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disegnare (-s-) v. tr. [lat. designare, der. di signum a segno "] (io diségno, ecc.).

Rappre sentare con segni, con linee tracciate a matita. a penna, a carboncino, ecc. cose immaginate o esistenti in natura (v. DISEGNO):

d. Un fiore un cavallo, un paesaggio incnntato;

d. i contorni di un quadro; d. un cerchio, un iriangolo, ecc.;

usato assol.: imparare a d.;

saper d.;

d. bene. male,.con finezza, ecc.

Fig., poet., d. danze, tracciare con grazia e precisione di movenze figure di ballo:

fig. Descrivere, rappresentare con la parola: mi disegnò brmemente come doveva esser formata la nuova societa. Concepire, tracciare neila mente le linee essenziali di un'o pera: ci.una grande impresa finanziaria;

d. un libro, un dramma, un racconto.

Per influenza dell'ingl. to design, il verbo è anche usato tal volta col sign. di r progettare r in senso tecni co, conservando tuttavia almeno in parte il suo valore fondamentale(v. DESIGN):

d. un impianto ind~striale.

Proporsi, stabilire: disegnava di far I'avlatore da grande; abbiamo diregnato di fare un lungo uiaggio.

ant. Designare, nei vari sign. di questo verbo (indicare, eleggere, desti nare, assegnare, ecc.): disegnatole il luogo dove sotterrato I>aveano, le disse... (Boccaccio); Raf faello Girolami disegnato gonfalonieve (B. Segni). O Part. pass. -ato, anche come agg.: un quadro, un paesaggio ben disegnato; in araldica, attributo di una figura rappresentata sul campo dello scu do con i solicontorni di smalto diverso.

 

disegnatore (~s~) s. m. [der. di disegnare] (f. -trice, pop. -tora). - Chi disegna; chi è pro vetto nell'arte del disegnare. Come qualifica professionale, impiegato di concetto con fun zioni tecniche: d. edile, navale, meccanico, ecc.; tra le attività artistiche si hanno inoltre il d. d'arte in genere, di costumi, arredamenti, ecc. mentre con la voce inglese designer è indicato chi fa disegni ma con finalità spiccatamente progettuali.

 

diségno (~s-) s. m. [der. di disegnarel. - i. a) Rappresentazione grafica di oggettl della realtà o dell'immaginazione, di persone, di luoghi, di figure geometriche, ecc., fatta con o senza intento d'arte: d. a matita, a penna, a tvatto, a sanguigna, a pastello; d. geometrico, architettonico, a mnno libera; arti del d., espressione comunem. usata come sinon. di arti~figurative; fare, abbozzare, tracciare un d., colorire un d., carta da d. (v. CARTA). SChiZZO, progetto di un>opera da fabbricare o da costruire: d. di un palazzo; ho fatto io stesso il d. dei mobili. Riferendosi a pittori, s'intende spesso i d. fatti a scopo di studio, di esercitazione, o I'abbozzo preparatorio di una tela, di un affresco: i d. di Leonardo, del Pollaiolo; il d. di una battaglia, di aIcuni pauticolari del quadro; esposizione, mostra, raccoIta di disegni. Per i d. anlmati, in cinematografia, v. oltre. b) Motivo ornamentale: una stoffa con belliss~mi d.; d. originaIi; il d. di una carta da parati. Si chiamano d. e modelli ornamentali quelli atti a dare, a determinati prodotti industriali, uno speciale ornamento, sia per la forma, sia per una particolare combinazione di linee, di colori o di altri elementi; quando abbiano carattere di novità possono costituire oggetto di brevetto e dànno luogo alla cosiddetta piccola privativa (v. MoDELLO). C) I1 modo di disegnare: avere un d. chiaro, confuso, scorretto. d) L'arte del disegnare: studiare, insegnare il d.; esercitarsi nel d.; avere disposizione pev il d. 2. Nella tecnica della trasmissione delle immagini, dise~no di analisi (o di sintesi) è detto il percorso che I'elemento esplorante (o riproduttore) compie sull'immagine da trasmettere (o per ricomporre I'immagine ricevuta): v. IMMAGINE. 3. fig. a) Abbozzo, schema di un'opera letteraria: ho gici in mente il d. del romanzo nelle sue linee essenziali. b) Determinazione schematica, a grandi linee, di una serie di operazioni, di un'impresa e sim.: d. di manovra, nel ling. militare, I'espressione, da parte del comandante di una grande unità complessa, dei propii intendimenti per la condotta della manovra nelle sue varie fasi e delle connesse modalita esecutive. c) Progetto, piano d'azione, proposito, intenzione: La procellosa e trepidn Gioia d'un gran d. (Manzoni); sono d. inattuabili; aerevo fatto tanti d. su di lui; ha dovuto rinunciare aI d. di darsi al teatro; non è nostro d. di far la storia della sun vita claustrale (Manzoni). Poco com. la locuz. a d., di proposito, apposta; colorire un d., attuare un proposito. d) D. di legge: proposta legislativa sottoposta all'esame del parlamento per la sua approvazione. II termjne d. di legge è usato dall'art. 72 della Cost. per le proposte legislative di qualsiasi provenienza, mentre il regolamento della camera dei deputati lo riserva alle sole proposte governative e chiama "proposte di legge>, quelle di altra provenienza. Nel regolamento del senato, invece, anche per le proposte parlamentari è usato il termine d. di legge. Può essere presentato dal governo, da ciascun membro delle camere legislative, dagli oigani cui è riconosciuta dalla costituzione I'iniziativa legislativa (Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro e Consjglio regionale) e da parte di almeno 50.000 elettori. I d. di legge di iniziativa governativa debbono essere approvati dal consiglio dei ministri. Dopo I'approvazione, il presidente della repubblica, con suo decreto, autorizza il ministro proponente a presentarlo alle camere. La presentazione pu2> essere fatta indifferentemente all'uno o all'altro ramo del parlamento. I d. di legge di iniziativa parlamentare non possono riguardare le leggi di approvazione dei bilanci e dei trattati, che, per la loro stessa natura, possono essere proposte solo dal governo. 0 Dim. -ino, -étto; spreg. -uccio; pegg. -àccio.

Con disegno s>intende generalmente la figurazione ottenuta su un fondo per mezzo di un tracciato piu o meno complesso. Poiché non è infrequente, specialmente in epoca moderna, che il tracciato sia in nero su un fondo bianco, bianco e nero è spesso sinonimo di d. avtistico. Nel d. ci si può valere soltanto del tracciamento di linee (d. a tratto), che circoscrivono I'esterno della forma o ne segnano pure i particolari interni, oppure anche dell'annerimento di zone del foglio (d. a chinroscuro); il chiaroscuro può essere oggetto di trattazione scientifica e sistematica, nella teoria geometrica e ottica delle ombre (v.) e del chiavoscuro (v.). il problema fondamentale del d. è quello del possesso e dell>uso di modi convenzionali di rappresentazione, che consentano il trasferimento su un piano (a due dimensioni) degli oggetti dello spazio, o di stabilire determinati rapporti proporzionali, ecc. Se il d. artistico assume tali modi come regole sottintese, quello lecnico le assume come regole prestabilite, tali, per esempio, da rendere possibile addirittura di ricostruire fedelmente I'oggetto disegnato. Per quanto tale distinzione non sia da intendersi in senso assoluto: i metodi geometrici che riproducono il meccanismo della visione, da un centro di vistn a distanza finita o infinita dal quadro, e cioè - rispettivamente - la prospettiva e I'assonometria, hanno importanza per il d. artistico, e da esso traggono storicamente origine; altri metodi di rappresentazione invece, come quello deila doppia proiezione ortogonale, o di Monge, hanno interesse prevalentemente tecnico. V. anche GEOMETRIA: Geometria descrittiva; PROIEZIONE.

Disegno artistico. - Basi del d. sono la linea, la quale costituisce un'astrazione, una convenzione che consente di fissare I'immagine, e la superficie. Tanto la superficie su cui è cseguito il d. quanto la linea costituiscono un'interruzione dell'illimitata continuità dell'esperienza reale: la superficie in quanto delimita un campo preciso, diverso dagli infiniti piani possibili che si presentano alI'operatore o al riguardante; la linea in quanto

costituisce un limite. Metodi per la rappresentazione della forma sono quelli offerti dalla geometria descrittiva; della prospettiva soprattutto sivalgono le arti figurative. Ild. artistico può essere fine a sé stesso oppure preparazione per un'ulteriore elaborazione. I d., secondo gl'innumerevoli loro aspetti,possono distinguersi in 3 gruppi: d. per contorni, d. per oolumi, d. per macchie. Non è possibile stabilire un criterio di priorità cronologico. Benché il d. presupponga I>assunzione di segni convenzionali, tuttavia i d. del Paleolitico sono per volume e per macchie, mentre quelli del Neolitico sono a puro contorno. I1 d. per contorno si vale della linea tanto a circoscrivere I>estemo della forma, quanto a tracciame i particolari interni (es. le pitture vascolari greche). Si ha il d. per volumi quando, ad esprimere la terza dimensione, interviene il modellato che può ottenersi, oltre che variando opportunamente lo spessore della linea di contorno, con un tracciato di linee parallele (Leonardo) o incrociate, oppure con piani sfumati. I1 disegno per macchie intende determinare la forma attraverso i valori, ossia attraverso le intensità luminose delle singole parti, anticipando I'effetto della pittura, ed è infatti un m'ezzo poprio dei coloristi (per es. Velazquez). Svariatissima la materia usata per il d., dalla roccia preistorica, alla pergamena medievale, alla carta che fu decisivo fattore di diffusione, di studio e di perfezionamento nel d. e che consenti I'elaborazione di quell'applicazione particolare dei principi del d. che fu 1 znczszone (v.). I1 mezzo grafico variò in relazione al supporto e ai principi stilistici del d.: una punta dura è ovviamente lo strumento del graffito; il pennello fu usato dagli Egiziani, dai pittori vascolari greci e specialmente dai grandi disegnatori cinesi e giapponesi. Dai nostri artisti del Rinascimento fu anche usata, per ottenere sottilissimi contorni, la punta d'argento. Si adoperarono anche cannucce ffessibili, e, dopo il 60 sec., le penne d'oca, di gallina, ecc. fino all'odierna penna metallica. I1 carboncino, gia adottato nel sec. I50, ebbe il massimo favore nel Igo~ La pietra nera tenera d'Italia fu in uso nei secc. I50 e I60; la sanguigrra apparve in Francia con Fouquet e si diffuse grandemente tra i nostri artisti. La grafite, diede origine alle matite oggi di uso universale, insieme con quelle di carbone. Notevolissima è stata ed è tuttora la funzione del d. come mezzo di istruzione artistica. L'importanza del disegno, sia come mezzo di indagine critica, sia nel suo proprio valore artistico, ha provocato - in ogni tempo - il formarsi di ricche collezioni. Sono tuttora noti alcuni fogli che facevano parte del libro di disegni di artisti di ogni tempo raccolti da G. Vasari. Citiamo inoltre le principalissime tra le collezioni odierne: Firenze, Uffizi, Gabinetto delle stampe; Casa Buonarroti (dis. di Michelangelo); Milano: Ambrosiana; Roma: Gab. nazionale delle stampe; Torino: Biblioteca già reale; Venezia, Accademia e Museo Correr; Parigi: Louvre; Lilla: museo Wicar; Madrid: Bibl. Nazionale; Serlino: Gab. dei musei di stato (diviso tra Berlino Est e Berlino Ovest); Londra: British Museum; Windsor: Bibl. reale; ~ienna: Albertina; Leningrado: Ermitage; New York: Morgan Library e Metropolitan Museum. Nel d. inteso come guida al processo esecutivo dell'opera d~arte (studi preparatori ecc.) occupa no un posto particolare i cartoni (v.) e le sinopie (v.). O V. TAV.

Disegno tecnico. - Rappresentazione, che si effettua su carta o su tela, di oggetti da costruire, accompagnata da tutti i dati necessari per la costruzione. In particolare, il d. meccanico ha per oggetto organi meccanici e fornisce gli elementi necessari per costruirli e per montarli: è soggetto a norme dettagliate di unificazione. I dati che debbono risultare sul d. riguardano forma, dimensioni, natura dei materiali, tipo di lavorazione, grado di finitura delle superfici, tolleranze, ecc. Si fa generalmente in proiezione ortogonale, rappresentando viste o sezioni sceIte in guisa da illustrare tutti i particolari costruttivi dell'oggetto (edificio, pezzo meccanico, ecc.) e la sua struttura interna ed esterna; talvolta in prospettiva lineare oppure parallela (assonometria). Va eseguito in scala opportuna e integrato con le quote occorrenti a precisare tutte le dimensioni, con simboli (o tratteggio o colori convenzionali) indicanti il materiale, con specificazione delle lavorazioni, ecc. Vi sono d. semplicemente lineari (cioè di sole linee, continue e tratteggiate, riproducenti la forma dell'oggetto), d. d'ingombro (che forniscono solo le dimensioni estreme dell'oggetto), d. d'insieme (che indicano I'edificio o la macchina completi, senza riportarne i particolari), d. di dettaglio, d. con effetti di chiaroscuro per dare I'impressione del rilievo. I1 d. tecnico viene in genere eseguito a matita su carta, quindi ricopiato (cioè alucidato") su carta tela lucida trasparente (per poterne ricavare copie eliografiche) a penna e col tiralinee a inchiostro di china o con matite a traccia intensa. I1 disegnatore non lavora generalmente a mano libera, ma si serve di appositi strumenti (riga, squadre, decimetro, righe parallele, righe flessibili, tiralinee, compassi, rapportatore, tratteggiatore, sagome, curvilinei, normografi)e di apparecchiature piu complesse (tecnigrafi, pantografi). O Disegno architettonico: rappresentazione grafica degli edifici sia nelle forme del loro aspetto esterno, sia nelle caratteristiche interne delle loro strutture d'insieme e di dettaglio. Tra i vari tipi di d. architettonico sono da distinguere i grafici che riproducono lo stato di edifici già esistenti (rilievi), da quelli destinati alla costruzione di edifici nuovi (progetti). In questi ultimi lo scopo del d. è di fornire alle maestranze i dati necessari e sufficienti per una corretta esecuzione dei lavori. Gli elaborati a cib destinati consistono inrappresentazioniconvenzionali(proiezio gonali) degli andamenti orizzontali (piante)e verticali (alzati, prospetti, sezioni), delle varie parti dell'edificio;in particolari architettonici e tecnici, rappresentati mediante piante, sezioni e alzati in scala maggiore, delle opere ornamentali, di finimento e degli impianti. I1 contenuto artistico di tali rappresentazioni aventi piu spesso carattere puramente tecnico, risiede quindi nel risultato della loro traduzione in realtà di architettura. L'effetto reale di quest'ultima è invece raffiRurato. sia in fase di abbozzo o studio preliminare (schizzo, bozzetto), sia ai fini di una piuimmediata percezione delIlnsleme, in rappresentazioni prospettiche che nel campo del d. architettonico costituiscono le rappresentazioni di maggiore efficacia, rendendo, ora con felice immediatezza d>intuizione, ora con fedele verismo di raffigurazione, I'opera architettonlca. I mezzi di rappresentazione, che per i disegni di natura tecnica sono quelli del disegno geometrico piano a due dimensioni, sono invece molto piu vari per i grafici prospettici, nei quali la illusorietà delle tre dimensioni è spesso resa piu efficace mediante sistemi pittorici (acquerello e tempera), e non di rado accentuata attraverso adattamenti e deformazioni della realtà. Speciali metodi di rappresentazione di elementi tridimensionali, sono le vedute in proiezione assonometrica, usate soprattutto nel campo del d. architettonico. Del d. architettonico in uso presso gli antichi non abbiamo conoscenza diretta, ma già Vitruvio annotava che gli architetti preparavano piante (ichnographiae), disegni (orthographiae) e quadri prospettici (scaenographiae) delle loro opere. I1 Medioevo secondo alcuni non aveebbe conosciuto alcuna forma autonoma di d. architettonico, e la progettazione si sarebbe svolta su scala monumentale in cantiere, mentre secondo altri gi9 esisteva il d. autonomo di tipo rinascimentale: basti pensare al notissimo album di Villar de Honnecourt, composto dall'architetto come repertorio di motivi architettonici. I1 Rinascimento, infine, con Cennino Cennini, Leon Battista Alberti, Brunelleschi, Leonardo, Paolo Uccello e Piero della Francesca, affronta e risolve il problema della ~ divina prospettiva p elaborandone una teoria completa e lasciando un'eredità notevole di architetture disegnate e di notazioni compositive di grande efficacia espressiva e di grande valore artistico. Nella cultura contemporanea il d. architettonico tende a spersonalizzarsi per bivenire solo veicolo di notazioni tecniche, mentre mantiene inalterata I'espressivit~ soggettiva nella notazione rapida dello schizzo, come ancora documentano i disegni di un Mendelsohn, le assononetrie neoplastiche di Rietveld, le no tazioni d'album di Le Corbusier e gli acquerell di Wright. o V. TAV.

Disegno industriale (ingl. industrial design). Attività progettuale che mira a creare in form d'arte oggetti di serie e d>uso comune, macchin~ ecc., mediante il conseguimento della forma pil funzionale ed esteticamente appropriata, anch con I'uso di colori. I1 d. industriale viene inse gnato in Italia in taluni istituti d>arte ed è coltiva to anche da architetti e artisti noti (V.DESIGN:

Disegni animati. - Film in cui i fotogramrr riproducono disegni anziché oggetti e azior ripresi dalla realtà; i d. animati (detti anch impropriamente cartoni animati) possono servir a rappresentare scene di vita immaginarie (rac conti fiabeschi, storie di animali, ecc.) a scop ricreativo e di sva~o, oppure scene e fenomer di vita reale (degli animali, delle piante), feno meni scientifici e trattamenti industriali ridotl o no a schemi semplificati allo scopo di conse guire una maggior chiarezza didattica, oppur brevi scene di carattere pubblicitario. La tecnic dei d. animati è assai dispendiosa e richied un lungo c paziente lavoro (notorietà mondial ha acquistato I'americano W. Disney); per ogr fotogramma occorre un disegno: per un filr di 300 m occorrono oltre IS.ooo disegni. Ciascu disegnatore prepara i disegni su fogli di cart trasparente, così da poter vedere i tratti del c precedente ch>egli ricalca completamente salv le parti che vuol far muovere e che deve perci successivamente spostare con cura second determinate regole. Quando tutti i d. son pronti, vengono riprodotti su fogli di celluloidc perfettamente trasparenti, per mezzo di linee < eventualmente, di sfumature in inchiostro < china. Infine, tutti i d. vengono fotografati s sfondo appropriato con una speciale macchin da presa. La sincronizzazione di suoni e di vol è fatta poi separatamente.

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immagine (letter. imagine) s. f. [dal lat. imago-ginisl. -

1. a) Forma esteriore degli oggetti corporei, in quanto viene percepita attraverso il senso della vista, o si riflette - come realmente è, o variamente alterata - in uno specchio, nell'acqua e sim., o rimane impressa in una lastra o pellicola o carta fotografica: le i. si disegnano capovolte nella relino dell>occhio; riflettere, rispecchiare I'i.; Narciso s'innamorò della propria i. riflessa nelfonte; il microscopio dà I'i. assai ingrandita; gli specchi concavi e convessi riflettono le i. ridicolmente contraffatte; la proiezione delle i. sullo schermo. I1 termine è usato con significati specifici in ottica e, per analogia, in aerodinamica, in elettrologia e in elettronica (v. oltre). In fisiologia, i. primaria, i. posruma positiera, i. postuma negotiva: i fenomeni che caratterizzano I'evoluzione della sensazione luminosa nel tempo (v. VISIONE). Fig., poet. I'i. della voce, I'eco, in quanto ne è la riflessione acustica.

b) Piu genericamente, I'aspetto corporeo, la forma, la figura di una persona o di una cosa; spec. in quanto I'aspetto di un determinato oggetto viene riprodotto per somiglianza in altri oggetti: ~uando la brina in su la terrn assempra L'imagine di sua sorella bianca (Dante); fig.: Di cicale scoppiate imagine hanno T/érsi ch'in laude dei si~nor si fanno (Ariosto). Quindi modello, somiglianza, nelle frasi fare, esserfatto a i. di...: Dio creò I'uomo a sua i. (per un sign. piU strettamente teologico dell'espressione Cristo e I'uomo i. di Dio, v. oltre: Storia delle religioni); con riferimento a oggetti materiali: gli argini delle bolge infernali erano fatti a i. delle dighe fiamminghe. c) Rappresentazione con mezzi artistici della forma esteriore di cosa reale o fittizia; quindi termine generico npr indicare un auadro. un ritratto. una statua. re dl cosa realc o nrazlu; per indicare un quadro, ecc.: i. disegnata, dipinta cera; i. ben riuscita, viva, parlante (cioè piena di espressione); diritto alla proprio i. (v. oltre); in molti luoghi vedesi la sua imagine e~igiata (Boccaccio). In partic., le figure dipinte, scolpite o anche impresse a stampa di idoli, della divinità e dei santi: le sacre i.: un'i. votiva; la gloriosa i. della T/ergine; cultc delle i. (v.oltre, Storis delle religioni; per I'at tuale disciplina liturgb co-canonica delle i.: v oltre, Liturgia); distru zione dellei. (v. IcoNo CLASTIA). Fip., esser I>i. d qtlalcuno, assomigliargl assai: quel bimbo è tutt I'i. di suo padre (piu com il ritratto); ciò ch'io rife risco è un'i. fedele (oppu re è appena una pallida una vaga i.) della realti la riproduce piu o men esattamente. d) Talor si contrappone piu d rettamente a figura real e consistente, e signifca apparenza, parvenz~ Imagini di ben seguenc false (Dante); vivenc, senza quasi verun'in magine di piacere (Le< pardi).

2. Rappresent; zione alla mente di o sa vera o immaginari per opera della memor o della fantasia (per sign. piu specifico in filosofia e psicologia, v. oltre): serbare viva nel cuore I'i. della persona amata; conservare unt. confusn, scolorita di un luogo; la sua dolce i. mi segue dappertutto; destare i. soaui; suggevire immagini di dolore, di gioia; quella lettura faceva sorgere nella sua mente i. lubriche; spaventare con I'i. di stre,ahe, di diavoli, dell'inferno; letter., rendere I'i., comunicare jn modo chiaro ad altri il prop'io pensiero, il contenuto della propria esperienza o della proprla fantasia: non so se ho reso bene I'i. (plu com. rendere I'idea). In partic., visione: vedere in sogno i. stra,le, mostruose; essere lormentato da i. funeste. Rappresentazione concreta e sensibile di cosa o idea astratta, simbolo: quella sozza imagine di froda (Dante, parlando di Gerione); quel ragazzo è I'i. della salute; è cosi magro e sparuto che pare I'i. della morte; girando fra ~uei tugurE si vedeva dappertutto 1 z. desolata della miseria e della fame; la parola è I t. del pensiero; quello scritto è 1 t. limpida della sua anima.

3. Traduzione in parole di un concetto elaborato e trasfigurato fantasticamente; quindi in genere, immagini, ie metafore del linguaggio poetico: stile ricco d'immagini; trovare un'i. felice; espnmersl con una potente i., con un>i. ardita; scrittore grande per laforza dell'espressione e la potenza delle immagini.

4. ant., poet. Forza immaginativa: Efia la tua imagine leggera In giugnere a veder com'io rividi Lo sole (Dante).

5. In entomologia, I'ultimo stadio delle trasformazlonl (metamorfosi) degli insetti, corrlspondente all'adulto o insetto perfetto. In questo sign. è frequente la forma inagine (lat. scient. imago).

O Dim. -ina, meno com. -étta, spec. per indicare le piccole immagini sacre, i santini; spreg.

uccia.

 

AERODINAMICA. - ~etodo delle immagini. Le ricerche e i risultati usuali dell'aerodinamica si riferiscono a corpi immersi entro un fluido che si estende senza limitazione in ogni direzione; i risultati sono praticamente validi anche quando esistono limitazioni a distanza tale dai corpi da non provocare sensibili effetti d'interferenza. Quando perb un corpo è vicino a un altro, oppure è vicino a una superficie che limita il campo ,^r,rl;,nm;r~ (b;l rarn npr PS.. di Un veicolo terrestre oppure di un velivolo che vola a bassa quota), allora è necessario tenere conto della limitazione. Si dimostra che I'effetto del suolo, supposto paragonabile a una superficie piana illimitata, equivale in sostanza a considerare ancora il campo aerodinamico come indefinito, cioè senza limitazione, ma perturbato dalla presenza d'un corpo identico a quello effettivamente presente e disposto come una i. speculare di esso (in fig. I il corpo è a tratto pieno e I>i. è tratteggiata). Le ricerche sperimentali vengono eseguite quindi in gallerie aerodinamiche con coppie di modelli affacciati I>uno con I>altro (per es. due automobili affacciate come in fig. 2); naturalmente, i risultati sperimentali vengono corretti per tenere conto

depli effetti dovuti all'' terferenza fra le pareti della galleria e la coppia dei modelli.

 

ARCHEOLOGIA. - In relazione al culto degli antenati (per il quale v. ANTENATO) Si ricorda I'uso esistente nelle famiglie patrizie romane, e che corrispondeva a un vero loro diritto (ius imaginum), di calcare in gesso la maschera del morto e ricavarne una copia in cera che si conservava in un apposito armadio nell>atrio della casa (imagines maiorum)l ma alcuni dubitano che si possa parlare di un vero culto dene ima~ines. Uueste maschere di cera degli antenati (cerae) si portavano sul voito dai membri della famiglia e da parenti in occasione dei funerali di un congiunto ed erano un segno di nohiltà. 0 Per le i. clipeate,

v. CLIPEATO.

 

DIRITTO. - Diritto all'immagine: è uno dei diritti della personalita. Lo tutela il divieto (art. Io cod. civ.) dell'abuso fatto da altri della i. propria o dei proprl genitori, o del coniuge, o dei figli, attraverso la loro esposizione o pubblicazione, fuori dei casi nei quali I'esposizione o la pubblicazione sia consentita dalla legge (il che avviene quando vi sia il consenso o quando si tratti di fotografia presa in occasione di un avvenimento pubblico), ovvero con pregiudizio del decoro o della reputazione della persona stessa o dei congiunti anzidetti; in tal caso I'autorità giudiziaria, su richiesta dell'interessato, pub disporre che cessi I'abuso, salvo in ogni caso il risarcimento del danno.

ELETTROLOGIA. - Metodo delle immagini. Metodo di calcolo che si prefigge la determinazione del campo elettrico in un dielettrico soggetto in qualche modo ad azioni elettrostatiche, quando nel dielettrico medesimo siano immersi dei corpi conduttori. L'idea direttiva è di sostituire ai conduttori un certo numero, possibilmente pic~ colo, di cariche puntiformi, fittizie, capaci di dar luogo nel dielettrico circostante allo stesso campo che si ha per la presenza dei conduttori effettivi. I1 caso piu semplice, e al quale si cerca di ricondursi in casi piu complessi, è quello d>una carica puntiforme in presenza di un conduttore piano indefinito, per es. (fig. 3 A) una carica, a, in prossimità del suolo, n. Si riconosce che I'andamento delle linee di forza, b, del campo elettrico generato dalla carica è quello stesso che si avrebbe ove si pensasse associata ad a una carica fittizia a' (immagine di a), di ugual valore, simmetrica di a rispetto a n e avente segno opposto: si può pertanto pensare di sostituire al piano conduttore e alla carica data il sistema costituito da questa e dalla sua i., con notevoli semplificazioni per il calcolo del campo da essa generato. I1 metodo si estende subito al caso di un conduttore filiforme d (fig. 3 B) carico, posto in prossimità di un conduttore piano indefinito n, rispetto al quale i. elettrica di d è il conduttore fittizio d' simmetrico di d rispetto a n e avente, punto per punto, una carica elettrica uguale e opposta a quella di d. I1 metodo si estende anche a casi piu complessi. Esso, applicato alla radiotecnica, costituisce un valido mezzo per jl calcolo delle caratteristiche di un>antenna. Per es., tornando alla fig. 3 n, se d fosse un'antenna - e si tratterebbe di una antenna a delta - essa si comporterebbe come un>antenna rombica, tale essendo la forma complessiva di d (antenna reale) e d' (antenna immagine). I1 metodo può essere esteso, con opportune modalità, alla magnetostatica (metodo delle i. magnetiche). I~ Impedenza r.: v. QUADRIPOLO. ELETTRONICA. - I. elettronica: i. di un oggetto ottenuta con i mezzi dell>ottica elettronica. In alcuni casi, per es. nell>iconoscopio, appunto detto a i. elettronica, essa si ottiene proiettando un'i. ottica dell'oggetto su un fotocatodo ed è formata dagli elettroni da questo emessi: la sua densità è allora proporzionale, punto per punto, alla brillanza dell'i. ottica primitiva. In altri casi, per es. nel microscopio elettronico, 1>`

1. elettronica è ottenuta illuminando I>oggetto stes-so con un fascio di elettroni ed è formata dagli elettroni che attraversano I'oggetto: la sua densità è in tal caso proporzionale alla trasparenza di quest'ultimo. L'i. elettronica, ove occorra, pub essere ingrandita per mezzo di lenti elettriche; poiché essa, a differenza di un'i. ottica, non è direttamente visibile all'occhio, per osservarla occorre proiettarla su un schermo elettrofluorescente. 0 Amplificatore d'i., convertitore d'i., intensificatore d'i.: v. AMPLIFICATORE: Amplificatori ottici. 0 Frequenza i., per un radioricevitore a cambiamento di frequenza, accordato su una certa frequenza f,, è la frequenza che differisce da fi per il doppio della media frequenza e che I'apparecchio pub ricevere, come segnale interferente (interferenza i.), insieme al segnale a frequenza fi ove la selettività dei circuiti d'entrata non sia sufficiente. La denominazione è giustificata dal fatto che tale frequenza, in un certo senso simmetrica di quella utile, f,, rispetto alla frequenza locale, può essere riguardata analogicamente come una sorta di i. creata dal procedjmento di conversione di frequenza.

 

FILOSOFIA E PSICOLOGIA. - In termini filosoficl, I'i. è la riproduzione fantastica, che si compie nella coscienza, del contenuto di un'esperienza sensibile, o la libera produzione di cib che potrebbe essere il contenuto di una simile esperienza: I'i. è con ciò I'elemento costitutivo dell'immaginazione (v.) e della fantasia (v.) e, pur riferendosi piu propr. alla sfera delle sensazioni visive, ha luogo anche per le sensazioni auditive, e in qualche caso anche per quelle di altri sensi. O In psicologia è il prodotto dell Immaglnazlone. Fra le i. si distinguono quelle consecutive, quale riproduzione, a livello fisiologico, di percezioni visive immediatamente precedenti (osservando una figura bianca su sfondo nero è possibile rivederla, come immagine posteriore, nera su sfondo bianco); quelle eidetiche (v. EIDETISMO) e quelle mnestiche, relative cioè al processo della memoria.

 

LITURGIA. - Secondo I'attuale disciplina liturgico-canonica, le i., per poter essere esposte alla venerazione, non devono rappresentare alcunché di contrario alla fede e ai buoni costumi; devono essere conformi a quanto è riferito, riguardo a cib che raffigurano, nella sacra Scrittura e nella tradizione, e, infine, nelle vesti e nei colori non devono allontanarsi dalla disciplina approvata dalla Chiesa (cod. iur. can., can. I179 e '399~ Iz). Le 1. stampate, con o senza preghiere aggiunte, devcno avere la previa approvazione dell>autorità'ecclesiastica (cod. iur. can., can. I385 par. I, n. 3) La benedizione solenne delle i. da esporre alla pubblica venerazione, un tempo riservata all'Ordinario, pub essere data da qualunque sacerdote (Instructio 26 sett. rg64, n. 77)· Le i. esposte nelle chiese, devono essere velate dal sabato precedente la prima domenica di Passione fino al Gloria della notte pasquale. Per le i. preziose vi sono pol norme speciali, indicate dai can. I280 e I28I par. I del cod. iur. can. II Concilio Vaticano II, nella costituzione sulla sacra Liturgia (I963), conferma e I>uso di esporre nelle chiese alla venerazione dei fedeli le immagini sacre >i, ma raccomanda che <i si espongano in numero moderato e nell'ordine dovuto, per non destare ammirazione nei fedeli e per non indulgere ad una devozione non del tutto retta " (art. I25)

 

MATEMATICA. - a) Nel sign. 2 si usa al posto di modello, copia, uappresentazione, ecc.: la retta (reale) è un'i. dell'insieme dei numeri reali; il punto i. di un numero complesso nel piano di ArgandGouss; I'i. di un punto, di una retta in geometria descrittiva. b) Nella teoria delle corrispondenze, se tra due insiemi A e B intercorre una corrispondenza univoca T, I'elemento x' di B che

corrisponde nella T a un elemento x di A si dice I'i. di x nella T e si indica con T(w); se I è un sottoinsieme di A si dice i. di I il sottoinsieme di B formato dalle i. dei singoli punti di I. Si dice invece controimmngine (o anche immagine inversa) di un dato punto x' di B e si indicon T-'(x') I'insieme dei punti di A che hanno x' come immagine; analogamente per la controimmagine di un sottoinsieme qualunque di B.

 

OTTICA. - In ottica, i. di un punto A è il punto A~ in cui s'incontrano i raggi o i prolungamenti dei raggi luminosi, provenienti da A, dopo essere stati riflessi da una o piu superfici speculari o rifratti da una o piu superfici rifrangenti. Se ad incontrarsi sono i raggi - riflessi o rifratti - I'i. si dice reale; se sono invece iloro prolungamenti, I>i. è virtuale. Un esempio, tra i piu

'' diuna semplici, di i. virtuale è quello dell r.

 

sorgente di luce puntiforme, A, formata da uno specchio piano s (fig. 4): A', che, com'è noto, è simmetrica di A rispetto a s, è I'i. virtuale di A. L'i. di un oggetto non puntiforme è formata dall'insieme delle immagini dei suoi punti. Ogni sistema ottico dà, dunque, di un oggetto che gli

 

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I~MAGINE- Fig. 3. Metod

 

sia posto dinanzi, una i., piu o meno fedele, piu grande o piu piccola dell'oggetto, reale o virtuale, diritta o capovolta o ribaltata rispetto all'oggetto (figg). Anzi, la formazione dii.èla stessa ragion d'essere d'un sistema ottico. Salvo ran casi, in cui per speciali scopi interessi il contrariol generalmente si richiede all'i. di essere nitida e simile all'oggetto: quando cib si verifichi sj dice che il sistema ottico è esente da aberrazioni (v.) o anche che esso è stigmotico e ortoscopico, e le stesse qualifiche si attribuisconc in tal caso alle i. che il sistema fornisce. Va rilevato che, a rigore, ha un senso precisc parlare di similitudine fra oggetto e immagine, cioè di i. ortoscopiche, soltanto quandc si ha a che fare con figure-oggetto e figure-immae;n; p;ane. PerchC poi un sistema ottico risult stigmatico, occorre che esso di ogni punto A di~ una e una sola ben definita i. A', cioè che si~

omocentrico insieme al fascio incidente anche il fascio emergente: cib equivale a dire che un'onda incidente sferica con centro in A viene trasformata in un'onda emergente pure sferica, il cui centro è precisrimente ciò che si chiama i. di A. Illegame fra un punto e la sua i. è reciproco: se s'inverte il verso di propagazione della luce, per la reversibilità del cammino luminoso, A è I'i. di A', cib che si esprime anche dicendo che A e A'costituiscono una coppia di punti coniugati. Naturalmente, se il sistema è stigmatico per ogni punto di una figura-oggetto~ questa e la sua i. si dicono senz'altro coniugate. Ammesso lo stigmatismo del sistema per la coppia di punti A, A', se il sistema è convergente, il fascio emergente risulta convergente in A', che è allora i. reale di A. Un'i. reale pub essere raccolta su uno schermo (come nella macchina fotografica) ma può anche essere osservata direttamente, purché, naturalmente, I'occhio sia sul cammino dei raggi. Se invece il sistema è divergente, A' non è punto in cui converga effettivamente la luce; in esso convergono i prolungamenti dei raggi luminosi e I'i. è virtuale. Un'i. vir-

 

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d' ~elle immagini in elettrologia

tuale non pub essere raccolta su uno schermo (come nell'esempio citato in principio, delI'i. data da uno specchio piano), ma pub essere vista dall'occhio, sempre che questo sia nelle condizioni sopra indicate. Cio che si è detto per I'i. di un punto si estende in modo ovvio all'i. di una figura. 0 I. astigmatiche: denominazione usata per indicare, con riferimento a un sistema ottico astigmatico, le lineette stigmatiche (v. ABERRAZIONE). O I. intermedia: in un sistema ottico composto, ciascuna delle i. cui dà luogo ogni componente del sistema, escluso I'ultimo componente (I'i. data da questo è I'i. vera e propria data del sistema); per una di tali i. funge da oggetto I'i. data dal componente precedente: per es., nel microscopio composto è i. intermedia quella che dell'oggetto dB I'obiettivo. 0 I. latente: in fotografia, immagine del soggetto, che si forma in seno all'emulsione sensibile di una pellicola, lastra o carta fotografica per azione della luce, e che si rende manifesta, cioè visibile, soltanto dopo il trattamento di sviluppo. O I. soffusa (o i. a contorni morbidi o pou): immagine a contorni sfumati che si ottiene in fotografia mediante il flou (v.). C7 I. stroboscopica:

v. STROBOSCOPICO.

 

TELECOMUNICAZIONI. - Trasmissione delIe immogini. Alla base di quanto è slato finora realizzato nel campo della trasmissione delle immagini (dai primi tentativi di trasmissione di scritture e disegni della metà del secolo scorso alle moderne trasmissioni televisive) sta il procedimento di analisi (o esplorazione) e di sintesi delle immagini. L>i. da trasmettere viene, in partenza, analizznta, ossia decomposta in tanti elementi che vengono successivamente e ordinatamente esplorati, trasformando le caratteristiche di luminosità, colore, ecc., di ogni singolo elemento in altri opportuni parametri fisici adatti al mezzo di trasmissione utilizzato per il collegamento tra I>estremo trasmittente e I>estremo ricevente. Su tale collegamento le informazioni relative ai vari elementi d>i. vengono dunque trasmesse non simultaneamente ma scaglionate nel tempo a mano a mano che procede I'esplorazione dell'i. All'arrivo, I'apparato ricevente compie il processo di sintesi, ricomponendo I'i. per mezzo della riproduzione successiva e ordinata, sincrona con I'esplorazione, degli elementi in cui I'i. stessa è stata decomposta dalI>apparato trasmittente; il sincronismo tra il procedimento di analisi e quello di sintesi è assicurato mediante adatti artifici. L'i. ricevuta riproduce tanto meglio i particolari dell>originale quanto maggiore è il numero d'elementi in cui è stata suddivisa; e il numero d'elementi di i. per cm2 di superficie determina quantitativamente il grado di finezza o di risoluzione o (come suol dirsi) la definizione della te (raggio luminoso, pen-

nello elettronico, ecc.) compie sull'i. da trasmettere prende il nome di diregno di analisi. Un tipo di disegno di analisi per righe è indicato in fig. 6 A; un altro tipo di disegno di analisi è quello interallacciato (fig. 6 B), che si differenzia dal precedente (detto disegno semplice o sequenziale) per il fatto che il fascetto di analisi esplora prima le righe dispari, poi quelle pari. Quando il disegno di analisi è del tipo a righe è evidente come il numero delle righe con le quali è eseguita I>esplorazione completa dell'i. dia senz'altro una indicazione del grado di risoluzione del sistema, che sarà tanto migliore quanto è maggiore il numero delle righe. L'efficienza e le possibilità d'un sistema di trasmissione delle i. dipendono dalle caratteristiche e dalle qualità dei mezzi di analisi, di trasmissione delle informazioni e di sintesi che si hanno a disposizione. Inizialmente, disponendo di mezzi che consentivano di rilevare, trasmettere e riprodurre soltanto la ~~ presenza a o I'r< assenza,> di un segno sull'elemento esplorato, si riuscì soltanto a riprodurre scritture o disegni. In seguito la cellula fotoelettrica fornì il mezzo per tradurre le diverse intensità luminose degli elementi esplorati in variazioni di corrente elettrica; fu così realizzata la trasmissione elettrica di i. fotografiche e, in genere, di i. fisse, sia mediante collegamenti a filo sia mediante collegamenti via radio (v. FOTOTELEGRAFIA). Analizzatori di tipo meccanico (quali ad esempio il disco di Nipkow)permisero i primi tentativi di trasmissione immediata di i. in moto, ma lo sviluppo dei collegamenti televisivi si ebbe solo con I'uso del tubo a raggl catodici per la ripresa e la riproduzione delle i. (iconoscopi, orticonoscopi, cinescopi). e con la disponibilità di mezzi di rrasmissione (radiocollegamenti con onde metriche' cavi coassiali) che consentono I'invio dalI>apparato trasmittente a quello ricevente d>un elevatissimo numero di informazioni in brevissimo tempo, ossia d'un collegamento che trasmetta una larghissima banda di frequenze. Infatti, nelle rrasmissioni fototelegrafiche la definizione pub essere aumentata a piacere, senza aumentare in proporzione la banda di frequenze richiesta, semDl;cemente allungando la durata della trasmissio- ne (e infatti nelle apparecchiature che trasmetto· no su circuiti telefonici si utilizza una banda del· I'ordine di looo Hz e la trasmissione di un'i richiede qualche minuto); nelle trasmissioni tele visive, invece, il tempo di trasmissione di un'i non pub superare il limite imposto dalla persi· stenza dell'i. sulla retina, e occorre quindi tra· smettere in un tempo dell>ordine dei centesim di secondo tutte le informazioni occorrenti pel riprodurre un'i.; la banda di frequenze da tra· smettere è, di conseguenza, dell'ordine di alcun MHz (v. TELEVISIONE).

STORIA DELLE RELICIONI

L'immagine del divino e il culto delle immagini. · L'i. religiosa è un manufatto, inteso a rappresen tare visivamente a fine di culto o di devozion figure divine dotate di propria personalità o figur che hanno una collocazione precisa negli oriz zonti sacrali di comunità piu o meno vaste e son~ dotate, come quelle divine, di personalità definit (divinità delle religioni politeistiche, divinit uniche di quelle monoteistiche, " eroi " nel signj ficato religioso del termine, santi, personagl mitologici e della storia sacra, ecc.). Questo insie me di caratteristiche è il prodotto di un orizzont storico limitato alle civiltà religiose basate s~ culto di divinità personali o comunque sulla devc tzione portata a figure personali; fatto notevol è poi che solo entro quest'orizzonte storico-rel 1 gioso abbia potuto aver vita, in età e civiltà d verse, una s discussione " avente come oggetl a le i. stesse, sia circa la liceità o I>opportunità d e loro impiego nel culto, sia circa la razionalit ) dal punto di vista teologico-filosofico, degli in 1 pulsi e delle motivazioni che le avevano pr eligiosa con essere. usservlamo ancora cne II.

sfigura" comunicabile e predicabile preesis·

al manufatto e ne costituisce il fondamento, mentre, al tempo stesso, non sollecita necessariamente una estrinsecazione materiale (ad es. le divinità del politeismo indiano in età vedica, per quanto plasticamente dotate di configurazioni precise e caratterizzanti, non ebbero nelI'uso cultuale alcuna iconografia); d'altro canto nemmeno un'i. materiale, che sia oggetto di culto, deve essere di necessità un manufatto, ma può essere direttamente fornita dalla natura circostante: una grotta con una sorgente può manifestare una divinità femminile, una pietra colpita dal fulmine può essere oggetto di culto costante come manifestazione di una divinità celeste, ecc. Da ciò possiamo desumere che le i. come manufatto non sono un fenomeno religioso universale. Per quanto riguarda le civiltà religiose che si posero criticamente nei confronti delle i., assumendo il fatto che né il divino, né processi relativi al divino sono direttamente rappresentabili, la soluzione è sempre stata costituita da i. simboliche, che attuano una comunicazione allusiva, piu o meno direttamente cifrata. Per quanto riguarda le i. nella storia religiosa deli'Occidente osserviamo che gli Ebrei, a somiglianza dei popoli vicini, erano inclini all'idrolatria (v. IDoLo), come dimostra il culto del vitello d'oro venerato-al tempo dei Re - nei templi di Bethel e Dan, quale immagine di Yahweh; a questa idolatria-e al conseguente politeismo- reagirono i Profeti, soprattutto per un magglore affinamento del senso del divino, senza tuttavia proscrivere, ad es., il culto di Yahweh nell'arca (si ricordi del resto la frequente rappresentazione antropomorfica di Dio nei piu antichi libri della Bibbia); solo dopo I'esilio, soprattutto nell'epoca dei Maccabei, il giudaismo conlinciò a proibire il culto delie i. O I1 criticismo greco di fronte alla configurabilità del divino, in pratica non esercitò alcuna efficace opposizione al culto delle i., tollerate anche dai filosofi o come simboli necessari alla devozione del popolo, o anche come figure di esseri divini secondari in cui la divinità, per se stessa universale, in particolar modo si manifesta e concretizza. Nel cristianesimo, invece, la storia del culto delle i. ha subito fasi varie ed è necessario distinguere tra I'uso delle i. e il loro culto. I primi dottori cristiani disapprovano I'uso delle i.: così Clemente Alessandrino, Tertulliano, Minucio Felice, Arnobio, Lattanzio (e anche il concilio di Elvira: v. ELVIRA); Eusebio, rispecchiando tutta la dottrina antecedente, afferma che non solo la divinità, ma neppure Gesu può essere rappresentato in figura umana, perché la sua umanità dopo la resurrezione si è trasfigurata in gloria. Nella pratica perb il cristianesimo primitivo ha ammesso (come dimostrano gli antichi monumenti e in specie le catacombe) la rappresentazione soprattutto di simboli sacri (il pesce, I'agnello, il Buon Pastore), nonché di scene storiche, per lo piu tratte dalla Bibbia; a tali rappresentazioni, però, negb recisamente lo scopo di adorazione e attribui solo quello d'istruzione ed edificazione. Ma I'uso delle i. fino dai secc. 60 e 70~ dietro I'esempio del culto popolare degl>idoli, acquistb un senso nuovo e per I'impulso dell>arte bizantina ebbe larghissima diffusione. Le figure del Cristo e dei santi si considerarono spesso, al pari delle persone rappresentate, come strumenti della grazia di Dio, aventi in sé medesime una forza divina soprannaturale per il bene spirituale e temporale di chi le venera; e quindi si moltiplicarono e riscossero dimostrazioni di culto di ogni specie. Speciale stima si accordò a quelle immagini che si credettero formate non per mano di uomo ma per il potere di Dio (EiXOWS SXELeonoirltuL: v. ACHEROPITA). Tale devozione popolare, favcrita e propagata soprattutto dai monaci, incontrò opposizione fra molti fedeli; questa poi crebbe e si fortificò nel sec. 80 per la persecuzione contro le i. (v. ICONOCLASTIA) COndotta dagl'imperatori bizantini. Ma sotto I'imperatrice Irene il culto delle immagini sacre fu ristabilito, e nel z0 concilio di Nicea (70 ecumenico, 787)~ e di nuovo sotto I'imperatrice Teodora in un sinodo di Costantinopoli (843)~ fu definitivamente approvato; cosicché, da allora esso tenne nella chiesa greca-orientale - e particolarmente

nella Russia-un posto di prima importanza nella liturgia pubblica e nella devozione privata. L'an niversario del suo trionfo è tuttora celebrato come la festa dell'e ortodossia ,>. In Occidente, la lotta ebbe gravi ripercussioni, ma per la fermezza dei papi, anche qui la venerazione delle i., contenuta entro certi limiti, vinse sull'iconoclastia.

Cristo e I'uomo immagine di Dio. - Nel cristianesimo, ~esu Cristo è i. di Dio invivibile (gr. EEXWV tOU ~.FOU tOU no~arou: Colossesi, I~I5) i" quanto Verbo, seconda persona della Trinità, consustanziale al Padre e quindi i. perfetta di lui; ma i. di Dio è anche I'uomo, per il racconto genesiaco della creazione (Genesi, I, 26-27; 5,I; 9,6; ecc.): questo motivo fu largamente sviluppato nella Patristica greca. S. Agostino, poi, nel De Trinitate, ravvisò nelle facoltà dell'anima (essere, conoscere, volere o memoria, intelligenza, volontà) I'i. naturale della Trinità divina.

 

IMMAGINe

immaginabile (letter. imaginabile) apg. [dal lat. imaginabilis]. - Che può essere immaginato, concepito con I'immaginazione: le cose sensibili e le cose i., anche sostantivato: trapassar col pensiero tutto I'i. (Segneri). Piu spesso usato in frasi negative: una simile e~ffeuatezza non è neppuve i.;o in espressioni enfatiche: fece tutti oli sforzi i.; ha tentato tutti i mezzi possibili e i., e sim.

immaginam8nto (letter. imaginaménto) s. m., raro. - L'atto dell'immaginare.

 

immaginare (letter. imaginaue) v. tr. [dal lat. imaginari, lat. tardo imaginare, der. di imngo -ginis aimmagine *] (io immà~ino, ecc.). - In genere, rappresentare alla propria fantasia persone, cose, avl·enimenti in forma di immagini. Nell>unicità del suo sign. generico, il verbo ha molta varietà di sign. particolari, secondo che I'oggetto conce-pito dall'immaginazione sia desunto direttamen-

> ·

te dalla realtà, o sia un m

ronea, di fatti reali, o sia infine creato dalla fantasia stessa. In quasi tutti i suoi sign., è assai comune, accanto a immaginare, la forma immaginarsi (cioè s immaginare a sé, dentro di sé "), che meglio esprime il carattere interiore, soggettivo, dell'attivita immaginativa, astratta dai suoi rapporti con la realt8. I. a) Raffigurare nella fantasia, dar figura concreta a un oggetto del pensiero: cerca di i. due cerchi concentrici; immagina per un momento di trovarti solo in mezzo al dererto. Piu genericam., vedere con I'immaginazione: non riesco a i. ciò che succederebbe. b) Dare nella propria fantasia un aspetto determinato a cib che non si conosce per esperienza: sono apparito a li occhi a molti che forseché per alcuna fama in a[tra forma m'aveano imaginato (Dante); il teatro èpiu grande di quanto me I'immaginavo. c) Presentare alla fantasia I'immagine di cosa realmente esistente, cercando d'indovinarne i probabili aspetti: ripensando alla casa lontana, s'immaginava il giardino gid tutto fiorito; te lo immaRini vestito da Arlecchino? Anche riguardo a sentimenti altrui: èfacile i. la sua gioia ; immagino ciò che avrU pensato di noi. 0 riguardo a cose future: m'immagino gia quello che ci attende. d) Assai spesso, soprattutto nel ling. fam., il verbo, nel suo sign. generico, è usato con enfasi, per dar vivacità e colorito a una narrazione : immaginarsi come dev'esser rimasto !; immagina se potevo rifiutare un'offerta simile !; immaginatevi che ho avuto la forza di ascoltarlo pev ben due ore !; me I'ero immaginato, per dire che una cosa s'era prevista e che percib non sorprende quanto dovrebbe, o ci trova già rassegnati. In frasi col verbo potere (o con esser possibile), esprime efficacemente I'idea della totalità, del limite massimo, del grado superlativo: ho sofferto tutte le umiliazioni che si possono i., cioè ogni sorta di umiliazioni; è la gioia piu grande che si possa immaginare. Spec. in frasi negative: non si può i. nulla di piu meuaviglioso ; non è possibile i. spettacolo pili tevribile; chi non c'è stato, non può i. la bellezza di quel paesaggio; non puoi i. quanto mi dispiaccia. In alcuni casi, il sign. delverbo è dato dal tono stesso della frase: plloi i. che accetterò, puoi esserne ben sicuro; immàginati se è capace di tanto, per dire, con ironia, che non lo si crede affatto capace. Usato assol., s'immagini ! e sim., come risposta, è modo cortese per negare quanto altri dice: s Disttrrbo " a S>immagini ! ii (cioè: ma le pare !, ma si figuri !, tutt>altro !); r~ Non sei dunq~re in collera con me ? >, almma~inati! ". In altri casi equivale a una calorosa risposta affermativa: e Posso entrare ? >r "S'immagini! >,; s Alloua, possiamo contare su te?,> "Immaginatevi! >,. 2. a) Rappresentare alla mente immagini fittizie, trasferirsi con la fantasia in una situazione irreale: immaginarsi paesi di sogno; si abbandonaua alle sue fantasticherie immaginando di vagare negli spazE astrali. b) Creare per opera di fantasia: molti si sono imagi,lati republiche e pr~cipati che non si sono mai visti né conosciuti essere in vero (Machiavelli); gli antichi immaginarono divinita con fovme e attributi tcmani. c) In partic., creare nella fantasia immagini o situazioni assunte come materia di un'opera d'arte: 1'Ariosto immagina che Astolfo salga con I'ippogrifo nella luna; i. I'intreccio di una commedia. Usato assol.: E s'io avessi in dir tnnta divizia Quanta ad imaginar (Dante). 3. Ideare, inventare, escogitare con la mente idee da tradursi in pratica (in questo sign., non è usata la forma immaginarsi): i. nuovi sistemi di lavoro, un metodo P" rapido di calcolo, mezzi piu sicuri di guadagno; ha tentato tutti gli espedienti che si potevano i.; chi ha potuto i. un ordigno cosl infernale ? 4. Concepire con I'immaginazione cose di cui non si abbia cognizione diretta, interpretando per mezzo di induzione e di congetture ia realtà in modo piu o meno veritiero, con I'opinione tuttavia di essere nella verità. In questo senso, è affine per sign. ad altri verbi sinonimi, con cui pub esser sostituito; ma, includendo sempre I'idea di una trasformazione del contenuto del pensiero in immagine quasi visiva, ha, rispetto a quei verbi, un valore meno astratto. a) Intuire: vedendo che tardava, immaginai subito che qualche cosa era suc-cesso. b) Ritenere, credere, pensare: m'immagino che vourai scherzare ; immagino che non I'abbiafatto apposta; non mi sarei mai inzmng~inato che fosse tanto egoista ; le cose non stanno proprio cosi come voi le immaginate. c) Supporre: non ne sono certo ma me lo immagino ; non immaginavo neanche lontanamente che la faccenda si risolvesse cosi presto; immagino che debba costare molto. In partic., supporre falsamente: questo te lo sei immaRinato tu! d) Illudersi: s'2mmagina di essere un guand'uomo; forse s'immagina dipoter riuscire; chissa che cosa s'immaginavano di trovare! 5. Sostantivato, indica in genere I'attività dell'immaginazione, sia che questa cerchi di dare un'interpretazione, esatta o inesatta, a fatti reali, sia che, astraendo dalla realtà, si volga alla contemplazione di un mondo ideale: tu stesso ti fai grosso Col falso imaginar (Dante); qualz~olta A voi ripenso, o mie speranze antiche, Ed a quel caro immagirtau mio primo (Leopardi); A noi ti vieta II uero appena è giunto, 0 caro immaginar (L,eopardi).

immaginàrio (letter. imaginàuio) agg. [dallat. i,naginavius]. -1. Che è effetto d'immaginazione, che non esiste se non nell'immaginazione e non ha fondamento nella realtà: esseui, mostri i.; peusonaggi di un mondo i.; i suoi timovi sono soltanto i.; malattie i., e per estens., riferito a pc·rsona, malato i. (per II malato i., commedia di I\/Zolière, v. MALADE IMAGINAIRE, Le). 2. In matematica, numevo i., opiu propriam. numero complesso (v. COMPLESsoj è un numero del tipo x + iy, ove x e y sono numeri reali, mentre il numero i, detto unita i. o I'immaginario (s. m.), soddisfa la relazione i~= - I; il numero reale x si dice parte reale del numero complesso, y è il coefj<iciente dell'i.; se è x = o il numero si dice i. puro. Punto, rettn, piano i. (o complessi) sono detti rispettivamente un punto, una retta, un piano nelle cui coordinate (o coefficienti) intervenga qualche quantità complessa. In geometria proiettiva lo studio dei pun~ ti i. si pui> fare dal punto di vista reale, rappresentando una coppia di punti complessi coniugati mediante 1'' luzione ellittica determinata, sulla retta (reale) che li congiunge, dal fatto di averli come punti doppi.

immaginativa (letter. imaginativa) s. f. [dalI'agg. immaginativo]. - La facoltà o potenza d Immaginare: essere dotato di i.; una fevvida i.; scvittore povevo d'i.; somigliante a quell'ovdine di cose tanto contempIato nella sua i. (Manzoni); tutti i piaceri vengono ... dalla nostua immaginativa (Leopardi).

immaginativo (letter. imaginativo) agg. -Relativo all'immaginare: facoltd, virtu, potenza i.; meno com., riferito a persona, dotato d>immaginazione: scrittore i.; sei tvoppo i.; ha tlna mente aczlta ma scarsamente immaginativa.

immaginatore s. m. (f~ ~tYice), raro. - Chi immagina: I'i. di queste assurdefavole; anche agg., col senso di immaginativo: potenza, facoltn immaginatrice; la virtù i. è sempre piena di varie sorte di fantasmi (Tasso).

 

immaginazione (-zz~) (letter. imaginazione) s. f. [dal lat. imaginatio -onis]. -I. Particolare forma di pensiero, che non segue regole fisse né legami logici, ma si presenta come riproduzione ed elaborazione libera del contenuto di un'esperienza sensibile, legata a un determinato stato affettivo e, spesso, orientata attorno a un tema fisso. L'i. pui> dar luogo a una attività di tipo sognante (come nei cosiddetti a castelli in aria "), oppure a creazioni armoniose con contenuto artistico (i. arsistica), o anche, con un meccanismo che si riallaccia all'intuizione, a conclusioni ricche di contenuto pratico: avere, non aveue i.; i. ricca, viva, fervida, calda, feconda, o debole, povera, scnrsa, ecc.; vivacitci, potenza, fouza, fveschezza d'i.; esercitave, mettere in opera I'i.; abbellire con I'i.; opera d'i., opera narrativa, drammatica, ecc., o d'arte, in cui sono raccontate o rappresentate cose immaginate dali'artista. Anche la mente stessa, in quanto crea o rievoca o associa immagini, rispondenti o no alla realtà: sono fatti che esistono soIo nelIa sua i.; è tutto eqetto della sua i. malata; I'ho sempYe presente nell>immaginazione. 2. L>atto delI'immaginazione: trovare difiicoltà nell'i.; essere intento all'i.; si foute era la min imaginazione, che piangendo incomincini a dire (Dante). 3. La cosa stessa Immaginata: sono tutte sue i., cioè fantasticherie, pensieri vani in cui non c'è nulla di vero; la reolta è lale che supera ogni immaginazione.

 

Filosofia. - Nella psicologia aristotelica I'i. è la facoltà di produrre immagini sensibili (g~crvtuo~<lra): connessa ai sensi ma non limitata o condizionata da essi, distinta dall'intelletto e dall'opinione, I'i. è una forma di movimento (xivrla~S) che si produce negli esseri dotati di sensazione (è causa di molte azioni, soprattutto negli animali) ed è capace di comporre immagini sia in rapporto ad oggetti presenti ai sensi, sia costruendone liberamente senza riferimento immediato agli oggetti stessi. Probabilmente proprio alcune caratteristiche creatrici riconosciute all'i. hanno portato a collegarla - gla nella medicina araba, poi nella cultura aristotelica medievale e soprattutto rinascimentale - con alcune operazioni umane che si presentano anch'esse come creatrici: la profezia, I'astrologia, la magia, quindi la poesia; ampie nel Rinascimento e nel Seicento le discussioni sulle forze dell'i. e sulla loro capacità di modificare anche la realtà esterna. La distinzione fra due aspetti dell'attività dell>i. porta anche nei manuaii(come la Psvchologia empirica di Wolff) alla distinzione tra I'immaginazione come a facoltà di produrre le percezioni delle cose sensibili assenti * e ta facoltà capace di ~~ produrre, mediante la divisione e la scomposizione delle immagini, I'immagine di una cosa mai percepita dal senso " (Wolff). Distinzione questa ben presente in Kant che definiva I'i. come a facoltà di rappresentare un aspetto anche senza la sua presenza nell'intuizione *, e pone netta differenza tra I'i. produttiva e I'i. riproduttiva: I'i. è produttiva se è i~ soltanto spontaneità", come ileffetto dell'intelletto sulla sensibilità e sua prima applicazione a oggetti dell'intuizione possibile *; come quando, per es., s'immagina un cerchio, nell'intuizione, ma secondo una regola dell'intelletto; riproduttiva se è ~~ sottoposta alle leggi empiriche dell'associazione i>. La prima è a priori, la seconda no. La Ia ed. della Cvitica della ragion pura poneva I'i. accanto a sensibilità e intelletto come una delle ~~ tre fonti soggettive di conoscenza su cui si fonda la possibilità di un'esperienza in generalei,. Una posizione essenziale I'i. assume nella dottvina della scienza di Fichte: I'i. produttiva pone il non io: e I'i. produce la realtà, ma in essa non vi è realtà: solo dopo che è stata concepita e compresa nelI'intelletto, il suo prodotto diventa alcunché di reale,>. Nella cultura romantica I'i. assume una importanza rilevante anche nell'ambito estetico: Hegel, che distingue nettamente tra i. e fantasia, fonda nell>i. creatrice (~<simboleggiante, allegorizzante, poetante,>) il concetto di genio. Un ruolo importante viene attribuito all'~ nel quadro del pensiero fenomenologico: Husserl (~elle ~deen) ne sottolinea la funzione di riproporre (ripresentare) le esperienze vissute in forma di (( libere fantasie ", tali quindi da rivelare, una volta divenute oggetto di contemplazione, la loro vera natura. Pur prendendo le mosse da Husserl, I'analisi dell'i. serve, per Sartre (L'imagination, 1936; L'imoginaire, I940)~ a fondare la prospettiva ontologica, I'opposizione essere-nulla, pensierocose. Raffrontando I'i. agli atti intenzionali, Sartre sottolinea il fatto che il contenuto di essa non corrisponde necessariamente a un oggetto trascendente, ma rimane esclusivamente nell>ambito della coscienza. Stabilendo vari gradi nei prodotti dell'i., Sartre afferma che quanto piu I'immagine è completamente tale, tanto piu si perde il suo contenuto trascendente, cioè I'originario riferimento all>oggetto reale.

 

Psicologia. - La formazione di immagini o rappresentazioni mentali presuppone I>esperienza percettiva e il conseguente accumulo di immagini latenti, ma le forme di manifestazione dell'attività immaginativa dipendono da una complessa serie di fattori coscienti e inconsci, di natura motivazionale e affettiva oltre che conoscitiva. I1 processo dell'i., così tipico e fondamentale nella vita infantile da costituire, attraverso I'attività ludica, la forma prevalente di pensiero, lo piu, due modalità di espressione: riproduttivo, con sufficiente aderenza I>originaria esperienza percettiva, e assume, per una di tipo e fedeltà aluna di tipo creativo (fantasia) intesa come libera rielaborazio ne dei contenuti latenti che vengono riorganiz zati a nostro piacimento. È in quest'ultima moda lità che I'i. pub assumere significato di evasionc e di compensazione, come quello di produzionl intellettuale, specie di natura artistica. Costitui· scono la patologia dell'i. le illusioni e le allzlcina·

zzonl.

IMITAZIONE.

imit8bile agg. [dal lat. imitabilis]. - Che si pub imitare o che merita d'essere imitato: gemme facilmente, difJicilmente 1.; esempio imitabile. Con la negazione (per es. contegno, azione non i.) significa per lo pm che non si deve imitare, e implica biasimo o ammonizione; differisce 'percib da inimitabile.

imitare v~ tr. [dal lat. imatare class. imitaril (io imito, meno com. imito, ecc.). -I. a) Prendere a modello una persona o le sue qualità, seguire I'esempio di altri cercando di diventar simile o di far cosa simile: i. le i>evsone sagRe; t. un attore, tln artirta; poeta imitato da molti ma dn nessuno uguagliato; i. lo stile, I'arte (di uno scrittore, di un pittore, ecc.). b) Riprodurre in modo uguale o simile: i. il rup·lio d>un asino, il fischio delle sirene; i. con la voce il suono d>una tromba; t. un prodolro, un sistema di fabbricazione, ecc. Con sign. plu prosslmo a contraffare: la scimmia imita i gesti dell'uomo; i. il modo di camminnre, di par~ lare; i. la scrittuva, lu firma d'una pevsona. 2. In musica, ripetere, da parte di una voce in contrappunto, una frase Rla annunziata da altre voci (v. IMITAZIONE). 3.Di cosa, assomigliare nelI'aspetto: stofJa che imita il velhao, la pelliccia; un broccato imitante I'antico; materiale plastico che imitn la pelle.

imitativo agg. [dal ]at. tardo imitativus]. Che concerne I'imitazione o tende a imitare: avere abilitci i.; I'istinto i. (dei bambini, delle scimmie, ecc.); suonl i. di una parola (v. ONOMATOPEA); armonia i. (v. ARMON~A). In musica, distile, procedimento, scrittura, ecc., che pratica I'imitazione.

imitat6re s. m. (f. -trice) [dal lat. imitator -oris]. - Chi imita; chi nell'azione o in particolari opere cerca d'imitare un modello: poeta, artista che ha avuto molti i.; il suo nobile esempio non ha tuovato purtroppo imitatori; un i. servile; anche come agg.: un ingegno i., privo di originalità. In partic., chi fa per mestiere imitazioni (cioè opere che ne imitano altre): i. in legno; i. di mnrtni; o chi (anche attore di professione) è abile nell'imitare altre persone, contraffacendone la voce e i gesti caratteristici, o nel riprodurre voci di animali, di strumenti musicali, rumori

varl, ecc.

imitazione (-zz-) s. f. [dallat. imitatio -onis].

-1. L'atto o il fatto di imitare, di operare cioè o di produrre ispirandosi a un modello che si cerca di uguagliare: i bambini hanno I'istinto dell'i.; I'i. della natura nell'arte; I'i. dei classici nell> Umanesimo; opeua d>i.; virtu degna d>i.; è un esempio da proporue all'i. di tutti; fare, eseguire delle i., esibirsi in alcune i., negli spettacoli dl varietà (v. IMITATORE). Nel ling. giuridico, i. seruile, atto di concorrenza sleale, consistente nell>imitare i prodotti altrui in modo da creare confusione a danno dei prodotti stessi; se compiuto con dolo e con colpa, I'autore è tenuto al risarcimento del danno (art. 2598-2600 cod. civ.). 2. concr. Ogni prodotto e ogni sostanza naturale, industriale o lavoro in genere che imiti oggetti piu pregiati prodotti dalla natura o dall'uomo: una bellissima i. della ceramicn antica; un'i. del marmo molto ben riuscita; si dice in partic. di pietre preziose artificiali, di tessuti che imitino il velluto, la pelliccia, il camoscio, di materia plastica che riproduca I'aspetto della pelle, ecc. Anche di prodotti contraffatti e messi in commercio per una sleale concorrenza: è una volgare i.; di~date delle imitazioni.

Estetica, psicologia, economia. -Ilconcetto di i. è rilevante ;n due distinte sfére d>indagine: nell'estetica e nella psicologia sociale. Nella prima, si è parlato di i. (o, secondo I>originario termine classico, di "mimesi>l) tutte le volte che si è considerata I'arte come caratterizzata essenzialmente dall'abile riproduzione della realtà naturale (v. MIMESI). I1 problema poi dell'i. di precedenti artisti da parte di artisti nuovi ha naturalmente un posto centrale nella critica letteraria e in genere artistica. Nelle epoche classicistiche, soprattutto nel Rinascimento, fu ritenuta non solo legittima, ma indispensabile per fare arte degna: e cib in omaggio al concetto che I'artista deve conquistare la sua originalità restando nel seno della tradizione, non già rinnegandola. I1 Romanticismo, all'opposto, concependo I>arte come espressione quanto piu immediata possibile del sentimento individuale, condanni> ogni i. come quella che denuncerebbe difetto d'ispirazione mascherato da abilità tecnica. O In psicologia, per imitazione s'intende un processo dinamico, tipicameqte infantile, dal quale dipende gran parte dell>apprendimento e dello sviluppo della personalità. Cib si verifica, soprattutto, attraverso I'adozione di modelli. Così, per es., I>apprendimento del linguaggio è un fatto di i.: il bambino riproduce gesti, espressioni o atteggiamenti degli adulti, e dei genitori in particolare, anche per soddisfare la sua esigenza di adattamento e di integrazione con I'ambiente. 0 Nella psicologia sociologica, s'intende per i. il processo per il quale gli elementi specifici della cultura di una persona o di un sistema vengono assorbiti e duplicati nel comportamento di una personalità o in alcuni suoi ruoli, all'interno di un contesto analogo o diverso da quello in cui operano gli elementi originari. I1 concetto è stato messo in rilievo soprattutto da G. Tarde (Les lois de I'imitation, I8go), il quale ha veduto in essa il principio fondamentale della socialità. Ogni omogeneità di sentimenti, di abitudini, di azioni, e quindi ogni forma di aggregazione sociale da essa risultante, è infatti possi bile, secondo il Tarde, solo in quanto è insito nei singoli individui lo spirito dell'i. il quale fa sì che ciascuno tenda sempre, piu o meno, ad adeguarsi all>esrmpio altrui. 0 Effetto di i. o

effetto di dimostvazione, è detta, in linguaggio economico recente, la variazione del consumo, conseguenza, non di variazioni di reddito o di prezzi, ma di variazioni nello stesso senso dei consumi di conoscenti, vicini, ecc. Questo concetto è stato anche esteso al campo internazionale con riferimento alle classi abbienti di paesi arretrati nei confronti di quelle dei paesi sviluppati.

Musica. - I. è la ripetizione, rigorosa o libera, da parte d'una voce in contrappunto, a dati intervalli di tempo, di una frase già enunciata da altra voce. Pub farsi a qualunque intervallo d'altezza, ma piu spesso all'ottava, alla quinta, alla quarta. L>i., oltre che diretta, pub essere per moto contrario, retrograda (cioè leggendo il tema da destra a sinistra), retrograda per moto contrario, per aumentazione o per diminuzione, e in libere combinazioni dell'uno con I'altro tipo. Nelle sue varie specie, I'i. puO essere considerata il piu importante stilema della polifonia contrappuntistica, cui ha dato, attraverso i tempi, non soltanto la maggior parte degli orientamenti formali (come per es. il conductus e altre forme ai discantisti dell'Ars antiqua e la s caccia r a quelli dell'Ars nova, come il mottetto e derivati alle grandi scuole del Rinascimento, come la " fuga " nella musica barocca), ma lo stesso principio basilare, la possibilità d'un comporre unitario pur nella complessità e varietà.

 

 

 

Disegno come elaborazione mentale interna dell’immagine che ci giunge a) dall’oggetto esterno b) dall’immaginazione e poi come come imitazione riproduzione trascrizione all’esterno.

disegnare (-s-) v. tr. [lat. designare, der. di signum "segno "]

Rappresentare con segni, con linee tracciate. cose immaginate o esistenti in natura

 

 

Rappresentazione Ri-produzione Elaborazione grafica della immagine di oggetti , naturali od artificiali, della realtà o dell' immaginazione.

Disegno come elaborazione mentale interna dell’immagine che ci giunge a) dall’oggetto esterno b) dall’immaginazione e poi come come imitazione riproduzione trascrizione all’esterno.

Disegno interno e disegno esterno dallo Zuccari

 

Ogni teorica (teoretica) teoria del Disegno postula una teorica dell’ Immaginazione

e ogni teorica (teoretica) teoria dell’ Immaginazione postula una teorica dell’ Idea

Disegno

come elaborazione mentale

dell’immagine

che ci giunge

a) dall’oggetto esterno

b) dall’immaginazione

e poi come come imitazione riproduzione trascrizione del risultato della stessa elaborazione

all’esterno.

 

 

 

 

 

 

 

Nella tecnica della trasmissione delle immagini, disegno di analisi (o di sintesi) è detto il percorso che I'elemento esplorante (o riproduttore) compie sull'immagine da trasmettere (o per ricomporre I'immagine ricevuta):

Con disegno s>intende generalmente la figurazione ottenuta su un fondo per mezzo di un tracciato piu o meno complesso.

non è infrequente, specialmente in epoca moderna, che il tracciato sia in nero su un fondo bianco,

Nel d. ci si può valere soltanto del tracciamento di linee (d. a tratto), che circoscrivono I'esterno della forma o ne segnano pure i particolari interni,

oppure anche dell'annerimento di zone del foglio (d. a chinroscuro);

il chiaroscuro può essere oggetto di trattazione scientifica e sistematica, nella teoria geometrica e ottica delle ombre (v.) e del chiavoscuro (v.).

il problema fondamentale del d. è quello del possesso e dell>uso di modi convenzionali di rappresentazione, che consentano il trasferimento su un piano (a due dimensioni) degli oggetti dello spazio,

o di stabilire determinati rapporti proporzionali, ecc.

Se il d. artistico assume tali modi come regole sottintese,

quello lecnico le assume come regole prestabilite, tali, per esempio, da rendere possibile addirittura di ricostruire fedelmente I'oggetto disegnato.

Per quanto tale distinzione non sia da intendersi in senso assoluto:

i metodi geometrici che riproducono il meccanismo della visione, da un centro di vistn a distanza finita

o infinita dal quadro,

e cioè - rispettivamente - la prospettiva e I'assonometria, hanno importanza per il d. artistico, e da esso traggono storicamente origine;

altri metodi di rappresentazione invece, come quello deila doppia proiezione ortogonale, o di Monge, hanno interesse prevalentemente tecnico. V. anche GEOMETRIA: Geometria descrittiva; PROIEZIONE.

Disegno artistico. - Basi del d. sono la linea,

la quale costituisce un'astrazione, una convenzione che consente di fissare I'immagine,

e la superficie.

Tanto la superficie su cui è cseguito il d. quanto la linea costituiscono un'interruzione dell'illimitata continuità dell'esperienza reale: la superficie in quanto delimita un campo preciso, diverso dagli infiniti piani possibili che si presentano alI'operatore o al riguardante; la linea in quanto costituisce un limite.

Metodi per la rappresentazione della forma sono quelli offerti dalla geometria descrittiva; della prospettiva soprattutto si valgono le arti figurative.

Ild. artistico può essere fine a sé stesso oppure preparazione per un'ulteriore elaborazione.

I d., secondo gl'innumerevoli loro aspetti,possono distinguersi in 3 gruppi:

d. per contorni,

d. per oolumi,

d. per macchie.

Non è possibile stabilire un criterio di priorità cronologico.

Benché il d. presupponga I>assunzione di segni convenzionali, tuttavia i d. del Paleolitico sono per volume e per macchie,

mentre quelli del Neolitico sono a puro contorno.

I1 d. per contorno si vale della linea tanto a circoscrivere I>estemo della forma, quanto a tracciame i particolari interni (es. le pitture vascolari greche).

Si ha il d. per volumi quando, ad esprimere la terza dimensione, interviene il modellato che può ottenersi,

oltre che variando opportunamente lo spessore della linea di contorno,

con un tracciato di linee parallele (Leonardo) o incrociate, oppure con piani sfumati.

I1 disegno per macchie intende determinare la forma attraverso i valori, ossia attraverso le intensità luminose delle singole parti, anticipando I'effetto della pittura, ed è infatti un m'ezzo poprio dei coloristi (per es. Velazquez).

Svariatissima la materia usata per il d., dalla roccia preistorica, alla pergamena medievale, alla carta che fu decisivo fattore di diffusione, di studio e di perfezionamento nel d. e che consenti I'elaborazione di quell'applicazione particolare dei principi del d. che fu 1 incisione(v.).

I1 mezzo grafico variò in relazione al supporto e ai principi stilistici del d.:

una punta dura è ovviamente lo strumento del graffito;

il pennello fu usato dagli Egiziani, dai pittori vascolari greci e specialmente dai grandi disegnatori cinesi e giapponesi.

Dai nostri artisti del Rinascimento fu anche usata, per ottenere sottilissimi contorni, la punta d'argento.

Si adoperarono anche cannucce ffessibili,

e, dopo il 60 sec., le penne d'oca, di gallina, ecc.

fino all'odierna penna metallica.

I1 carboncino, gia adottato nel sec. I50, ebbe il massimo favore nel Igo~

La pietra nera tenera d'Italia fu in uso nei secc. I50 e I60;

la sanguigrra apparve in Francia con Fouquet e si diffuse grandemente tra i nostri artisti. La grafite, diede origine alle matite oggi di uso universale,

insieme con quelle di carbone.

Notevolissima è stata ed è tuttora la funzione del d. come mezzo di istruzione artistica. L'importanza del disegno, sia come mezzo di indagine critica, sia nel suo proprio valore artistico, ha provocato - in ogni tempo - il formarsi di ricche collezioni.

Sono tuttora noti alcuni fogli che facevano parte del libro di disegni di artisti di ogni tempo raccolti da G. Vasari.

Citiamo inoltre le principalissime tra le collezioni odierne:

Firenze, Uffizi, Gabinetto delle stampe;

Casa Buonarroti (dis. di Michelangelo);

Milano: Ambrosiana; Roma:

Gab. nazionale delle stampe; Torino: Biblioteca già reale;

Venezia, Accademia e Museo Correr;

Parigi: Louvre;

Lilla: museo Wicar;

Madrid: Bibl. Nazionale;

Serlino: Gab. dei musei di stato (diviso tra Berlino Est e Berlino Ovest);

Londra: British Museum;

Windsor: Bibl. reale;

Vienna: Albertina;

Leningrado: Ermitage;

New York: Morgan Library e Metropolitan Museum.

Nel d. inteso come guida al processo esecutivo dell'opera d~arte (studi preparatori ecc.) occupa no un posto particolare

i cartoni (v.)

e le sinopie (v.). O V. TAV.

Disegno tecnico. - Rappresentazione, che si effettua su carta o su tela, di oggetti da costruire, accompagnata da tutti i dati necessari per la costruzione.

In particolare, il d. meccanico ha per oggetto organi meccanici e fornisce gli elementi necessari per costruirli e per montarli: è soggetto a norme dettagliate di unificazione. I dati che debbono risultare sul d. riguardano forma, dimensioni, natura dei materiali, tipo di lavorazione, grado di finitura delle superfici, tolleranze, ecc. Si fa generalmente in proiezione ortogonale, rappresentando viste o sezioni sceIte in guisa da illustrare tutti i particolari costruttivi dell'oggetto (edificio, pezzo meccanico, ecc.) e la sua struttura interna ed esterna; talvolta in prospettiva lineare oppure parallela (assonometria). Va eseguito in scala opportuna e integrato con le quote occorrenti a precisare tutte le dimensioni, con simboli (o tratteggio o colori convenzionali) indicanti il materiale, con specificazione delle lavorazioni, ecc.

Vi sono d. semplicemente lineari (cioè di sole linee, continue e tratteggiate, riproducenti la forma dell'oggetto), d. d'ingombro (che forniscono solo le dimensioni estreme dell'oggetto), d. d'insieme (che indicano I'edificio o la macchina completi, senza riportarne i particolari), d. di dettaglio, d. con effetti di chiaroscuro per dare I'impressione del rilievo. I1 d. tecnico viene in genere eseguito a matita su carta, quindi ricopiato (cioè alucidato") su carta tela lucida trasparente (per poterne ricavare copie eliografiche) a penna e col tiralinee a inchiostro di china o con matite a traccia intensa. I1 disegnatore non lavora generalmente a mano libera, ma si serve di appositi strumenti (riga, squadre, decimetro, righe parallele, righe flessibili, tiralinee, compassi, rapportatore, tratteggiatore, sagome, curvilinei, normografi)e di apparecchiature piu complesse (tecnigrafi, pantografi). O

Disegno architettonico: rappresentazione grafica degli edifici sia nelle forme del loro aspetto esterno, sia nelle caratteristiche interne delle loro strutture d'insieme e di dettaglio. Tra i vari tipi di d. architettonico sono da distinguere i grafici che riproducono lo stato di edifici già esistenti (rilievi), da quelli destinati alla costruzione di edifici nuovi (progetti). In questi ultimi lo scopo del d. è di fornire alle maestranze i dati necessari e sufficienti per una corretta esecuzione dei lavori. Gli elaborati a cib destinati consistono in rappresentazioni convenzionali (proiezio gonali) degli andamenti orizzontali (piante)e verticali (alzati, prospetti, sezioni), delle varie parti dell'edificio;in particolari architettonici e tecnici, rappresentati mediante piante, sezioni e alzati in scala maggiore, delle opere ornamentali, di finimento e degli impianti.

I1 contenuto artistico di tali rappresentazioni aventi piu spesso carattere puramente tecnico, risiede quindi nel risultato della loro traduzione in realtà di architettura.

L'effetto reale di quest'ultima è invece raffiRurato. sia in fase di abbozzo o studio preliminare (schizzo, bozzetto), sia ai fini di una piuimmediata percezione delIlnsleme, in rappresentazioni prospettiche che nel campo del d. architettonico costituiscono le rappresentazioni di maggiore efficacia, rendendo, ora con felice immediatezza d>intuizione, ora con fedele verismo di raffigurazione, I'opera architettonlca.

I mezzi di rappresentazione, che per i disegni di natura tecnica sono quelli del disegno geometrico piano a due dimensioni, sono invece molto piu vari per i grafici prospettici, nei quali la illusorietà delle tre dimensioni è spesso resa piu efficace mediante sistemi pittorici (acquerello e tempera), e non di rado accentuata attraverso adattamenti e deformazioni della realtà.

Speciali metodi di rappresentazione di elementi tridimensionali, sono le vedute in proiezione assonometrica, usate soprattutto nel campo del d. architettonico.

Del d. architettonico in uso presso gli antichi non abbiamo conoscenza diretta,

ma già Vitruvio annotava che gli architetti preparavano piante (ichnographiae), disegni (orthographiae) e quadri prospettici (scaenographiae) delle loro opere.

I1 Medioevo secondo alcuni non aveebbe conosciuto alcuna forma autonoma di d. architettonico, e la progettazione si sarebbe svolta su scala monumentale in cantiere, mentre secondo altri gi9 esisteva il d. autonomo di tipo rinascimentale:

basti pensare al notissimo album di Villar de Honnecourt, composto dall'architetto come repertorio di motivi architettonici.

I1 Rinascimento, infine, con Cennino Cennini, Leon Battista Alberti, Brunelleschi, Leonardo, Paolo Uccello e Piero della Francesca, affronta e risolve il problema della ~ divina prospettiva p elaborandone una teoria completa e lasciando un'eredità notevole di architetture disegnate e di notazioni compositive di grande efficacia espressiva e di grande valore artistico.

Nella cultura contemporanea il d. architettonico tende a spersonalizzarsi per bivenire solo veicolo di notazioni tecniche, mentre mantiene inalterata I'espressivit~ soggettiva nella notazione rapida dello schizzo, come ancora documentano i disegni di un Mendelsohn, le assononetrie neoplastiche di Rietveld, le no tazioni d'album di Le Corbusier e gli acquerell di Wright. o V. TAV.

Disegno industriale (ingl. industrial design). Attività progettuale che mira a creare in form d'arte oggetti di serie e d>uso comune, macchin~ ecc., mediante il conseguimento della forma pil funzionale ed esteticamente appropriata, anch con I'uso di colori. I1 d. industriale viene inse gnato in Italia in taluni istituti d>arte ed è coltiva to anche da architetti e artisti noti (V.DESIGN:

Disegni animati. - Film in cui i fotogramrr riproducono disegni anziché oggetti e azior ripresi dalla realtà; i d. animati (detti anch impropriamente cartoni animati) possono servir a rappresentare scene di vita immaginarie (rac conti fiabeschi, storie di animali, ecc.) a scop ricreativo e di sva~o, oppure scene e fenomer di vita reale (degli animali, delle piante), feno meni scientifici e trattamenti industriali ridotl o no a schemi semplificati allo scopo di conse guire una maggior chiarezza didattica, oppur brevi scene di carattere pubblicitario. La tecnic dei d. animati è assai dispendiosa e richied un lungo c paziente lavoro (notorietà mondial ha acquistato I'americano W. Disney); per ogr fotogramma occorre un disegno: per un filr di 300 m occorrono oltre IS.ooo disegni. Ciascu disegnatore prepara i disegni su fogli di cart trasparente, così da poter vedere i tratti del c precedente ch>egli ricalca completamente salv le parti che vuol far muovere e che deve perci successivamente spostare con cura second determinate regole. Quando tutti i d. son pronti, vengono riprodotti su fogli di celluloidc perfettamente trasparenti, per mezzo di linee < eventualmente, di sfumature in inchiostro < china. Infine, tutti i d. vengono fotografati s sfondo appropriato con una speciale macchin da presa. La sincronizzazione di suoni e di vol è fatta poi separatamente.

 

 

IMMAGINAZIONE

Filosofia. - Nella psicologia aristotelica I'i. è la facoltà di produrre immagini sensibili (g~crvtuo~<lra): connessa ai sensi ma non limitata o condizionata da essi, distinta dall'intelletto e dall'opinione, I'i. è una forma di movimento (xivrla~S) che si produce negli esseri dotati di sensazione (è causa di molte azioni, soprattutto negli animali) ed è capace di comporre immagini sia in rapporto ad oggetti presenti ai sensi, sia costruendone liberamente senza riferimento immediato agli oggetti stessi.

Probabilmente proprio alcune caratteristiche creatrici riconosciute all'i. hanno portato a collegarla - gla nella medicina araba, poi nella cultura aristotelica medievale e soprattutto rinascimentale - con alcune operazioni umane che si presentano anch'esse come creatrici: la profezia, I'astrologia, la magia, quindi la poesia; ampie nel Rinascimento e nel Seicento le discussioni sulle forze dell'i. e sulla loro capacità di modificare anche la realtà esterna.

La distinzione fra due aspetti dell'attività dell>i. porta anche nei manuaii(come la Psvchologia empirica di Wolff) alla distinzione tra I'immaginazione come a facoltà di produrre le percezioni delle cose sensibili assenti * e ta facoltà capace di ~~ produrre, mediante la divisione e la scomposizione delle immagini, I'immagine di una cosa mai percepita dal senso " (Wolff).

Distinzione questa ben presente in Kant che definiva I'i. come a facoltà di rappresentare un aspetto anche senza la sua presenza nell'intuizione *, e pone netta differenza tra I'i. produttiva e I'i. riproduttiva: I'i. è produttiva se è i~ soltanto spontaneità", come ileffetto dell'intelletto sulla sensibilità e sua prima applicazione a oggetti dell'intuizione possibile *; come quando, per es., s'immagina un cerchio, nell'intuizione, ma secondo una regola dell'intelletto; riproduttiva se è ~~ sottoposta alle leggi empiriche dell'associazione i>.

La prima è a priori, la seconda no.

La Ia ed. della Cvitica della ragion pura poneva I'i. accanto a sensibilità e intelletto come una delle ~~ tre fonti soggettive di conoscenza su cui si fonda la possibilità di un'esperienza in generalei,.

Una posizione essenziale I'i. assume nella dottvina della scienza di Fichte: I'i. produttiva pone il non io: e I'i. produce la realtà, ma in essa non vi è realtà: solo dopo che è stata concepita e compresa nelI'intelletto, il suo prodotto diventa alcunché di reale,>.

Nella cultura romantica I'i. assume una importanza rilevante anche nell'ambito estetico: Hegel, che distingue nettamente tra i. e fantasia, fonda nell>i. creatrice (~<simboleggiante, allegorizzante, poetante,>) il concetto di genio.

Un ruolo importante viene attribuito all'~ nel quadro del pensiero fenomenologico: Husserl (~elle ~deen) ne sottolinea la funzione di riproporre (ripresentare) le esperienze vissute in forma di (( libere fantasie ", tali quindi da rivelare, una volta divenute oggetto di contemplazione, la loro vera natura.

Pur prendendo le mosse da Husserl, I'analisi dell'i. serve, per Sartre (L'imagination, 1936; L'imoginaire, I940)~ a fondare la prospettiva ontologica, I'opposizione essere-nulla, pensierocose. Raffrontando I'i. agli atti intenzionali, Sartre sottolinea il fatto che il contenuto di essa non corrisponde necessariamente a un oggetto trascendente, ma rimane esclusivamente nell>ambito della coscienza. Stabilendo vari gradi nei prodotti dell'i., Sartre afferma che quanto piu I'immagine è completamente tale, tanto piu si perde il suo contenuto trascendente, cioè I'originario riferimento all>oggetto reale.

 

Psicologia. - La formazione di immagini o rappresentazioni mentali presuppone I>esperienza percettiva e il conseguente accumulo di immagini latenti, ma le forme di manifestazione dell'attività immaginativa dipendono da una complessa serie di fattori coscienti e inconsci, di natura motivazionale e affettiva oltre che conoscitiva.

I1 processo dell'i., così tipico e fondamentale nella vita infantile da costituire, attraverso I'attività ludica, la forma prevalente di pensiero, lo piu, due modalità di espressione: riproduttivo, con sufficiente aderenza I>originaria esperienza percettiva, e assume, per una di tipo e fedeltà aluna di tipo creativo (fantasia) intesa come libera rielaborazio ne dei contenuti latenti che vengono riorganiz zati a nostro piacimento. È in quest'ultima moda lità che I'i. pub assumere significato di evasionc e di compensazione, come quello di produzionl intellettuale, specie di natura artistica. Costituiscono la patologia dell'i. le illusioni e le allzlcina·

zzonl.

 

 

iconografia e iconologia. La rappresentazione dell'immagine costituisce l'oggetto proprio dell'arte figurativa: il riconoscimento. la descrizione, lo studio delle immagini sono quindi una ricerca fondainontale per la storia dell'arte. Liconografia, in senso stretto. non è che l'identificazione dell'immagine come documento, e rappresenta dunque un sussidio delle scienze storiche: in tal modo fu inizialmente impiegata soprattutto negli studi li archeologia, volti a identificare il soggetto di statue, busti di personaggi storici. monete, .medaglie (originariamcntc 10 stesso terlnine @ iconografia . era equivalente di ritrattistica -). Nell'accezione più ampia, propria delle discipline artistiche. l'iconografia è invece 1o studio descrittivo e ciassificatorio delle immagini [n base al loro aspetto esteriore, con lo scopo di decifrare e Interpretare il soggetto dell'opera d'arte. Iniziate già nel XVI e XVII sec., le ricerche i. ebbero ampio sviluppo nell'Ottocento, specie nel campo dell'iconografia sacra, attrsverso lo studio sistematico dell'immenso Patrimonio figurativo Paleocristiano e medievale e dei suoi rapporti con l'arte tordoromana, e bizantina. La classificazione di categorie di oggetti e immagini (personificazioni, allegorie. simboli) diede impulso alla creazione di dizionari e repertori estesi anche all'iconografia, dell'arte profana, specie del Rinascimento e dei manierismo. Passando da una semplice descrizione delle immagini all'indagine sulla loro storia, l'iconografla, diventava una ricerca fondamentale Per la storia dell'arte. Nuovo impulso e nuovi sviluppi metodologici vennero ad essa dall'azione di Aby Warburg. lo studioso tedesco fondatore, agli Inizi del Novecento, di una biblioteca per la, storia della cultura, che fu il primo nucleo dell'Istituto Warburg, poi trasferito da Amburgo a Londra e tuttora attivo; nel suo ambito operarono studiosi come Saxl, Panofsky. Gombrich. In opposizione al formalismo allora imperante nella critica. Warburg portò tutto il suo interesse sul significato dell'opera, sul contenuto delle immagini, ampliando il campo della ricerca iconografica tradizionale Per giungere ali' interpretazione culturale della forma artistica (schiosser): a questo scopo utilizzò Il materiale iconografico più vario, anche di scarso o nullo valore estetico. attribuendo alle testimonianze figurative il ruolo di fonti storiche per la rico struzione complessiva della cultura di un periodo. Questa é dunque l'iconologia: un ramo delle scienze storiche per lo studio della civiltà (e su questo punto il nuovo metodo non fu esente da molte critiche. che gli imputavano la valorizzazione dei puro contenuto a scapito della qualità artistica). Il contributo metodologicaniente più importante agli studi iconologici é stato dato da PanofskY, 1o studioso che con maggior chiarezza ha illustrato il metodo dell'interpretazione iconologica Per giungere al significato intrinseco o contenuto del soggetto dell'opera, che é rivelatore dell' atteggiamento di fondo di un popolo, di un periodo di una classe -.

 

Iconografia s, f. [dal gr. "rappresentazione figurata ", comp' di immagine -grafia "]. l. Disciplina sussidiaria dell'archeologia e della storia dell'arte, che studia il ritratto come documentazione storica, nonché gli elementi grafici e cornpositivi di ogni opera d'arte, quali le positure, i gesti, gli attributi dei personaggi rappresentati, gli accessori della composizione, ecc., nell'intento di rintracciarne i particolari significati, le derivazioni, le persistenze, le mutazioni; essa giunge spesso in tal modo a decifrare sicuramente i soggetti, a cogliere rapporti insospettati tra l'opera d'arte e la cultura del tempo che l'ha prodotta, a indicare fattori che abbiano potuto operare sulle intime qualità dello stile. 2. Il complesso delle rappresentazioni nell'arte relative a un determinato personaggio (per es. l'i. di Napoleone) o avvenimento (per es. l'i. dell'Ultima Cena) ,o anche in genere la serie dei ritratti appartenenti . un'epoca storica, a un periodo dell'arte, ecc. A,nche la descrizione di tutti i ritratti di un determinato soggetto. 3. non com. Illustrazione di un testo per mezzo di figure.

 

iconologìa a. f. comp. di icono -logia. Studio e dichiarazione delle immagini sirnboliche e allegoriche usate o usabili nelle opere d'arte. li termine è stato ripresa modernamente da E. Panofsky per indicare un tipo di ricerca storicoLrtistica volta maggiormente all'interpretazione del significato dell'opera d'arte che non alla semplice identificazione dei suo soggetto, proprio della mera ricerca iconografica. Il trattato di . più ampio e famoso è quello di C. Ripa (1.593

 

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