè hai fatto questo~ » E la donna rispose: « I1 serpente mi ha sedotta ed io man,oiai. » I4 E Jahve Elohim disse al seroente: « Poichè hai fatto auesto. sii maledetto tra tutti gli animali domestici e tra tutti gli animali del campo. Camminerai sul tuo ventre e mangerai polvere tutti i giorni della tua vita. '5 E porrò inimicizia tra te e la donna e tra il seme tuo e il seme di lei; esso ti colpirà nel capo e tu tenterai di colyirlo al calcagno. » Is E alla donna disse: I «Moltiplicherò grandemente le tue sofferenae e quelle della tua gravidanza. Con travaplio nartorirai i fig·li e verso il tuo ma-

I2 Ln donnu c/Je mr hrrr mesro oflrrwco...: scmbra cht· Adarno voglia attribuire a Dio, in ultima analisi, la colpa. Dio infatti gli ha dato una tale donna.

I4-IT I1 serpente viene immediatamente punito, senza essere interrogato. Esso è lo spirito del male. Ha preso la forma di serpente, perciò le punizioni sono intonate ad essa.

74 ~ii maledetto tva: da preferirsi a « maledetto piu che ». - tutti g(i animali...: avendo preso la forma di serpente, esso, Satana, sarj oggetto di maledizione da parte di tutti gli animali. - Cammi~erai st~l ~zto ventre: come il serpente cammina strisciando sul ventre, quindi abbassandosi fino alla terra, così tu sarai oggetto della piu bassa umiliazione. - mangeraipolveue : è un'espressione parallela alla precedente. Chi striscia per terra fa della terra il suo cibo. I nemici vinti leccano la poivere, mangiano la terra, perchi: il vincitore li calpesta con i suoi piedi. Si predice quindi I'umiliazione piu Drofonda di Satana materializzatosi nella forma di un serpente.

i~ porrò inimiciZia: Dio farà sorgere un'inimicizia implacabile che terminerà con la completa scon~itta del serpente-Satana, - tra te e la donna...: hai sedotto la donna, la prima dell'umanità, ma io ti porrò bersaglio dell'inimicizia « della donna ». Secondo il contesto grammaticale immediato dovrebbe intendersi la stessa donna, la prima donna, Eva. Senoncht~ il contcsto logico e profetico I'impediscono. Infatti qui si tratta di un'inimicizia che culmina con lo schiacciamento del serpente, cioè di Satana e di tutte le potenze del male. E tanto non si può dire di Eva, la quale non solo è soggetta a Satana per ragione del peccato originale, ma r soggetta allo stesso suo marito e deve per tutta la vita sottostare alle punizioni del suo peccato. Qui ì: »io che parla. La profezia si stacca da tutto il contesto immediato, si stag·lia nel futuro. Perciò indica un'altra donna, che è ben nota nella mente di Dio e che dall'adempimento della profezia s'individua nella SS. Vergine. La quale e stata sempre in stato d'inimicizia con Satana, essendo stata preservata da ogni peccato ed avendo eliminato la potenza del male per mezzo del figlio suo' il Redentore. - il seme t~o: il seme del serpente, sono i ~igli del serpente. Peri, qui ìl detto di Satana. « Seme di Satana» è il complesso dei demoni e forse include anche gli uomini cattivi che lo fiancheggiano nella lotta contro il bene. - il Jeme di lei: son« i figli della donna. Non pochi intendono il genere umano prendendo «seme» in senso collettivo. Peri> cib suppone che anche «la donna» debba intendersi in senso collettivo, cioè «tutte le donne». Ma secondo la nostra interpretazione di «donna» in senso individuale, cioè la SS. Vergine, «seme» qui signi~ica suo figlio, cioè il Redentore. - esso: la Volgata ha: «essa» (cioè la donna); il greco ha: orUro5, al maschile, che non concorda con ~xQpl*l, neutro. Quindi s'intende un essere personale. E il seme della donna. - ii colpirci nel capo: cioè nelia parte vitale, ti ucciderà e quindi eliminerà de~initivamente la tua potenza male~ica. A nessun altro conviene perfettamente I'adempimento di questa profezia all'infuori di Cristo, figlio di Maria Santissima. - e trr lenterai: non riuscirai nel tuo intento, perchè mentre starai per lanciarti a colpire, il seme della donna ti colpirà alla testa. - al cakagno: il serpente non pui> attaccare I'uomo se non al calcagno, dal di dietro, quindi di nascosto e a tradimento. Molti vi vedono gli attacchi di Satana e dei Giudei contro I'umanità di Cristo, o meglio contro il Verbo fatto uomo. La figura della lotta tra il serpente e I'uomo indica la debolezza del serpente che, nonostante tutte le sue astuzie, non riuscirà nell'intento. I1 senso mariologico del protovangelo è confermato dalle Bolle dei Sommi Pontefici: Ineffabi(is, Flllgens corona, Munificentissimtrs Detls, ecc. Esse vedono nella inimicizia tra Satana e la donna la vittoria morale completa della Vergine su tutto ciò che appartiene a Satana, cio~ su ogni peccato e la corru~ione, quindi deducono la sua concezione immacolata e la sua preservazione dalla corruzione, effetto del peccato. È evidente che la piu grande punizione viene a Satana dalla donna e dal suo seme.

 

 

Ib le tt~e soffevenZe e g~telle nella tc~a graviddnZa: probabilmente prima del peccato le sofferenze proprie del sesso femminile non esistevano. Eva, diventando madre del genere umano, fu soggetta alla gravidanza e alle doglie relative. Si predicono i molti doiori, non la molteplicità dei parti, poichè I'abbondanza dei figli era considerata una benedizione di Dio. - deJidevio: nell'ebr. tesbcrqa, cioè desiderio veemente, brama, appetito, libidine, con conato assiduo di raggiungere lo scopo (cf q, 7; Ca 7~ I')· - 1Fgli dominer9 su di te: nonostante il tuo trasporto per lui, egli non ti tratterà come una pari, ma ti farà sentire la sua superiorità, il suo dominio. Cii> corrisponde alla situazione della donna nei popoli dell'Oriente. Qualcuno limita il dominio dell'uomo all'aspetto sessuale, ma il testo ha un signiticato ben piu vasto. La donna volle insegnare all'uomo la via dell'emancipa~ione, ma errò, portando la rovina all'umanità, perci0 ora non può aver piu nell>uomo quell"ascendente che aveva prima del peccato. Prima era un ausiliare, ora è una soggetta. Si mette in evidenza anche I'incoerenza della donna perchè ella cercherà I'uomo nonostante I'accoglienza che ne riceve e i dolori delle gravidanze che ne seguiranno. Nei vv. rq-24 si risponde ai problemi che agitano I'umanità: perchè I'uomo e soggetto al dominio di Satana! Perchi: il male nel mondo! Donde vengono i dolori della donna, il suo trasporto per I'uomo e la sua inferiorità! Perche la natura non risponde generosamente al lavoro umano! PerchC la morte e la corruzione?

rito sarà il tuo desiderio. Egli dominerà su di te.» I7E all>uomo disse: «Perchè hai ascoltato la voce di tua moglie ed hai mangiato del frutto dell'albero, di cui ti avevo comandato, dicendo: - Non mangiare di esso! -, sia maledetta la terra per causa di te. Con travaglio ne trarrai alimento tutti i giorni della tua vita. Is Ti produrrà spini e triboli e mangerai I'erba del campo. ~9 Col sudore del tuo volto mangerai pane fino al tuo ritorno alla terra. Poichè da essa fosti tratto. Polvere sei tu ed alla polvere ritornerai. »

20 E I'uomo pose nome a sua moglie Eva poichè essa fu madre di tutti i viventi. zIE Jahve Elohim fece all'uomo e a sua moglie delle tuniche di pelle e li vestì. 22 E Jahve Elohim disse: « Ecco, I'uomo è divenuto come uno di noi nel conoscere bene e male. Ed ora, che non stenda la sua mano e prenda anche del frutto dell'albero della vita e mangi e viva in eterno ! » 23 E Jahve Elohim lo cacciò via dal giardino di Eden perchè andasse a lavorare la terra, dallà quale era stato tratto. a~Ed espulse I'uomo e collocò ad oriente del giardino di Eden i cherubini e la fiamma della spada gui~zante per proteggere la via dell'albero della vita.

I7 na tnaledettn 11I terru per crnrJrr Ilr te: (clcl tuu prccato: cf Rom 8, 20; nei LXX: « nel tuo lavoro », « maledetta in relaiione al tuo lavoro») sono maledetti soltanto il serpente (v. Iq) e la terra.- fravaglio: in ebr. issabon, il medesimo termine che indica le sofferenze della donna al v. Ib. - ne trarvai al~mento: lett. «mangerai di essa».

r8-Ig Nel v. 18 non si parla della carne come cibo. Verrà concessa dopo il diluvio. Nel v. Ig si fa menzione del pane, alimento principale dell'uomo. Oltre al grano egli coltiverà anche frutta ed erbaggi. Con fatica si procurerà I'alimento dalla terra, ~ino al momento in cui ritornerà, morto, alla terra donde fu tratto, per ridursi logicamente in polvere. È I'estremo della punizione per I'uomo, simile a quella del serpente che deve nutrirsi di terra. La creazione dell'uomo dalla terra in 2, 7, è sottolineata in vista della sua punizione.

20 In 2, 23 Adamo aveva chiamato la sua donna «virago» (uoma!); ora la chiama Eva (in ebr. havva, da haia, vivere, «colei che dà la vita»; in sumerico ama significa « madre »). - poichè eJsa f~ madre di lutli i vivenli: e un'osservazione dell'autore.

21 Le foglie di fico non erano piu sufficienti per il pudore e per i rigori delle stagioni. Dio misericordioso ispirò I'uomo a confezionarsi vestiti con pelli di animali, forse di quelli offerti in sacrificio.

22 COllle trno di nai: (plurale di maestà) I'uomo e divenuto come Dio, in quanto, conoscendo il bene e il male, s'illudeva di arrivare a conoscere anche i segreti di Dio. Ma la realtà fu ben diversa. - Ed ora, c~e non slenda la stra mano... e viva NI etevno : la frase è ellittica; aggiungi: «perciò cacciamolo fuori». Le parole di Dio potrebbero avere anche un senso ironico. Ormai I'uomo si crede un dio. Crederà ancora che mangiando dell'albero della vita vivrà in eterno? Dal testo sembrerebbe che I'uomo non ne abbia mangiato ancora. I suoi frutti avrebbero alimentato la vita per I'immortalità. Certo un uomo punito con la morte non poteva stare vicino all'albero della vita! Cf 2, g.

23-24 J1 primo uomo è presentato come un agricoltore. È «cacciato via» contro la sua volontà, violentemente. N1: pub rientrarvi piu perch~ Dio ha posto i chertrbini, i suoi ministri (cf le statue dei cherubini poste nel tabernacolo: Es 21, I8-zo; Ez a8, I4.I6), e la fiamma dellaJpada guiq~Zante, vibratile (cf Ez zr, I9-22; Ger q7, G-7), che forse indica il fulmine o la folgore (cf Sal zp, 7; 77~ I8-I9; I Sa 2, Io), che sorvegliavano la via che portava all'albero della vita. I progenitori e Caino abitavano a orlrntr dell'Eden; i cherubini erano a oriente del giardino dell'Eden.

 

24 Quanto di tutte le narrazioni di I-lr debba prendersi alla lettera e quanto in senso figurato non è chiaro. La Ponti~icia Commissione Biblica, riguardo ai primi tre capitoli di questo libro, insegna che non bisogna mettere in dubbio il senso letterale storico dei fatti narrati negli stessi capitoli, che toccano i fondamenti della religione cristiana quali sono la creazione di tutte le cose fatta da Dio nel principio del tempo; la peculiare creazione dell'uomo; la formazione della prima donna dal primo uomo; I'unità del genere umano; la felicità originale dei protoparenti nello stato di giustizia, d'integrità e d'immortalità; il precetto dato da Dio all'uomo per provare la sua obbedienza; la trasgrcssione del divino precetto, istigatore il diavolo sotto le spoglie del serpente; I'espulsione dei protoparenti da quello stato primitivo di innocenza; e la promessa del futuro riparatore (Redentore). Aggiunge anche che in quei testi, in cui i SS. Padri non presentano un>interpretazione certa ed unanime, e lecito seguire altre opinioni non ripugnanti alla dottrina della Chiesa; che non tutto è da intendersi in senso letterale proprio e che nel primo capitolo del presente libro non è intenzione dell'autore di esporre le cose sotto I'aspetto scienti~ico e con termini scientifici (cf Enchiridian Bibliczun, 2" ed., nn. 336-341) La lettera della Pontificia Commissionc Biblica al cardinaie Suhard (11)48) e I'enciclica Htrmani generis (rgyo) insegnano che i primi undici capitoli del prcsente libro sono redatti in un genere letterario che non risponde esattamente al genere storico degli scrittori greci e latini e dei moderni. Tuttavia non per questo se ne deve rigettare in blocco la storicità. Nè si devono giudicare secondo un genere letterario che non conviene ad essi. D'altra parte neanche i dati scientifici attuaii permettono una soluzione positiva a tutti i problemi che essi pongono. Essi appartengono in un certo vero senso, da investigarsi e determinarsi ulteriormente dagli esegeti, al genere storico. Riferiscono in un linguaggio semplice e figurato, adattato all'intelligenza di un popolo poco sviluppato, le principali verità sulle quali poggia il raggiungimento della nostra eterna salvezza, e la descrizione popolare delle origini del genere umano e del popolo eletto. Un raffronto delle narrazioni popolari in essi contenute con le mitologie pagane mostra come queste procedano da una sbrigliata fantasia e non dallo studio della verità e della semplicità che risalta nei libri del V.T., così che gli agiografi sono senz'altro da dichiararsi superiori

ra~znoso e dzsordznato dell~ legisl~~ione mosazca, che sembra segz/ire passo pdsso le vdrie vicende delpopolo nel deserto. d) Lo spirito de~lLz ~egisid~ione e de~a storid contenzlta nel Pentatezlco, che mird a ridllizccidre Paaione di Jahve riveI~to d j~OSè con gzte~da di ~1'Shddddi, il Dio deipdtriarchi, e d stimol'are il popolo díkl COnqZliStd de~a Terra promessd, presentdta come cosa fzltz~rd. e) Espressioni chefdnno comprendere come i lettori conoscono meglio d'Egitto che ~d Terrd promessd e c~e qzlindi appartengona a~Cz generd~ione c~e ~c~ con Mosè ddM'Egitto. fl ~2~erma~ioni esp~icite de~7a S. Scrittzlra che i~ ~ibro delld deg~e è di Mosè (in Neemid, ecc.). Nostro Signore stesso dffèrmd che Mosè « hd scritto » (Gio /, 4~r) di ~zli. Nel Pentdtezlco si a~fèrmd che Mosè ne scrisse non poc~e seZioni. gl Le informa~zoni storiche, gizlridiche, detterdrie, czldtztrali de~ Pentdtezlco sono stdte confermdte dai ritrovdti recenti, che risa~gano ddperiodo che vd dal' jooo dl rzoo d. C.

Che Mo~è pote~se scrivere zm"operd come id Pentatezlco è evidente perchè erd « istrzlito » in tzlttn ~d sapien~ egi~iand ed erd energico nei sz~oi discorsi come nelle s~e daiona (At 7, 22). Ejd StdtO infdtti adottato ddllrd ~iglZd di Fdraone ed edzlcato come zm~ig~io di re. Ino~tre da t~tto il' Pentatezlco TZ~ lld SZ/d gigantesca e podiedricd personalità di orgdnz~z~~dtore, di condottiero, di de~is~atore, di oratore, di poetd, di scrittore, di sdnto e tdzrmatzlrpo.

nrrAF~STTO 4

 

AA

1 In principio Elohim creò

il cielo e la terra.

 

Questo primo versetto è premessa a tutto l’Esamerone e quasi lo riassume.

«in principio » (ebr. bereshit) è un avverbio temporale: « quando non esisteva ancora nulla, all'infuori della divinità... ».

In principio: secondo alcuni SS. Padri equivale a « nel Verbo », poiche secondo la dotrrina del N.T. (S. Giovanni, S. Paolo) tutto è stato creato «nel Verbo », idea sostanziale del Padre.

‘Nel principio’ viene collegato nella lettura che ne fa la Chiesa con i primi versetti del Vangelo di Giovanni ; fa riscontro a Giov 1,1 : «In principio era il Verbo ».

Mentre cioè tutto fu creato al principio, il Verbo già esisteva. Non è una semplice creatura, è Dio preesistente presso il Padre, come suo Figlio generato ab aeterno.

 

Elohim: e uno dei nomi di Dio piu comunemente usato nel V.T. La sua etimologia è incerta. Forse proviene da UI, essere forte. La forma grammaticale e plurale (« gli dei »), però è costruita sempre col predicato al singolare, a eccezione di pochi casi che vedremo in seguito in questo libro, e non include nessun accenno al politeismo. È considerato un «plurale di totalità » per indicare il complesso delle perfezioni divine.

- cielo: in ebi. rhamaim, al plurale (i cieli), secondo il concetto ebraico della pluralità dei cieli (cielo aereo, sidereo, empireo).

il cielo e la terra: indicano tutto il cosmo, il creato.

Non si parla della creazione degli angeli.

I1 cielo è quello visibile.

Bisogna qui inserire la concezione ebraica del cosmo..........

 

2 E la terra era deserta e vuota

2 deserta: (ebr. tohu) era come una steppa, una landa deserta, priva di organizzazione vitale, senza quell'ordine che Dio le ha dato in seguito. I LXX hanno: boparo5, invisibile. Altri traducono: «sterminata».

Vuota: (ebr. bohu) era spoglia di tutti gli ornamenti, di tutti gli abitanti creati in seguito. È spazio senza vita. I LXX hanno: drxardoxEUaoroS, informe, in disordine. Alcuni vi vedono la materia primordiale, la nebulosa.

 

e le tenebre erano

sulla superficie dell'abisso

abisso: (ebr. tehom; assir. tiamtu, tiamat , personificazione del mare, mostro marino) cioè l'oceano primordiale che avvolgeva la terra dal disopra e dal disotto.

 

e lo spirito di Elohim aleggiava

lo spirito: lett. «un vento, un soffìo», che però attribuito a Dio in un modo speciale.

Tutto fu creato con «lo spirito della bocca di Dio» (cf Sal jj, 6; roq, 30; Gdt r6, Iq; Giob jj, 4; ~4. I4; Ecclo rg, 3) e dopo averlo creato lo feconda.

Perciò questo spirito e quasi personificato.

aleggiava: in ebr. merahefet, che si pub tradurre anche «svolazzava». In Dt ji, 11 infatti rahaf, nella forma verbale picl, indica lo svolazzare degli uccelli sopra i piccoli per insegnare loro a volare, e da esso deriva il senso di «covare». In Ger zj, 9 rahaf significa «tremare».

I LXX traducono: ixErpbparo, «era portato» (Aquila, Simmaco);

Volg.: «ferebatur». Si sottolinea quindi un intervento speciale dello spirito di Dio nella creazione, poichè esso è distinto dalle acque e dal caos. Il caos è creatura di Dio. Non è una divinità in antagonismo con gli altri dii, come insegnavano le cosmogonie babilonesi.

 

sulla superficie delle acque.

 

La terra è allora senza ordine o forma o misura , spoglia e senza alcun ornamento, non visibile perchè immersa dalle acque oscure e primordiali dell’abisso senza fondo, illimitato.

L’unica forma \di questa ‘materia’\ è la sterminata superficie tenebrosa che comunque già viene organizzando un ordine, \un sopra ove un Vento può spirare ed un sotto senza limiti\ un ‘dove’ un Vento può spirare ed un altro ‘ove’ la materia caotica è posta. La nostra conoscenza dell’acqua ci suggerisce una linea dell’orizzonte, un sopra ed un sotto, ma neppure questo è ancora creato.

3 Ed Elohim disse: « Sia luce. »

E fu luce.

4 Ed Elohim vide che la luce era buona,

ed Elohim separò la luce dalle tenebre.

5 Ed Elohim chiamò la luce giorno,

e chiamò le tenebre notte.

E fu vespro e fu mattino: primo giorno.

La prima ad essere creata fu la luce (ebr. or). La sua precedenza nella creazione è richiesta dall'antropomorfismo, perciò essa è condizione indispensabile per poter operare. Da questo elemento «luce» attingeranno gli astri creati al quarto giorno.

Come per operare, così per conoscere Dio, è necessaria la luce. I1 Verbo era la luce vera che illumina ogni uomo (Gio r, 4·9)· Creata la luce Dio la separò dalle tenebre che erano sulla superficie dell'abisso, stabilendo il turno d'avvicendamento, da cui hando origine il giorno e la notte.

Dio stesso diede nome al giorno e alla notte (nella cultura ebriaica dà il nome a una cosa chi è padrone di essa).

4Dio opera di giorno. Al giorno segue il vespro con la notte, poi segue il mattino. Quindi si hanno giorno completi. I1 vespro, la notte e il mattino senza sole sono una necessità dell'antropomorfismo. Però si parla già di un intervallo tra la luce e le tenebre.

Tutte le opere della creazione erano buone. I1 male entrerà nel mondo col peccato.

Nella presentazione letteraria ogni atto creativo è il risultato dell’ordine di Dio («Elohim disse»), della sua esecuzione («E fu »), dell'approvazione di Dio (« Ed Elohim vide che era buono...»), dell'imposizione del nome («Elohim chiamò... ») e del compimento del giorno (« fu vespro e fu mattino: primo giorno... secondo... »).

 

6 Ed Elohim disse: « Sia un firmamento

nel mezzo delle acque

e separi le acque dalle acque. »

7 Ed Elohim fece il firmamento

e separò le acque che sono al disotto del firmamento

e le acque che sono al disopra del firmamento.

E così fu.

8Ed Elohim chiamò il firmamento cielo.

E fu vespro e fu mattino: secondo giorno.

 

un dopo, perchè e un istante indivlsibile. ~erciò, siccome il venir creato è un certo modo di essele proclo4to, ì:chisro che le coee non eollo state create all'inizio del temp~.

Tommaso d’Aquino Summa Teo. I, q. 46, a. 3

L'espressione della Genesi, "In principio creò Dio il cielo e la terra" si può interpretare in tre modi diversi, così da escludere tre errori. Infatti, alcuni sostennero che il mondo sia sempre esistito, e che il tempo non abbia avuto principio. Per eliminare quest'errore ‘in principio’ va inteso nel senso di all'inizio del tempo. - Altri invece ritennero clle i principii della crcazione fossero due, uno per il bene I'altro per il male. E volendo ciò escludere ‘in principio’ va spiegato come dicesse ‘nel Figlio’. Infatti, come a motivo della sua potenza si attribuisce al Padre, per appropriazione, il principio [o causalità] efficiente, così si attribuisce per appropriazione al Figlio il principio [o causalità] esemplare, a motivo della sapienza; e in questa maniera quando si dice che Dio ha fatto tutto ‘in principio’ è come se si dicesse: ‘tutto hai fatto in sapienza’ cioè nel Figlio; conforme al detto dell'Apostolo: "In lui- cioè nel Figlio- furono create tutte le cose " - Altri finalmente dissero che le creature corporali furono create da Dio per mezzo di quelle spirituali. E per esclndere questo si ha I'altra interpretazione: ‘Dio creò il cielo e la terra in principio’ cioè prima di tutte le cose. Infatti si dànno come create simultaneamente quattro cose, e cioè: il cielo empireo, la materia corporea (espressa nel termine terra), il tempo e le nature angeliche.

1. Si dice che le cose furono create all' inizio del tempo, non perchè l' inizio del tempo sia misura delI'atto creativo medesimo: ma perchè il cielo e la terra sono stati creati insieme col tempo.

 

 

 

I Sheol (Gen 37, 35; Nm 16, 33)

2 Terra (I Sa 2, 8; Sal 136, 6)

3 Acque inferiori salate (Es 20, 4;

Sal 136, 6) o grànde oceano o abisso

(Gen 7, 11)

4 Isole delle nazioni (Gen 10, 5; Sof 2, 11)

5 Monti eterni (Dt 33,15; Ab 3, 6) o

colonne dei cieli (Giob 26, 11)

6 Firmamento (Gen I, 6-8; Es 24, 10)

7 Sole e sua dimora (Sal I9, 5-7; Ab 3, 11)

8 Luna e sua dimora (Ab 3, 11)

9Serbatoi delle nuvole (Giob c. 38)

10Serbatoi dei fulmini e della grandine

(Giob c. 38)

11 Acque superiori dolci (Gen I, 7;

Sal 148, 4)

12 Dimora di Dio (Sal 33,14; 104. 3;

Am 9, 6)

13Cielo dei cieli (Dt 10,14)

I4 Colonne della terra (I Sa 2, 8;

Sal 75,4)

15 Cateratte del cielo (Gen 7, 11; 8, 2)

 

 

La Terra, piatta, è una grande isola situata nel mezzo dell’Oceano terrestre sta in mezzo alla distesa delle acque inferiori salate, sostenuta da colonne\fondamenta\Sotto le fondamenta\la Terra\sono gli Inferi\ è lo Sheol, dimora \soggiorno\dei morti; Ai lati dell’ Oceano, le cosidette Montagne eterne sostengono il Firmamento, grande calotta sferica cui sono fissate le sfelle; in esse hanno la loro sede il Sole e la Luna \ sopra è il firmamento, appoggiato sui monti o colli eterni, concepito come una grande lastra trasparente nella quale sono incastonate le stelle \ su cui poggiano le acque superiori dolci (mare celeste); perciò il firmamento è azzurro. Sopra il mare celeste\ I'Oceano celeste,\con in mezzo il Monte di Dio, o la dimora di Dio, sulla quale si eleva\ i Cieli dei cieli \la cupola del cielo dei cieli.

 

 

 

CAOS

 

1. Nell'antichità greco-romana il caos è la «personificazione del vuoto primordiale, anteriore alla creazione, del tempo in cui I'ordine non era stato ancora imposto agli elementi del mondo» .

Questo concetto corrisponde al tohu wa bohu* della Genesi(l, 2): «La terra era informe e deserta, e le tenebre ricoprivano I'abisso e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque». Tohu e bohu corrispondono a «deserto» e «vuoto»; le tenebre sull'abisso hanno anch'esse un valore negativo: sono simbolo dell'indifferenziazione e dell'inesistente, ma anche di tutte le possibilità, delle potenzialita piu diverse. Gli esegeti ebraici e cristiani vi hanno visto la rivelazione della «creazione dal nulla».

2. Nella cosmogonia egizia, il caos i, «una potenza del mondo informe e non ordinato... che circonda la creazione ordinata come I'oceano circonda la terra», esisteva prima della creazione e coesiste con il mondo formale, di cui sembra essere I'involucro, una riserva di forze in cui le forme si dissolveranno alla fine dei tempi. Sembra che Nun sia il nome dato al caos primitivo, padre degli dei, del sole, degli uomini e di tutte le cose, concepito come I'acqua originaria, da cui uscirà Ra stesso, «dio che è piu grande e piu potente del suo creatore» (ibid., 225, 229).

 

3. Nella tradizione cinese il caos è lo spazio omogeneo, anteriore «alla divisione in quattro orizzonti» che equivale alla fondazione del mondo; questa divisione, che segna il passaggio al differenziato e la possibilità dell'orientamento, è la base di ogni organizzazione del cosmo. Essere disorientato significa ritornare nel caos ed e possibile uscirne solo con I'intervento di un pensiero attivo, che taglia e divide I'elemento primordiale

 

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