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ORDINE GRECO

Così Aristotile in Metafisica, I , 5, 985 b- 986 b

esponendo quindi concezioni già approfondite nel VI eV secolo, ed in parte ancora vitali nell’ambito del Platonismo

In senso più generale sono concezioni che si riferiscono nel loro nucleo ad insiemi di conoscenze preesistenti addirittura alla formazione delle grandi civiltà storiche , espresse e diffuse in\sottintese a\ sistemi simbolici più o meno complessi, o all’interno di manzie dei numeri; ma qui appaiono sottoforma di pensiero cosciente ed approfondito, assimilate e discusse all’interno delle scuole filosofiche elleniche.

 

 

"Nella stessa epoca di costoro [ i Preplatonici], anzi ancora prima di loro, i cosiddetti Pitagorici si dedicarono per primi alle scienze matematiche, facendole progredire; e poiché trovarono in esse il proprio nutrimento, furono del parere che i principi di queste si identificassero con i principi di tutte le cose . I numeri occupano

naturalmente il primo posto tra tali principi, e i Pitagorici credevano di scorgere in quelli, piu che nel fuoco o nella terra o nell'acqua, un gran numero di somiglianze con le cose che esistono e sono generate, e asserivano che una determinata proprietà dei numeri si identifica con la giustizia, un'altra con l'anima e con l'intelletto,

un'altra ancora col tempo critico, e che lo stesso vale, presso a poco, per ciascuna delle altre proprietà numeriche, e individuavano, inoltre, nei numeri le proprietà e i rapporti delle armonie musicali e, insomma, pareva loro evidente che tutte le altre cose modellassero sui numeri la loro intera natura e che i numeri fossero l'essenza primordiale di tutto l’universo fisico; e per tutte queste ragioni essi concepirono gli elementi dei numeri come elementi di tutta la realtà, e l'intero cielo come armonia e numero; e quante concordanze con le proprietà e le parti del cielo e con

l'intero ordine universale essi riscontravano nei numeri e nelle armonie, le raccoglievano e le adattavano al loro sistema. E anche se, in qualche parte, ne veniva fuori qualche difetto, essi con facilità si mettevano a fare addizioni allo scopo di rendere pienamente concreta la loro dottrina; così, ad esempio, poiché la decade sembra perfetta e capace di abbracciare tutta quanta la natura dei numeri, essi asseriscono che sono dieci anche gli astri che si spostano sotto la volta celeste; ma, poiché quelli visibili sono soltanto nove, per questa ragione essi ne creano un decimo, 1'Antiterra.

Su tali questioni noi abbiamo condotto un esame più dettagliato in altra sede.Tuttavia ne stiamo parlando anche qui per il solo scopo di apprendere anche da questi filosafi quali cause essi pongano e in che modo queste coincidano con quelle da noi elencate. Orbene, è evidente anche che costoro concepiscono il numero come principio, considerandolo sia come materia delle cose esistenti sia come costitutivo delle affezioni e degli stati di queste, ed elementi del numero sono: secondo loro, pari e il dispari, e di questi il primo è infinito, il secondo è finito, e 1'Uno risulta da tutti e due questi elementi (giacché esso è pari e, insieme, dispari), e il numero deriva dall'Uno e I'intero cielo, come gia dicevamo, si identifica con i numeri.

Altri, che fanno parte della stessa scuola, dicono che i principi

sono dieci e li elencano per coppie di elementi, ossia

limite e illimitato

dispari e pari

unità e pluralità

destro e sinistro

maschio e femmina

quieto e mosso

retto e curvo

luce e oscurita

buono e cattivo

quadro e oblungo;

propno questa pare che sia stata la dottnna anche di Alcmeone di Crotone, e o questi ha desunto dai Pitagorici tale modo di ragionare oppure i Pitagorici I'hanno desunto da lui, giacché Alcmeone [era nell'età giovanile quando Pitagora era ormai vecchioe] professò le stesse teorie dei Pitagorici: egli dice, infatti, che la maggior parte delle cose umane procede per coppie, ma non parla delle coppie di contrari quali furono determinate accuratamente dai Pitagorici, bensl di coppie assunte a caso, ad esempio, di bianco e nero, di dolce e amaro, di buono e cattivo, di grande e piccolo. Cosi, dunque, Alcmeone buttò fuori, senza alcun discernimento,le sue teorie circa le altre coppie dei contrari, mentre i Pitagorici rivelarono il numero e la natura delle coppie dei contrari. E pertanto possiamo desumere tanto da lui quanto dai Pitagorici almeno una cosa, ossia che i contrari sono principi delle cose esistenti; ma possiamo desumere il numero e la natura di tali principi soltanto dai Pitagorici. Il modo, però, mediante cui questi loro principi possono essere ricondotti alle cause indicate da noi, non è stato articolato da loro con chiarezza, ma pare che essi dispongano tali elementi come se questi fossero di specie materiale, giacché, secondo le loro affermazioni, la sostanza risulta composta e plasmata proprio in base a questi elementi, nel senso che essi le sono immanenti."

Piu avanti il nostro testo citato, Metafisica I , 5, 987 a , :

"....i Pitagorici, invece, se da una parte hanno parlato, ailo stesso modo, di due principi, hanno fatto anche una precisazione, che del resto è una loro peculiarita: secondo loro, infatti, il finito e l'infinito [e I'uno] non sono entità separate, come il fuoco e la terra o qualche altra cosa siffatta, ma lo stesso infinito e lo stesso uno sono sostanza di quelle cose di cui essi fanno da predicati, ed è questo anche il motivo per cui la sostanza di tutte le cose sarebbe numero"

Ed ancora in Metafisica I, 6, 987 a, 967 b:

"Dopo le teorie filosofiche di cui abbiamo parlato, è venuta ad affermarsi la dottrina di Platone, la quale per molti aspetti si ricollega alle dottrine pitagoriche, ma possiede anche una propria originalità che la separa dalla filosofia degli Italici. Platone, infatti, da giovane divenne ben presto seguace di Cratilo e delle dottrine eraclitee, secondo le quali tutte quante le cose sensibili scorrono perpetuamente e di esse non c'è scienza, e continuò anche in appresso a pensarla in questo modo; e quando Socrate mise completamente da parte I'indagine sulla natura e si diede a studiare con impegno il mondo dell'etica e a cercare, comunque, in questo I'universale e a fermare per primo la sua attenzione sulle definizioni, Platone ne accolse il pensiero, ma ritenne che una tale questione va posta per altre cose e non per quelle sensibili, appunto perche è impossibile che la definizione comune si riscontri in alcuna delle cose sensibili, le quali, in verità, sono in perpetuo cangiamento. Pertanto, egli non solo diede a tali entità I'appellativo di idee, ma sostenne anche che le cose sensibili sono al di fuori di queste e che tutte quante prendono il loro nome in virtu della loro relazione con esse, giacché solo mediante una partecipazione le cose particolari, nella loro pluralità, hanno lo stesso nome specifico.

E Platone ha introdotto, come cosa nuova, soltanto il termine "partecipazione" giacché, mentre i Pitagorici asseriscono che le cose esistono per imitazione dei numeri, egli dice che esistono per partecipazione, limitandosi a cambiare solo il nome. Ma di qual natura fosse mai I'imitazione o la partecipazione delle forme ideali, è una questione che essi hanno lasciata insoluta. Platone aggiunge ancora che oltre gli oggetti sensibili e le forme ideali, esistono, come qualcosa di intermedio, le entità matematiche, le quali differiscono dalle cose sensibili perché sono eterne ed immobili, e differiscono dalle forme ideali perché c'è una pluralità di enti matematici che si somigliano, mentre ogni forma ideale è di per sé unica, individuale e singolare. E poiché le idee sono causa delle altre cose, egli fu del parere che gli elementi di quelle fossero elementi di tutta la realta. Quindi, secondo lui, sono principi materiali il grande e il. piccolo ed è, invece, principio sostanziale l'uno, giacché dal grande e dal piccolo per partecipazione dell'uno deriverebbe I'esistenza delle specie ideali [in quanto esse sono i numeri], ma tuttavia egli era, in linea di massima, d'accordo con i Pitagonci almeno nell'identificare l'uno con la sostanza e nel sostenere che nessun altro ente assume l’uno come predicato, ed egli è ancora d'accordo con loro nel sostenere che i numeri sono cause della sostanza per le altre cose;. ma I'originalità di Platone risiede nel fatto che egli concepl una diade al posto dell'infinito che i Pitagorici concepivano come uno, e nel far derivare l'infinito dal grande e dal piccolo; e, oltre a ciò, egli afferma che i numerì esistono al di fuori degli oggetti sensibili, mentre i Pitagorici sostengono che gli stessi oggetti sono numeri, e non pongono gli enti matematici come qualcosa di intermedio tra forme e oggetti sensibili. La concezione della trascendenza dell'uno e dei numeri rispetto alle cose concezione diversa da quella dei Pitagorici - e l'introduzione della dottrina delle idee furono il risultato delle sue ricerche di carattere logico (giacché i piu antichi non avevano dimestichezza con la dialettica), mentre, d'altra parte, la sua concezione di una diade intesa come il secondo principio naturale è dovuta al fatto che i numeri - eccezion fatta per quelli primi- si generano agevolmente

da essa come da un materiale plastico."

 

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